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Campi di prigionia per i migranti: indagine “Arcipelago Cie” dell’Ong Medici per i diritti umani, presentata a Torino

Post n°8312 pubblicato il 27 Novembre 2013 da cile54

Cie: “Se ce l’abbiamo fatta a superare i manicomi…”

 

«Siamo di fronte a un sistema incivile ed inutile che, operativo al 30-50%, sta implodendo nelle sue tensioni». Il punto della situazione alla recente presentazione torinese dell’indagine “Arcipelago Cie” dell’Ong Medici per i diritti umani.


Incivili, punitivi, umilianti, contenitori di emarginazione, «indispensabili», ma inutili. Ieri l’Italia lo ha capito per i manicomi, oggi lo sta facendo con i Cie. Ieri ce l’ha (quasi) fatta a superare il colosso del sistema manicomiale. Domani ce la farà a superare il pianeta misero e stentato, eppure esplosivo e rovente, dei Centri di identificazione ed espulsione?

Un passo avanti, neppure troppo simbolico, in questa direzione è stato compiuto con la chiusura del Cie di Gradisca di Isonzo (Gorizia) avvenuta nei primi giorni del mese di novembre. L’ex caserma Pollonio, dal 2006 riconvertita a Cpt prima e a Cie poi, è stata per anni oggetto di denunce, manifestazioni, rivolte per le condizioni disumane nelle quali vivevano i trattenuti.

Tutto questo si è intensificato negli ultimi mesi, quando la struttura è diventata pressoché inagibile anche a causa degli incendi appiccati per protesta. È stata una lotta che ha portato alla chiusura del Centro, ma che ha anche avuto un prezzo da pagare: persone in carcere, denunce, feriti. Il 16 novembre una grande manifestazione ha attraversato Gradisca fino sotto il muro dell’ormai ex Cie, per ribadire forte «mai più Cie», né a Gradisca di Isonzo né altrove.

“Riformarli? Impossibile”, parola di chi ci è entrato

D’altra parte la questione del fallimento dei Cie è ormai sollevata in varie zone d’Italia. Nelle scorse settimane, più di un’analogia fra l’ormai storico superamento dei manicomi e quello, auspicato, dei Centri di identificazione ed espulsione è stata proposta al Caffé Basaglia di Torino, un circolo nato dall’impegno contro il disagio mentale. Occasione, la presentazione dell’indagine Arcipelago Cie dell’associazione Medici per i diritti umani (Medu).

Un gruppo di lavoro di Medu ha visitato tra il febbraio 2012 e il febbraio 2013 tutti gli 11 Cie operativi in quel periodo nel nostro Paese (sul totale complessivo dei 13 Centri istituiti), redigendo poi un rapporto dettagliato per ogni struttura; ha raccolto dati statistici nazionali e locali; ha esplorato i sistemi di detenzione per migranti in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svezia; ha raccolto in una sorta di “focus” tre storie di “trattenuti” sotto l’aspetto del diritto alla salute; e infine ha avanzato «alcune proposte dalla prospettiva dei diritti umani» (all’osso: il sistema-Cie è inefficiente e irriformabile e dunque tutti i Cie vanno chiusi, riducendo «a misura eccezionale o comunque del tutto residuale il trattenimento dello straniero ai fini del suo rimpatrio»).

Quel che si sa (e quel che si sa di meno)

I dati-chiave del fallimento dei Centri di identificazione ed espulsione sono ormai noti (in parte li ha già pubblicati anche Vie di fuga): 7.944 persone “transitate” per i Centri nel 2012, ultimo anno compreso dall’indagine (circa 7.000 uomini e 900 donne). Di queste, ne sono state effettivamente rimpatriate 4.015, il 50%. Vale a dire, i Cie sono capaci di fare la metà di ciò che viene loro richiesto. Gli altri migranti trattenuti sono stati dimessi perché non identificati allo scadere dei termini (415), o si sono allontanati arbitrariamente (1.049), o il loro trattenimento non è stato convalidato dall’autorità giudiziaria (948), o sono stati dimessi per motivi di salute, gravidanza, accoglienza di un ricorso (1.274), o sono stati arrestati (123), oppure è stata loro  riconosciuta una forma di protezione internazionale (120; ma nel 2011, con un numero minore di persone transitate in totale nei Centri, i riconoscimenti erano stati 200). I dati ufficiali contemplano anche la voce «deceduti»: nei Cie non se ne registrano né nel 2011 né nel 2012 (però in questo 2013, ad agosto, nel Cie di Crotone è morto il giovane trattenuto marocchino Moustapha Anaki).

Ma ci sono anche cifre meno note. Secondo stime fornite a Medu dagli stessi enti gestori, nel periodo della ricerca assumevano psicofarmaci dal 10% (Cie di Caltanissetta) al 90% (Cie di Milano) dei trattenuti, passando per il 40% dei trattenuti a Bari, il 66% di quelli a Bologna, il 40% a Crotone, il 50% a Gradisca d’Isonzo, il 50% a Roma, il 33% a Torino e il 60% a Trapani Milo (non pervenuti i dati di Modena e Lamezia Terme). In un solo anno, nel solo Cie di Torino sono stati registrati 156 atti di autolesionismo: 100 casi di ingestione di corpi estranei e 56 ferite da taglio.

Inoltre, per l’ultimo anno del quale si hanno cifre precise, il 2011, la spesa di gestione complessiva di tutti i Cie è stata di 18,6 milioni di euro. Sempre nel 2011, i lavori di ristrutturazione del solo Cie di Gradisca d’Isonzo sono costati quasi un milione di euro.

Problemi col consorzio

Tutto questo al maggio 2013, data di pubblicazione del rapporto Arcipelago Cie (Infinito edizioni, pp. 220, 15 euro, 2013). E oggi? «Siamo di fronte a un sistema incivile e inutile che sta implodendo nelle sue tensioni -  ha testimoniato al Caffé Basaglia Alberto Barbieri, coordinatore generale di Medu -. Dei 13 Cie originari, prima di quello di Gradisca ne sono stati chiusi altri sei: il Serraino Vulpitta di Trapani e quelli di Brindisi, Lamezia Terme, Modena, Bologna, Crotone. Mentre altrove, come a Trapani-Milo, è stata revocata la concessione all’ente gestore, oppure si è dovuto rifare il bando per la concessione, come per il Cie di via Corelli a Milano. Insomma, ad oggi quello dei Cie è un sistema che sta funzionando al 30-50%…».

Negli ultimi due casi, Trapani-Milo e Milano, ma non solo, al centro dell’attenzione ci sono i pesanti interrogativi sulle modalità di gestione di un unico ente, il consorzio Oasi. A Milano il nuovo bando, annunciato per settembre, è stato emanato dalla Prefettura il 24 ottobre.

All’incontro al Basaglia ha partecipato Pietro Marcenaro (nella scorsa legislatura presidente della Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato), che ha detto tra l’altro: «Bisognerebbe andare a fondo con certi fenomeni speculativi. L’etichetta di “privato sociale” non può permettersi di coprire le norme del diritto».

… E dal 2012, gare al ribasso

Si legge nella ricerca di Medu Arcipelago Cie (pp. 152-153): «Se fino a qualche anno fa destava forti perplessità la forte disomogeneità dei costi di gestione dei centri, con un importo pro die per trattenuto che poteva variare dai 75 euro di Modena ai 38 euro di Trapani, dal 2012 tutte le gare d’appalto indette dalle Prefetture sono al ribasso con una base d’asta di 30 euro pro die a persona. Con le nuove regole il consorzio Oasi si è aggiudicato la gestione dei centri di Modena (29 euro), Bologna (28 euro) e Trapani (27 euro) mentre le Misericordie d’Italia hanno vinto l’appalto per il centro polifunzionale di Crotone con l’offerta in assoluto più bassa: vale a dire 21,42 euro».

Su queste basi, la maggior parte degli enti gestori intervistati da Medu giudica impossibile assicurare i servizi minimi con le nuove riduzioni di budget, a meno di operare in perdita. Un direttore di Cie ha detto ai ricercatori: «In queste condizioni rimane solo la gabbia»…

«In effetti nei Cie di Modena, Bologna, Crotone e Trapani, dove le nuove convenzioni sono già operative, è stato riscontrato un livello di servizi assolutamente non sufficiente e, nel caso di Bologna e Trapani, addirittura una grave carenza nella fornitura di beni di prima necessità. Tra le altre cose, tali carenze finiscono comprensibilmente per rendere ancora più difficile il rapporto quotidiano dei trattenuti con gli operatori degli enti gestori che spesso si trovano nelle condizioni di non poter soddisfare neanche le richieste più semplici. Per di più, dall’avvio delle nuove convenzioni nei centri di Modena, Bologna e Trapani, si sono più volte verificati ritardi nei pagamenti delle mensilità agli stessi dipendenti. Sembra così che i drastici tagli nei bilanci a disposizione degli enti gestori, insieme al prolungamento dei tempi massimi di trattenimento a 18 mesi, siano tra i principali fattori che hanno contribuito ad accrescere la tensione nei centri e a peggiorare ulteriormente le condizioni di vita dei trattenuti nel corso dell’ultimo anno».

25/11/2013 Fonte: viedifuga.org

 
 
 
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