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NELL'ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE

Post n°442 pubblicato il 08 Agosto 2007 da cile54

La caduta tendenziale del saggio di piacere...

Fanno la guerra, non fanno l'amore

Le Monde del 19 luglio 2007 riferisce che Durex, il gigante del preservativo, la grande corporation produttrice di condom, ha commissionato un'indagine all'Istituto Harris Interactive. Sono stati scelti ventisei paesi di culture diverse. In ogni paese sono state intervistate mille persone su una questione semplice: quale soddisfazione provano nel sesso. Solo il 44% degli intervistati ha risposto di provare piacere nella sessualità.
Può darsi che i bipedi post-moderni provino piaceri raffinatissimi nel lavoro o nella guerra, chi lo sa. Ma certo l'amore non riscuote grande successo di pubblico, tanto più che è difficile credere che tutti i quarantaquattro su cento abbiano detto la loro intima verità, quella che corrisponde al loro più profondo sentimento, mentre possiamo star certi che i restanti 66 sono infelici davvero. Sto sparando cazzate? Lo ammetto, sto sparando cazzate. Come si può misurare il piacere? Non si può. Però si può credere alla percezione del vissuto che un numero crescente di persone manifesta (anche se cerca di non ammetterlo).
Le spiegazioni che sessuologi psicologi e sociologi forniscono su queste cose sono in generale poco interessanti: la crisi del desiderio sarebbe causata dalla liberazione dei costumi sessuali, dalla mercificazione del corpo umano, o dalla banalizzazione mediatica del sesso. Spiegazioni che spiegano poco. Lucy Vincent, una neurobiologa intervistata dal giornale Le Parisien a proposito dell'indagine della Durex, offre un'interpretazione intelligente sebbene un po' sintetica: " On ne s'accord plus assez d'attention ". Non siamo più in grado di dare attenzione a noi stessi. Questa sì che è interessante.
Non abbiamo abbastanza tempo per fare attenzione a noi stessi e a coloro che vivono intorno a noi. Presi nella spirale della competizione non siamo più capaci di capire nulla dell'altro.
L'attenzione, facoltà cognitiva che rende possibile la piena percezione di un oggetto mentale (il nostro proprio corpo, per esempio, o il corpo della persona che accarezziamo) è disponibile in quantità limitata, tanto è vero che negli ultimi anni alcuni economisti (veri e propri becchini dell'anima umana) hanno cominciato a parlare di Attention Economy . Quando una risorsa diviene oggetto di quella scienza necrofila, vuol dire che è diventata una risorsa scarsa.
Nelle società postindustriali l'attenzione è una risorsa scarsa, tanto è vero che ci sono tecniche per ottimizzarla. Essa viene assorbita in maniera crescente dalla competizione, è naturale che di attenzione ne resti poca per un'attività che non può aver nulla a che fare con la competizione e con la produttività.
A riprova di questa ipotesi l'indagine della Durex offre i seguenti dati disaggregati: solo il 15% dei giapponesi dichiara di provare soddisfazione nel sesso, solo il 25% dei francesi (che pure dichiarano di farlo più spesso di tutti gli altri), mentre tra i messicani il 63%, e tra i nigeriani (i più felici di tutti, visto che l'unico lavoro competitivo che possono svolgere consiste nel rubare petrolio dai tubi che gli occidentali costruiscono alla periferia dei loro villaggi) addirittura il 67%.

La caduta tendenziale del saggio di godimento è forse la legge fondamentale dell'economia del nostro tempo.
Non è certo possibile quantificare la sofferenza, il disagio, l'infelicità sessuale. Eppure sono convinto che in questa crescente infelicità da disattenzione si trovi il punto decisivo per le strategie politiche del tempo a venire, perché la disattenzione è l'effetto dello sfruttamento competitivo cui l'organismo cosciente e sensibile è sempre più intensamente sottoposto.
La sensibilità è il punto decisivo.
Sensibilità è la facoltà del comprendere quei segni che non possono essere verbalizzati, cioè codificati in maniera discreta, verbale, digitale. Quanto più l'attenzione umana viene assorbita dalla verbalizzazione, dalla codificazione digitale, dalla modalità connettiva, tanto meno sensibili sono gli organismi coscienti.
Infelicità può significare forse proprio questo: coscienza senza sensibilità. Coscienza priva della grazia, coscienza incapace di conoscere l'armonia tra gioco cosmico e deriva singolare. Singolarità disarmonica.
I neo-umani delle prime generazioni post-alfa non sono asessuati né de-sessualizzati, al contrario. Il sesso è sempre più pubblicizzato sempre più largamente disponibile sugli scaffali dell'ipermercato globale. Il sesso occupa sempre il il centro della scena del discorso pubblico e anche del discorso privato. Ma all'iper-sessualizzazione tardo-moderna corrisponde una crescente de-sensibilizzazione, perché il tempo per occuparci di noi ci è stato sottratto da quando l'attenzione è stata messa al lavoro.

Franco Berardi "Bifo"

Liberazione 7/8/07

 
 
 
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