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A un anno da Rosarno manifestazione per denunciare un sistema di sfruttamento che miete ancora tante vittime

Post n°4210 pubblicato il 07 Gennaio 2011 da cile54

Lavoro nero e caporalato. I lati oscuri del made in Italy

Rosarno è solo la punta dell’icerberg. La filiera agricola italiana continua a produrre lavoro nero e caporalato. Basti pensare che più della metà dei braccianti africani che lavoravano nella Piana di Gioia Tauro pur essendo in possesso di un regolare permesso di soggiorno, era stata ingaggiata in maniera illegale. Per fare luce su un problema che non riguarda solo la provincia di Reggio Calabria e denunciare la responsabilità del governo, delle associazioni di categoria e della grande distribuzione, venerdì 7 gennaio, a un anno dalla rivolta dei migranti, si terrà a Roma una manifestazione. L’Assemblea dei lavoratori africani di Rosarno, l’Osservatorio antirazzista Pigneto-Tor Pignattara e PrimaveraRomana organizzeranno un sit-in con conferenza stampa sotto il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. L’appuntamento è previsto per le 12 in Via XX settembre.

«Coldiretti e Cia - scrivono le associazioni in una nota - dicono che 9 famiglie italiane su 10 scelgono prodotti made in Italy per i pranzi e le cene delle feste, quello che non dicono però è che dietro quei prodotti c’è anche il lavoro nero di migliaia di lavoratori stranieri, che dietro i Dop, i Doc, gli Igp e i prodotti tradizionali troppo spesso ci sono il caporalato e lo sfruttamento. Quello che non ci dicono è che il made in Italy ha una macchia. Il sangue di chi fatica sui campi per un salario di 25 euro al giorno».  I braccianti africani di Rosarno, insieme a consumatori e contadini, venerdì torneranno in piazza per ricordare all’Italia e all’Europa che «i mandarini e le arance non cadono dal cielo» e che i diritti dei lavoratori agricoli vanno tutelati.

«Oggi a Rosarno, come in tutta Italia, nulla è cambiato - prosegue la nota -. La grande distribuzione continua a strangolare l’agricoltura contadina controllando i prezzi. I lavoratori immigrati per l’assenza di strutture di accoglienza sono costretti a condizioni di vita sub-umane. E in un Paese come il nostro, che verso il 9 per cento di disoccupazione e dove il permesso di soggiorno è vincolato al contratto di lavoro, la clandestinità diventa una condizione imposta per alimentare il mercato delle braccia a basso costo». È arrivato il momento di rompere questa catena e invertire la rotta. Le associazioni reclamano dignità e diritti, non solo per i lavoratori vittime dello sfruttamento, ma anche per tutti i cittadini che si ritrovano nel piatto i “frutti” del lavoro nero.

Rossella Anitori

06/01/2011

 

www.terranews.it

"NOI NON DIMENTICHIAMO"

E' passato un anno dalla Rivolta dei lavoratori migranti di Rosarno, immagini e volti impossibili da dimenticare, uomini che hanno detto no alla schiavitù, al razzismo, allo sfruttamento. Nel frattempo la vita di coloro che sono tornati a lavorare in quei campi e nell'intera Piana di Gioia Tauro non è affatto migliorata e il Ministro Maroni non ha fatto nulla di nulla». Lo afferma in una nota Paolo Ferrero, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea. «Sono invece nate dal basso - prosegue Ferrero - esperienze di lotta, di accoglienza, di alleanza, che hanno convocato una mobilitazione in occasione dell'anniversario della rivolta, con il concentramento alla mattina del 7 gennaio in P.zza Valarioti a Rosarno e il presidio davanti alla prefettura di Reggio Calabria. Noi appoggiamo e parteciperemo a quella mobilitazione perchè sosteniamo l'eguaglianza, la convivenza e la necessità di sconfiggere la 'ndrangheta e il caporalato». E, si chiede infine Ferrero, «il Ministro Maroni che fa? Per adesso continua beato a lasciare che la gente venga sfruttata come bestie nei campi».

 (ANSA) - ROMA, 6/1/2011

 
 
 
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G8 GENOVA 2011/ UN LIBRO ILLUSTRATO, MAURO BIANI

Diaz. La vignetta è nel mio libro “Chi semina racconta, sussidiario di resistenza sociale“.

Più di 240 pagine e 250 vignette e illustrazioni/storie per raccontare (dal 2005 al 2012) com’è che siamo finiti così.

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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