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« Una realtà di schiavismo...Angela Nava, presidente ... »

In Algeria e Tunisia, le proteste di una generazione che si ribella alla disoccupazione, al carovita, all'assenza di futuro

Post n°4226 pubblicato il 11 Gennaio 2011 da cile54

Si estende la rivolta dei giovani contro l'aumento dei prezzi, la disoccupazione e l'élite politica

Pane e lavoro. Non chiedono molto altro, per ora, i giovani e giovanissimi algerini protagonisti degli scontri che anche ieri hanno agitato le acque ferme del paese di Abdelaziz Bouteflika, presidente dal 1999. Per le strade di Tizi Ouzou e Bejaia, nella regione di Cabilia, un centinaio di chilometri a est di Algeri, come a Constantine, sulla costa, migliaia di ragazzi hanno dato vita a violente manifestazioni di protesta, che sono costate la vita ad almeno due persone, uccise - forse dalla polizia - nelle province di Tipaza e Msila.

I manifestanti esasperati hanno preso d'assalto edifici governativi, filiali bancarie e uffici postali, come era successo anche tra mercoledì notte e giovedì, inizialmente nella capitale Algeri, e poi anche a Constantine, Jijel, Setif, Skikda, Sale, Arreridj, Tebessa, Guelma e Bouira. Già venerdì la federcalcio algerina aveva sospeso tutti gli incontri previsti per il fine settimana per evitare "assembramenti" potenzialmente pericolosi. Gli interventi della polizia non hanno potuto quasi nulla contro la rabbia della popolazione algerina. E alla fine della giornata di ieri, ha reso noto il ministro degli interni Daho Ould Kablia, si sono contati più di quattrocento feriti.

L'esplosione dei prezzi per i generi alimentari ha fatto saltare il coperchio che teneva sotto controllo il profondo scontento sociale. Il costo di beni di prima necessità come zucchero, verdure, olio per cucinare e farina negli ultimi mesi è praticamente raddoppiato. L'inflazione è ormai salita a livelli quasi insostenibili per la maggior parte della popolazione. «L'aria è molto tesa», ha detto alla Reuters Abdallah Chiboub, un pensionato di 65 anni di Bab Ezzouar, a est della capitale: «La gente è preoccupata. Qui dove vivo io stamattina non c'era pane, né latte. Niente».

La situazione, già pesante, si è andata aggravando con la crisi. Secondo alcune organizzazioni indipendenti i dati sull'economia nazionale sono sensibilmente edulcorati. La disoccupazione, ufficialmente al 10%, sarebbe in realtà superiore al 25%, con l'inflazione che a novembre galoppava, già solo secondo le fonti governative, al 4,2%. Ma non ci sono solo le difficoltà economiche: molti osservatori spiegano le esplosioni di violenza dei giorni scorsi - simili a quelle avvenute recentemente in Tunisia - anche con la frustrazione della popolazione nei confronti delle élite al potere per la mancanza di libertà politica.

Il presidente Bouteflika, che si è dimostrato in passato collaborativo con l'occidente nella "guerra al terrore" lanciata dagli Stati Uniti, in patria è considerato da molti come l'uomo che ha garantito il ritorno della sicurezza dopo la lunga stagione di violenze a sfondo religioso seguite alle elezioni cancellate del 1992. Eppure la situazione dell'Algeria rimane estremamente delicata, come sta a indicare l'aumento degli attacchi dei militanti islamisti dal 2006 a oggi. I disordini di oggi sono particolarmente pericolosi anche perché la regione costiera di Cabilia, epicentro dei disordini di ieri, è considerata una roccaforte di al Qaeda in Maghreb.

Se Bouteflika è riuscito a far uscire il paese dall'isolamento internazionale in cui era confinato, la coloritura socialista tentata dal presidente non ha dato i risultati sperati. L'unica industria nazionale in netto attivo rimane quella legata all'estrazione e all'esportazione del gas e del petrolio.

Bouteflika non ha rilasciato dichiarazioni sugli scontri, ma il governo sta ora considerando l'introduzione di alcune misure che facciano scendere i prezzi a livelli più accettabili. Ieri si è discusso di limitare per decreto i margini di profitto che i produttori e i commercianti possono caricare sui generi di prima necessità. «Dalla prossima settimana», ha detto ieri il ministro del commercio Mustafà Benbada, «la situazione migliorerà». Con il prezzo del greggio salito intorno ai novanta dollari al barile, Algeri potrebbe forse permettersi di impegnare per le spese sociali parte degli introiti derivati dalle esportazioni petrolifere.

Matteo Alviti

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Tunisia, sale la protesta sociale contro la crisi

Non si placa l'agitazione sociale in Tunisia, dove anche per questo fine settimana sono attese nuove manifestazioni di disoccupati e studenti sull'onda della morte, avvenuta nei giorni scorsi a Tunisi, di un ambulante abusivo che si è dato fuoco perché la polizia gli aveva sequestrato la merce. I funerali del giovane disoccupato di Sidi Bouzid hanno ravvivato le proteste sociali. Il giorno dell’Epifania, migliaia di avvocati hanno aderito ad uno sciopero della categoria indetto in tutte le città della Tunisia contro il governo, mentre a Jbeniana, vicino Sfax (300 chilometri a sudest di Tunisi), la polizia ha disperso una manifestazione di liceali. Le forze di sicurezza sono intervenute anche a Tala, dove mercoledì sera erano stati effettuati degli arresti. Per sedare queste rivolte il presidente tunisino, Zin el-Abidin Ben Ali, la scorsa settimana ha effettuato un rimpasto di governo e rimosso il governatore di Sidi Bouzid, dove si è svolta la prima manifestazione di disoccupati.

Scioperi, manifestazioni di piazza e tentativi di suicidio come protesta vengono segnalati da fonti sindacali in varie località della Tunisia, in particolare nel centro, nel sud e nell'ovest del Paese, le aree dove si è concentrata la protesta degli studenti e dei disoccupati delle ultime settimane.

A Sidi Bouzid, il centro che il 17 dicembre aveva dato origine alla protesta in tutta la Tunisia. Qui un giovane laureato si è dato fuoco per protestare contro la mancanza assoluta di impiego. Mohamed Bouazizi ha provato prova a sopravvivere come ambulante vendendo frutta e legumi nelle strade ma è stato fermato dalla polizia. Gli agenti sono bruschi, Mohamed non ha la licenza, gli viene confiscato tutto.

I cittadini, soprattutto giovani disperati perché senza prospettive future, sono stati definiti dalla stampa araba khobz-isti, dalla parola khobz che vuol dire pane.

Una donna, che ieri aveva minacciato di uccidersi con i suoi due bambini chiedendo lavoro e un alloggio, è stata ricevuta dal governatore della regione.

A Jbeniana, più a sud, vicino a Sfax, la polizia ha disperso una manifestazione e si registrano tentativi di suicidio. Nella vicina Requeb un disoccupato, Hamad Slimi, è salito un traliccio minacciando di fulminarsi sui cavi dell'alta tensione e per farlo desistere gli è stato promesso un lavoro.Tentato suicidio anche a Metlaoui, dove un giovane è stato trasportato in ospedale.

A Chebba si è invece impiccato un muratore disoccupato malato, padre di due figli laureati e anche loro disoccupati.

Fabio Sebastiani

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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