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Nazionalizzare la Fiat, anche per mandare a lavorare tutti quei politici, sindacalisti e giornalisti marchionnisti impavidi

Post n°4230 pubblicato il 12 Gennaio 2011 da cile54

Se qualcuno pensa che questa resistenza all’invasione di Marchionne e Berlusconi nelle sfere della civiltà del lavoro non sia direttamente affare suo, perché non è operaio o perché non ha opinioni di sinistra, beh, sbaglia di molto perché questa resistenza è strettamente affar suo poiché sarà prossimamente coinvolto dalla follia devastatrice dei lanzichenecchi nostrani. Sbaglia proprio come quei capetti e impiegati Fiat che nel 1980 scesero in piazza a Torino per protestare contro la lotta degli operai, subito si accorsero sulla loro pelle che avevano dato una mano ai loro macellai. Proprio come, oggi, D’Alema pensa che stare con la Fiom o con Marchionne “non è compito di un partito politico” dimenticando e rinnegando quella classe operaia che l’ha fatto crescere nel suo grembo e l’ha arricchito, anche economicamente, con i suoi voti.

Invece dalle sue poco onorevoli gesta degli ultimi sono cresciuti i bamboccioni come Matteo Renzi, uno dei giovincelli politicamente senza arte ne parte che si sono ritrovati, per grazia ricevuta (dal sistema politico americanizzato e spettacolarizzato dalla grancassa dei grassi media) sindaci, assessori, parlamentari e presidenti di Enti. Questo, che si definisce “rottamatore” del vecchio dichiara, anche lui come decine di altri vecchi e nuovi marchionnisti, «Io sono dalla parte di Marchionne. Dalla parte di chi sta investendo nelle aziende quando le aziende chiudono. Dalla parte di chi prova a mettere quattrini per agganciare anche Mirafiori alla locomotiva America”.

Pazzesco, dove ha vissuto questo ragazzotto dopo aver partecipato alcuni anni fa alla “ruota della fortuna” di Mike Buongiorno? Forse nessuno gli ha mai suggerito i temi che oggi dovrebbe conoscere: primo, la Fiat è sempre vissuta e prosperata, sui finanziamenti statali (unico caso nelle società occidentali) anche quando ha licenziato; secondo, in questi anni le produzioni della Fiat sono state sempre delocalizzate all’estero chiudendo decine di fabbriche e centinaia di fabbrichette dell’indotto; terzo, la famiglia Agnelli/Marchionne ha già deciso di chiudere Mirafiori e questa notizia si può leggere sui grandi media internazionali (ci sono anche edizioni scritte in italiano) e, basta leggere l’informato sole 24ore, gli investimenti che si prevedono a Torino ammontano a pochi spiccioli (parliamo di alcuni milioni di euro) bastanti solamente per pagare chi rottamerà i dorati uffici di Corso Traiano, dopo che gente come D’Alema, Fassino, Chiamparino, Veltroni, Renzi e pappagalli al seguito avranno, in combutta con Berlusconi, Bossi, Fini, Casini, Cisl e Uil, a rottamare anche i lavoratori superstiti, che pare siano rimasti solamente in ventimila dopo le centinaia di migliaia di licenziamenti dal 1980 ai giorni nostri.

Siamo o no tutti coinvolti? Come lucidamente afferma Maurizio Landini – segretario FIOM - "Questo significa, in termini sindacali riaprire la trattativa e considerare la vertenza ancora aperta". La logica che sovraintende l'accordo di Mirafiori è una "logica da far west", e chi verrà eletto con le nuove regole "non farà più il sindacalista ma il gendarme".

La Fiom quindi assicura che non lascerà soli i lavoratori se dovesse vincere il sì a Mirafiori. "Chi ci vieta di fare sciopero, di far eleggere delegati, di organizzarci? Ci vuole anche il coraggio di scelte per le quali non sai come finisce. E la novità che vedo nella discussione dei lavoratori è che finalmente, dopo tanti anni, è ripartita la capacità di indignarsi". L’indignazione è spontanea, perché – come ha affermato Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista - "Marchionne non solo insulta l’Italia ma ci prende anche in giro. Da un lato chiede alla Fiom di accettare l’esito del suo plebiscito ma poi è da giorni che dice che se nel referendum vincessero i NO, lui chiuderebbe Mirafiori. Secondo Marchionne cioè, la partita può essere giocata, ma in ogni caso deve vincere lui. La sua arroganza merita una sola risposta: la nazionalizzazione della FIAT, togliendo dalle mani di questo speculatore arrogante un’azienda che gli italiani con i vari finanziamenti pubblici hanno già pagato più volte".

Questa rivoluzione conservatrice di cui Marchionne e Berlusconi si fanno portatori non sarà indolore per nessuno dei ceti fuori dalla ricchezza. Come non sarà semplicissimo convincere milioni di genitori che i loro figli dovranno stare peggio di come sono stati loro. Non sarà semplicissimo convincere quei ragazzi e quelle ragazze che gli hanno rubato la vita, che sono finiti in guerra senza saperlo, che ne devono pagare le conseguenze mentre i ricchi guardano dall’alto. Non sarà semplice per questi poteri violenti e parassitari, evitare rivolte della società civile e di quel poco che resta di politica sana, dopo i massacri delle leggi elettorali maggioritarie e del “voto utile” a questi signorotti del PD.

franco cilenti

 
 
 
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