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« Nel mese di marzo si chi...L’indagine Istat dimostr... »

Inesistente “stato di emergenza” solo per evitare accogliere le persone che stanno arrivando sulle nostre coste

Post n°4423 pubblicato il 03 Marzo 2011 da cile54

“Stranieri al razzismo”. Dall’Italia al Nord Africa

 

Oltre 300mila lavoratori immigrati ieri hanno scioperato occupando le piazze dello Stivale. Chiedendo la chiusura dei Cie, l’accesso alla cittadinanza e una «legge organica per i richiedenti asilo».

 

«Accogliete i profughi della rivoluzione». Il richiamo all’Italia ieri si è eretto proprio dalle piazze delle nostre maggiori città. Il Primo marzo, seconda edizione della giornata di sciopero degli stranieri che vivono e lavorano nel nostro Paese, ha così voluto costruire un solido ponte con i dirimpettai del Nord Africa. Chi si è trasferito qui da tempo ieri ha sfilato in corteo, abbandonando per un giorno le fabbriche del Nord e le campagne del Sud. Con lo sguardo rimasto puntato sul Mediterraneo e sui moti di ribellione, la mano tesa in aiuto a quanti sono riusciti ad arrivare ma si sono scontrati con le falle di un sistema di accoglienza che per molti ha significato improvvise detenzioni e trasferimenti coatti da una struttura all’altra.

 

«Si evoca un inesistente “stato di emergenza” solo per evitare accogliere le persone che stanno arrivando sulle nostre coste», dicono gli organizzatori del Primo Marzo, quando sarebbe necessaria «una legge organica e adeguata per la tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo». Le piazze di ieri, piene di italiani e non, hanno chiarito di essere “straniere” soltanto al razzismo e alla xenofobia. A Roma, uno striscione è stato esposto davanti alla Breccia di Porta Pia con la scritta «150 anni di Unità: razzismo, sfruttamento, precarietà». A Palermo, la manifestazione ha salutato il giovane Noureddine, ambulante di origini marocchine che si è dato fuoco perché gli era impedito di lavorare.

 

In quella Sicilia, la terra dove stanno inevitabilmente concentrandosi i flussi dei migranti nordafricani, il sistema di accoglienza in questi giorni sembra ancora più fragile. E il progetto del “Villaggio della solidarietà” di Mineo, che dovrebbe ospitare almeno duemila richiedenti asilo, piace poco sia agli operatori umanitari sia agli amministratori locali. Nonostante per la sua approvazione siano scesi in campo il presidente del Consiglio Berlusconi e il ministro dell’Interno Maroni - quest’ultimo in visita alla struttura per la seconda volta lunedì scorso - ieri la portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, è tornata a esprimere contrarietà a un «sistema di accoglienza, come quello che si sta attuando nel “Villaggio della solidarietà” a Mineo, che va rivisto». Nel corso dell’audizione in Commissione diritti umani del Senato, Boldrini ha spiegato che il progetto «rimette in discussione l’intero sistema di asilo in Italia che, in un momento di emergenza, non so se sia saggio intaccare dal momento che, pur con tutti i suoi limiti, ha finora dimostrato di funzionare».

 

Eccentrico rispetto alla rete di assistenza che gestisce le domande di asilo, il progetto di Mineo non assicura che, come prevede la legge, vi venga istituita un’apposita commissione territoriale. «Diventa sempre più alto il rischio che il governo deporti da un centro all’altro, per tutta l’Italia, coloro che sono già in regime di accoglienza e che questo spezzi i legami di integrazione ed abbatta le possibilità di presentare ricorsi contro i dinieghi degli status», ha commentato la sezione siciliana dell’Associazione giuristi per l’immigrazione (Asgi), nel timore che una cattiva gestione di questa fase esponga a ulteriori rivolte e violenze.

 

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Roma, 12 maggio 1977

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