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Tutti i figli, nati nel matrimonio o adottati, sono figli. Responsabilità non più potestà genitoriale. Il ruolo dei nonni

Post n°8612 pubblicato il 20 Febbraio 2014 da cile54

Nuovo diritto di famiglia

L'equiparazione tra tutti i figli, naturali e legittimi, biologici e adottivi, entra nella legislazione sulla filiazione con la Riforma del Diritto di Famiglia recata dal Decreto Legislativo 219/2012 “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali” e dal suo decreto attuativo, D. Lgs. 28 dicembre 2013 n. 154 entrato in vigore lo scorso 7 febbraio  2014, trenta giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Non si tratta di un ennesimo ritocco di dettaglio delle norme vigenti, ma di un intervento riformistico operante a largo raggio.

Si tratta di novità che riguardano le adozioni di minori abbandonati – che acquisiscono un effettivo rapporto di filiazione col nucleo adottante – mentre non si rivolgono né all'adozione di maggiorenni, che conservano legami con la famiglia originaria e che non hanno rapporti giuridici con i parenti dell'adottante, né all'adozione in casi particolari (articolo 44 della legge 184/83).

La nuova normativa equipara i figli adottivi a quelli nati nel matrimonio; prevede alcune misure di sostegno alle famiglie disagiate, per rendere l'adozione una soluzione residuale (cioè viene disposta solo se i genitori biologici non vogliono o non riescono ad assolvere ai propri doveri, fallito ogni tentativo di ausilio da parte delle strutture competenti) e l'assistenza morale dei genitori ai figli viene introdotta tra i parametri da rispettare per evitare lo stato di abbandono.

Le novità-La riforma della filiazione cancella dalle norme in vigore ogni riferimento ai figli naturali, ora chiamati semplicemente «figli». Cade, così, qualsiasi distinzione tra i figli nati nel matrimonio (finora definiti «legittimi») e quelli nati da coppie di fatto. Si attuano il principio costituzionale di uguaglianza e le indicazioni europee. La parità tra figli di genitori coniugati e di conviventi comporta la modifica della nozione di parentela, ora estesa (con il nuovo articolo 74 del Codice civile) a tutte le persone che discendono dallo stesso stipite. Anche i figli nati da coppie non sposate e riconosciuti acquisiscono così un legame giuridico con i parenti dei genitori.Il nuovo articolo 336-bis del Codice civile prevede che i minori che abbiano compiuto 12 anni (o di età inferiore, se capaci di discernere) siano ascoltati, nel corso dei procedimenti tesi ad adottare provvedimenti che li riguardino, dal presidente del tribunale o dal delegato, con l'eventuale ausilio di esperti. La “potestà” cede il passo alla «responsabilità genitoriale» con la riformulazione dell'articolo 316 del Codice civile. Il genitore è tenuto a vigilare su istruzione, educazione e condizioni di vita del figlio, fino alla raggiunta indipendenza economica, anche se non esercita la propria responsabilità.

Il ruolo nuovo dei nonni -Il nuovo articolo 317-bis del Codice civile riconosce la legittimazione dei nonni a far valere in giudizio il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti, già previsto dal legislatore, ma privo di uno strumento di tutela giudiziale. Ora i nonni potranno adire il Tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore. L'adozione- Il Dlgs modifica l'articolo 27 della legge 184/83, tanto che ora prevede che i figli adottivi minorenni non acquisiscono più lo stato di figlio «legittimo», ma di figlio «nato nel matrimonio». La riforma precisa le novità della legge 219/2o12: a partire dal nuovo articolo 315 del Codice civile, per cui «tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico» e dal nuovo articolo 74, che estende il vincolo di parentela a ogni persona discendente dallo stesso stipite, a nulla rilevando che si tratti di figli biologici o adottivi. L'intervento mira ad adeguare le norme all'esigenza di dotare il minore – soggetto titolare di diritti – di un'efficace rete di garanzie, per renderne effettiva la tutela. Di qui, la parziale ridefinizione del percorso adottivo, improntato a canoni più assistenziali per assicurare al bambino un nucleo familiare idoneo al suo sviluppo psicofisico. Nel dettaglio, l'articolo 293 del Codice civile dispone ora che «i figli non possono essere adottati dai loro genitori», con l'eliminazione della specifica che si tratta di figli «nati fuori del matrimonio»; il Dlgs riscrive poi, in parte, l'articolo 299, che, al comma 1, dispone che l'adottato assume il cognome dell'adottante: ora il comma 2 prevede che «nel caso in cui la filiazione sia stata accertata o riconosciuta successivamente all'adozione si applica il primo comma». Viene confermato l'articolo 35 delle disposizioni attuative del Codice civile, per cui «sulla domanda di adozione e di revoca dell'adozione di minore di età provvede il Tribunale per i minorenni». Il Dlgs interviene poi sulla legge 184/83. Intanto, elimina il riferimento ai figli «naturali» nell'articolo 6, comma 6, dedicato al limite massimo di età degli adottanti. Inoltre, viene corretto l'articolo 11, che disciplina la dichiarazione dello stato di adottabilità: ora «il genitore autorizzato al riconoscimento prima del compimento del sedicesimo anno ai sensi del l'articolo 250, quinto comma, del Codice civile, può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi dopo l'autorizzazione».

L'abbandono- La revisione dell'adozione porta anche a una nuova nozione di abbandono del minore, disegnata alla luce dell'articolo 315-bis del Codice civile, introdotto dalla legge 219/2012, che prevede il diritto del bambino a essere «istruito e assistito moralmente dai genitori». L'assistenza morale – già prevista dall'articolo 155 del Codice civile per i figli di genitori separati – diviene, dunque, parametro essenziale anche nell'iter adottivo. Nel dichiarare lo stato di abbandono del minore, preliminare alla sua adottabilità, occorrerà, perciò, vagliare le carenze della famiglia d'origine anche sotto questo profilo. Lo conferma l'articolo 15 della legge 184/83, modificato dal Dlgs, che – nel disciplinare l'abbandono morale e materiale – consente la dichiarazione dello stato di adottabilità anche se le prescrizioni per l'assistenza del minore sono rimaste «inadempiute per responsabilità dei genitori» o se è «provata l'irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole». Resta fermo che non è sufficiente il grave disagio economico sofferto dalla famiglia naturale a giustificare l'adottabilità del bimbo, se può essere superato con gli aiuti previsti dal sistema. L'adozione è una soluzione estrema, di cui avvalersi solo in caso di carenze irreversibili: il percorso adottivo non si deve avviare se è possibile, per i nuclei d'origine, risolvere le difficoltà e garantire al minore una crescita sana ed equilibrata. Per questo il Dlgs introduce l'obbligo per il giudice di segnalare ai Comuni – in base all'articolo 79-bis della legge 184/83 – le situazioni di indigenza delle famiglie che abbiano chiesto interventi di sostegno. Così, i servizi territoriali potranno attivarsi (compatibilmente con le risorse disponibili) per aiutare le famiglie disagiate. Tuttavia, precisa l'articolo 8, comma 3, della legge 184/83, «non sussiste causa di forza maggiore» se i genitori o i parenti rifiutano senza giustificazione «le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali anche all'esito della segnalazione» giudiziale, rinunciando, per esempio, a opportunità di alloggio o d'impiego.

Redazione

19/2/2014 www.geniodonna.it

 
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