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Messaggi del 04/04/2014

 
 

Lo sporco lavoro dei media non basta, per terminare l’opera si deve mettere a tacere per legge il dissenso e la stessa sinistra

Post n°8760 pubblicato il 04 Aprile 2014 da cile54

Affermare e non lasciar alternative

La strategia mediatica e comunicativa è un insieme di vecchie tecniche e di linguaggio diretto. Berlusconi una volta ebbe a dire( e lui di tecniche comunicative se ne intende) che quando si invita una donna ad uscire con te , non si chiede se vuole uscire, ma solo a che ora ti vengo a prendere? Si da per scontato che l’unica alternativa è l’orario e si esclude la possibilità di un rifiuto. Non la formula dubitativa, ma quella affermativa.

E prendiamo il nuovo guru oggi alla ribalta che a Berlusconi deve dare molto. E’ stato il suo maestro e lui stesso è un avanzo del berlusconismo. Lo spunto è dato dalla polemica sull’abolizione del Senato. A seguito del flebile sussurro contrario lanciato dall’attuale presidente Grasso.

Renzi gli ha risposto che chi è contrario alle riforme è per lo status quo, è un vecchiume del passato che fa resistenza al cambiamento. Che detto così fa molta presa soprattutto in chi vede il rinnovamento, lo svecchiamento come unico percorso per uscire dall’impasse. Da un lato i progressisti, gli innovatori, cioè lui; dall’altro chi si oppone , il vecchio, il passato. Ma Grasso non aveva detto che non voleva il cambiamento. Ma che era contrario a quel tipo di cambiamento Il problema non era se cambiare , ma come cambiare!

Ma Renzi , glielo hanno insegnato bene, sa bene che se fosse entrato nel merito della discussione si sarebbe impelagato e si sarebbe smontato l’antitesi fra il cambiamento e lo status quo. Non si può entrare nel merito perché è come discutere per come e se la signora deve accettare l’invito, questo lo si da per scontato per inevitabile, per sicuro.

E così si può dire della sua “riforma” del lavoro. Il suo Job Act. Di nuovo, di rivoluzionario in quel che propone non vi è nulla. Ichino insegna, ma ancor prima l’eliminazione dell’articolo 18 di berlusconiana memoria. Ancora lui , ancora qua le radici. I suoi opinion maker fanno in modo che la tecnica comunicativa dia per scontato “ la novità” e la “rivoluzione culturale” che è insita nel Job Act. Ma soprattutto che questo darà lavoro ai giovani, che produrrà crescita e sviluppo e farà diminuire la disoccupazione e che con questo usciremo dalla crisi. Si guarda bene dall’entrare nel merito tecnico, nei numeri empirici, nelle teorie economiche che all’unisono dicono che così non è , che tecnicamente è una balla. Ma soprattutto ammesso , per assurdo che con questa precarizzazione espansiva e totalizzante si possa produrre effetti benefici, ( la cazzata che sia l’offerta a far crescere la domanda) questa potrà incidere di qualche punto decimale sulla disoccupazione! Noi oggi viaggiamo invece su numeri a due cifre e la disoccupazione giovanile viaggia velocemente sull’ordine del 50%! Ma la tecnica non è entrare nel merito, ma solo dare per scontato l’annuncio sottinteso, senza che si sia verificata la vericidità dell’ipotesi sottointesa. Che sia messa in discussione la tesi.

La realtà è che gli obbiettivi sia a livello istituzionale sia a livello del mondo del lavoro sono entrambi diversi da quello che viene venduto. Il mercato del lavoro deve poter avere sempre più numeroso l’esercito di riserva , abbassare i diritti e il salario mette in concorrenza i lavoratori , ne riduce la resistenza e la capacità di reagire, ne fiacca la volontà e diventa più facile l’accettazione dell’ideologia del dominante Una sorta di sindrome di Stoccolma.

E per terminare l’opera si deve mettere a tacere per sempre la rappresentanza prima sociale e poi politica. Per i sindacati confederali,” concertativi” si diceva una volta prima sono stati ammaliati , addolciti, rendendoli partecipe e succubi della ideologia dominante ( si aveva bisogno solo di una spinta, perché la caduta ce l’avevano di proprio) Ora li hanno definitivamente cacciati dal proprio desco come cani rognosi. Finito il loro compito di rappresentanza sociale ( fanno ormai da soli) tocca loro solo il compito di disbrigo di pratiche amministrative, sindacati di servizio, funzioni di padronato. Peri sindacati conflittuali e per il dissenso sociale, poi, è partita la campagna , la nuova caccia alla streghe che vede il dissenso associato al terrorismo. Che fa tanta scena e presa sul consenso sociale! Sul lato della rappresentanza politica, questa scomparirà per far posto solo all’elite , al governo dei saggi, a pochi eletti ( non nel senso di stati eletti, ma eletti per censo e “competenze”). Scomparendo le assisi di rappresentanza, Senato, Province, aggregazioni di mega comuni , le città metropolitane, rimarrebbe solo la Camera dei deputati. Qui si potrà entrare solo per cooptazione , non eletti, ma nominati dai segretari di partito, e solo quelli, naturalmente, che non rompono le scatole, e che sono “competenti”. D’altra parte non è stato Squinzi che ha detto che anche le prossime elezioni europee dovrà essere modificate per poter accogliere solo i “competenti” e non i rappresentanti. Vi ricordate Hobbes ? Il pactum subiectionis Un patto tra gli uomini, un contratto sociale che stabilisca che si trasferiscano tutti i diritti naturali, tranne quello della vita, ad una persona o a un’assemblea che gestiranno per tutti gli uomini, con leggi che faranno rispettare con la forza, i diritti di natura. Solo che in quello vi era una base, per quanto discutibile filosofica. Qui invece c’è una necessità, una difesa di interessi personali, e di classe.

3/4/2014 www.bellaciao.org

 
 
 

Degrado della democrazia elementare: non dite che non ve ne eravate accorti. Nessuno si senta assolto, siamo tutti coinvolti

Post n°8759 pubblicato il 04 Aprile 2014 da cile54

La democrazia? Un costo inutile  

In un paese senza cultura – né politica, né di altro genere – il potere può usare argomenti risibili per sostenere qualsiasi cosa. Il fondo è stato momentaneamente toccato da Matteo Renzi, quando giustifica l'abolizione del Senato con la necessità di “tagliare i costi della politica”; o anche, cavalcando consapevolmente la vandea populista, di “chiedere i sacrifici anche alla classe politica”.

Facciamo finta di prendere sul serio questo argomento.

Quanto si risparmia? Lo stipendio di 315 senatori, ovvero 11.555 euro di indennità parlamentare ogni mese, più 3.500 di diaria, 1.650 euro per i trasporti (che sono in realtà gratuiti) e 4.180 euro per le spese di rappresentanza. Totale: quasi 21.000 euro mensili, al netto dei contributi previdenziali. La spesa annuale dello Stato per gli stipendi di questo ramo del Parlamento assommano a meno 100 milioni l'anno: 92.610.000, per l'esattezza, calcolando 14 mensilità. Non molto, diciamolo.

Il “nuovo Senato dei territori” disegnato da Renzusconi potrebbe comportare qualche altro piccolo risparmio (contributi previdenziali, scorte, auto blu, sedi dei gruppi, ecc), uguale o forse persino minore a quello sugli stipendi.

E per un risibile risparmio del genere si cambia un intero equilibrio costituzionale? Via...

Ma continuiamo a fare i finti tonti e proponiamo anche noi una ricetta per “tagliare le spese del Parlamento”. Diciamo: stipendi nella media europea (10.000, se vi sembran pochi...), solo 400 deputati e 200 senatori, mantenendo invece inalterate le competenze delle due Camere. Il rispamio sarebbe anche superiore (vi risparmiamo i conticini che ci siamo divertiti a fare). Se poi vi aggiungiamo il taglio drastico delle sedi dei gruppi (una decina e più di palazzi affittati a carissimo prezzo nei dintorni di Montecitorio e palazzo Madama) e di altre centinaia di voci nascoste nelle pieghe di leggi e regolamenti, potremmo facilmente raggiungere la cifra di un miliardo l'anno di minori costi.

In ogni caso una goccia nel mare della spesa e del debito pubblici: 800 miliardi l'anno nel primo caso, oltre 2.000 nel secondo.

Cosa significa tutto questo sciorinare numeri? Che lo scopo del taglio del Senato – o di qualsiasi altra riforma costituzionale presentata da questo governo - non è il “risparmio”. Nè lo è la maggiore “efficienza del monocameralismo” rispetto al sistema che prevede due Camere con identici poteri (fiducia al governo, approvazione di ogni legge, ecc).

Prendendo per buono questo argomento si arriva in pochi passaggi all'abolizione tout court delle istituzioni politiche di qualsiasi livello. A che serve infatti un Parlamento se c'è un governo efficiente che pensa a tutto? Ma, al limite, a che serve anche il governo, se “i mercati” organizzano spontaneamente e meglio la produzione e distribuzione della ricchezza?

Sì, certo, restano i problemi della “sicurezza” (quella poliziesca, visto che per il resto c'è la Nato o Eurogendfor), quelli della rappresentanza diplomatica e sportiva (mica vorrete un mondo senza mondiali di calcio ed Olimpiadi...) e altre quisquilie. Ma per questi compiti si potrà sempre immaginare una governance efficientissima basata su pochissimi decisori e un numero adeguato di esecutori silenziosi e privi di ogni spirito critico verso gli ordini ricevuti.

A ben pensarci, poi, a che servono due partiti – quelli uscenti dalla competizione secondo la nuova legge elettorale – quando “le cose da fare, signori miei” sono quelle che ci indica l'Unione Europea, la Bce, il Fmi, insomma la Troika?

Dite che un sistema a partito unico, senza parlamento, con alcune funzioni amministrative concentrate in pochissime figure e senza feedback con la società reale - “mercati” e imprese a parte – somiglia più a una dittatura che a una democrazia?

È vero. Ma di questo si sta parlando, non delle indecenti retribuzioni dei senatori nostrani, né dei furti o della corruzione (chi potrebbe garantire mai che un “decisore incontrollato” sia meno corruttibile di qualche centinaio di eletti dal popolo?).

Stiamo parlando del “sistema di governance” già adottato nell'Unione Europea – Commisione che fa le leggi, Parlamento senza potere legislativo, elezioni inutili ai fini della decisione politica anche se alla fine esprimono un embrione di plutipartitismo– non del Terzo Reich. Stiamo cioè parlando di qualcosa che esiste ora, non dell'imitazione farsesca di sistemi politici sepolti dalla Storia. Stiamo parlando di una concentrazione del potere decisionale in “istituzioni elitarie” messe al riparo dall'influenza mutevole dell'opinione pubblica. Stiamo parlando dell'eliminazione di ogni rappresentanza di interessi sociali potenzialmente divergenti da quelli del sistema delle imprese, confinando “i sindacati” nel ruolo di “centri servizi fiscali” per lavoratori dipendenti.

Stiamo parlando, per concludere, della fine del binomio solo “ideale” tra modo di produzione capitalistico e democrazia parlamentare (borghese, naturalmente).

Non dite che non ve ne eravate accorti: ce lo stanno ripetendo da tutti gli schermi decine di volte al giorno...

Dante Barontini

3/4/2014 www.contropiano.org

 
 
 

L'Italia che fu Repubblica all'avanguardia (con compromessi istituzionali) della giustizia sociale, regredisce di oltre 1 secolo

Post n°8758 pubblicato il 04 Aprile 2014 da cile54

Una balzo in avanti verso la Statuto Albertino

Invece di mettere in piedi tutto questo teatro delle difficoltà inventate, il premier Renzi avrebbe potuto, se per caso lo conoscesse, copiare di sana pianta lo Statuto Albertino sull'infrastruttura dello Stato moderno. Più semplice e diretto e veramente innovativo. Quasi una Carta costituzionale, uno Statuto, che data marzo 1848. Un bel balzo in avanti quindi ad un secolo e mezzo fa circa. Forse Renzi neppure lo sa, ma anche là il Senato era nominativo, come questo che si è inventato lui;  anche là chi poteva essere nominato erano rappresentati di categorie ben precise. In primis i preti, i vescovi (articolo 33). In quello di Renzi (per ora) non ci sono, sicuramente una dimenticanza cui potrà ovviare nel dibattito alle Camere.  Perché togliersi delle possibilità? Anche nello Statuto Albertino non era previsto un compenso alcuno per i nominati (articolo 50). Loro poi esageravano ed estendevano tale privilegio pure ai Deputati, ma Renzi potrebbe, con un po' di fantasia,  arrivarci presto. Facile immaginare chi ricopriva tali ruoli.

Ma se vogliamo ben cercare possiamo trovare che l'attuale proposta di doppio ruolo per le Camere prossime venture, una che dovrebbe contare qualcosa, l'altra di contorno, richiama la divisione costituzionale presente nel 1799 in Francia al momento consolare quando Napoleone Bonaparte si allenava alla futura carica di Imperatore,  da lui stesso imposta, ricoprendo, per poco, il ruolo di Primo Console. Una Camera, il Tribunato , discuteva le leggi, un'altra, il Corpo Legislativo, le votava. Un po' di coraggio e ci arriviamo.

Il problema non è l'uomo in sé ma chi gli sta attorno. A parte le sue creature, giovani ed inesperte come lui, che esprimono tutta la noncuranza di chi non sa ben dove si trova, non si capisce cosa ci stiano a fare, nell'ordine, il Partito Democratico, gli altri partiti del governo e del Parlamento che lo appoggiano: questi sono i veri problemi. A questo punto sarà interessante vedere come reagirà il paese, le associazioni di massa. Proviamo ad elencarle: l'Arci, l'ANPI, il mondo variegato del volontariato, le associazioni cattoliche di base, quali l'Azione Cattolica, i vari circoli che sbavavano sulla democrazia ferita dall'epoca di Berlusconi.

Possibile che da questi settori non sia ancora venuta nessuna lamentela forte, nessun forte monito per gli attacchi alla democrazia esangue. Dato che dal capo dello Stato non ci si può attendere nulla a proposito - ha già detto che è "imprescindibile (e chissà perché ora) il superamento del bicameralismo perfetto – sarebbe salutare che da altre cariche dello Stato venisse qualche conato di vita. Abbiamo visto il Presidente del Senato, ospite della trasmissione in Mezzo'ora, in onda alla domenica pomeriggio, dopo il telegiornale della rete Tre della Rai, il 30 di marzo, dire e non dire in continuazione su queste tematiche. Lamentarsi, salvo considerarsi poi  il primo partigiano delle riforme, ma …però…

Discorsi chiari, quindi,  poco o nulla.

E dal mondo delle imprese? Beh, su quel crinale poco ci si può aspettare dato che a loro basta continuare a mietere profitti in Italia e soprattutto all'estero. La democrazia non sanno neppure dov'è di casa.

Speriamo nel Papa allora? Ma anche da quella parte, dopo i grandi sorrisi a tutto tondo tra Francesco ed Obama, che hanno trovato piacere a parlarsi, strada chiusa. Un colloquio tra il cantore della dolcezza e della bontà con il Presidente del governo più impegnato in guerre planetarie continue, con un numero di morti che ogni giorno aumenta, morti naturalmente non targate USA.

Buoni ultimi gli intellettuali di casa nostra. Dove sono? Forse impegnati a raccogliere firme per la lista europea targata Grecia, che parrebbe essere l'ultima spiaggia della democrazia, a lamentarsi per il troppo lavoro. 150 mila firme da raccogliere: che gli tocca fare per avere qualche seggio in Europa, seggi inutili specialmente dopo che sarà votata dal Parlamento fantasma – Barebone's  parliament , prima rivoluzione inglese, quella borghese di Cromwell, siamo attorno alla metà del 1600, sempre  più indietro nel tempo  – una legge elettorale targata Berlusconi/Renzi. Certo ci potremmo sempre consolare con la raccolta di firme, in rete mi raccomando, sulla salvaguardia della caccia alle balene. Basta con queste mostruosità.

Tiziano Tussi

1/4/2014 www.resistenze.org

 
 
 
 

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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