Creato da MirtilloGirl il 11/09/2006
quando qualcosa comincia, comincia a finire (a.g. pinketts)

marmellata di mirtilli

Innocenza. Purezza. Illogicità. Anti-logicità.
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antichi sapori

Post n°158 pubblicato il 02 Febbraio 2008 da MirtilloGirl
 

Passato molto tempo. Dall'ultima volta. Che sono stati felici. Insieme.
Avevano un appuntamento, ostinata ripetizione. Gli ultimi eventi avevano portato la situazione agli sgoccioli: lei lo aveva tradito, rea confessa. Lui stava provando a perdonare. E questo era il primo appuntamento, dalla confessione, dopo giorni di silenzio, assenza, rancore, dopo un incontro voluto da lui in cui avrebbero dovuto esserci spiegazioni e rabbia. Ma lei è serena, perchè è come una piccola irsuta fenice, che cerca il fuoco per purificarsi e per rinascere dopo ogni spavento. La piccola fenice aveva spiegato a lui la necessità di quel dolore, che come un embrione avevano covato entrambi in mesi e mesi di quotidianità insensata. Il dolore era nato dalla loro stupidità, dalla loro piccolezza, dalla loro viltà.  E ora bisognava smettere di mettere pezze dove non c'era più sostanza: bisognava lasciar morire tutto per poi rinascere. Questo gli aveva detto.
E dopo c'era stato questo appuntamento. Appuntamento. Come qualcosa di nuovo, ma conosciuto, come qualcosa da sperimentare, ma già saputo.
Volevano stare soli. Invece c'erano gli amici.
Va a finire che si trovano in questa osteria, una vera e propria bettola che a vederla da fuori faceva scappare. Ma l'amica garantiva, è buona e poi è divertente, vedrai, vedrai.
Tutto colorato. I muri pieni di poster e foto e quadri vecchia Milano, anzi vecchia e basta. Sembrava di aver fatto un salto nel tempo, indietro di almeno cinquant'anni. Esistono ancora posti del genere. Luigi, l'oste, ha una gentilezza servile e amichevole al tempo stesso. Il cibo è ottimo, senza meraviglie, semplice ma sapientemente curato.
E poi a un certo punto quel tizio prende in mano la chitarra. E comincia a cantare. Lentamente tutti alzano lo sguardo dal microcosmo del proprio tavolo e si voltano. A guardarlo. Ad ascoltarlo. A ridere, quando canta di un'improbabile sbornia sulla melodia di California dreaming. A piangere, quando canta del barista dell'albergo a ore, che vede morire una giovane coppia nella stanza numero 3. Gli amici si spostano, vanno a sedersi al tavolo che si è liberato accanto al cantante, assieme ad un altro cliente che è lì da solo e conosce il chitarrista, è venuto a posta. E offrendosi reciprocamente vino e rosolio fino a tarda notte, imparano e ricordano un pezzo di storia della loro città e del loro Paese che un giorno andrà smarrito inesorabilmente, quando crollerà l'ultimo mattone dell'Osteria Tajoli.
La compagna del cantante lo incita: canta quella degli occhi grandi, quella è bella. Sono ubriaco non mi ricordo le parole. Ma sì, se cominci poi ti vengono.
E lui comincia. Parla di una coppia. Lei lo tradisce in continuazione e lui la perdona in continuazione, stregato e affascinato dai suoi occhi grandi. La piccola fenice vorrebbe sprofondare, ce li ha pure lei gli occhi grandi. Lui ascolta, sorride e guarda fisso davanti a sè. Alla fine della canzone lui non la perdona più e le spara. Tutti ridono. Anche la fenice. Anche lui.

Questa storia non ha un finale.

 
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