Creato da le_vide il 18/04/2010

le vide

l'informale dell'arte

 

 

Lià

Post n°132 pubblicato il 01 Febbraio 2012 da le_vide
 

 

metti le scarpine per il ballo,
Lià, il vestitino per uscire
la domenica, 
mamma ti dice che sei grande
mentre la guardi truccarsi
allo specchio.
nello specchio ci sei tu,
ci sei tu, Lià,
se ti metti quel rossetto
rosso rosso, sembri lei
nella fotografia.
sbrigati che passano
gli anni, Lià, passa pure 
la voglia a volte,
e i compiti, e le feste
di piazza, 
e le gite in macchina
fino alla casa dei mandorli..
e poi lo specchio rotto,
e l'odore di sangue
e di doglie 
venute troppo presto
troppo presto,
e i ragazzi, i ragazzi, Lià,
uscire e non tornare a casa,
le quattro di notte
dietro la ferrovia -
si correva per non tornare mai,
per non dover restare chiusi qui,
e andare via -
sbrigati, Lià, il treno
passa una sola volta,
perché si piange a volte,
si piange senza motivo,
e gli esami, gli esami,
e i battiti sullo schermo,
e la casa che non sembra 
più casa,
che non è casa questa,
non lo è stata mai..
cosa tremi a fare la notte, Lià,
se non sei stata mai sola,
ci sarei io per te, adesso,
ci sarei io..
dove sei, dove sei, Lià?
bambina per sempre, 
per sempre nello specchio,
col rossetto rosso rosso
sulla bocca,
come in quella foto..

banditosenzaluna

 
 
 

un poco andante allegro

Post n°131 pubblicato il 29 Gennaio 2012 da le_vide
 

 

di qua, di là dal mare
un passo oltre la tela
che riempie il giorno
e il buio stinge, 

un piccolo berretto,
un occhio che non vuole
copiare un'altra volta
il mondo,

l'occhio che non mi vede
davanti alla ferrata
provando a sconfinare
il segno

di qua, di là dal mare
appresso ad un berretto
che copre la sua
fronte bianca,

già volo col pensiero
al punto di raccordo
tra questa e la più
dolce vita, 

nell'ora in cui riappare
il segno sulla tela
e il sole sorge un po'
più svelto 

banditosenzaluna

 
 
 

la casa sul mare

Post n°130 pubblicato il 29 Gennaio 2012 da le_vide
 

 

Si chiudano sui tetti
le palpebre del giorno;

la lampada si accende
col garofano,
la punta saliscende
del grammofono;

se apri la finestra,
da laggiù ti guarda
il mare..
ogni volta che respira

e dalle tue tende spira,
bramosia del ritornare,
d'ogni cosa all'elemento
che nel Blu sigilla il tempo..

che Gran Tempio fa
del Porto, o,
cipressi di alte vele
se campana suona a morto..

.............................................

Oceanico mistero
che sciaborda in mille occhi
sotto i ponti delle navi,
specchio e tomba d'ogni cielo.

 

                                                                                                                  Nicola Fleming

 
 
 

composizione audio-visiva

Post n°129 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da le_vide
 

( - - ) = 1; ( __ ) = 0

( .... ) = pausa

 

 

T u .... .... s e i__b e l l a

.... .... Il____fiore__ è__ b e l l o

 

L A__M U S I C A___S u O N A.

.... .... .... .... ....U ..... .... u .... .... .... ....

 

IL__ C a n e____a b b a i a.

ABB .... .... ____ B _________B

B E L L' .... .... .... .... llà llà

 

Quando viene La Primavera .... sbocc'i'anò .... .... L E____ROSE.

Dentro il Baùle .... ci sono tante .... .... ______C O S E.

bAU .... .... BaU .... .... .... ....

A l l a .... a l l A .... .... ....

 

   A

//__

     A          A.

 

                                                                                                                   Nicola Fleming

 
 
 

le mie albe III

Post n°126 pubblicato il 18 Gennaio 2012 da le_vide
 

le mie albe sono rotte
voglio torni mezzanotte
notte dura di basalto
che riluccichi l'asfalto

d'ogni via che prenderai..

Fredda, antica notte-mare
ha i tuoi occhi e sta a guardare,
come il merlo su dal tetto
sbircia il sogno nel cassetto

che domani riaprirai..

Ch'ogninnott'è questa notte..!
mentre i soli fanno a botte,
per avere il tuo violino
e un gran sogno da spazzino

cerca te che dormirai.

 

                                                                                                                   Nicola Fleming

 
 
 

piccolo mondo

Post n°125 pubblicato il 17 Gennaio 2012 da le_vide
 

Sarebbe troppo semplice
se il mio mondo fosse tanto piccolo
da non vedere oltre la tua guancia,
come se il mio occhio
appoggiato sul tuo viso,
fosse proprio il Principe
in cima al suo Piccolo astro.

Se le tue ciglia
fossero le uniche linee,
e da sole tutto il mistero
del disegno;
e i tuoi capelli da cui respiro
da soli tutto il grembo vitale
del colore;

..............................

Cada il mio orizzonte
dove rotondamente la tua guancia cade
oltre le labbra
per rinascere più tenera,
promessa al giorno
che ti siederò a quel lato;

Partendo dall'inizio
o dalla fine,
intera ti riavrò e non mutata,

palindromicamente ricreata

Tu.

 

                                                                                                                   Nicola Fleming

 
 
 

senza titolo

Post n°124 pubblicato il 17 Gennaio 2012 da le_vide
 

si terminava con l'andare
appresso a sbuffi di pentole
in cucina, i frutti rossi
della bella stagione
appesi sulla porta, nelle stive
le riserve per l'inverno. 
è un po' così, dicevi, 
ci sentiamo prigionieri
nella comodità perbene
di case che sanno d'uva
e di mentuccia, 
di vecchi tomi per arredo
e brioches calde 
come nuvole di sole al mattino.
io l'ho sempre chiamata borghesia
e mi sbagliavo. era la faccia
che non vedevo, la mano
che non volevo abbracciare.

banditosenzaluna

 
 
 

il tuo nome

Post n°122 pubblicato il 11 Gennaio 2012 da le_vide

 

Il tuo nome è come l'otto
come il rosso della sera..

come il treno che ho perduto
per andare a far la spesa..

il tuo nome è da gridare
nel gran vento che non resta

il tuo nome è da trovare
nella torta della festa

il tuo nome torna indietro
su un binario stretto stretto..

come va il bambino al buio
e poi scappa dallo spettro..

 

                                                                                                                  Nicola Fleming

 
 
 

Le Vide su Le Vide (backstage a un anno dal primo salto nel Vuoto).

Post n°121 pubblicato il 04 Gennaio 2012 da le_vide
 

La Forma è tutto. Sulle sue fondamenta riposa ogni grado del peso emotivo delle cose che compongono la nostra vita.

Vita e Forma sono due principi che si ristrutturano vicendevolmente, nella misura in cui ciascuno abita l'altro.

Ma perchè sbilanciarsi in un giudizio così icastico: "la Forma è tutto"? Più che per circoscrivere una precisa posizione concettuale, è forse per dar voce ad un bisogno... Ad un'istanza che ci raggiunge dalle profondità dello spirito.

Dalla quotidianità della forma che nella sua struttura configura il deposito di un senso di utilizzabilità e di disponibilità virtuale per l'azione ( il rettangolo di un libro o il cilindro di un portapenne), al profondo mistero dell'esperienza artistica in cui la forma si auto-significa e genera da sé altre forme pur in mancanza di un panorama di significati di riferimento. Ma quante altre tappe tra questi due poli!                        

Dalla forma che rappresenta con la sua struttura un significato (es: la pace) attraverso un determinato senso (tre linee in un cerchio) in quella che chiameremmo una struttura simbolica, al ghirigoro della grafica e del design che consegnano all'astrazione la superficie degli oggetti d'uso quotidiano, anticipando la pura ed autonoma figurazione artistica contemporanea.

Ogni gesto della nostra vita, della nostra giornata, è, in qualche maniera, volto a configurare il "come" di ogni nostro "cosa", la forma di ogni nostro contenuto, il modo di apparire, di essere inteso, di ogni gesto, parola, oggetto, sentimento che intendiamo esprimere a noi stessi e agli altri; così ogni giorno scaviamo le scanalature della forma per adattarvi le nostre esigenze personali e sociali, per imprimere in esse un'immagine nella quale ci si possa compiutamente riconoscere. Come lo scultore scava e scopre via, via, gli strati del suo legno, così noi limiamo gli atti e gli oggetti della nostra vita, facendone venir fuori l'intima complessità, cercando in essi la forma più adatta per noi, per significarci e rapportarci al mondo, restituendo alle sue immagini la nostra, quella che ci facciamo di noi stessi.

Il progressivo affermarsi dell'arte contemporanea ha compiuto la sua corsa sui binari, resi reciprocamente indipendenti di Forma e Colore; reciprocamente indipendenti e slegati dalla necessità di un riferimento ad un'oggettualità naturalistica o mimetica. Su questi due elementi, una volta presi nella loro assoluta libertà figurativa e creativa, poggiano le basi di ogni sperimentazione artistica che accada dall'impressionismo in poi (sebbene tale indipendenza segni il tramonto di una convenzione rappresentante una determinata visione del mondo e dell'immagine pittorica, ma non implichi una separazione di fatto dei due principi, "in se", dei quali bisognerà riconoscere, forse, la Forma come primario e iscritto nello stesso principio-Colore).

Così anche ogni testo ha, naturalmente, una forma. E questa affermazione vale su strati e livelli innumerevoli. Dalla forma narrativa, allo stile, alla configurazione sintattica e paratattica etc. La disponibilità di testi, spessissimo "ibridi" tra verbale, figurativo e fonetico, è oggi incredibilmente elevata; e se da ogni parte, attraverso vetrine, cartelloni, manifesti, televisori e simili, i più semplici oggetti e colori della nostra vita entrano a far parte, col loro insistente richiamo, di quella "estetizzazione generale" del mondo sociale che segue necessariamente allo sviluppo dei media audio-visivi, così anche la quantità di testi e ipertesti a nostra disposizione è in continuo aumento e progressiva differenziazione e raffinazione. Eppure, a ben vedere, per riconoscere i presupposti di ogni genere di "contaminazione" di media differenti tra loro, è ancora alla più basilare pratica di ognuno di essi che dobbiamo fare riferimento. Ci accorgeremo allora che un testo scritto (stampato o autografo) ha già in sè dei rimandi visuali e fonetici, in quanto i suoi contenuti impliciti, che si rendono fruibili attraverso la lettura, sono proprio di carattere figurativo e auditivo; rimandano sempre ad una "voce narrante" strutturata in un certo modo e ad un insieme di "segni" che condividono le stesse caratteristiche visive di fondo. Ogni genere di linguaggio a cui un testo dà espressione si compone (forse in egual misura) di entrambi questi tre principi: verbale, figurativo, auditivo. Ma alla scomposizione dei principi costitutivi della pratica pittorico-figurativa, doveva necessariamente seguire una parallela scomposizione di simili principi, nell'ambito del testo scritto (si pensi a Mallarmè). Tale scomposizione prelude, come sappiamo, ad un lavoro di ricerca personale e diversificato su ogni singolo principio, preso nella sua autonomia e di seguito rapportato agli altri. Il lavoro poteva partire da presupposti diversi e da diversi terreni. Dalle invenzioni lessicali e fonetiche di Queneau, allo stream of counsciousness joyceiano, ai calligrammi di Apollinaire, ai deliranti monologhi cèliniani, etc.

Ma riportiamo i fili di tutto questo discorso al suo punto d'origine: la Forma; e, implicitamente, il ruolo della forma per l'esperienza di Le Vide, il quale si inserisce a suo modo nella metodologia della ricerca prima delineata.

Non è opportuno al momento, chiedere a noi stessi di riflettere attentamente sui punti di contatto tra la nostra pratica artistica e il modello rappresentato dall'uomo che appare in foto nella nostra homepage. L'uomo è Yves Klein, detto (su suo suggerimento) "Il Monocromo", teorico e realizzatore dell'"immateriale dell'arte". La foto riporta una performance chiamata "Saut dans le Vide", in cui Klein utilizza l'insolito medium del "vuoto", per rappresentare un atto di "sensibilità pittorica". Quale sia il significato profondo di questi termini nell'universo artistico kleiniano non ha, per il momento, importanza.

Le Vide si muove nel vuoto che fa da sfondo all'esperienza artistica costruttiva, priva di saldi riferimenti stilistici o accademici che precedano il piano della libera immaginazione creativa. Vuoto come leggerezza e assenza di regole prestabilite. Ma sarebbe forse meglio dire mancanza dell'"aura" delle regole prestabilite. Di quella sorta di alone di rispetto incontrovertibile che circonda certe regole formali, sottraendole al campo dell'esperienza pura da cui pur provengono e mascherando il processo della loro nascita dal turbinio della vita creativa. Le regole che ritroviamo nel nostro percorso sono regole che ci appaiono autoevidenti all'interno del processo di intuizione pura della forma. Si tratta di combinare parole e frasi a seconda di come esse stesse si danno all'esperienza del "parlarle", del canticchiarle, del suonarle su vari toni. Qui le regole che vale la pena di seguire si rinvengono nella loro origine incarnata e non-mediata. La leggerezza dell'arte è anche l'affermazione della sua appartenenza alla quotidianità e alla mondanità del sentire e dell'immaginare. Nessuna metafisica di riferimento. Nessun universo abitato da essenze spirituali che si incarnano nella voce del poeta-vate. La poesia può (e in certi casi deve) nascere dalla strada; dal realismo delle cose che ci circondano e dei pensieri che ci ossessionano e può trasfigurare tutto questo in rapporti formali di melodia e gioco creativo. L'arte può essere una pratica non illuminata dal fuoco sacro dell'ispirazione, può essere coltivata altrettanto bene su diversi terreni, può arrivare agli oggetti che per caso ci passano per le mani, agli occhi che ci capita di osservare per caso, afferrando un pugno di quotidiana banalità nel suo vortice creativo e (ri)formativo. Che orrenda decadenza di sacri valori è questa agli occhi dei moderni pseudo-romantici! Gli affaticati amanuensi che credono di scoprire il segreto dell'Arte ricopiando le orme di un maestro ben affermato e aspettando chini sui propri quaderni a rimescolare "sofferenza" e "sublimità", che qualcuno finalmente legittimi la loro presentazione al mondo..! Ma l'arte del soffrire e della sublime ricerca è finita. L'arte del "daimon" romantico e dell'afflatus rinascimentale non ci riguarda.

Non ci mostriamo a occhi chiusi e pestando i piedi in segno di protesta contro i "mostri della scienza", nè contro il progresso, nè contro l'essenza stessa del fenomeno scientifico troppo spesso (e quanto gravemente!) considerato estraneo (o addirittura ostile) al delicato animo dell'artista... E pensare che la prima "scienza esatta" (come osserva brillantemente Elkins) si costituì proprio attraverso la pittura..! Noi accettiamo le esperienze e i suggerimenti scientifici (ricevendo così, daltronde, il monito della riflessione artistica di tutto il XX secolo...nulla di nuovo quindi, solo una pulita alle offuscatissime lenti che certe tendenze vetero-rinascimentali della critica d'arte ci inseriscono pian, piano davanti agli occhi) e siamo aperti a quelle "esperienze esatte" in campo artistico reclamate da Paul Klee. L'artista è lo scienziato del visibile e dell'udibile (dimensioni queste presenti entrambe nel leggibile). Nel Vuoto, l'esperienza dello spazio e del tempo ritrova se stessa a partire dalla propria origine e dalla propria fonte corporea, al di qua di ogni successiva determinazione, nel panorama di una legalità ideale e pura.

Alla sofferenza si sostituisce, come molla di tale esperienza artistica, la meraviglia di fronte a tutti i gradi delle manifestazioni delle cose, la gioia creativa, la noia da cui fuggire, la banalità di un "esercizio di stile"; alla ricerca erratica e nebulosa del sublime si sostituisce la sua constatazione reale: "The Sublime is now", secondo l'espressione di Barnett Newmann.

L'immateriale, per come noi lo intendiamo, sarà invece, piuttosto un alleggerimento dal peso specifico di ogni materia determinata; una rinuncia che preluda al libero utilizzo di materie diverse per ogni genere di processo creativo, senza calcolare minimamente il loro possibile collegamento convenzionale ad una forma precisa, ad un soggetto particolare, ad un metodo prestabilito. Materia libera dalla forma e forma libera dalla materia! La forma significando se stessa e nulla di più, non avrà che da scegliere la materia più appropriata per i suoi giochi immaginari e creativi, piuttosto che per arrivare all'"immancabile" sbocco verso un significato prefissato, verso la compiuta unità concettuale. L'immaterialità sarà il trattamento sregolato di ogni tipo di materia, nella leggerezza data dall'assenza di connessioni tra essa e (quella che consideriamo essere) la realtà.

E qui, inevitabilmente, il temrine stesso stona un poco e segna il nostro allontanamento dal vero e proprio ideale di Klein. Ma è in fondo di un'analogia che stiamo discutendo, paragonando il nostro metodo a quello del celebre pittore monocromo, proprio nel senso di quella figura retorica che introduce alla magia della metafora. Un'analogia, forse, solamente materiale.

Il testo e le sue forme, fino alle forme delle singole parole ci attraggono come la scomposizione di una melodia in toni puri e in "rumori armonici", interesserebbe un musicista contemporaneo. Le parole stridono e risuonano e si accostano come delle note a volte. Prendiamo questi versi di Alfonso Gatto ad esempio:

 

Si spensero i fanali

restò la luna sui davanzali

grigia e rosa come un duomo

ove cantano le vocali.

 

La potenza creativa di questi versi non sta solo nella dolcezza del tratto surrealista delineato dalle sue metafore. Ma risulta piuttosto da un certo tipo di combinazione tra metafora e rima, due potenze primordiali dello spirito, forse, che sottendono all'intero edificio della Poesia. Leggendola e rileggendola la rima in "-ali" che vediamo quassù comincia a sembrare quasi una chiusa di un motivetto musicale, come una sorta di nota allargata verbalmente, o (per converso) un grafema che cerca di ridursi alla semplicità della nota musicale. Si vede bene, allora come le lettere e le parole da esse composte abbiano bisogno di essere sempre e comunque "parlate", per essere davvero seguite nel loro senso. Le lettere si amplificano, le parole rimbombano, fanno eco le une alle altre... Le B bollono, le T scoppiettano le S sibilano e scintillano! Lo stesso collegamento puramente astratto tra la musicalità e il pensiero che essa evoca, si può ottenere dalle parole deviate dai binari della referenza semantica, grazie all'intenzione del compositore/poeta e dell'ascoltatore/lettore! Qui si va oltre l'onomatopea, verso la vera e propria sensibilità musicale della parola (per questo la S non si limita a sibilare ma scintilla, eccome se scintilla!).

 

Kinder waren, die an Quellen sa(ss)en,

und der Abend kam und sang fur sie,

sang solang bis sie das Heim verga(ss)en

Uber seiner su(ss)en Melodie.

 

[in parentesi, la lettura fonetica]

 Era Rilke stavolta. Ed ecco il punto! La "dolce melodia della sera" cantata in questa poesia è in fin dei conti la dolce melodia che possiamo ascoltare nelle parole, lasciandole risuonare come forme di un suono puro. La Forma, dunque, il "come"; l'abbandono dei bei soggetti, in funzione delle belle parole (che poi sono solo quelle che ci piacciono via, via che le combiniamo). L'immagine e l'"apparenza", che viene prima di un soggetto da riprodurre o imitare. E proprio per questa strada, oggi come un anno fa, ritroviamo il grido husserliano:

"Alle cose!"

 

                                                                                                                             Le Vide

 

 

 
 
 

marcia rossa

Post n°120 pubblicato il 23 Dicembre 2011 da le_vide
 

[.....pensando alla melodia della Marcia nuziale di Brassens-DeAndrè.....]

 

Le notti che ama il vento
non son buone per la casa
le notti - che spavento! -
son le notti della strada...

E se la pioggia soffia
e grandine rimane
appresa sulla coffa
della nave-ospedale...

E se affoga la terra
l'acqua che giù dal cielo
piomba come la guerra
sul regno più sereno...

Io non abbandonerò, mai
i tuoi occhi fermi
le labbra che userai
per baci sempiterni

E le mie guance altare
per quello che vuoi farne
ad ogni palpitare
di bocca sulla carne

Resteremo sulla strada
fino alla fine del giorno
lontani da ogni casa
col tuo rosso tutto attorno!

 

                                                                                                                  Nicola Fleming

 
 
 

prima del tuo nome

Post n°119 pubblicato il 22 Dicembre 2011 da le_vide
 

 

Se fossi un Secolo, tu
ti passeresti
insieme a me..?
A bere il cielo, poi,
dalla tua tazza di thè...

.....................................

Se fossi un Numero, tu
saresti l'OTTO,
come i bottoni
che Bonaparte si contava
sul cappotto - e ne
mancava sempre uno! -

Se fossi una Lettera, tu
saresti l'ELLE,
per il bimbo
che a lallare sta,
indicando sempre
cose belle.

Se fossi un Arto, tu
saresti l'ALA,
con piume rosse, però,
e battiti
che spingono su e giù
gran masse d'aria

Se fossi un Nome, tu
saresti il tuo
e nessun altro,
- ne più ne meno di un bel cerchio -
e proprio quello
che ti destina alla mia bocca,
proprio quello,
nuovo e vecchio,
che attraversa il nostro Secolo
e mi ritrova quando vuole...

dalla Casa del Palindromo...
dove giace e dorme il Suono
d'ogni nome.

 

                                                                                                                   Nicola Fleming

 
 
 

il sorriso dei matti

Post n°116 pubblicato il 13 Dicembre 2011 da le_vide
 

Il sorriso dei matti
barcolla sull'asfalto
inumidito,
il sorriso dei matti
è figlio dei lampioni
e di un cortocircuito.
E' una riga sulla notte
dei marciapiedi,
è soffice come la gomma
da copertoni.

Quando viene la Fortuna
che annaffia gli angoli
e le vie, della sua pioggia.
Quando viene la Fortuna
che le terre grigie imbianca.
Quando scende la Fortuna
il sorriso dei matti
l'ha la Luna.

Il sorriso dei matti
ride in faccia al giorno
dell'indomani,
Il sorriso dei matti
saltella tra le bettole
e i camini.
E' un buffone a quadretti
bianchi e viola,
è un'occhiolino alla musica
da banda di quartiere.

Quando scende la Fortuna
che prepara tutti i letti
e scalda il vento.
Quando scende la Fortuna
che si bacia alla francese
con la sera.
Quando scende la Fortuna
il sorriso dei matti
è sulla Luna.

 

                                                                                                                   Nicola Fleming

 
 
 

ricordi

Post n°114 pubblicato il 17 Novembre 2011 da le_vide
 

 

Se non c'è il tuo viso, sul mio foglio
non si sa che può succedere...
potrei anche scrivere l'ormeggio
di un capodoglio, giù al pontile...

Figlia d'oceano, bestia possente..!
La misteriosa mole tua mi attira
lontano, col tuo sguardo, dai raggi del giorno
cechi ai richiami nel profondo,
solo la tua anima marina tutto intorno...

Quale figlio di Nettuno potrà mai
strapparti il corno..?
Quale relitto potrà dalla tua bocca
far ritorno..?

Quale naufrago accompagnasti nel cammino
verso le nuove stelle...
Che vegliano sopra le immense navi
erranti, come castelli neri e spumeggianti
ove fioriscono i ricordi, col gelido mattino.

 

                                                                                                                   Nicola Fleming

 
 
 

rimette a due voci (con letizia e con mestizia)

Post n°113 pubblicato il 12 Novembre 2011 da le_vide
 


(recitare con letizia)

Sul viso tuo sorge la bolla
verde come il Gran Mattino,
in mezzo al mar la nave rolla,
e non curiam l'unghia del vino.

Ma di petrolio sa la penna...  -che, però, da sè si scrive -
e si scrive la tua gloria
sulla scia dei "vaffan'..tenna"
con cui hai fatto la tua storia.
.............................................

Or'io dico... - con permesso -

Di Capitani e foglie d'erba
non si fa poi tal poesia,
che spicchi ben tra le miglior;

M'alla tenerezza acerba
che, alle guance, ti fa pia
io, non cambierei un color.


(recitare con mestizia)

Dopo di te mi son trovato
gli occhi a pulire ben per terra
per strade lunghe..
e compo-stè di sere.

Non son tornato a quei giardini
ai pranzi fatti di caffè.
- nè più le mie matite
a scarabocchiar di te -

E tu,
certo di gente ne hai mandata
a quel Paese...
per arrivare dove sei.
E io,
dal mio terrazzo,
io ti ho immaginata spesso
col berretto del Maltese.


                                                                                                              Nicola Fleming

 
 
 

la domenica del porto (II)

Post n°112 pubblicato il 01 Novembre 2011 da le_vide
 

 

- Buongiorno, signorina Lalice! - si sbraccia il buono e grasso signor Bruant, proprietario del cafè La Pipe in piazzetta St. Heleine.
- Buongiorno - risponde a voce bassa la succitata signorina con un cenno del braccio.
Il giovane e aitante Matteo si da una scrollata, si guarda un po' attorno e comincia ad abituarsi, molto professionalmente, all'idea del servizio mattutino. Comincia a girare per i tavoli in un sinuoso e precisissimo slalom, verificandone la pulizia, uno per uno, con sguardo attento e ormai scevro di ogni traccia di sopore.
Martha appoggia lentamente il largo cappello sul tavolo davanti a sé e, prendendo un gran respiro, gira la testa e lo sguardo alla sua sinistra, verso il mare.

Il porto si sta svegliando.
Lo sciabordio delle acque preme, teneramente, contro la sonnolenta mole delle barche ancora in dormiveglia. I rumori acqueo-legnosi si fanno, qua e là, a tratti, più incisivi e forti. Tra il molo e i pontili, le grandi sagome azzurre dei pescherecci cominciano a offrire, docilmente, i loro colori alle strisce di sole, mentre le piccole barche a remi si agitano un po', scrollandosi il freddo dell'alba di dosso e mugolando le loro fusa marine.
Le boe si beano, più avanti tra i riflessi luccicanti.

- Salve, signorina Lalice! - grida la piccola Connìe, due tavoli a destra rispetto a Martha, che riorienta il suo sguardo in direzione del La Pipe,
- Ciao, cara Connìe..! - sorride Martha. La madre sarà certamente all'interno del bar a far manbassa di pasticcini e a sparlare, leggiadramente, tutto lo sparlabile possibile, o compossibile realmente, con il caro, grasso signor Bruant.

- Il solito frappè con panna? - dice Martha osservando la sostanza arancio-biancastra che si rigira nel bicchiere la piccola Connìe.

- Si, signorina Lalice! Arancia, pesca e banana, con tanto buon latte! - fa la piccola Connìe.

Martha storce il naso e lo raddrizza; lo ristorce

- Quanti anni hai cara Connìe? Sono sedici adesso o diciassette? -

- Proprio diciassette! - risponde decisa la (non più) piccola Connìe.

- Ah! - fa Martha - Sarà ora ormai che i tuoi frappè te li faccia correggere al ruhm allora..! -
La giovane Constance abbasa gli occhi un po' irretita...non sa cosa rispondere;

- Non.. saprei, signorina Lalice – le esce fuori infine assieme ad un barcollante sorriso.

Martha sorride anche lei di rimando e torna a pensare ai fatti suoi.

Matteo è ormai in gran forma.

- Il solito per lei, signorina Martha? - chiede educatamente il cameriere.

- Matteo caro! - è la risposta - Grazie mille, il solito thè. Ti trovo in forma! Solita vita o c'è altro? -

- Ma no, ma no - risponde Matteo dal suo metro e ottanta di altezza – lei è troppo gentile signorina! Tutto normale, tutto come sempre, solita clientela, solito servizio... ci si stanca al mattino, al pomeriggio tardo si ride coi gruppetti di ragazzi che vengono per l'aperitivo, la sera si riposa... Solo... -

- Dimmi, su..! - lo incalza Martha cogliendo un barlume di novità nella sua interruzione.

- Rifletto, signorina Martha, a dire il vero, rifletto molto di questi tempi. -

Martha lo guarda con aria concentrata.

Matteo si dimentica quel che stava dicendo, si imbarazza e corre a preparare il thè per la signorina. Corretto. 

(...)

                                                                                                                  Nicola Fleming

 
 
 

la domenica del porto (I)

Post n°110 pubblicato il 04 Ottobre 2011 da le_vide
 

Martha cammina con gli occhi serrati, spremacciati dal sole.

È uscita da quella traversina, con la pavimentazione antica, che le piace tanto da vedere e da sentire – il rumore delle scarpe contro le vecchie pietre – ed è ora in vista della piazzetta adiacente al porticciolo, dove le barche da pesca altalenanti mostrano una più serena convivenza con gli spilloni ultravioletti; la retina di Martha è più delicata del sapido legno dei barconi però..!

E quindi ora le sue pupille combattono strenuamente, facendosi scudo con le palpebre, saltellando ora su ora giù, ora di qua ora di lì e restituendole una visione piuttosto frammentaria e luccicante dei suoi passi.
È sempre così a metà mattinata.

Chissà questi altri poi... pensa la giovane Martha, che nel bel mezzo della strada invasa di sole ti guardano bell'e in faccia sorridenti e privi di smorfie protettive, ad occhi sgranati e sicuri...puah! ..vedi poi se si può spiegare questo alle lezioni di medicina, vedi se puoi spiegare questo, piuttosto che il duodeno! ...non lo sanno.. non ne hanno idea in realtà, Martha ne è certa.

Non si è mai fidata dei professori d’università, Martha Lalice… se una volta aveva per caso sentito parlare di medicina in un’aula d’università era stato unicamente per fare compagnia al suo amico Victor, col quale si era impegnata a passare una giornata qualche tempo fa. Di certo le due ore della sua vita in assoluto più piene di sbuffi, tamburellamenti, in canoni vari, su legno da tavolo, conteggi delle macchie sul soffitto, e altre amenità logico-matematiche da anti-stress quotidiano.

Pensa a quanto poco le interessi il funzionamento interno del proprio corpo, Martha Lalice, pensa che sia più indicato per una donna della sua età curarsi del funzionamento del suo corpo esterno – per cosi dire – le gonne in seta povera, le mise vintage con tutti i loro accessori di bracciali, occhiali da sole e cappellini deliziosi, così pesantemente fuori moda, così dimenticati da sembrare – col giusto atteggiamento – degli articoli all’ultimo grido.

Gli occhiali da sole appunto. Oggi non li ha portati. Credeva che la larga tesa del cappello bianco le sarebbe bastata a ripararla dai raggi del sole.

Accidenti alle scelte mattutine dell’ultimo minuto..! pensa Martha, accidenti agli appuntamenti domenicali con Victor..! Ah, ma ecco Bruant, il grasso Bruant, signore assoluto di Piazzetta St. Heleine, proprietario del cafè La Pipe, che esercita la sua egemonia sul territorio mediante isole di tavolini in legno e ferro, sparsi un po’ a caso per la piazza, ma alla giusta distanza fra loro per occuparne quasi tutta l’area, il perimetro, il volume e il peso specifico…

Sarà meglio trovare un posto ben riparato, pensa Martha Lalice, e ordinare subito qualcosa da bere.

(...)

                                                                                                                   Nicola Fleming

 
 
 

le chat noir I

Post n°109 pubblicato il 30 Settembre 2011 da le_vide
 

 

Immagina un caffè in puro stile Luigi XII. I gentiluomini bevono assenzio e i borghesi hypocras. Ci troviamo ai piedi della butte di Montmartre, sulla rive droite. È il 1894. Con un poco di fortuna, sedendoci ad uno dei tavoli del locale, incontriamo Verlaine, Signac e, perchè no, Debussy. Siamo nel luogo - simbolo della Bohème, nella taverna di tutto un quartiere di imbrattatele e di poeti. Il museo delle elucubrazioni degli scapigliati. Ci vuole un poco di fantasia - lo so - ma immagina di trovarti lì. Pensa ad una manciata di missionari francesi che ti intrattengono con il teatro delle ombre. Assapora il gusto dell'anice o dei chiodi di garofano, mandalo giù - da bravo - un poco alla volta. Fatto? Bene, ora,  porta la mente ad una serata di fine gennaio. Il freddo tagliente lungo le strade di Montmartre, la Sacré-Coeur che spicca in cielo come una vetta innevata, tu all'interno di Le Chat Noir. Ehi, non farti distrarre dagli schizzi del vecchio Caran d'Ache! Non ti ho portato tanto lontano per farti divertire, sei qui per conoscere la storia di Adèle e Briac. Cosa sai di loro? Niente? Rimedio io. Quel che ti serve conoscere di Briac è la sua professione. Briac è uno scrittore o, almeno, questo è quello che vorrebbe diventare. Come tutti gli uomini di carta e inchiostro, ha un'anima tormentata e un poco egocentrica. La Terra gira attorno al Sole che gira attorno a Briac, detta in due parole. E Briac ha tutti i problemi del mondo e le afflizioni dell'universo. Compreso un amore non corrisposto, quello per Adèle. Adèle - questo ti farà capire perchè siamo qui - è la star di Le Chat Noir. (.....)

 

fifì lapin

 

 

 

 
 
 

settembre

Post n°107 pubblicato il 27 Settembre 2011 da le_vide
 

 

.

adesso, come ogni sera,
con la sete negli occhi,
cerchiamo di ricucire
il tempo andato, 

qualche goccia di vino buono
può bastare
a ripagarci l'attesa.

quasi fosse vetro sottile
questo filo che lega
il mio sonno al tuo sonno,
la tua bocca e la mia,

beviamo senza pensare
quel che resta nel fondo,
al resto, con l'animo quieto,
penserai domani.

 

banditosenzaluna

 

 
 
 

Notturno

Post n°106 pubblicato il 26 Settembre 2011 da le_vide
 

 

Nata in un giorno di pioggia
dalla conca legnosa
del mandolino,
tu, che hai in dono i canti
e le passeggiate
e i baci come panni appesi,
uno per uno,
amica dei matti
amica dei gatti, nati
dai cespi di gelsomino;
tu, a cui il mare offre lo specchio.
Tu, ut Fortuna...
Corruttibile, instabile.. Luna

 

                                                                                                                       Nicola Fleming

 
 
 

Blansky

Post n°104 pubblicato il 07 Settembre 2011 da le_vide
 

Correndo,
dai portici alla luna,
di una canzone antica il ritornello;

Canta la terra,
avvolta nella bruma,
e gli occhi che si schiudono dormendo;

Del tuo profumo,
notte, è pieno il vino
che corre alle sue labbra preoccupate,
di fronte all'arabesco del destino
e delle idee con sogni mescolate

D'antiche mura,
allora, questo è il succo
che spremi poco a poco nel bicchiere,
da quel che il sabato ha per frutto
e dall'anima fresca delle pere.

 

                                                                                                                  Nicola Fleming

 
 
 

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"Noi crediamo forse di vedere come il chiaro di luna fosse già in do minore, prima che Beethoven lo scrivesse, come tutte le sinfonie europee fossero già state scritte dal vento sulle pagine degli alberi e i pentagrammi delle foglie, prima che i nostri padri le scoprissero nell’aria. Crediamo nella scoperta della bellezza.." 

le_vide

 

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