Creato da lafarmaciadepoca il 13/10/2010

La farmacia d'epoca

Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone

Messaggi di Luglio 2014

Lyspamin

Post n°387 pubblicato il 31 Luglio 2014 da lafarmaciadepoca
 

 

Il farmaco di oggi non è uno tra i più famosi prodotti dalla Bracco: non brillava per design, il nome non era un granché, ma posso assicurarvi che il Lyspamin era uno di quei medicinali che faceva il suo lavoro egregiamente.

Infatti questo ritrovato della scienza anni Cinquanta era a base di feniletilmaloniurea, la molecola psicotropa più conosciuta ed amata da tutti e 1 nicotilammino 1,2 difeniletano, un forte anti ipertensivo utilizzato ancora oggi in alcune formulazioni di antistaminici: in conclusione il Lyspamin non era un farmaco propriamente “leggero”, ma esisteva una ragione per cui doveva essere tale.

Questa “bestia” di farmaco era impiegato nel trattamento degli spasmi derivanti da angina pectoris, angiocardiopatie, miositi, coliche, artrite obliterante, crampi e disfagia, tutte patologie che possono essere accompagnate da manifestazioni di dolore molto forte che può compromettere la qualità della vita del paziente.

Ecco la foto del tubo:

Lyspamin



Misura 5,5 cm x 1,2 cm e risale agli anni Cinquanta. Il Lyspamin era da vendersi dietro ricetta del medico, il quale decideva anche per la posologia a seconda della gravità dei casi: una pastiglietta sciolta in acqua durante la manifestazione dolorosa, mentre per prevenire gli spasmi occorreva assumere mezza pastiglietta tre volte al giorno.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

Quando i Papi facevano pubblicità

Post n°386 pubblicato il 24 Luglio 2014 da lafarmaciadepoca
 

 

Sì, non avete letto male, c’è stato un periodo in cui i Papi erano veri e propri testimonial di prodotti commerciali: c’era Pio IX che reclamizzava uno studio fotografico, Leone XIII che prestava il suo volto per il tonico Vin Mariani, Pio X era il fattore trainante della vendita della Pastiglia Santa e Pio XI era il paladino del Lysoform: nulla mondava le “stalle” materiali e spirituali come il prodotto Achille Brioschi.

Tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, la nascente industria pubblicitaria aveva bisogno di testimonial di tutto rispetto e cosa c’era meglio di papi, grandi medici  e dittatori ( Mussolini pubblicizzava il cioccolato Perugina) per avvalorare la bontà di un prodotto?
Certamente noi non siamo più abituati a questo tipo di “pubblicità”: oggigiorno si preferisce puntare su personaggi più “neutri” come sportivi o modelle, che non accendano nell’acquirente inutili antipatie legate a correnti politiche o a tematiche religiose, ma per l’epoca il fatto che un Papa pubblicizzasse un detergente per pavimenti ( che in realtà nacque come pastiglie per la tosse!) era completamente normale, ma confesso che scoprire l’esistenza di una Pastiglia Santa è stato incredibile anche per me.

Se non ci credete, ecco la foto della scatola:

Pastiglia Santa

Misura 8,4 cm x 5 cm x 1,8 cm e risale ai primissimi anni del Novecento, in particolare è posteriore al 1906.
La Pastiglia Santa era un semplice bon bon digestivo, di cui ahimè non conosco gli ingredienti, in quanto fino agli anni Venti non era prassi indicarli per tutti i prodotti, l’unica notizia che ho è che il Santo Padre Pio X aveva gradito molto l’offerta e così, per l’ennesima volta ho ancora bisogno del vostro aiuto, se avete notizie della composizione fatevi sentire con un commento o una mail.

Grazie per aver letto il post e per le informazioni che vorrete fornirmi!

 

 
 
 

Citroepatina

Post n°385 pubblicato il 18 Luglio 2014 da lafarmaciadepoca
 

 

Quella di oggi è una variazione sul tema della Citrosodina, presentando la versione anni Settanta della Citroepatina.

Nonostante la radice “Citro” del nome, la Citroepatina aveva ben poco in comune con la più conosciuta “sorella”: mentre quest’ultima veniva impiegata nel trattamento delle sindromi gastriche, la Citroepatina era prescritta in caso di insufficienze epatiche, itteri, epatiti, stati pre - cirrotici ed altre patologie legate al fegato.

Anche la composizione era molto diversa: betaina monocitrato, sorbitolo, bicarbonato di sodio, acido citrico e saccarosio, a fronte di solo citrato trisodico della Citrosodina.

Mentre la maggior parte di noi conosce sorbitolo, acido citrico, saccarosio e bicarbonato di sodio, perché comunissimi in farmaci e prodotti alimentari, sicuramente rimarrà interdetto dalla betaina. Chissà quale molecola potrà mai celarsi dietro questo nome?

La betaina fu isolata per la prima volta nel 1866 da Carl Scheibler, il quale stava lavorando con della melassa di Beta vulgaris, ossia barbabietola comune: perciò non abbiamo a che fare con una molecola “strana”, ma semplicemente con una dal nome curioso.
La betaina non divenne subito il farmaco d’elezione per trattare le patologie epatiche, tanto che per molto tempo si ritenne che non avesse proprietà farmaceutiche particolari. Studi degli anni Cinquanta - Sessanta dimostrarono che questa molecola aveva un alto potere metilante, ossia la capacità di cedere gruppi metile soprattutto all’ omocisteina, trasformandola in metionina, un amminoacido essenziale, in quanto costituisce l’”inizio” delle proteine umane, agevolando così il lavoro di sintesi proteica del fegato e la sua rigenerazione in caso di steatosi ed altre patologie considerate come "pre - cirrotiche".
Vista sotto questa luce sembrerebbe che la betaina fosse il massimo come farmaco, ma studi successivi dimostrarono che la sua efficacia era un po’ più limitata, ed infatti oggi la molecola è impiegata solo come integratore.

Ecco la foto del barattolo:

 

Citroepatina


Misura 10 cm di altezza per 5,6 cm di diametro e risale agli anni Settanta. La posologia raccomandava 2 cucchiaini in mezzo bicchiere d’acqua, da assumersi dopo i pasti.
La Citroepatina era prodotta dalla Roussel Maestretti di Milano.

Grazie per aver letto il post!

 

 
 
 

Le Pastiglie per la Gola del Dottor Knapp

Post n°384 pubblicato il 10 Luglio 2014 da lafarmaciadepoca
 

Anche se la maggior parte di noi ricorda il "Dottor Knapp"  per i suoi cachet contro il mal di denti, dovete sapere che al marchio erano associate anche delle pastiglie contro il mal di gola, che per onorare la grande fantasia legata al brand si chiamavano Pastiglie per la Gola del Dottor Knapp.

Esse erano a composte da:
- Amminobenzoato di etile o benzocaina, molecola impiegata ancora oggi come anestetico locale in prodotti odontoiatrici, in virtù delle sue spiccate proprietà desensibilizzanti ed antisettiche.
- Timolo: il fenolo antibatterico più comune nei dentifrici moderni, e apprezzato anche in passato come tossifugo ed anticatarrale.
- Borato di sodio: componente immancabile nelle pastiglie per la gola da circa metà Ottocento fino agli anni Sessanta. Non potete dichiararvi di essere collezionisti di vecchi farmaci se non avete almeno una scatola di pastiglie mentolo, borato e (inserire un alcaloide a scelta). Oggi il borato di soda sopravvive in poche preparazioni, in quanto è stato soppiantato in favore di composti meno irritanti.
- Duotal: nome commerciale con cui era conosciuto il carbonato di guaiacolo, introdotto nella farmacologia dell’epoca per sostituire il creosoto come anestetico. In passato veniva associato anche come coadiuvante  delle terapie tubercolari, in quanto oltre a ridurre la tosse abbassava anche la febbre e “rigenerava” l’appetito.

A completare la pastiglia olio essenziale di mentolo e zucchero per un gusto rinfrescante e piacevole: potevi avere raffreddori, tossi, raucedini e angina (tonsillare, non pectoris!), ma l’alito era sempre fresco.

Ecco la foto del tubo:

Pastiglie Knapp


Misura 7,8 cm x 1,7 cm e risale agli anni Cinquanta / Sessanta del Novecento, anche se la composizione dà l'idea di essere stata ideata perlomeno due decenni prima. La posologia raccomandava fino ad un massimo di otto pastiglie al giorno da tenersi a lungo in bocca.
Le Pastiglie del Dottor Knapp erano prodotte dalla SIPFA di Milano, ossia la Società Italiana Prodotti Farmaceutici Affini, che produceva anche il Thermogene.

Grazie per aver letto il post!


 
 
 

Colefanina Carlo Erba

Post n°383 pubblicato il 04 Luglio 2014 da lafarmaciadepoca
 

 

Il prodotto di oggi non è propriamente un farmaco, ma ha sicuramente rivoluzionato il mondo della diagnosi: si tratta della Colefanina Carlo Erba.

La Colefanina era a base di tetraiodoftalofenone, una molecola che aveva il pregio di essere un mezzo di contrasto per mettere in risalto la colecisti ed eventuali patologie legate ai calcoli biliari.

Questa volta però, invece di iniziare il solito spiegone fisiologico sulla cistifellea e sulle sue funzioni, desidererei soffermarmi su un aspetto importantissimo della farmacia e della medicina contemporanea: la diagnosi.

Spesso mi capita di confrontarmi con molte persone convinte che in passato la vita fosse più sana, le grandi case farmaceutiche non esistessero e che l’incidenza di malattie gravi e di alcune patologie genetiche fosse di molto minore.
Purtroppo questo ragionamento è applicabile solo in parte, in quanto nel tanto decantato “passato” gli strumenti di diagnosi e le tecniche mediche disponibili erano piuttosto superficiali, facendo sì che parecchie manifestazioni patologiche non fossero rilevate oppure diagnosticate in maniera errata.

Se mi seguite da un po’ di tempo sicuramente saprete che più volte ho ribadito quanto sia importante vaccinare i propri figli, eppure molti credono ancora che l’autismo, ed in particolare la sindrome di Down, sia causato dai vaccini, portando come dimostrazione della correlazione dei fatti che prima del 1963, anno in cui fu introdotto il vaccino contro il morbillo, l’incidenza della sindrome era molto minore.
Visionando i dati infatti sembrerebbe un’affermazione inoppugnabile, ma da una più accurata analisi emergono informazioni che screditano questa visione un po’ superficiale dell’intera faccenda.

La sindrome di Down è una condizione cromosomica causata dalla presenza di una copia in più del cromosoma 21 nel genoma dell’individuo, che oltre alle più caratteristiche manifestazioni fenotipiche della sindrome, comporta anche la comparsa di sindromi da immunodeficienza acquisita, che azzerano la risposta immunitaria della persona all’attacco di patogeni esterni quali batteri o virus, rendendoli bersagli facili per ogni tipi di infezioni.
Oggi, fortunatamente di infezione batterica non si muore più, ma immaginatevi nell’Italia degli anni Quaranta e prima ancora quando gli antibiotici non esistevano,  la mortalità infantile era più alta che mai, perciò pochi sarebbero arrivati all’anno di vita e figuriamoci ai cinque. A questo occorre aggiungere che gli anni Sessanta sono stati anche il periodo della “rivoluzione rosa”: l’emancipazione femminile si  è tradotta  in un aumento dell’età della madre alla prima gravidanza, di cui è stato provato la correlazione con l’aumento dell’incidenza della sindrome di Down, motivazione molto più plausibile per l’aumento dei casi rispetto alla comparsa del vaccino.

Altro esempio è legato alla diagnosi dei carcinomi. Se voi foste vissuti alla fine dell’Ottocento vi avrebbero detto che i tumori sono curabilissimi e di non starvi a preoccupare. Infatti in mancanza della scoperta delle componenti cellulari legate ai tumori, per l’epoca bastava asportare il tessuto chirurgicamente per ottenere la guarigione completa. In mancanza di tac, pet o anche solo una semplice ecografia, risultava parecchio difficile diagnosticare con sicurezza un tumore ed eventuali metastasi per impostare una terapia, e chissà quanti casi sono rimasti non registrati.
Considerate quelle che erano le condizioni di lavoro e la salubrità degli ambienti di fine Ottocento – inizi Novecento, dove a stento si riconosceva la pericolosità di alcune lavorazioni, l’unica ragione plausibile per cui non siano stati registrati casi di carcinomi, è proprio la mancanza di sistemi di diagnosi oppure la ridotta aspettativa di vita: non ci si può ammalare di una determinata malattia se un’altra patologia ci fa morire prima.

In sostanza, noi abbiamo iniziato a curare seriamente nel momento in cui siamo riusciti a diagnosticare precisamente: ovvero dagli anni Settanta in poi, quando comparvero tutti i moderni sistemi diagnostici.
Riconosco che questo potrebbe dare luogo a diversi fraintendimenti, ma ricordate sempre che ogni farmaco è figlio del suo tempo, cioè fu formulato con le tecnologie e con le conoscenze disponibili con i mezzi dell’epoca: se noi contemporanei riusciamo a fare così tanto, ed abbiamo statistiche con l’incidenza delle patologie più affidabili, è proprio perché abbiamo strumenti di diagnosi che ci permettono di avere una certa precisione nell’identificazione delle patologie.

Ecco la foto del flacone:

Colefanina

Misura 6, 6 cm x 3,2 cm e risale agli anni Trenta. Il suo contenuto era da  diluirsi in mezzo bicchiere di acqua fredda, agitare per 1 – 2 minuti, e poi poteva essere diluito ancora con acqua, birra o limonata. La Colefanina andava assunta la sera dopo un pasto leggero.

Grazie per aver letto il post!

 

 
 
 

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