Creato da lafarmaciadepoca il 13/10/2010

La farmacia d'epoca

Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone

Messaggi di Marzo 2015

Bellergil

Post n°417 pubblicato il 20 Marzo 2015 da lafarmaciadepoca
 

Il Bellergil fu uno dei prodotti di punta della Sandoz a partire dagli anni Trenta / Quaranta: esso era un’associazione di belladonna e fenobarbital, e sicuramente è in lizza per il titolo di “psicofarmaco più pesante” mai messo in commercio.

Il Bellergil, infatti era un preparato galenico con cui era bene non scherzare, come testimoniano i suoi ingredienti:

- alcaloidi puri estratti dalla foglia della belladonna: non solo la più famosa atropina, ma anche  scopolamina, e iosciamina, molecole che agiscono sul sistema parasimpatico come antagonisti del recettore muscarinico per l’acetilcolina.
- tartrato di ergotamina: sin dagli anni Trenta fu utilizzato nella terapia dell’emicrania, per dare sollievo nei casi più gravi, grazie alla sua azione diretta sul nervo trigemino (inibisce i recettori della famiglia recettori 5-HT)  ma al prezzo di pesantissimi effetti collaterali, quali vasospasmi periferici e coronarici, spesso causa di infarto del miocardio.
- fenobarbital: conosciuto anche come luminal, è un potente anticonvulsivo della famiglia dei barbiturici, ormai caduto in disuso, tranne che per il trattamento di casi severi di epilessia.
- acido tartarico: inibendo la produzione di acido malico tende a paralizzare i muscoli, cooperando all’azione anticonvulsiva.
- stearina: è un trigliceride formato da glicerolo e tre catene di acido stearico. Si tratta di un sostituto della paraffina, meno tossico e meglio adatto all’assunzione orale.
- lattosio: perché nella prima metà del Novecento quando il Bellergil fu formulato non ci si curava affatto delle intolleranze alimentari. Veniva impiegato come riempitivo per le pastiglie, oggi è stato sostituito da molecole più sicure per chi non tollera il lattosio.
- zucchero, amido di riso e talco: per la massa del confetto.

Il Bellergil era utilizzato nel trattamento delle “distonie neuro – vegetative”, una classe di sindromi neurologiche che comprende diverse manifestazioni patologiche, caratterizzate nella maggior parte dei casi da forti emicranie e presenza di attacchi epilettici.

Ecco la foto dei flaconi:

Bellergil


Bellergil

Il primo ( cm 4,3 x 2,7 x 1,9 ) risale agli anni Quaranta, mentre il secondo (cm 4,4 x 2,2 x 2,2) è databile anni Cinquanta / Sessanta. Nel corso degli anni la composizione è rimasta sempre la stessa, così come la posologia: da 3 a 6 confetti al giorno, secondo il consiglio del medico.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

Le Pastiglie di San Giusto

Post n°416 pubblicato il 13 Marzo 2015 da lafarmaciadepoca
 

 

Se anche voi come me soffrite della classica “tosse da strascico influenzale”, che vi fa sembrare degli accaniti fumatori da due pacchetti di sigarette al giorno, e che fa mormorare agli altri “Eh, sarebbe bene che smettesse!”, sicuramente adorereste le Pastiglie di San Giusto dell’Istituto Farmacoterapico Triestino.

Queste delizie sedative a base di codeina e cloruro d’ammonio, erano una delle tante formulazioni di pastiglie per la tosse simili alla “Pasticca del Re Sole”, ma più forti dal punto di vista farmacologico.

Mentre la Pasticca del Re Sole puntava a sedare la tosse, le Pastiglie di San Giusto avevano anche un effetto mucolitico derivato dal cloruro d’ammonio. Questo sale, infatti, è irritante per la mucosa, la quale risponde richiamando liquidi dai tessuti sottostanti, i quali vanno a diminuire la densità del muco, rendendolo più fluido.

Le Pastiglie di san Giusto erano aromatizzate all’anice, ma contenevano anche succo di liquirizia, come un altro farmaco / caramella moderno, il salmiakki, che annovera tra i suoi ingredienti liquirizia e cloruro d’ammonio, rendendolo una sorta di “Fisherman’s friend” made in Finland.

Ecco la foto della scatola:

 Pastiglia San Giusto

 

Misura 7 cm di diametro x 2,5 cm di altezza e risale agli anni Trenta / Quaranta. Le Pastiglie di SanGiusto erano indicate per il trattamento di tosse, catarro, conseguente a raffreddori ed influenza. La posologia raccomandava da 8 a 10 pastiglie al giorno, da assumersi come da necessità.

Grazie per aver letto il post!   

 

 
 
 

Il Latte Alpe

Post n°415 pubblicato il 06 Marzo 2015 da lafarmaciadepoca
 

Il Latte Alpe è considerabile la “risposta autarchica” al ben più conosciuto latte in polvere Nestlé di fattura svizzera.

Fu prodotto dai Laboratori Scientifici Mellin tra gli anni Venti e la fine della Seconda Guerra Mondiale: altro non era che normalissimo latte in polvere sterilizzato, da impiegare nella nutrizione dei lattanti. Un prodotto senza troppi fronzoli, il cui unico vanto voleva essere quello di provenire da giovani mucche in mandria al pascolo alpino.

Credo che anche a voi, a questo punto, sia sorto il classico dubbio: ma un latte di quasi cent’anni fa, riuscirebbe a cavarsela in uno scontro con un prodotto moderno o fallirebbe miseramente? Proviamo a confrontarlo con una delle formulazioni moderne del latte Mellin e vediamo cosa esce!

Latte Alpe (per 100 g): grassi 16% ,  proteine 27,3% , carboidrati 47,7% , sali 7 % .

Latte Mellin Moderno ( per 100 g): grassi 20% , proteine 9,3 % , carboidrati 59%, sali 3%, aggiunta di vitamine e altri nutrienti fino a raggiungere l’8,7 % del prodotto finito. 

Rispetto al moderno latte Mellin, il Latte Alpe aveva meno grassi e carboidrati e più proteine, risultando più “light”  (anche se al neonato poco importa della linea!), ma nonostante questo, dubito che riuscirebbe a reggere il confronto con tutti i latti specifici per la crescita.

Il Latte Alpe era un prodotto di base: volevi del latte in polvere per i neonati? Ecco il Latte Alpe,  ma alle mamme apprensive d’oggi, questo non basta più, ci va il latte per i 3 mesi, i 6 mesi, i 12 mesi, i 93 anni e così via, ciascuno con il giusto apporto di nutrienti che le soddisfino. Chissà come abbiamo fatto senza!

Ecco la foto della scatola:

Latte Alpe

Misura 11,5 cm di altezza x 11,6 cm di diametro e risale agli anni Venti del Novecento.  La preparazione del prodotto era eseguita in base ad una tabella riportata sulla confezione che indicava il numero di cucchiai di latte in polvere e la quantità di acqua (preventivamente bollita).
Il Latte Alpe poteva già essere impiegato nella prima settimana di vita, e contrariamente a quanto avviene oggi, l’allattamento artificiale era preferito e raccomandato dagli stessi medici.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

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