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Post N° 392

Post n°392 pubblicato il 03 Ottobre 2007 da liberante

Aderisco all'iniziativa di Vincanto_Editions    

9 luglio 2006

Non c’era niente da fare.
Me lo sentivo in gola come una lisca di pesce. Non andava né su, né giù.
Almeno fossi riuscita ad ingoiarlo che mi avrebbe liberato la gola ed il respiro e poi che importava se avesse fermentato nello stomaco. Sarebbe rimasto come del cibo cattivo, difficile da digerire.
Oppure riuscire a sputarlo, lanciarlo fuori da me, con un urlo liberatorio che dal profondo della pancia arrivasse fino alla bocca.
Ero convinta che mi avrebbe fatto bene. Che avrei smesso di contorcermi sul divano, stringendo le mani a pugno fino a farmi male, se solo fossi riuscita a strapparmelo di dosso.
Ma non era una cosa esterna a me, era dentro, nel profondo, legata a memorie ben radicate.
La luce dello schermo creava ombre nelle ombre e l’emozione di seguire l’affanno del gioco mi bloccava in un gelido momento, in cui la voce mormorava solo sillabe di parole, senza senso.
La scelta di vedere da sola la partita era stata una scelta casuale. Non avrei mai pensato che mi avrebbe agitato così tanto. Non era nel mio carattere essere così sanguigna con il calcio.
Mi sentivo come dovessi superare una prova, un esame. L’ansia era quasi la stessa.
E poi c’era quel rimestare nel fondo di me, per capire come potessi farmi condizionare da quelle due parole. La voglia di urlarle a pieni polmoni e la proibizione che mi imponevo a non farlo perché avevano un altro significato.
Mi chiedevo come fosse possibile un tale condizionamento.
Eppure c’era.
Eccome se c’era.
E quelle due parole che erano così semplici ed ovvie rimanevamo sbarrate dietro i miei denti stretti e dietro gli altri bisbigli.
Alla fine del primo tempo andai in cucina a bere dell’acqua fredda, chè mi sembrava di avere la gola in fiamme. Era angoscioso il senso di impotenza.
Mi affacciai al balcone e le strade vuote e il silenzio strano mi restituirono il senso di appartenenza.
Tutti, ma proprio tutti, tutti erano a guardare la partita, ed io con loro. Percepivo la tensione e l’aspettativa e mi caricavo di un’energia che faticavo a trattenere.
Non riuscivo più a stare seduta ferma sul divano, mi alzavo, mi risedevo, andavo al balcone, mi sedevo su una sedia, stavo ferma, in piedi, mi accendevo una sigaretta, e poi ricominciavo.
E sempre la sensazione di doverla sputare fuori, per esorcizzarla, per stare meglio, perché se l’avessi urlata a pieni polmoni la Nazionale avrebbe vinto.
E successe, improvviso, come avessero acceso la luce e sciolto il grumo di ombre.
Urlai con quanto fiato avevo addosso e con la frustante rabbia che mi avessero cambiato il significato dello slogan più bello per fare il tifo per
la Nazionale.
Urlai "FORZA ITALIA" e lo continuai ad urlare fino a non avere più fiato.
Urlai per ridargli il significato che aveva sempre avuto e per annullare tutto quello che voleva dire adesso.

Urlai ridendo, riprendendomi quelle due parole e assaporandole per quello che erano e non per quello che mi avevano imposto che fossero.

Urlai per tutto il tempo, libera dai condizionamenti.
Urlai.
Fino alla vittoria.

 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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