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25 aprile e sono l'una e dodici

Post n°573 pubblicato il 25 Aprile 2015 da liberante

 

Non ho scritto. Non scrivo. Forse non scriverò. Ma non posso non scrivere per il 25 aprile. L'ho sempre fatto da quando ho aperto nel marzo del 2005 questo blog. E quindi scrivo. Mi tremano le mani ed ho paura di non sapere più usare le parole, di non essere più capace di farmi usare dalle parole. Non voglio essere quella che schiaccia sui tasti e mette in riga caratteri in tahoma 11, ma voglio che i caratteri in tahoma 11 siamo una cosa unica con le parole e le parole siano solo e semplicemente me stessa. Ed allora faccio come quando vado sul balconcino a fumare la sigaretta e stacco da ufficio, numeri, disastri, malumori e lascio che il fumo pigro si inanelli a pensieri che rotolano nella fantasia, colorando i sogni. E così faccio ora.


Sono nata sei anni dopo quel 25 aprile e non ho memoria di nulla che possa collegarmi a personaggi e fatti e nemmeno luoghi di cui dire

  • Ecco qui, nella cantina della canonica il nonno si è nascosto quando i repubblichini hanno rivoltato il paese per cercarlo, perché il nonno Alfonso era un comunista di quelli duri e puri, ma il prevosto gli stava simpatico. E poi anche lui è andato su in montagna dove c'era suo figlio e quando è ritornato, da solo, era come fosse invecchiato di trentanni. Aveva tutti i capelli bianchi, le mani che tremavano e negli occhi il buio.

  • Vedi, questo era l'orto dove la nonna raccoglieva le verdure e poi faceva la zuppa che la zia Amelia portava al prevosto per le famiglie più povere. La nonna Elisa era un portento. Riusciva a far mangiare tutta la nostra famiglia, che eravamo una quindicina, con quello che dava l'orto e le poche bestie che aveva. Eravamo una famiglia numerosa e al femminile. L'unico figlio era andato con i partigiani ed il nonno l'aveva seguito. Di maschi restava lo zio Eusebio, ma era un po' stonato e il bisnonno Fausto. E poi riusciva sempre a far mangiare qualche partigiano di passaggio stanco ed affamato, che poi si fermava a dormire nella camera di Giulio, il figlio, che era su in montagna, che non sarebbe tornato.

  • Lì, nell'angolo della stalla ci stava la bicicletta della zia Elia. La zia Elia era proprio bella e lo sapeva bene. Si metteva il vestito con i fiorellini rossi e gialli che era scollato davanti e con tutto quel bendidio in vista la fermavano sempre e le facevano un mucchio di complimenti e la invitavano a ballare, ma non pensavano che nel cestino c'era la sua borsetta con i dispacci per i ragazzi che erano più su, sulla montagna.

  • Vieni su in solaio che ti faccio vedere una cosa. In quell'angolo, sotto a quel telo di plastica scuro c'è la stoffa bianca di un paracadute. Era di un soldato inglese che il vento strano di questa vallata aveva portato fuori bersaglio e si era perso nel bosco. La nonna aveva trovato questo ragazzo biondo e pallido una mattina che era andata a funghi. Era sfinito, tutto graffiato e affamato. L'ha portato a casa, l'ha curato e accudito come fosse suo figlio, dicendo che magari qualche altra mamma avrebbe fatto lo stesso per suo figlio. E poi suo figlio non è più tornato.


Ecco questo mi sarebbe piaciuto sentir raccontare, ma non ci sono state tavolate in cui tra il salame ed il vino ci fossero anche i ricordi della Resistenza. Nessuno mi ha raccontato storie ed allora le ho cercate nei libri che ho letto, nei film che ho visto, nella musica che ho ascoltato e nella fantasia.


 

 

 
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Commenti al Post:
mariateresa.savino
mariateresa.savino il 25/04/15 alle 20:05 via WEB
Sono commossa per ciò che hai scritto.Devi essere una donna straordinariamente sensibile.Per quanto riguarda la Resistenza,bisognerebbe che tutti ne fossimo orgogliosi e grati a quanti hanno sacrificato la propria vita per la libertà e il benessere della comune patria..Ciao
(Rispondi)
 
 
liberante
liberante il 27/04/15 alle 12:34 via WEB
Hai ragione a dire "bisognerebbe", perché di questi tempi la dimenticanza prevale e cancella, per un futuro inesistente, un passato che invece costruisce. Ma ahimè siamo in un'epoca in cui il condizionale è l'unica forma di pensiero. Un caro saluto. titti
(Rispondi)
 
 
 
mariateresa.savino
mariateresa.savino il 27/04/15 alle 13:25 via WEB
MI HA FATTO PIACERE COMMENTARE IL POST DI UNA PERSONA INTELLIGENTE E SENSIBILE AD EVENTI STORICI IMPORTANTI PER LA LIBERTA' DELLA NOSTRA PATRIA. SE POSSIBILE,CI LEGGEREMO ANCORA.UN CORDIALE SALUTO.
(Rispondi)
 
Narcysse
Narcysse il 28/04/15 alle 23:31 via WEB
Signora...Delle parole vere. Emozione rileggerti. Mi sa che abbiamo dimenticato, molto, quasi tutto...Spesso cerco i ricordi dei miei genitori. Mi son fatto raccontare il 25 aprile; una bellissima giornata di primavera dice mia madre. Spesso chiedevo a mia nonna che mi raccontasse...e mi mancano le sue "parole vere". Ma concludo..

Il nonno, il bisnonno (Uoki Toki)
Il mio bisnonno Cesare, maceratese trasferitosi a Milano, faceva il calzolaio. Abitava con Gemma, un’infermiera che aveva finito il ginnasio. Avevano quattro figli, nessuno di loro battezzato. Nel tempo libero Cesare era impegnato a lasciare volantini di stampo anarchico lungo i percorsi dove gruppi di persone passeggiavano: nella fattispecie, le camminate del dopolavoro fascista. Nascondeva il materiale compromettente dalla vista indiscreta della polizia più o meno segreta stivando i volantini nella culla di mio nonno, onde non passare qualche giornata lieta dentro la caserma. Durante la guerra ’15-’18 si sparò apposta in un ginocchio perché stava al fronte, nel battaglione punitivo, assieme ad altri anarchici messi lì per lo stesso motivo. E lui, ferito, viene riportato a Milano, dove la sua compagna Gemma utilizza la sabbia per tenergli la ferita sempre aperta, in modo che non torni in guerra. Dopo un mese la truffa viene scoperta: sarebbe stata galera certa, salvo che un prete, in cerca di fama in fretta, fa ad entrambi una proposta: “prendete i sacramenti ed io non vi faccio finire in cella!”. Così sul giornale appare un articolo sensazionale: “Anarchici convertiti! Guardate il regime cosa può creare: Cesare e Gemma sposati ed i loro figli battezzati, cresimati, comunicati”. Quattro generazioni più tardi io i suoi principî li ho conservati: uno – quando c’è da pensare alle persone Che Guevara va nel cestino; due – il fucile rivolto contro sé stessi può portare a vivere meglio. Ennio Quirico – da qui il nome Ennio, mio nonno – comincia a lavorare presto; altrettanto presto scopre di essere portato per suonare uno strumento, la tromba: quindi di giorno sta nel laboratorio di pelletteria, di sera, invece, studia nel conservatorio. Ricerca ogni occasione possibile per suonare in giro: dalle orchestre, che al cinema sonorizzavano film muti, ai sotterranei, dove ci s’incontrava in segreto a suonare spartiti vietati – quelli americani, accusati di essere sovversivi, quindi non adatti ai divertimenti dei regimi. Ma a mio nonno questo non bastava: infatti indossava la divisa del Gruppo Universitari Fascisti e poteva suonare in una vera banda con tutti i crismi. Suo padre Cesare, sapendolo, si adirava, ammonendolo che avrebbe applicato il dolo del fuoco, se avesse visto in giro per casa la divisa in nero che mio nonno nascondeva nello sgabuzzino. Ed i rapporti di infuocata tolleranza continuano fino a quando Ennio entra nella seconda guerra. Mandato in terra di Sicilia – nel suo zaino fisarmonica e tromba, le bombe a mano le usa come cuscino – assiste allo sbarco degli americani, si arrende alle loro superiorità militari e lui e il suo battaglione vengono fatti prigionieri e portati in Tunisia, in un campo di prigionia dove vengono trattati a tre pasti al giorno: meglio che a casa, dove c’era la tessera per prendere il pane. Mio nonno firma la cobelligeranza, in quattro anni di prigione mette su una banda e suona per chi balla od ascolta, in quella galera sabbiosa dove la terra scotta. Cosa imparo questa volta? Niente è più importante di quel che voglio fare, che ci sia la guerra di mezzo, il giudizio di mio padre o di un uomo comune, di un opinionista, lavoratore, pendolare, centro sociale. Adesso parlami di saggezza e politica di alte sfere o popolare, raccontami quello che hai letto nei libri: vedrai che a me vengono i brividi perché posseggo desideri ibridi. Ascrivimi ai pusillanimi, o dettagliami in modo stupido dicendo che non so decidermi, e schiantati nei fatti di attualità paragonandoli alla storia passata con ricercata pindaricità. Io ti vengo a trovare, ti racconto cosa significa la trasversalità, metto un volantino sulla passeggiata del tuo dopolavoro, suono alla tua festa, e alla festa del tuo nemico; dopodiché, per salvarti da un pericolo, passo per stupido, stronzo o ridicolo. Posso scegliere autonomamente di fare o non fare quello che mi dicono.
(Rispondi)
 
 
Narcysse
Narcysse il 28/04/15 alle 23:34 via WEB
Argh il link non funziona.Ragazzi fantastici e intelligenti...Quando li ascolto davvero mi torna in mente l'Arcangel. Salutamelo...kè ch'avrei anche voglia di rivedervi.
Puoi ascoltarla qui:
www.youtube.com/watch?v=68vcys0wfAU
(Rispondi)
 
 
 
Narcysse
Narcysse il 02/05/15 alle 22:36 via WEB
*oops refuso..c'avrei
(Rispondi)
 
 
 
 
liberante
liberante il 02/05/15 alle 23:36 via WEB
L'ho ascoltata leggendo le parole, ritmando la musica e ho ritrovato. Ritrovato Arcangelo che è ancora e sempre lui come l'hai conosciuto, anzi meglio perché adesso è uomo e si sta costruendo la vita come vuole lui, con la compagna che si è scelto e ne sono felice ed orgogliosa. E poi ho ritrovato te, la tua sensibilità e la tua dolcezza. Grazie ed un grande abbraccio.
(Rispondi) (Vedi gli altri 2 commenti )
 
 
 
 
Narcysse
Narcysse il 03/05/15 alle 07:25 via WEB
Ma ce l'ha ancora un blogghino? :-)
(Rispondi)
 
 
 
 
liberante
liberante il 03/05/15 alle 15:55 via WEB
Ma figurati!!! ha appena il tempo di vivere perché tutto il resto è investito sul lavoro...
(Rispondi)
 
mariateresa.savino
mariateresa.savino il 13/08/15 alle 19:42 via WEB
Cariassima,ricambio la tua gradita visita e noto che continui a non scrivere sul tuo blog. Se posso permettermi,ti esorto a farlo. Di argomenti, son sicura,ne avresti tanti. Mi piacerebbe leggerti ancora e commentare i tuoi post.Potremmo essere amiche,sia pure virtuali e comunicare.T'invito, pertanto, sul mio blog musicale,dove ci sono tante belle musiche e canzoni.Ultimamente vi ho inserito un buon numero di canzoni napoletane classiche,le più famose. Il nick è perla_conchiglia. Ti aspetto. Intanto,ti auguro un sereno Ferragosto. Ciao.
(Rispondi)
 
E03
E03 il 05/10/15 alle 10:30 via WEB
non passavo da tempo. che bello scritto.
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liberante
liberante il 05/10/15 alle 14:34 via WEB
Che raro scritto, forse è più giusto dire, che non scrivo ed ogni tanto...qualcosa viene fuori
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Utente non iscritto alla Community di Libero
diyetler il 10/09/16 alle 11:22 via WEB
grazie..
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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