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Il pesce fresco e l'università

Post n°131 pubblicato il 02 Settembre 2006 da lilith_0404

C’é un bel film, che mi piace tanto, in cui la protagonista gioca  a fare la spia, e come frase per farsi riconoscere deve dire ‘il pesce fresco é di stagione?”.  Sicché quando mi capita di sentire un  argomento che si ripete con una certa frequenza nei discorsi, mi viene sempre da parafrasare quella battuta: come in questi  giorni che sui giornali ricorrono articoli che parlano dell’università, un argomento assolutamente ‘di stagione’, ora che le vacanze son finite e i ragazzi tornano a scuola.

Ne parla anche thanksgodisfriday nel suo post 221,  e le sue considerazioni circa le Università americane mi fan tornare in mente un articolo che ho letto qualche girno fa, in cui si diceva che negli Usa, l’Università di Princeton ha strappato a quella di Harward la palma dell’eccellenza.

Nell’articolo veniva sottolineato come l’elevato livello dell’insegnamento sia reso possibile, oltre che da tasse di iscrizione di decine di migliaia di dollari l’anno, anche dalla selezione che viene operata sia per quanto riguarda i docenti, reclutati con criteri rigorosamente meritocratici, sia per quanto riguarda gli studenti , di cui vengono accolte solo l’11% delle domande di ammissione presentate. 

Inevitabile accostare la notizia ad un’altra circolata negli stessi giorni secondo la quale in India il governo deve fronteggiare la protesta degli studenti, che si oppongono ad una proposta di legge per cui nelle università si vuole innalzare dal 22,5 % al 49,5% la quota di posti da riservare agli studenti provenienti da quella che una volta era la casta degli ‘intoccabili’: un diritto di accesso, non fondato sul ‘merito’ ma sulla appartenenza sociale, che gli studenti rifiutano, e che sta creando scontri violenti con la polizia.

E mi torna in mente il mio esame di licenza, alle medie: il professore mi chiese se in India esistessero ancora le caste. No, risposi, non legalmente, ma sono talmente parte del modo di essere della società indiana, che non basta una legge per abolirle. Son passati trentadue anni, da allora.

E ancora si sta cercando di abolirle per legge.

 
 
 
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