Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

Messaggi di Maggio 2005

Niente finisce davvero, finchè resta il ricordo

Post n°39 pubblicato il 29 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Chi si ricorda del post n.59 di ParoleMaddalene? diceva testualmente :

“questo post è per voi, e per me.

Vi chiedo un ricordo. Bello o brutto poco importa. Vi chiedo di chiudere gli occhi e regalarmi un ricordo della vostra vita, il primo che vi viene in mente leggendo queste righe.

Coi colori, gli odori e le sfumature che porta con sè.

...grazie, se volete...

...grazie, se potete.”

Le risposte a quell’appello furono numerose ed entusiaste, una quantità di ricordi tornarono alla memoria, e ispirati da quella esperienza ora un gruppo di amici ha deciso di aprire un blog dedicato a raccogliere i ricordi di noi tutti: il nome del blog è SouventMeSouvient, lo trovate nei miei link come MuseoDeiRicordi.

I promotori li conosciamo tutti: oltre a ParoleMaddalene, Occhiodivolpe, Queenfrancy e Wings.of.fire.

I ricordi a cui é dedicato sono quelli dell’infanzia e di un mondo passato che non c’é più, ma potrete avere maggiori dettagli visitando il blog e leggendo i rimandi che trovate là

Il successo del blog dipenderà dall’apporto di tutti, e perciò vi invito a far circolare la notizia ed a partecipare numerosi.

Che altro dire, se non, a nome dei promotori

... grazie, se volete

... grazie, se potete

 
 
 

Post N° 38

Post n°38 pubblicato il 27 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Ieri un’amica, Queenfrancy, ha comunicato ufficialmente sul suo blog la notizia della sua prossima maternità. Una splendida notizia, che mi ha fornito lo spunto per alcune riflessioni.

Mi sono ricordata di un altro post,  letto tempo fa sul blog di Amoildeserto ( post n.110), che si apre con queste parole:

"Chokora” in lingua swahili significa “spazzatura” , così sono chiamati i 150.000 ragazzi di strada di Nairobi, perchè è nelle discariche che cercano il loro sostentamento.” 

Senza andare tanto lontano, e restando alla situazione di casa nostra, secondo i dati ufficiali dell’istat, oltre il 15% dei bambini in Italia vive in famiglie che sono ‘povere’, che hanno cioé un reddito inferiore alla metà del reddito mediano delle famiglie italiane.

La povertà dei bambini é una povertà che pesa doppio rispetto alla povertà normale, poiché non condiziona solo la loro vita attuale ma anche tutte le opportunità della loro vita futura.

Questo mi ha fatto ricordare un post ( il n.3607) che é stato pubblicato tempo fa sul blog di Alfadgl81, e che riporto qui di seguito.

Lo dedico a Queenfrancy, e a tutti quelli che come lei si dedicano a crescere un bambino.

Se i bambini vivono con le critiche,
imparano a condannare.

Se i bambini vivono con l'ostilità,
imparano a combattere.

Se i bambini vivono con la paura,
imparano ad essere apprensivi

Se i bambini vivono con la pietà,
imparano a commiserarsi.

Se i bambini vivono con il ridicolo,
imparano ad essere timidi.

Se i bambini vivono con la gelosia,
imparano cosa sia l'invidia.

Se i bambini vivono con la vergogna,
imparano a sentirsi colpevoli.

Se i bambini vivono con la tolleranza,
imparano ad essere pazienti.

Se i bambini vivono con l'incoraggiamento,
imparano ad essere sicuri di se.

Se i bambini vivono con la lode,
imparano ad apprezzare.

Se i bambini vivono con l'approvazione,
imparano a piacersi.

Se i bambini vivono con l'accettazione,
imparano a trovare amore nel mondo.

Se i bambini vivono con il riconoscimento, 

imparano ad avere un obiettivo.

Se i bambini vivono con la partecipazione,
imparano ad essere generosi.

Se i bambini vivono con l'onestà e la lealtà,
imparano cosa sia verità e giustizia.

Se i bambini vivono con la sicurezza,
imparano ad avere fede in se stessi
e in coloro che li circondano.

Se i bambini vivono con l'amichevolezza,
imparano che il mondo è un posto bello in cui vivere.

Se i bambini vivono con la serenità,
imparano ad avere tranquillità di spirito.

Con cosa vivono i vostri figli?

.....................

 
 
 

Finchè non cambia il vento

Post n°37 pubblicato il 24 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Stamattina, cliccando su uno dei miei link, mi sono ritrovata alla pagina iniziale di Libero.

Succede cosi quando un blog viene chiuso, ed é una esperienza che mi  lascia ogni volta come un senso di avvilimento, come una porta sbattuta in faccia.

Riflettevo sul fatto che dopo otto mesi da quando ho iniziato a frequentare questo mondo,  di quelli che visitavo con regolarità all’inizio, non ne rimangono più che un paio, quello di Queenfrancy e quello di Rosalux: gli altri, chi per un motivo, chi per un altro, non ci sono più.

Qualcuno ha annunciato la chiusura, altri sono stati chiusi alla chetichella, altri semplicemente hanno cessato di essere aggiornati, ma il risultato sostanzialmente non cambia: persone che si era imparato un po’ a conoscere, che per un momento avevano percorso con te un tratto di strada escono di scena e tornano nell’oblio da cui sono venute.

Ora leggo il post n. 261 di Skyblus. Se capisco bene il senso di quello che scrive, é un post di commiato, ma a differenza di altri che mi é capitato di leggere, c’é un impegno a continuare il rapporto che é cominciato con alcune persone incontrate qui.

Io le auguro che questo possa accadere, ma mi permetto di avere dei dubbi al riguardo.

Mi sembra come quando, al termine della scuola, o al termine di una vacanza, ci si promette l’un l’altro di restare in contatto, di continuare a vedersi, di restare amici per sempre: sappiamo a priori che non sarà così, sappiamo a priori che ciò che permetteva al rapporto di esistere era la frequentazione abituale degli stessi posti, e che nel momento in cui non saremo più tenuti insieme dalle circostanze il rapporto si sfilaccerà: non subito, certo, magari all’inizio ci si continuerà a sentire per telefono, per mail, e magari ci si organizzerà per vedersi, si organizzeranno rimpatriate più o meno entusiatiche. Ma un po’ alla volta ciascuno sarà riassorbito dalla propria routine, e la mancanza di esperienze in comune, condivise, renderà anche difficile il dialogo.

Certo, ciascuno compie le proprie valutazioni, i motivi per cui si apre il blog sono svariati, diversi per ciascuno di noi e può benissimo accadere che questi motivi vengano meno, che non ci sia più lo stimolo e l’interesse a continuare. Posso capirlo.

Lo capisco, ma mi rattrista.

Qualcuno congedandosi ha scritto che ogni persona che se ne va ci lascia qualcosa di sè.

Non é vero.

Sono coloro che si incontrano a darci un po’ di sè. Chi se ne va invece un po’ di noi se lo porta via.

 

 
 
 

Post N° 36

Post n°36 pubblicato il 21 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

L'appassionato commento di ParoleMaddalene al post precedente mi ha ricordato una poesia che a volte ripeto a me stessa, quando  mi lascio prendere dal dubbio se sia meglio parlare o tacere.

A lei dunque la dedico.

I was not beloved of the villagers,
But all because I spoke my mind,
And met those who transgressed against me
With plain remonstrance, hiding nor nurturing Nor secret griefs nor grudges.
That act of the Spartan boy is greatly praised,
Who hid the wolf under his cloak,
Letting it devour him, uncomplainingly.
It is braver, I think, to snatch the wolf forth
And fight him openly, even in the street,
Amid dust and howls of pain.
The tongue may be an unruly member —
But silence poisons the soul.
Berate me who will — I am content.



Non ero amato dagli abitanti del villaggio,
tutto perché parlavo chiaro,
e affrontavo quelli che mi offendevano 
apertamente, non nascondendo né nutrendo
segreti rancori o risentimenti.
E’ assai lodato l’atto del ragazzo spartano,
che si nascose il lupo sotto il mantello,
lasciandosi divorare, senza un lamento.
Più coraggioso, io credo, é strapparsi il lupo dal corpo
e lottare con lui apertamente, magari per strada,
tra polvere e urla di dolore.
La lingua può essere un membro senza disciplina —
ma il silenzio avvelena l’anima.
Condannatemi, se volete — io sono soddisfatto

(E.L. Masters)

                                                                    

 
 
 

Post N° 35

Post n°35 pubblicato il 19 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Due post, uno di Jazzyna e uno di ParoleMaddalene, negli ultimi giorni mi hanno fatto pensare all’importanza di eprimere in parole i propri sentimenti e le proprie emozioni. Sembra una cosa ovvia,  ma per me non lo é sempre stata, e tuttora non lo é sempre.

Scrive Jazzyna nel suo post n.270 : “...diventava tutto più semplice parlando. Raccontando. Spiegandosi. Discutendo. Mettendosi in gioco fino in fondo, parole, pensieri, emozioni, sensazioni, tutti lì, buttati sul tavolo da gioco a carte scoperte.”

 Nel post n.78 di ParoleMaddalene , in riferimento ad una situazione pur molto diversa, l’argomento viene ripreso, e Laura scrive “  "... non dire ciò che è pensato sarebbe uno spreco peggiore del peggiore silenzio.... diamo le nostre parole a chi ci ha toccato. ... Sono i macigni peggiori: le parole non dette"...

I commenti che ho lasciato a questi due post formano in realtà un tutt’uno, e li riunisco qui, nel tentativo di esporre il mio punto di vista.

Scrivevo dunque a Jazzyna:

“.... Dici che diventa tutto più semplice parlando, raccontando, spiegandosi, discutendo. A volte può essere così, ma non sempre: dipende dalle persone con cui ti trovi ad avere a che fare e dalle circostanze in cui ti trovi ad agire. Io ricordo ad esempio che con mio padre parlare non era possibile: avrebbe ridicolizzato quello che dicevo con uno dei suoi commenti sferzanti,e sarebbe stato peggio. Con lui era molto meglio tacere, la comunicazione doveva avvenire con altre modalità. Ecco, io credo che sia importante capirsi, parlare é un modo per capirsi, ma non l'unico: altrettanto efficace é ascoltare e osservare coloro che vogliamo capire.” 

 E a Laura rispondevo dicendo:

“leggendo queste parole che hai scritto mi é venuto da pensare che qui é quasi facile parlare, questo mondo é fatto di parole, anche se come dici tu sono parole pavide da sindrome pubblica... non così nel mondo così detto reale: molto più difficile riuscire a trovare il modo, il momento, e le espressioni per dire quello che si ha nel cuore o nella testa... infinitamente più difficile, e il più delle volte le parole ti muoiono in gola, e restano parole non dette... anche quando sono parole semplici, anzi persino facili, come un 'ti voglio bene'

Penso che sia il fatto di esporre i pensieri in forma scritta a renderne più facile l'espressione, il fatto di separare il momento in cui si formulano e si dicono da quello in cui vengono recepiti dalla persona a cui sono diretti.

E inoltre, sicuramente, anche il fatto di usare una lingua che consente di esprimerli. L'abitudine ad esprimersi in dialetto, nella vita familiare, pesa molto sulla possibilità di riuscire a dire determinate cose,  come appunto rilevavo tempo addietro in un blog in cui si ragionava sull'argomento:

Tu scrivi ''riviera'' e io leggo ''bassa bresciana''. Cambiano le coordinate geografiche, ma non la sostanza della realtà che descrivi. E se dire ''ti amo'' in rivierasco fa scompisciare dalle risate, dirlo in dialetto bresciano non e' neppure ipotizzabile: non esiste proprio, non è una cosa che si può pensare di fare: in casa mia non ho mai sentito nessuno dire ''ti voglio bene'' allo stesso modo che non ho mai sentito parlare di sesso: l'una e l'altra cosa ugualmente impensabili.”

 

 
 
 

Post N° 34

Post n°34 pubblicato il 14 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Tanti anni fa, al liceo, il professore ci chiese di tracciare il profilo di ciascun compagno di classe, di scrivere cosa pensassimo di ciascuno. E ricordo ancora il disagio di fronte al dilemma: scrivere la verità, anche riguardo a quei compagni per cui non c'era troppa simpatia, o cercare di svicolare, tenendosi sul vago... Questo episodio mi é tornato alla memoria leggendo il post 271 di Jazzina in cui chiede agli amici che la conoscono di dirle come la vedono, che idea si sono fatta di lei; la stessa domanda più o meno la poneva Skyblus nel suo post 210.

L'immagine che ciascuno di noi ha di se stesso é piuttosto diversa da quella che gli altri hanno di noi, perciò mi diverto sempre a leggere i risultati dei test: quello che segue l'ho trovato sul blog di Amoildeserto.

Non garantisco che le risposte siano del tutto obiettive... rileggendolo mi accorgo di aver scritto, in alcune risposte ciò che vorrei essere invece di ciò che sarei :-)

SE FOSSI UN PIANETA SAREI: visto il nick mi verrebbe  da dire la luna, anche se  la luna non é un pianeta ma un satellite...

SE FOSSI UN ALBERO SAREI: un noce

SE FOSSI UN FIORE SAREI: una camelia

SE FOSSI UN EVENTO ATMOSFERICO SAREI: brezza marina

SE FOSSI UN COLORE SAREI: verde

SE FOSSI UN ELEMENTO SAREI: acqua

SE FOSSI UN METALLO SAREI: oro...( non perché prezioso, ma per la duttilità e il fatto che resiste agli acidi)

SE FOSSI UN LIBRO SAREI: un classico ...

SE FOSSI UNA CITTA' SAREI: conosco pochissime città... diciamo Salerno

SE FOSSI UNA PAROLA SAREI: il verbo essere

SE FOSSI UNA PARTE DEL CORPO SAREI: pelle

SE FOSSI UN ESPRESSIONE DEL VISO SAREI: un sorriso

SE FOSSI UNA MATERIA SCOLASTICA SAREI: storia

SE FOSSI UN PERSONAGGIO STORICO SAREI: penelope... ma forse più che storico é letterario

SE FOSSI UN PERSONAGGIO MITOLOGICO SAREI: Arianna

SE FOSSI IL PERSONAGGIO DI UN CARTONE SAREI: Lady Oscar

SE FOSSI UNA FORMA SAREI: sfera

SE FOSSI UN PROFUMO SAREI: Un profumo con note agrumate, come Rocco Barocco

SE FOSSI UN MATERIALE SAREI : legno

SE FOSSI UN CIBO SAREI: pane

SE FOSSI UN FILM SAREI: Lady Hawke

SE FOSSI UNA CANZONE SAREI: Settembre di Alberto Fortis

FOSSI UNA MACCHINA SAREI: una Lancia Ypsilon, per la sua aria un po' old fashion...

SE FOSSI UN SUONO SAREI: il suono dell’acqua di un ruscello che scorre

SE FOSSI UNO STRUMENTO SAREI: un sax

SE FOSSI UNA VERDURA SAREI: una cipolla

SE FOSSI UN EMOZIONE SAREI: serenità

SE FOSSI UN ANIMALE SAREI: un gatto,domestico e tuttavia ancora un po' selvatico

SE FOSSI UN ANIMALE MARINO SAREI: un delfino 

SE FOSSI UN UCCELLO SAREI:  una tortora

SE FOSSI UN LIQUIDO SAREI: un succo di frutta

SE FOSSI UN PECCATO SAREI: la pigrizia

SE FOSSI UN ARTICOLO DI ARREDAMENTO SAREI: una poltrona

SE FOSSI UNA DIREZIONE SAREI: sempre dritto

SE FOSSI UN ORARIO DEL GIORNO SAREI: le sei di mattina, l'ora più intima di tutto il giorno...

SE FOSSI UN GIORNO DELLA SETTIMANA SAREI: sabato, non del tutto lavorativo, non del tutto festivo...

SE FOSSI UN NUMERO SAREI: 3

 

 

 
 
 

La mamma

Post n°33 pubblicato il 10 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Leggevo domenica le manifestazioni di affetto e tenerezza nel post 269 di Coulomb2003 con i relativi commenti: domenica era la Festa della Mamma, gli auguri erano praticamente d’obbligo, e sottrarsi sarebbe sembrato segno di scortesia e ingratitudine. 

Probabilmente per questo ha trovato strano e poco comprensibile il mio commento, in cui definivo l’argomento “Insidioso” : si, perchè al di fuori degli stereotipi dell’affetto filiale e dell’amore materno, il rapporto reale di una figlia con la propria madre non sempre si svolge lungo canali così sereni e tranquilli, come quelli che espone Jazzina nel suo post n.266.

La figura materna per una figlia é, credo, l’equivalente della figura paterna per un maschio: qualcuno con cui non puoi esimerti dal confrontarti, e dal confronto ne può derivare un processo di identificazione o di rifiuto.

Nel mio caso devo riconoscere che il rifiuto ha prevalso e fin dall’adolescenza i miei sforzi sono stati tutti tesi a NON essere come mia madre, ad avere una vita diversa dalla sua.  E solo ora, che adolescente non lo sono più da un bel pezzo, comincio a riconciliarmi almeno in parte con  lei,  e a riconoscere che tutto sommato c’era del buono anche nelle sue scelte.

Ci pensavo domenica, appunto, mentre con le mie sorelle preparavamo la grigliata per il pranzo: a mia madre devo quanto meno un grazie per avermi dato la famiglia che ho.

 

 
 
 

Il principe Genji e la Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono

Post n°32 pubblicato il 05 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

In questi giorni mi é tornato in mente  un racconto, letto tanti anni fa, di una scrittrice, Marguerite Yourcenar, di cui ho sempre apprezzato il disincantato realismo.

E’ tratto dal volume ‘Novelle Orientali’ e racconta la storia del principe Genji , ‘ il più grande seduttore che abbia stupito l’Asia ’ il quale accorgendosi di essere prossimo alla vecchiaia,  decise di uscire di scena in bellezza e di ritirarsi a vivere gli ultimi anni lontano da tutti in un eremitaggio, sul fianco di una montagna.

Alcune delle sue antiche amanti gli avevano proposto di venire a condividere il suo isolamento pieno di ricordi; le lettere più tenere provenivano dalla Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono, una antica concubina di nascita non illustre e di mediocre bellezza che per diciotto anni lo aveva amato, servendo come dama d’onore presso le altre spose di Genji.

Essa lo amava ancora, e  restando senza risposta le sue lettere, decise di recarsi da lui sotto mentite spoglie, riuscendo con uno stratagemma a farsi accogliere nella sua casa e a ridiventare l’amante del principe ormai vecchio e quasi cieco. Si prese cura di lui, allietando le sue giornate con ogni tenerezza, dispiegando le stesse arti che usava un tempo quando lo riceveva nel suo padiglione di quinta concubina.

Finché arrivò il giorno in cui il principe,  sentendosi morire, cominciò a ricordare una ad una le donne che aveva amato:

“ Sto per morire, disse con fatica... Che ne sarà di te, quando non sarò più qui a intenerirmi al tuo ricordo, Principessa Azzurra, mia prima moglie, al cui amore non ho creduto che il giorno dopo la tua morte?  E tu, ricordo desolato della Signora-del-Padiglione-delle-Campanule, che sei morta nelle mie braccia, perché una rivale gelosa pretendeva di essere sola ad amarmi? E voi, ricordi insidiosi della mia troppo bella matrigna e della mia troppo giovane sposa, occupate volta a volta a insegnarmi quanto si soffre a essere il complice o la vittima di una infedeltà? E tu, caro ricordo della Signora-della-Lunga Notte, che sei stata tanto dolce e che consentisti a essere soltanto la terza nella mia casa e nel mio cuore? ... E tu, soprattutto tu, ricordo delizioso della piccola Sciujo, che avrei voluto incontrare più presto nella mia vita...”

Ebbro di tristezza, lasciò ricadere la testa sul duro cuscino.

La Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono si curvò su di lui, e tremando tutta mormorò: “ Non c’era un’altra donna nel tuo palazzo, una di cui non hai pronunciato il nome? Non era dolce? non si chiamava per caso Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono? ah, cerca di ricordare...”

Ma già i tratti del principe Genji avevano assunto quella serenità che soltanto ai morti é riservata... La Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono si buttò in terra urlando senza alcun ritegno...Il solo nome che Genji avesse dimenticato, era precisamente il suo.

 

 
 
 

Post N° 31

Post n°31 pubblicato il 01 Maggio 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Divertente la foto di gruppo nel post 520 di Soulplace. Si sa che non brillo per acume e prontezza di riflessi, ma insomma, non conoscendo  personalmente i personaggi  rappresentati, pur avendo visto altre loro fotografie pubblicate nei blog, devo ammettere che ci é voluto un po’ perché mi accorgessi che si tratta di un fotomontaggio.

 Osservando quei volti così scanzonatamente appoggiati a corpi che non sono loro, mi é venuto in mente che questo é quello che spesso succede nel mondo virtuale dove ci si inventa identità che non corrispondono a ciò che si é in realtà.

Leggevo giusto oggi un post di Non_so_più (n.169), dove spiega di avere due identità distinte, una per la chat, e una per il blog, che non devono per nessun motivo essere messe in relazione una con l’altra. Un altro blogger tempo fa ricordo che si offese moltissimo per aver scoperto che una persona a lui nota si era ripresentata con un nuovo nick, lasciandogli credere di essere una persona diversa.

 Sono situazioni in cui credo che più o meno ci siamo imbattuti tutti.

Addirittura il nick ad un certo punto assume una rilevanza quasi autonoma. Lupopezzato nel suo ultimo post é arrivato addirittura ad ipotizzare che il proprio nick si rivolti contro di lui e cominci a vivere di vita propria. Non é  solo una invenzione letteraria. Non molto tempo fa un blogger  in un messaggio privato mi ha scritto :”.. i nostri nick si conoscono...” e io ho pensato :” Come fa un nick a conoscere un altro nick? il nick non esiste separato da me, o noi ci conosciamo, o nessuno si conosce... “

Dietro il nick ci sono persone in carne,ossa e sentimenti, e questo a volte viene sottovalutato.

E poi succede quello che Occhiodivolpe descrive nel suo post n 154.: “una blogger annuncia tremendi eventi per sè , minaccia il suicidio , diecine di bloggers la scongiurano , desiste... l elemento nuovo è che l individuazione del gruppo di appartenenza siano i bloggers , sostitutivi di comunità tradizionali come il quartiere, il paese, l ufficio , la famiglia.... quanto rapporti che spesso sian rappresentati come finti e falsi invece costituiscano una rete di amicizie e di affetti profondi ... e che nel naufragio di relazioni tradizionali si vengan costituendo rapporti profondi e , in quanto percepiti come tali , reali.”

Vorrei aggiungere che leggendo i blog di Solulplace e di Queenfrancy, per citarne solo due, si ha la prova che i rapporti non sono reali solo perché percepiti come tali, ma come testimoniano le foto pubblicate sono “oggettivamente” reali.

Questo mondo virtuale può essere buono o cattivo a secondo dell’uso che se ne fa, e certo il risultato dipende dalle persone che lo frequentano. Ma pur con tutte le cautele che sono d’obbligo, sono d’accordo con  Hillmad che in un suo post ( n.72) scrisse “...questa nuova forma di comunicazione che ci siamo dati come umani.....un poco come un grido o un canto nell'universo trovo che sia una possibilità preziosa per l' ESSERCI”

 

 
 
 

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