Creato da lillysorriso il 13/06/2008

Vivere per amare

Riflessioni e pensieri sparsi di una piccola anima

 

 

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Post n°1147 pubblicato il 22 Settembre 2009 da lillysorriso

 

L'UMILE COSCIENZA DI SE'

 

  1. L'uomo, per sua natura, anela a sapere; ma che importa il sapere se non si ha il timor di Dio? Certamente un umile contadino che serva il Signore è più apprezzabile di un sapiente che, montato in superbia e dimentico di ciò che egli è veramente, vada studiando i movimenti del cielo. Colui che si conosce a fondo sente di valere ben poco in se stesso e non cerca l'approvazione degli uomini. Dinanzi a Dio, il quale mi giudicherà per le mie azioni, che mi gioverebbe se io anche possedessi tutta la scienza del mondo, ma non avessi l'amore? Datti pace da una smania eccessiva di sapere: in essa, infatti, non troverai che sviamento grande ed inganno. Coloro che sanno desiderano apparire ed essere chiamati sapienti. Ma vi sono molte cose, la cui conoscenza giova ben poco, o non giova affatto, all'anima. Ed è tutt'altro che sapiente colui che attende a cose diverse da quelle che servono alla sua salvezza. I molti discorsi non appagano l'anima; invece una vita buona rinfresca la mente e una coscienza pura dà grande fiducia in Dio. Quanto più grande e profonda è la tua scienza, tanto più severamente sarai giudicato, proprio partendo da essa; a meno che ancor più grande non sia stata la santità della tua vita.

  2. Non volerti gonfiare, dunque, per alcuna arte o scienza, che tu possegga, ma piuttosto abbi timore del sapere che ti è dato. Anche se ti pare di sapere molte cose; anche se hai buona intelligenza, ricordati che sono molte di più le cose che non sai. Non voler apparire profondo (Rm 11,20;12,16); manifesta piuttosto la tua ignoranza. Perché vuoi porti avanti ad altri, mentre se ne trovano molti più dotti di te, e più esperti nei testi sacri? Se vuoi imparare e conoscere qualcosa, in modo spiritualmente utile, cerca di essere ignorato e di essere considerato un nulla. E' questo l'insegnamento più profondo e più utile, conoscersi veramente e disprezzarsi. Non tenere se stessi in alcun conto e avere sempre buona e alta considerazione degli altri; in questo sta grande sapienza e perfezione.

  3. Anche se tu vedessi un altro cadere manifestamente in peccato, o commettere alcunché di grave, pur tuttavia non dovresti crederti migliore di lui; infatti non sai per quanto tempo tu possa persistere nel bene. Tutti siamo fragili; ma tu non devi ritenere nessuno più fragile di te.

RIFLESSIONI E PRATICHE

Quanto si contiene in questo capo, che è come una dichiarazione ed estensione del precedente, si riduce a quei detti dell'Apostolo San Paolo: La scienza gonfia, la carità edifica. Se alcuno si pensa di sapere qualche cosa, non sa tuttavia tutto quel che conviene sapere; ma se egli ama Dio, è conosciuto ed amato da Dio. Se fossimo compresi di questi detti divini, non avremmo tanto ardore per le scienze e per le arti, ed anteporremmo loro lo studio della cognizione di noi stessi. Chi meglio conosce se stesso è senza fallo più umile. E siccome l'umiltà è il fondamento di tutte le virtù, noi innalzeremo tanto più alto l'edificio spirituale della nostra santità, quanto più profonda e solida sarà in noi l'umiltà.

 

 
 
 

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Post n°1146 pubblicato il 17 Settembre 2009 da lillysorriso

IL RACCOGLIMENTO INTERIORE

 

  1. "Il regno di Dio è dentro di voi" (Lc 17,21), dice il Signore. Volgiti a Dio con tutto il tuo cuore, lasciando questo misero mondo, e l'anima tua troverà pace. Impara a disprezzare ciò che sta fuori di te, dandoti a ciò che è interiore, e vedrai venire in te il regno di Dio. Esso è, appunto, "pace e letizia nello Spirito Santo" (Rm 14,17); e non è concesso ai malvagi. Se gli avrai preparato, dentro di te, una degna dimora, Cristo verrà a te e ti offrirà il suo conforto. Infatti ogni lode e ogni onore, che gli si possa fare, viene dall'intimo; e qui sta il suo compiacimento. Per chi ha spirito di interiorità è frequente la visita di Cristo; e, con essa, un dolce discorrere, una gradita consolazione, una grande pace, e una familiarità straordinariamente bella. Via, anima fedele, prepara il tuo cuore a questo sposo, cosicché si degni di venire presso di te e di prendere dimora in te. Egli dice infatti: Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e verremo a lui e abiteremo presso di lui" (Gv 14,23). Accogli, dunque, Cristo, e non far entrare in te nessun'altra cosa. Se avrai Cristo sarai ricco, sarai pienamente appagato. Sarà lui a provvedere e ad agire fedelmente per te. Così non dovrai affidarti agli uomini. Questi mutano in un momento e vengono meno rapidamente, mentre cristo "resta in eterno" (Gv 12, 34) e sta fedelmente accanto a noi, fino alla fine. Non dobbiamo far molto conto sull'uomo, debole e mortale, anche se si tratta di persona che ci è preziosa e cara; né dobbiamo troppo rattristarci se talvolta ci combatte e ci contrasta. Quelli che oggi sono con te, domani si possono mettere contro di te; spesso si voltano come il vento.

  2. Riponi interamente la fiducia in Dio, e sia lui il tuo timore e il tuo amore. Risponderà lui per te, e opererà per il bene, nel modo migliore. "Non hai stabile dimora quaggiù" (Eb 13,14); dovunque tu abbia a trovarti, sei un forestiero e un pellegrino, né mai avrai pace se non sarai strettamente unito a Cristo. Perché ti guardi tutto attorno quaggiù, se non è questo il luogo della tua pace? La tua dimora deve essere tra le cose celesti; quelle terrene le devi guardare come di passaggio. Passano tutte le cose, e con esse anche tu; vedi di non invischiarti, per evitare di essere catturato e perire. Sia il tuo pensiero sempre presso l'Altissimo; e la tua preghiera si diriga, senza sosta a Cristo. Che se non riesci a meditare le profonde realtà celesti, cerca rifugio nella passione di Cristo e prendi lieta dimora nelle sue sante ferite. Se ti sarai rifugiato, con animo devoto, nelle ferite e nelle piaghe preziose di Gesù, sentirai un gran conforto nella tribolazione, e non farai molto caso del disprezzo degli uomini, sopportando con facilità quanto si dice contro di te. Anche Cristo fu disprezzato dagli uomini in questo mondo e, nel momento in cui ne aveva maggior bisogno, fu abbandonato, tra sofferenze disonoranti, da quelli che lo conoscevano e gli erano amici. Cristo volle soffrire ed essere disprezzato; e tu osi lamentarti di qualcuno? Cristo ebbe avversari e oppositori; e tu vuoi che tutti ti siano amici e ti facciano del bene? Come potrà essere premiata la tua capacità di soffrire se non avrai incontrato alcuna avversità? Se non vuoi sopportare nulla che ti si opponga, in che modo potrai essere amico di Cristo? Se vuoi regnare con Cristo, sorreggiti in Cristo e per mezzo di Cristo. Che se, una sola volta tu riuscissi ad entrare perfettamente nell'intimo di Gesù, gustando un poco dell'ardente suo amore, non ti preoccuperesti per nulla di ciò che ti piace o non ti piace; troveresti gioia, invece nelle offese che ti si fanno. Giacché l'amore per Gesù ci porta a disprezzare noi stessi.

  3. L'uomo che ama Gesù e la verità, l'uomo veramente interiore e libero da desideri contrari alla suprema volontà, può volgersi a Dio senza impacci, e innalzarsi in ispirito sopra se stesso, ricavandone una pace ricca di frutto. Veramente saggio, e dotto di una dottrina impartita da Dio più che dagli uomini, è colui che stima tutte le cose per quello che sono, non per quello che se ne dice nei giudizi umani. Se uno sa procedere secondo la guida interiore, evitando di valutare le cose secondo i criteri del mondo, non si perde nel ricercare il luogo adatto o nell'attendere il tempo opportuno per dedicarsi ad esercizi di devozione. Se uno ha spirito di interiorità, subito si raccoglie in se stesso, giacché non si disperde mai del tutto nelle cose esterne. Per lui non è un ostacolo un lavoro che gli venga imposto né una occupazione che, in quel momento, appaia doverosa; giacché egli sa adattarsi alle situazioni, così come esse si presentano. Colui che è intimamente aperto e rivolto al bene, non bada alle azioni malvagie degli uomini, pur se possano apparire mirabili; infatti, quanto più uno attira a sé le cose esteriori, tanto più resta legato, e distratto da sé medesimo. Se tutto fosse a posto in te, e tu fossi veramente puro, ogni cosa accadrebbe per il tuo bene e per il tuo vantaggio; che se molte cose spesso ti sono causa i disagio o di turbamento, è proprio perché non sei ancora perfettamente morto a te stesso e distaccato da tutto ciò che è terreno. Nulla insozza e inceppa il cuore umano quanto un amore non ancora purificato, volto alle cose di questo mondo; se invece tu rinunci a cercare gioia in ciò che sta fuori di te, potrai contemplare le realtà celesti e godere frequentemente di gioia interiore.

 
 
 

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Post n°1145 pubblicato il 04 Settembre 2009 da lillysorriso

Cari amici,

terminati i giorni del necessario riposo, riprendiamo con rinnovata lena il cammino della nostra vita che, attraverso le ombre del tempo, si avvicina di giorno in giorno all'eternità.

La cosa più importante è tenere sempre davanti agli occhi la meta della nostra vita, che è la salvezza eterna della nostra anima. Possiamo perdere tutte le battaglie di cui la vita è costellata, ma non questa. Che giova infatti all'uomo se guadagna il mondo intero ma poi perde la sua anima?

Con lo spirito del pellegrinaggio incominciamo questo nuovo anno sociale, lungo il quale andremo avanti insieme, sostenendoci e aiutandoci.

 Radio Maria è uno strumento che la Madonna ci dona per non perderci lungo le strade ampie e accoglienti della fiera delle vanità.

Teniamo gli occhi fissi alla meta, ma non guardiamo troppo avanti. Stiamo concentrati sul giorno che Dio ci offre di volta in volta e in questo ambito di concretezza quotidiana costruiamo il nostro futuro eterno.

La Madonna cammina con noi, guidandoci, esortandoci e proteggendoci. Afferriamo la sua mano e non lasciamola mai.

Vostro Padre Livio

PS Venerd' 11 Ottobre ricomincia in diretta la Catechesi giovanile.

 

 
 
 

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Post n°1144 pubblicato il 29 Agosto 2009 da lillysorriso

Omelia per il 30 agosto 2009
XXII Domenica del Tempo Ordinario

LETTURE
Prima: Dt 4, 1-2. 6-8;
seconda Gc 1, 17-18. 21b-22.27;
Vangelo: Mc 7,1-8a. 14-15.21-23

NESSO TRA LE LETTURE
In che consiste la religione autentica? Qual è il vero culto? A queste domande rispondono le letture della domenica ventiduesima del tempo ordinario. La prima lettura risponde che la religione autentica consiste nel compiere fedelmente tutti i comandamenti del Decalogo. Gesù Cristo, nel vangelo, insegna che la Parola di Dio (Sacra Scrittura) è al di sopra delle tradizioni e delle leggi umane. Pertanto, la vera religione si trova nel cuore dell'uomo, che ascolta e mette in pratica la Parola di Dio. San Giacomo nella lettera ci dirà che la religione pura e ineccepibile davanti a Dio consiste nell'amore verso il prossimo, specialmente verso i più bisognosi.



Messaggio Dottrinale

ASCOLTARE E FARE LA PAROLA. La lingua ebraica non distingue tra parola e fatto. Per questo non si può separare l'ascoltare dal fare, né il fare dall'ascoltare. Il decalogo è chiamato "le dieci parole" che si debbono ascoltare e mettere in pratica. Queste dieci parole, che riassumono tutta la legislazione mosaica, le "ha pronunciate" Dio per il bene del suo popolo e, pertanto, possiedono delle caratteristiche propriamente divine. Mentre gli altri popoli si reggono tramite leggi e precetti sorti dalla sapienza e dalla volontà umane, il decalogo gode della sapienza dello stesso Dio. Quali sono alcune di queste caratteristiche divine? 1) Le dieci parole sono immutabili. Nulla può esserne sottratto e nulla può essere aggiunto. Sono parole di Dio "pronunciate" perché l'uomo viva; e l'uomo vive quando ha dei punti di riferimento fissi, non sottomessi ai cambiamenti storici. 2) Nelle dieci parole si compendia la sapienza di cui Dio ha dotato Israele agli occhi degli altri popoli. Una sapienza niente affatto teorica, ma che avvolge la vita e la penetra in tutte le sue espressioni. Codeste dieci parole continuano ad essere fino ai nostri giorni l'anima del popolo di Israele e l'anima delle comunità cristiane. L'autentica religione e il vero culto consistono nell'ascoltare e fare la Parola.

COMANDAMENTO DI DIO VERSUS TRADIZIONI UMANE. In polemica con i farisei e gli scribi, Gesù getta loro in faccia qualcosa di estremamente grave: "Lasciando il precetto di Dio, voi vi afferrate alla tradizione degli uomini". Non che Gesù rifiuti le tradizioni di Israele. Non si tratta di rifiutarle, ma di metterle nel luogo che loro spetta nel disegno di Dio e nella cornice di una religione autentica. Le tradizioni sono buone quando non allontanano dal Decalogo né vi si oppongono, ma nascono come rami nuovi dal medesimo albero del Decalogo. Se invece nascono da situazioni meramente circostanziali o da una volontà umana rigorosa e ristretta, si dovrà affermare che tali tradizioni sono caduche e periture. Il grande errore dei farisei e degli scribi è voler conservare ad ogni costo un gran cumulo di tradizioni degli antenati, non solo avvelenando la coscienza del popolo giudeo, ma perfino contraddicendo con quelle tradizioni i principi immutabili e sapientissimi del Decalogo. La vera religione è quella che mette la Parola di Dio al di sopra dei costumi e degli usi degli uomini.

LA PAROLA DELLA VERITÀ. La Parola della verità è la rivelazione di Dio contenuta nella Scrittura e che il Signore ha seminato nel cuore di ciascuno dei credenti. Il cristiano deve essere docile a questa Parola, in modo che non soltanto la ascolti, ma la metta in pratica. Qual è la parola di verità? Fondamentalmente l'amore verso Dio e l'amore verso il prossimo, cuore della vera religione cristiana. Chi compie questa Parola di verità otterrà da Dio la salvezza. L'uomo deve essere molto sincero con se stesso per non restare solamente uditore, ma diventare praticante di codesta Parola. Si deve giungere a fare la Parola della verità. In ciò consiste la vera religione agli occhi di Dio.




UNA RELIGIONE DEL CUORE. Uomo religioso è colui che si sente intimamente legato tramite una relazione dialogale con la divinità. Se il dialogo e la relazione umana non possono essere puramente razionali né puramente sentimentali, molto meno lo può essere il dialogo con Dio. Per questo, io difendo una religione del cuore, essendo quest'ultimo il centro interiore della persona. Il cuore, pertanto, visto non soltanto come fonte dell'affettività, ma altresì come sede della ragione, dei sentimenti, della volontà, della coscienza, della decisione. Nella religione del cuore è ogni uomo che entra in comunicazione con Dio: chi parla e chi ascolta, chi è interpellato e chi risponde, chi esprime le sue esperienze intime e chi si sente accolto e compreso. Forse ancora possono rimanere in alcuni cristiani delle orme di giansenismo, ed è necessario farla finita con esse. Il cristianesimo del futuro sta chiedendo una religione del cuore, che giunga ad essere il cuore della religione. Nella tua esperienza personale, la religione cattolica, è una religione del cuore? È il culto cristiano un culto del cuore? Nella vita liturgica e sacramentale della tua parrocchia, si tiene conto di questa dimensione integrale della religione, che comprende tutta la persona? È molto, moltissimo, ciò che si può ancora fare perché la religione cattolica giunga ad essere, in ogni famiglia, in ogni parrocchia, in ogni diocesi, in tutta la Chiesa, una religione del cuore.

AUTENTICITÀ VERSUS APPARENZA. L'autenticità dovrebbe essere la carta di identità di ogni uomo, particolarmente di ogni cristiano. Ma, che cosa significa autentico? La risposta dipende dalla concezione dell'uomo che si abbia. In una concezione cristiana, "autentico" non è colui che dà libero corso agli impulsi del proprio istinto, ma colui che è fedele a se stesso e all'immagine dell'uomo integrale che la ragione e la fede disegnano nella sua coscienza. "Autentico" è l'uomo che nel suo agire si lascia guidare dalle convinzioni, l'uomo la cui volontà è mossa sempre verso il suo fine come persona umana e come figlio di Dio. In definitiva, essere autentico si intende come un ideale di essere se stessi e non altri, non una maschera. In questo senso "autentico" è chi non vive di apparenze, né riduce alle apparenze il suo valore e la sua ricchezza umana. Nell'educazione dei bambini e degli adolescenti conviene avere molto presente questo, perché, a causa della televisione e di altri mezzi di informazione, è forte l'attrattiva delle luci della ribalta, delle passerelle di moda; è grande la tentazione del successo facile e abbagliante, della fama effimera ma gratificante. In breve, è facile e tentatore il voler vivere di apparenze. Chiedi agli adolescenti, ragazzi e ragazze, che cosa vogliono essere da grandi e ti renderai conto, dalle risposte, della forza di seduzione delle apparenze. Che cosa faremo, come cristiani, per restituire autenticità alla società, all'educazione?

 
 
 

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Post n°1143 pubblicato il 29 Agosto 2009 da lillysorriso

Eletti, amici cari, guardate in Me il vostro futuro, vivete secondo il Mio Cuore il presente: vi mostrerò le Mie Meraviglie più grandi.

 

 

Sposa amata, l’uomo che vive bene il presente, si prepara il futuro di Pace e di Gioia in Me. Chiedo ad ogni uomo, gli chiedo di accogliere nella gioia il Mio Progetto su di lui e di fare sempre la Mia Volontà. Questo desidero da ogni uomo, questo per offrire, proprio in questo tempo, le cose più belle. Ogni uomo apra gli occhi del cuore per vedere lo splendore del Cielo, apra gli orecchi del cuore per udire la Mia Voce che parla per annunciare le più grandi meraviglie della storia umana.

Mi dici: “Dolce Amore, la Tua Voce è Delizia per ogni cuore, la Tua Voce è il più Dolce Balsamo per ogni anima. Continua, Gesù adorato, a far sentire al mondo la Tua Voce, non provi il Tuo terribile Silenzio perché indegno, concedi al mondo ancora, ad ogni uomo, il torrente delle Tue Grazie salvifiche. Adorato Signore, il mondo ancora non si apre a Te, perché non ha compreso la grandezza ed il significato di questi giorni della storia umana; questo è un momento nel quale il Cielo si piega sulla terra e fa sentire, percepibile, il suo respiro d’Amore.”

Amata Mia sposa, così è, proprio come hai detto: in questo momento la terra sente il dolce Palpito d’Amore del Cielo, ma, per sentire occorre avere occhi attenti, per sentire occorre avere occhi al Cielo e non sempre abbassati verso la terra, occhi avidi che cercano i suoi beni passeggeri. Sposa amata, gode nel profondo del cuore chi ha lo sguardo al Cielo e vede il Suo Sorriso che consola, che dà gioia, che parla di pace, che dà sempre nuova speranza, non trema nel suo cuore chi ha gli occhi volti al Cielo, alla Sua Luce palpita il suo cuore, al suo canto vibra la sua anima, ma DiMMi, piccola sposa, quanti di questa Umanità, che ho voluto così grande, hanno lo sguardo al Cielo? Chi ne sente il palpito ed unisce il suo canto a quello degli angeli e dei santi? Sì, sposa amata, essi, insieme, cantano la gioia di vedere un mondo rinnovato dal Mio Amore, santificato dalla Mia Presenza, benedetto da Me. Quanti sono coloro che questo hanno compreso?

Mi dici con tristezza: “Dolcissimo Amore, questo è il tempo delle più grandi manifestazioni del Cielo, ma dico con tristezza, che ancora sono pochi coloro che hanno compreso e vivono, sfiorando la terra, con gli occhi fissi al Cielo. Dolce Gesù, Tu chiami l’uomo per mostrargli le Meraviglie del Cielo, egli, però, ha gli occhi fissi alla terra, non vuole distogliere lo sguardo avido dalle cose fugaci per fissarlo su quelle eterne.”

Amata sposa, ti dico che verrà il momento, ed è vicino, nel quale ogni sguardo dovrà volgersi al Cielo, ma per chi non si è voluto preparare, sarà tardi, sarà troppo tardi. C’è chi continua ad indugiare incredulo, c’è chi ignora lo splendore del Cielo, perché il suo occhio avido cerca solo i beni della terra. Io, Io, Gesù, chiamo ogni uomo a pensare al suo destino eterno, ma tanti cuori non rispondono perché, troppo appesantiti dal peccato, affondano nello stagno di fango. Sposa amata, il Mio Dolore è grande per ogni anima che affonda nello stagno di fango e non vuole ascoltare la Mia Voce, il Mio Richiamo d’Amore che vuole salvare. Posso, sposa Mia, posso ciò che voglio, sono Vero Uomo, ma anche Vero Dio, sono Onnipotente, ma ho concesso agli esseri superiori la libertà, davanti alla loro libertà lascio la Mia Onnipotenza e non forzo a fare controvoglia, nessuno mai è stato forzato a scegliere Me se non lo desidera. Pensa, sposa Mia, alla scelta degli angeli: non tutti hanno scelto l’obbedienza a Me, il servizio fedele a Me, una parte di questi esseri ha fatto una scelta diversa: i fedeli lo rimarranno per l’eternità, i ribelli manterranno la loro condizione. Tra gli angeli c’è divisione, tra gli uomini anche ci sarà divisione, ognuno sta facendo la sua scelta: con Me per sempre, senza di Me per l’eternità.

Mi dici: “Dolcissimo Amore, concedi ad ogni uomo, in questo grande momento storico, la piena coscienza della sua condizione spirituale, ognuno fissi lo sguardo verso la sua anima che è immortale, lo distolga dal suo corpo che deve staccarsi per un po’ dall’anima. Concedi, Gesù, Dolce Amore, concedi, per i Tuoi Meriti Infiniti, il Dono a tutti del risveglio della coscienza.”

Amata sposa, il Mio Desiderio è la salvezza universale, così come era Mio Desiderio che tutti gli angeli fossero Miei servi fedeli ed ardenti. Essi fecero la loro libera scelta, così gli uomini stanno facendo la loro libera scelta. Concedo a tutti la liberà, ma do a tutti la possibilità di salvarsi: ognuno che vuole salvarsi si salva, chi rifiuta la salvezza non l’avrà. Resta felice nel Mio Cuore che ti ama di Amore eterno e Fedele. Conosca il mondo il Mio Messaggio. Ti amo.

Vi amo.

 

                                                                                              Gesù

 

 
 
 

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Post n°1142 pubblicato il 22 Agosto 2009 da lillysorriso

Riflessioni sulla liturgia della
21° Domenica del T.O.   B


La vera fede è scelta consapevole di Cristo.
Di fronte all’alternativa di scegliere fra il Signore e gli idoli, il popolo ebreo stimolato da Giosuè fa la scelta del Signore, che ha fatto tanti prodigi per esso.
Davanti alle parole di Gesù che promette l’Eucaristia, molti non credono e lo scetticismo prende anche non pochi discepoli, che lasciano definitivamente il Signore. Egli mette anche gli Apostoli di fronte alla scelta. La risposta di Pietro diventa anche quella del cristiano, consapevole della propria fede: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.
Gesù non è soltanto un maestro, ma anche Colui che ha amato la Chiesa ed ha dato se stesso per lei (lettera agli Efesini).
La fede cristiana non consiste nella rinuncia a cercare la verità con tutti i mezzi della ragione e di esperienza che Dio ha concesso all’uomo. Essa è soprattutto un atto di fiducia e di abbandono in Colui che è riconosciuto al di là di tutto quello che l’uomo può vedere, toccare e sperimentare.
Questo atto di fiducia è insieme anche una confessione di povertà, di piccolezza appunto: ma anche una confessione estremamente sincera e autentica.
“Cristiano è chi ha scelto Cristo e lo segue. In questa decisione fondamentale per Gesù Cristo è contenuta e compiuta ogni altra esigenza di conoscenza e di azione della fede” (RdC 57). Pertanto è necessario essere educati al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo” (RdC 38).
Cristo non si impone: Egli si propone. Ognuno è libero di sceglierlo e di rifiutarlo, di credere o di non credere. Non tutti quelli che lo incontrano gli credono: è necessaria la fede per credere e incontrarsi con Lui. L’Eucaristia senza la fede è un gesto senza senso. Per questo abbiamo bisogno come cristiani di cercarLo e di incontrarLo in un rapporto di profonda fiducia e di amicizia. Lui ci viene sempre incontro per sostenere e rendere possibile il nostro cammino.


 
 
 

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Post n°1141 pubblicato il 18 Agosto 2009 da lillysorriso

LA TIEPIDEZZA SPIRITUALE

Il nemico perseguita la mia vita
schiaccia la mia vita fino a terra
mi fa abitare in luoghi tenebrosi
come i morti, morti per sempre.  
(Sal 143,3)

Durante la prova dell'aridità spirituale, la preghiera non è interrotta. Né del resto ci sono ragioni perché lo sia. L'anima, essendo rivolta con tutta la volontà verso Dio, non perde la sua capacità né la sua volontà di perseverare nella preghiera e nella lotta. L'aridità spirituale attiene soltanto all'interruzione della consolazione, del piacere e degli incoraggiamenti affettivi che accompagnavano la preghiera e da essa derivavano.
La tiepidezza spirituale tocca invece la volontà stessa; là, l'a­zione verte sull'atto stesso della preghiera e la capacità di perse­verarvi. L'uomo sì alza per pregare e non trova né le parole della preghiera, né la forza per continuarla. E quando si siede per leg­gere, il libro nelle sue mani, secondo Isacco il Siro, è come se fosse di piombo e può restare aperto davanti ai suoi occhi un giorno intero senza ch'egli possa comprenderne una sola riga.
La mente si disperde, è incapace di concentrarsi e di com­prendere il senso delle parole. Il desiderio di pregare è sempre là, ma la forza e la volontà mancano e, alla fine, è il desiderio stesso che rischia di essere coinvolto a sua volta; l'uomo non può né vuole pregare; si ritrova infelice e triste di questo stato di co­se, al limite delle proprie risorse e incapace di risollevare le pro­prie sorti.
Se cerca di rientrare nell'intimo di se stesso, si perde rapida­mente e non tocca il fondo del proprio essere, come se errasse lontano dall'essenziale della propria vita avendo smarrito l'an­cora del proprio spirito. E se tenta di verificare sinceramente la propria fede e di misurarla nel proprio cuore, la trova priva di vitalità e pressoché inesistente.
Se bussa alla porta della speranza e tenta di avvicinarsi alle promesse divine che tanto amava e che erano la sua ragione di vita, trova la speranza indurita, intorpidita dalla freddezza del tempo presente e priva della volontà dì superarla.
L'avversario approfitta di queste circostanze propizie per col­pire duro, cercando di convincere l'uomo del proprio fallimento, suggerendogli che i suoi sforzi e la sua fatica sono svaniti nel nulla, che tutto il suo cammino spirituale precedente non era né vero né corretto, bensì nient'altro che illusioni e false impressio­ni; poi infierisce sul suo pensiero perché arrivi a negare la vita spirituale in tutta la sua dimensione.
Ma in mezzo a tutte queste lotte opprimenti, l'anima perce­pisce, attraverso la cortina di fumo, che tutto ciò non è vero e che dietro alle tenebre c'è qualcosa. Sente anche che, suo malgrado, resta attaccata a Dio, il quale sembra averla abbandonata, lo adora quasi a sua insaputa, senza nemmeno volerlo. Una preghiera palpita ancora nelle sue profondità, lontano, molto lon­tano dalla mente e senza che la coscienza ne riceva la minima consolazione né la minima assicurazione.
E quando l'avversario tenta di sferrare il colpo fatale per in­durre l'anima a negare la propria fede o la propria speranza, non trova alcuna risposta concreta; l'anima sembra spingersi nella di­rezione dell'avversario fin dove questi desidera, fino ai limiti dell'errore, ma gli è impossibile passare dal pensiero all'azione, perché in quel momento la volontà si desta come un leone che si sveglia bruscamente e fa fuggire i malefici sciacalli. Dietro alla tiepidezza spirituale persiste quindi un rapporto con Dio, che non agisce, ma è presente e forte, molto più forte di tutte le elucubrazioni del demonio; dorme, svegliandosi soltanto nell'imminenza del pericolo.
Questo rapporto potente resta tuttavia nascosto all'anima ed è inutile tentare di persuaderla della sua esistenza per rassicurar­la; a questa prova l'anima deve fare fronte da sola.
Ma, dopo la vitalità, l'ardore e lo zelo immenso vissuti fino ad allora, la tristezza profonda e prolungata dell'anima che si af­fligge per lo stato al quale essa è giunta è insieme il segno mani­festo e la prova tangibile che l'anima rimane nel campo di Dio, che continua, senza saperlo, il suo retto cammino, guidata da una mano che non vede e portata da una forza che non sente.
Chi percorre il cammino di Dio non s'immagina che il trasa­limento della fede che ha palpitato un giorno in fondo al suo cuore, illuminandolo del fuoco di Dio e infiammando la sua in­tera vita d'amore e di zelo, possa ritrarsi da tali profondità e la­sciarlo improvvisamente così vuoto da fargli pensare di esserlo realmente.
Ma l'uomo non deve necessariamente sempre percepire o sen­tire la luce di Dio e il suo calore. Esse sono perennemente all'o­pera nella luce e nell'oscurità della vita, nel freddo e nel caldo, nella felicità e nella tristezza.
Il cammino spirituale non si misura unicamente in base ai pe­riodi di luce, di calore, di felicità e di attività visibilmente utili; i tempi di arresto e di oscurità che avvolgono l'anima, la tristez­za che opprime il cuore, il freddo che paralizza ogni movimento dei sentimenti spirituali, anche tutto questo fa parte integrante del cammino spirituale irto e stretto.
Il nostro modo di agire di fronte a circostanze che sembrano contrastanti, dolorose e mortificanti, definisce la nostra attitu­dine a proseguire il cammino fino a riportare la vittoria.

 

I motivi della tiepidezza spirituale

Non è sconsideratamente che Dio permette questa prova dell’anima. Ci sono varie ragioni che l'obbligano a sottomettere l'a­nima a un simile genere di esperienze per correggerne la valuta­zione delle cose spirituali, raddrizzarne il cammino sul percorso in salita e rinvigorirne la fede nelle cose invisibili.

 

La tiepidezza spirituale educatrice dell'anima ambiziosa

L'anima ambiziosa che si preoccupa del proprio progresso si sforza di accelerare il ritmo oltre la propria capacità di resistenza e più di quanto converrebbe alla sua situazione. Rivendica una maggior conoscenza di quella che le è effettivamente necessaria e più di quanta non richieda la sua vera statura. Con il pretesto di una grande fede si comporta con una sorta di arroganza spiri­tuale e forza gli ambiti delle conoscenze superiori, scrutando la luce senza che una sufficiente capacità di giudizio e il sostegno di un'esperienza autentica ve l'abilitino. Il risultato è l'inevita­bile arresto del suo progresso.
Se questo arresto pare logicamente normale, a causa dell'e­morragia di energia spirituale e della sproporzione tra il poten­ziale della "fede" e la rapidità della promozione in quei perico­losi ambiti superiori, rimane comunque vero che il motivo prin­cipale è l'intervento della misericordia divina, della sua solleci­tudine e della sua compassione nei confronti dell'anima. Dio la priva dell'attitudine a elevarsi, così che non rischi d'issarsi al di sopra delle sue capacità d'equilibrio e di resistenza e, di conse­guenza, di cadere e sfracellarsi. La tiepidezza in questo caso è una salvaguardia della vita dell'anima: la preserva dall'orgoglio spirituale che la condurrebbe a subire la sorte dei costruttori della torre di Babele.
Qui la tiepidezza è utile all'anima perché la libera definitiva­mente dalla propria ambizione. Arresta il suo interesse per i falsi progressi di una volontà ingannata dal desiderio di magnificare l'io. L'anima è rinviata ai livelli inferiori dei principianti e, oc­cupata dal proprio cordoglio e dal dispiacere, dalla precarietà del proprio stato e dalla perdita delle sue gloriose speranze, si astie­ne dal fare pericolose ascensioni. Ritorna brancolante al punto di partenza, nell'abbassamento e nell'umiltà che, molto più dei prodigi e delle alte contemplazioni, sono i migliori garanti della sua salvezza.
I sintomi di questo genere di tiepidezza spirituale, la cui causa è l'ambizione dell'anima, sono un'eccessiva tristezza e il dispia­cere che invadono l'anima. Tristezza e dispiacere che rappresen­tano il segno del successo della delicata operazione che Dio ha effettuato all'interno dell'anima per custodirla nell'umiltà.

 

La tiepidezza spirituale mira a correggere la concezione che abbiamo dei nostri rapporti con Dio

Quando l'anima si dedica alla lotta spirituale, all'assiduità nelle preghiere e alla minuziosa osservanza delle altre pratiche spirituali, può giungere ad avere la sensazione che simili attivi­tà e assiduità condizionino il suo rapporto con Dio. Ha allora l'impressione che, a motivo della perseveranza e della fedeltà al­le preghiere, essa meriti di essere amata da Dio e di diventare sua figlia. Ma Dio non vuole che l'anima devii su questo falso cammino che, in realtà, l'allontanerebbe definitivamente dall'a­more gratuito dì Dio e dalla vita con lui. E la priva così anche di quell'energia e quell'assiduità che rischierebbero di provocare la sua perdita.
Non appena Dio ritira dall'anima quelle capacità che le aveva gratuitamente offerto quali prove del suo amore, cioè l'energia e l'assiduità alle opere spirituali, essa si ritrova priva di forze, incapace di condurre una qualsiasi attività spirituale ed è messa a confronto con la stupefacente verità che continua a rifiutare e a ritenere altamente improbabile: Dio, nella sua paternità e nel suo amore, non ha bisogno delle nostre preghiere e delle no­stre opere.
All'inizio, l'uomo sì scontra con l'idea che la paternità dì Dio si è certamente allontanata da lui in seguito all'arresto della pre­ghiera, e con quella che Dio ha abbandonato l'anima e l'ha tra­scurata perché le sue opere e la sua perseveranza non erano all’altezza del suo amore. L'anima tenta invano di distogliersi dal proprio annichilimento e dal lutto per riprendere la propria atti­vità, ma le sue decisioni finiscono tutte in fumo.
In seguito, a poco a poco, l'anima comincia a comprendere che la grandezza di Dio non deve essere misurata in base ai cri­teri della futilità dell'uomo; che la sua paternità spirituale emi­nentemente superiore ha accettato di adottare i figli della polve­re a motivo della sua infinita tenerezza e dell'immensità della sua grazia, e non in cambio delle opere dell'uomo e dei suoi sforzi; che la nostra adozione da parte di Dio è una verità che ha la propria sorgente in Dio e non in noi stessi, una verità sempre presente, che persiste - nonostante la nostra impotenza e il no­stro peccato - nella testimonianza della bontà di Dio e della sua generosità.
In questo modo, la tiepidezza spirituale porta queste anime a rivedere fondamentalmente la loro concezione dì Dio e la loro valutazione dei rapporti spirituali che legano l'anima a Dio. La loro concezione dello sforzo e dell'assiduità nelle opere spiritua­li ne viene profondamente mutata. Non vengono più ritenute prezzo dell'amore di Dio e della sua paternità, ma risposte al suo amore e alla sua paternità.
I sintomi di questo genere di tiepidezza spirituale sono quelle sconcertanti domande che l'uomo sì pone ogni giorno nel corso di una simile esperienza: Dio mi ha abbandonato? Lo ha fatto a causa del mio peccato? Ho irritato la sua paternità con la mia negligenza e la mia pigrizia? Dio mi ha dimenticato perché la mia preghiera non gli è gradita?
Ma, mentre coloro che sono colpiti dalla tiepidezza spirituale a causa della loro ambizione sono dolorosamente toccati unica­mente per l'interruzione della preghiera, coloro che lo sono a causa di una errata comprensione dell'amore di Dio e della sua paternità sono angosciati, non per l'arresto della preghiera, ma per la presunta perdita della loro identità di figli di Dio, della sua fiducia e del suo amore. L'aridità e lo sconforto aumentano man mano che aumentano la paura e l'angoscia finché, alla fine, non sì manifesta la verità e i legami d'amore e di filiazione ri­prendono e sì consolidano al dì là di ogni riferimento alle opere dell'uomo.
In realtà, la paura che si prova durante l'esperienza della tie­pidezza spirituale è la prova più manifesta della fedeltà filiale dell'anima a Dio, fedeltà della quale l'anima non è certa, perché rimane nell'angoscia finché, alla fine, riceve l'assicurazione che la paternità dì Dio sì dispiega su di lei nonostante tutto e al dì sopra di tutto.

 

La tiepidezza spirituale mira a rafforzare la fede in Dio al di là del sensibile

 È possibile che l'uomo sia al massimo della felicità e della pace perché la sollecitudine di Dio ne soddisfa tutti i bisogni materiali con la sua provvidenza, manifestata a tutti i livelli, e con la sua protezione tangibile in tutte le circostanze. L'uomo sì sente rassicurato, sa di essere nelle mani dì Dio, custodito e protetto dalla sua premura. La sua fiducia e la sua fede in Dio aumentano e si rafforzano sulla base di prove materiali evidenti e tangibili.
Poi Dio sospende improvvisamente tutti gli aiuti visibili, ces­sa la sua tangibile protezione e ritira la sollecitudine visibile all'uomo; una dopo l'altra le tribolazioni cominciano a colpire l'anima che si ritrova scoperta davanti ai suoi avversari, esposta a ogni assalto, a ogni maldicenza, a ogni scherno, non soltanto da parte di avversari visibili, ma anche da parte dell'avversario invisibile, autore dì tutti i mali e dì tutte le disgrazie. Le preoc­cupazioni esteriori cominciano a mischiarsi alle pene interio­ri, tanto che l'uomo si stupisce della quantità e della varietà dei colpi. All'inizio pensa che tutto ciò sia soltanto un fenomeno passeggero, che la nube sì allontanerà presto e la vita ritrove­rà la calma e la stabilità dì sempre. Ma ecco che la violenza delle tribolazioni aumenta e si complicano le situazioni che le ren­dono inammissibili e inconcepibili. Allora, distrutto, incapace di comprendere, l'uomo si lascia cadere nella polvere! Che cosa è accaduto? Perché è successo tutto questo? Dove si va, verso quale fine?
L'uomo rientra in se stesso, pensando di trovarvi un raggio dì speranza per riprendere la sua vita precedente; non trova che rovine su rovine e un'anima straziata da mille prove. Non si trat­ta più soltanto di tiepidezza, dì aridità o di perdita delle conso­lazioni, è la perdita totale del sentimento spirituale, anch'esso costruito su false valutazioni; la miseria, la rivolta, la perples­sità, la bestemmia e il terrore invadono l'anima in seguito agli errori che la colpiscono; essa tenta di controbattere alle bestem­mie che sgorgano dalle profondità del suo essere e non trova la forza di replicarvi; tenta dì condannare il male e le atrocità che il demonio le mette in testa, ma non può che contemplarle e lasciarsi trascinare da esse, come prigioniera dì ogni sbaglio, di ogni peccato. L'anima si ferma infine sull'orlo della dispera­zione totale.
Ma ciò che veramente costerna l'anima non sono le sue perdi­te e i suoi fallimenti, l'arresto della preghiera e dello sforzo, la paura dell'abbandono di Dio, ma il sentimento che Dio stesso sia diventato per lei un avversario che si compiace del suo dolo­re, della sua tristezza e delle sue lacerazioni!
Questa prova, portata all'estremo, la si ritrova nelle tribola­zioni dì Giobbe. Ciò che lo indusse alla perplessità, non furono le perdite enormi di tutti i suoi beni e dei suoi figli, le piaghe che ricoprivano il suo corpo, gli scherni di tutti coloro che gli si avvicinavano e perfino di sua moglie, ma il fatto di immaginare che, nella sua immensa sciagura, Dio lo trascurasse, gli fosse di­venuto ostile e si rallegrasse del suo male!

Ma io non terrò chiusa la bocca,
parlerò nell'angoscia del mio spirito,
mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore!
Sono io forse il mare oppure un mostro marino,
perché tu mi metta accanto una guardia?
Quando io dico: "Il mio giaciglio mi darà sollievo,
il mio letto allevierà la mia sofferenza",
tu allora mi spaventi con sogni
e con fantasmi mi atterrisci…

Io mi disfaccio ... Lasciami ...
non mi lascerai inghiottire la saliva? ...
Perché m'hai preso a bersaglio
e ti son diventato di peso?

Le saette dell'Onnipotente mi stanno infitte,
sì che il mio spirito ne beve il veleno
e terrori immani mi si schierano contro!

Perché non cancelli il mio peccato
e non dimentichi la mia iniquità?

Egli con una tempesta mi schiaccia,
moltiplica le mie piaghe senza ragione,
non mi lascia riprendere il fiato,
anzi mi sazia di amarezze.

Sono stanco della mia vita!
Parlerò nell'amarezza del mio cuore
fammi sapere perché mi sei avversario.
È forse bene per te opprimermi? ...

Sazio d'ignominia come sono
ed ebbro di miseria…
tu come un leopardo mi dai la caccia
e torni a compiere prodigi contro di me,
su di me rinnovi i tuoi attacchi
contro di me aumenti la tua ira.

Allontana da me la tua mano
e il tuo terrore più non mi spaventi
perché mi nascondi la tua faccia
e mi consideri come un nemico?

Io grido a te, ma tu non rispondi,
insisto ma tu non mi dai retta,
Tu sei un duro avversario verso di me
e con la forza delle tue mani mi perseguiti.

Ma se vado in avanti egli non c'è,
se vado indietro non lo sento.
A sinistra lo cerco e non lo scorgo,
mi volgo a destra e non lo vedo.

Giobbe era sincero nel descrivere i propri sentimenti, ma si sbagliava quando diceva che il Signore l'aveva abbandonato; il Signore, in realtà, non era lontano da Giobbe, e tutte le perdi­te che lui aveva subito, le tribolazioni e le prove che l'avevano colpito non potevano essere ritenute prove dell'abbandono di Dio! Allo stesso modo, non dobbiamo mai ritenere che i benefi­ci, gli aiuti, la sollecitudine e la protezione dì Dio per l'uomo siano prove dell'approvazione di Dio e basi valide per fondarvi la nostra fede e la nostra speranza.
I colpi che Giobbe ha subito non riescono all'inizio a farlo desistere dalla sua perfezione, ma quando sente, a torto, che an­che Dio l'abbandona, che è contro di lui, l'equilibrio della sua fede vacilla; in questo, in realtà, consiste la finalità profonda della prova di Giobbe e il suo terribile segreto. Attraverso la pro­va di Giobbe, Dio ha voluto proclamare a ogni uomo che la fede deve sopportare periodi d'abbandono, siano pure penosi, ango­scianti e deprimenti. La fede deve sollevarsi al di sopra di ogni abbandono e far sì che l'uomo mantenga la propria fiducia in Dio, nella sua misericordia e nella sua sollecitudine, nonostante le tribolazioni che attraversa.
Questo genere di prova è in verità il più duro; è il vertice delle esperienze purificatrici dell'anima, paragonabile alla mor­te stessa che l'uomo non può attraversare se non accompagnato dall'ineffabile sollecitudine dell'Onnipotente, perché l'anima, in preda alla tristezza e alla depressione, arriva come Giobbe ad augurarsi la morte:

 Oh, mi accadesse quello che invoco,
e Dio mi concedesse quello che spero!
Volesse Dio schiacciarmi,
tendere la mano e sopprimermi!

Qual è la mia forza perché io possa durare,
o quale la mia fine, perché prolunghi la mia vita?
La mia forza è forza di macigni?
La mia carne è forse di bronzo?
Ogni soccorso mi è precluso?

Se mi corico, dico: "Quando mi alzerà?".
Sono innocente? Non lo so neppure io,
detesto la mia vita!
Sono stanco della mia vita!
Tacerò, pronto a morire.

Tuttavia, in mezzo a tutto ciò, per l'uomo messo alla prova non tutti gli sguardi di speranza verso la misericordia di Dio so­no ormai perduti. Nemmeno sull'orlo della disperazione cessa di ricercare Dio nell'attesa della grande e meravigliosa liberazio­ne. Più pesante è la prova, più grande è la trasparenza dell'ani­ma che gli permette di penetrare con lo sguardo la trascenden­za dell'Eterno, l'immensità del suo amore e della sua fedeltà all’anima umana. I dolori passati non sono più che delle scaglie cadute dagli occhi dell'anima: questa comincia a ricostruire la propria fede, non più sulla base dei benefici temporali, né sulla protezione e la sollecitudine manifeste, né sui segni tangibili e le prove ragionevoli, ma su "la fede, fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (Eb 11,11).

Poiché egli conosce la mia condotta,
se mi prova al crogiolo come oro puro io ne esco.
Alle sue orme si è attaccato il mio piede,
al suo cammino mi sono attenuto e non ho deviato;
dai comandi delle sue labbra non mi sono allontanato.

Voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta!
Questo mi sarà pegno di vittoria.

Io lo so che il mio Vendicatore è vivo
e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
Dopo che questa mia pelle sarà distrutta,
senza la mia carne vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
i miei occhi lo contempleranno non da straniero.

Per la vita di Dio, che mi ha privato del mio diritto,
per l'Onnipotente che mi ha amareggiato l'animo,
finché ci sarà in me un soffio di vita,
e l'alito di Dio nelle mie narici,
mai le mie labbra diranno falsità
e la mia lingua mai pronuncerà menzogna...
fino alla morte non rinuncerò alla mia integrità. (Gb 23,10-12; 13,15-16; 19,25-27; 27,2-5).

 Così, immancabilmente, ogni anima che avrà amato Cristo sarà giustificata. E per quanta sia stata l'amarezza delle prove spirituali che avrà attraversato, continuerà a percepire il destino che le è riservato, e seguirà il proprio cammino malgrado le sue ferite, tenendo lo sguardo fisso su Cristo e interrogandolo, co­me una sposa abbandonata, con una fiducia inamovibile nell'a­mato che l'ha riscattata con il proprio sangue.
Sì, la fiducia può subire delle eclissi, ma non è perduta; la fe­de può arrestarsi, ma non sparisce; l'amore può essere sommerso e non farsi più vedere, ma rimane nella profondità dell'essere pronto a sgorgare nuovamente, alla fine della prova, con forza invincibile.

 

 
 
 

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Post n°1140 pubblicato il 14 Agosto 2009 da lillysorriso

L'ARIDITÀ SPIRITUALE

Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
di notte non c’è riposo per  me...
il mio vigore inaridisce come un coccio,
la mia lingua si attacca al palato
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(Sal 22,3.16)


L'aridità è un'esperien­za che riguarda la natura stessa della preghiera, capace, se noi l'accogliamo lucidamente e volentieri, di portarci a un grado su­periore, quello della preghiera pura che non si fonda sui senti­menti, sulle sensazioni e gli incoraggiamenti.


 L'anima che per la prima volta fa l'esperienza dell'aridità spi­rituale si turba profondamente, soprattutto quando la sua ap­plicazione all'adorazione è assidua, devota e fedele. Sconcertata da quel che le accade, ne cerca la ragione frugando tra i propri errori.
In realtà, l'aridità spirituale non implica affatto la perdita di qualcosa del nostro buon rapporto con Dio. E’ una tappa impor­tante e necessaria per educare l'anima e prepararla a una vita spirituale progredita che non sia più tributaria di fattori psicolo­gici o di gratificazioni soggettive.
È, in un certo senso, un cibo un po' difficile da digerire, ma di grande utilità. Così, se accettiamo di buon grado, con lucidità e pazienza, di sottometterci a quest'esperienza, se le nostre ani­me non illanguidiscono nell'assenza di consolazioni e incorag­giamenti, bensì pongono tutta la loro speranza nella veridicità delle promesse divine, allora quest'esperienza ci farà accedere alla statura di figli perfetti, degni di quell'amore superiore che “non cerca il suo interesse” (1Cor 13,5), non si preoccupa di ri­cevere, ma si accontenta di dare e dì spendersi.
Se esaminiamo attentamente quest'esperienza, scopriamo che essa non comporta alcun turbamento e non colpisce il cuore con alcuna miseria. L'aridità attiene all'anima nei suoi sentimenti e nelle sue emozioni senza toccare la pace e la calma interiore; si tratta però di una pace priva di calore emotivo, di una calma senza attrattiva né soddisfazione.
Per questo l'esperienza dell'aridità è sentita duramente sol­tanto da coloro la cui anima vezzeggiata è stata abituata alle con­solazioni e agli incoraggiamenti, coloro la cui pietà si fonda sul "ricevere" e che considerano prova di progresso spirituale solo le manifestazioni sensibili.
Il pericolo di questa tappa è che l'uomo, cominciando a dubi­tare e a immaginare che il suo rapporto con Dio sia interrotto, smetta, alla fine, di pregare; al contrario, quest'esperienza, en­tro i limiti che le sono propri - cioè l'aridità spirituale provocata dalla grazia -, permette all'uomo di continuare la preghiera, perché non lo priva della capacità di pregare e di perseverarvi; lo priva unicamente delle consolazioni secondarie sulle quali egli faceva affidamento.
Se l'uomo cessa la preghiera con il pretesto dell'aridità spiri­tuale e della perdita delle consolazioni, regredisce spiritualmen­te e si espone senza motivo a una prova nefasta e pericolosa, quella della mormorazione contro Dio.
Ci si sbaglia quindi se ci si turba quando si attraversa la tappa dell'aridità; come pure è pericoloso smettere di pregare, con la scusa di non trovarvi più soddisfazione. L'aridità è un'esperien­za che riguarda la natura stessa della preghiera, capace, se noi l'accogliamo lucidamente e volentieri, di portarci a un grado su­periore, quello della preghiera pura che non si fonda sui senti­menti, sulle sensazioni e gli incoraggiamenti.
L'uomo potrà avere la sensazione che la grazia apparentemen­te l'abbandoni, che gli basti l'azione interiore e segreta di tale grazia; s'appoggi allora sull'impulso acquisito nella sua vita tra­scorsa con Dio. Se ne accontenterà per attraversare le prime tap­pe di quest'esperienza, finché la sua anima abbia imparato a fis­sarsi in Dio, senza intermediari né incoraggiamenti.
Allo stesso modo, nel corso dell'esperienza, colui che cammi­na su questa via si affidi ai consigli di un padre spirituale e ne segua le indicazioni con grande fedeltà. Esse sono, a questo sta­dio, di importanza fondamentale. Ma forse la raccomandazione più importante e più utile è quella di accettare l'aridità spirituale con umiltà, di accettare di essere trattato come l'ultimo degli uomini, inadatto a ricevere le consolazioni e, anche se si dovesse considerare l'aridità come una correzione, un simile atteggia­mento non sarebbe privo di benefici (in realtà però l'aridità non è una correzione, ma un'educazione).
A chi attraversa questa tappa non serve a niente fermarsi per analizzare la propria situazione, ricercarne motivi e cause e ten­tare di fare piani per uscirne moltiplicando le veglie, le preghiere e i digiuni; è fatica sprecata e rischia di uscire dal campo della grazia. Per contro, quel che di meglio può fare è accettare l'ari­dità e perseverare, attento e ponderato, nella sua opera spirituale non risparmiando i propri sforzi e la propria fatica per prosegui­re la marcia allo stesso ritmo, come il viaggiatore sulle piste del deserto che la scomparsa dei piaceri della città non distoglie dal suo cammino nelle profondità aride del deserto, fino alla fine.
L'atteggiamento fondamentale in ogni esperienza spirituale è accettarla come tale senza alcuna riserva. L'aridità spirituale è una prova spirituale proposta come tale, come una contingenza ineliminabile della via stretta.
Se accettiamo le prove spirituali in genere, non è perché sia­mo spinti dal desiderio di pervenire alla perfezione: ciò compor­terebbe una certa esaltazione dell'io; ci sottomettiamo piuttosto al piano di Dio per compiere la sua volontà; la nostra sottomis­sione a Dio condiziona la nostra comunione con lui, e questa so­la può condurci alla perfezione.

 

1. Rapporto tra aridità e volontà

 Dobbiamo distinguere tra l'essenza dell'anima umana e le fa­coltà e reazioni che sono proprie della sua attività. L'anima nel­la sua essenza è ben altro rispetto ai sentimenti che essa genera o che la influenzano.
Così pure, l'immaginazione e i pensieri possono svelare uno stato dell'anima, ma non sono l'anima stessa e non sono rappre­sentativi dell'anima; solo la volontà, il libero arbitrio, manifesta l'anima e la rappresenta; perciò l'uomo non è né responsabile né colpevole del proprio immaginario, né dei suoi pensieri, né dei suoi sentimenti in quanto tali, ma è responsabile di quel che la sua volontà manifesta.
Nel caso dell'aridità spirituale ci rendiamo conto che si tratta di una perdita provvisoria della capacità dell'anima ad accoglie­re le ineffabili consolazioni e gli incoraggiamenti spirituali che riceveva dalla grazia per mezzo dell'immaginario, del pensiero e del sentimento. Ma l'anima, in quanto tale, non cessa, nel tem­po dell'aridità, di desiderare ardentemente e di aspirare con la sua volontà a ricevere consolazioni e incoraggiamenti. L'aridità spirituale rimane pertanto una prova esteriore alla volontà.
Questa verità è estremamente importante, perché libera l'uo­mo da una responsabilità fittizia che la sua coscienza tenta d'at­tribuirgli a causa della sospensione di consolazione e di soddi­sfazione interiore nel tempo della prova dell'aridità spirituale.
Ne deriva che l'adesione dell'anima alla preghiera (rappresen­tata dalla sua volontà) può rimanere intatta nonostante lo stato di aridità, poiché tale stato, fondamentalmente, non intacca la volontà. In altri termini, malgrado la persistenza dell'aridità spirituale, la preghiera può essere perseguita con tutta la propria forza e tutta la propria energia.
La perseveranza nella preghiera senza il sostegno delle conso­lazioni e degli incoraggiamenti affettivi che provenivano dall’immaginazione, dai sentimenti e dai pensieri, è l'obiettivo principale di questa prova che la grazia dispone sul cammino spirituale dell'uomo. Questi è così condotto a disfarsi dei legami che l'uniscono al sensibile, alle emozioni umane e alle rappre­sentazioni intellettuali e che impediscono all'anima di avere un contatto diretto con Dio. L'anima non può stabilirsi definitiva­mente in Dio finché l'attività affettiva, immaginativa o intellet­tuale può ancora prendersi gioco di lei.
Nel momento stesso in cui la preghiera si libera di tali lega­mi, supera la soglia della preghiera pura. Più niente può separare da Dio l'uomo che raggiunge tale soglia, perché l'essenza stes­sa dell'anima si sarà allora profondamente stabilita in Dio, sen­za interferenze esteriori. Essa può allora, durante la preghiera, estendere il proprio sguardo su Dio senza ostacoli e senza simu­lazioni esteriori.
Risulta così evidente che l'aridità spirituale è un'esperienza che la grazia dispone sul cammino dell'anima per aumentarne la capacità di concentrare lo sguardo direttamente su Dio, sospen­dendo tutte le altre visioni parziali, in particolare consolazio­ni, soddisfazioni e incoraggiamenti che disperdono lo sguardo spirituale.

 

2. L'aridità, occasione di perniciosa dissipazione del pensiero

 

Tra i pericoli dell'aridità, quello dell'allontanamento delle fa­coltà intellettuali e immaginative dalla sorveglianza spirituale non è tra i minori. L'avversario può captarle per precipitarle da tutta la loro altezza e indurle a errare nei pensieri del male e nel­le evocazioni perniciose che, prima, nemmeno si presentavano allo spirito. L'arresto delle consolazioni con cui la grazia nutriva le facoltà dell'anima, quali l'immaginazione, il pensiero e il sen­timento, dà all'avversario l'occasione di proporre loro il suo fu­nesto nutrimento.
Così, nella fase dell'aridità spirituale, il pensiero dell'uomo rischia di dissiparsi, senza che egli se ne curi, in continue rap­presentazioni malsane, che si succedono fino a portare l'anima al massimo dell'umiliazione. E’ a quel punto che dobbiamo pre­stare la massima attenzione al ruolo della volontà. Finché la vo­lontà non accetta questa dissipazione, non vi si accorda e non la sostiene, finché manifesta davanti a Dio, nella preghiera, il suo rifiuto, la sua tristezza e le sue proteste, la preghiera resta pura senza che la dissipazione del pensiero e dell'immaginazione pos­sa intaccarla.
Al di là di ogni considerazione, il primo e l'ultimo responsabi­le della purezza della preghiera è la volontà.
Il potere della volontà di perseverare nel rifiuto delle rappre­sentazioni e dei pensieri vani e la sua determinazione a prose­guire la lotta, qualunque sia la durata della prova, sono, in defi­nitiva, le sole che possono mettervi fine. Ciò che dobbiamo credere con fiducia totale è il fatto che Dio non ci chiederà mai di render conto del male che ci attraversa il pensiero o l'immaginazione, finché questo male non ha il nostro consenso e la nostra adesione, e a condizione di confermare que­sto rifiuto con la preghiera costante. Se la volontà persiste nella sua protesta senza deporre le armi e senza che l'intenzione abdi­chi, allora ogni tortura che l'avversario infliggerà al pensiero e alla coscienza ci sarà contato, alla fine, come un'offerta pura. Finché la volontà rimane vigilante, vigorosa e alimentata dalla preghiera il pericolo di abituarsi a rappresentazioni e dissipazio­ni perniciose a causa della durata della prova, non è da temere; perché, quando Dio accondiscenderà a stringere tra le sue brac­cia l'anima liberata dal suo egoismo e dalla sua sensibilità emoti­va, la guerra cesserà definitivamente, in un istante. Quanto a sapere perché Dio permette all'avversario di tor­turare così il pensiero e la coscienza dell'uomo con una durez­za che alcuni santi hanno paragonato a quella dell'inferno, la ri­sposta è nella nostra natura corrotta dal peccato e divenuta un bersaglio per il male. Se alla nostra mente non fosse stata data la libertà d'immaginare e di pensare il male, fosse anche per una volta soltanto, l'avversario non avrebbe mai potuto costringerla a farlo. Se quindi Dio sembra lasciarci gustare per un istante l'ama­rezza del potere di Satana, ciò è ben meritato, ma è vero anche che Dio non può abbandonarci e, al momento opportuno, inter­viene e trasforma tutto il male che subiamo in fattore di forza, di salvezza e di gloria. Quando i nostri sentimenti, i nostri pensieri e le nostre rap­presentazioni saranno fusi nel crogiolo dell'aridità spirituale, sa­remo atti a superare infine la soglia della purezza che ci permet­terà di vivere con Dio.

 

 
 
 

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Post n°1139 pubblicato il 08 Agosto 2009 da lillysorriso

Eletti, amici cari, confidate in Me, confidate nel Mio Amore. Non temete l’assalto del mondo, Io, Io, Gesù, ho vinto il mondo, voi con Me sarete vincitori. 

 

Sposa amata, il mondo, chiamato e richiamato a conversione, resta nella sua chiusura a Me, voglio concedere Misericordia e Perdono, ma gli uomini di questo tempo non riconoscono il loro errore, non supplicano il Mio Perdono, rifiutano la Mia Misericordia. Amata sposa, come spesso ti ho detto negli intimi colloqui, ho fretta di attuare il Mio Progetto: voglio che tutto sia nuovo. Ho chiesto cooperazione piena al Mio Progetto, ma poca ne ho avuta. Gli uomini di questo tempo ultimo sono di dura cervice e non capiscono l’importanza di essere aperti al Mio Amore, non capiscono che, senza di Me, nulla possono fare e che i progetti fatti senza la Mia Presenza sono vuoti. Amata sposa, con Dolore devo constatare tutto questo, l’uomo del terzo millennio non vuole comprendere il Mio Amore, non Lo cerca, vive come se Io, Io, Dio, non esistessi. Piccola Mia sposa, quanti sono coloro che vivono come se Io non esistessi. Credi che siano in numero ridotto? No, ti dico! Sono molti, quanti non puoi immaginare.

Tu, sposa amata, Mi dici e Mi ripeti: “Gesù adorato, non capisco come sia possibile che l’uomo conoscendoTi non Ti ami, non desideri ardentemente la Tua Amicizia, non decida di vivere ogni istante della sua esistenza in adorazione a Te”.

Questo Mi dici e Mi ripeti in continuazione, supplicando che Io, Io, Gesù, dilati il tuo cuore per renderlo sempre più ardente. Amata sposa, non solo gli uomini di questo tempo non Mi dànno gloria e onore, ma, in gran parte osano vivere come se Io non esistessi, con un tale gelo nel cuore, con una tale indifferenza come se Io, Gesù, non fossi il loro Signore dal Quale tutto dipende anche il loro respiro. Io, Io, Dio, infatti, do la vita Io, Io, Dio, tolgo la vita; nessuno è padrone della sua vita e, per quanti sforzi faccia, non la può allungare neppure di un minuto. L’uomo che vive come se Io non esistessi ed attribuisce tutto al caso, Mi offende molto; per costoro, per quelli che vivono come se Io, Io, Dio, non esistessi, ci sarà, se non cambiano subito, la sentenza più dura. Ogni uomo può comprendere la Mia Presenza Viva e Palpitante, concedo ad ogni uomo la Grazia di farlo, se egli resta fermo nella sua incredulità e vive come se Io, Io, Dio, non esistessi, significa che tale è stata la sua scelta, durissima sarà per lui la sentenza, quando si presenterà al Mio Tribunale, la più dura.

Mi dici: “Dolce Amore, solo Tu, Dio, conosci a fondo il mistero della mente umana. Quando la mia si ferma solo un istante, sull’incredulità umana, prova un profondo turbamento; nella mia logica pare cosa impossibile che avvenga ciò che, invece, di frequente, avviene. Mai, mai, Dolce Amore, posso giungere a capire che ci sono persone che, conoscendoTi, non Ti amano, mai posso accettare che Tu, Che sei l’Amore, non sia amato. Mi chiedo e richiedo: come è possibile non amare chi ama tanto intensamente come Te, Gesù, il genere umano, al punto di dare la Tua Vita per la salvezza degli uomini? Mi hai rivelato, negli intimi e dolcissimi colloqui, che per salvare una sola anima, Tu avresTi dato la Tua Vita, tale è il Tuo Amore. Come può osare vivere un solo uomo della terra, conoscendo tutto questo, come se Tu non avessi fatto tanto? Come è possibile vivere senza, anche se un po’, ricambiare il Tuo Amore? Gesù adorato; Gesù, Delizia di ogni anima, stenterei a crederlo se non ci fosse un esempio lampante, un esempio conosciuto: un Tuo discepolo, uno che si era spesso deliziato della Tua sublime Presenza, uno che aveva udito le Tue Parole che penetrano nel profondo del cuore, costui Ti ha tradito. Capisco, quindi, che nella mente umana può insidiarsi il terribile nemico e sconvolgerla completamente. Gesù adorato, penso a chi osa vivere come se Tu non esistessi, negando di darTi onore, gloria e continua adorazione, penso e vengo presa da profondo sgomento: come avviene questo in un essere dotato di raziocinio? Come puoi vedere, mi chiedo, ogni giorno la luce del sole che ti scalda e ti dà vita e dire: “Il sole non c’è, il sole non esiste”? Può accadere questo? La mente che lo asserisce è sconvolta e folle.”

Amata Mia sposa, nel presente, sulla terra sono molti coloro che sono caduti in tale terribile follia, non a caso, però, sposa amata, ma perché tale è la loro scelta libera. Chi affonda nel fango del peccato e non fa nulla per emergere, non chiede Aiuto, non vuole Aiuto, sprofonda sempre di più e diviene stabile preda del Mio nemico. Sposa amata, il Mio Desiderio è la salvezza di ogni anima, ho concesso, però, ad ognuna la sua libertà così come ho fatto con le creature angeliche, la mente umana sprofonda nel fango se vuole farlo, il cuore diventa di pietra se tale è la sua scelta. Il grande

mistero che tu non riesci ad afferrare è proprio la libertà individuale di lasciarsi plasmare da Me, Dio, o divenire preda del nemico terribile, dell’abile ingannatore. Sappi, sposa amata, comprendi e fa’ comprendere che non è la grande stoltezza umana che Mi impedirà di portare a termine il Mio Progetto, tutto accadrà secondo il Mio Piano. Il mondo incredulo si sveglierà come si svegliarono quelli del diluvio, quelli di Sodoma, ma per chi non si è aperto prima, sarà tardi, sposa Mia, sarà troppo tardi. Sposa amata, resta stretta, ben stretta al Mio Cuore. Non tremare, in Me non c’è vento di bufera né uragano, in Me c’è sempre una Brezza Dolce e Carezzevole. Godi anche in questo giorno le Mie Delizie d’Amore. Ti amo.

Vi amo.

 

                                                                                              Gesù

 

 
 
 

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Post n°1138 pubblicato il 02 Agosto 2009 da lillysorriso


Riflessioni sulla liturgia della
18° Domenica del T.O.   B

Fede ed Eucaristia sono i motivi dominanti di questa liturgia.
Il popolo ebreo nel deserto, dice la prima lettura, protesta per la mancanza di cibo. Dio dà da mangiare ad esso le quaglie, ma soprattutto la manna, una sostanza che viene considerata come un pane miracoloso e celeste.
Gesù nel Vangelo si propone come vero pane di vita eterna, che sazia la fame e la sete dei credenti. Egli cioè va accolto con fede e, nell’Eucaristia si fa cibo per il cristiano, proprio perché questi rivesta l’uomo nuovo, creato da Dio nella giustizia e nella santità, come dice San Paolo nella seconda lettura.
Il tema della fede è visto qui da una prospettiva diversa da quella della domenica precedente. Là la fede era come il risultato del segno dato da Gesù, mentre qui ne è la premessa.
Là Gesù compie il miracolo per suscitare la fede, qui Gesù dice che il miracolo non può essere creduto e accettato senza la fede.
Non c’è contraddizione: si tratta di due aspetti complementari della fede, come docilità a Dio e come adesione alla sua persona.
Se il cuore si spalanca attraverso la fede, la fiducia e l’amore, allora può entrare Cristo con tuta la ricchezza della sua grazia, con l’abbondanza di quei doni soprannaturali che scaturiscono dalla celebrazione dei suoi Misteri e che permettono al giusto di vivere di fede.
Tutti gli avvenimenti della storia hanno una ragione e un collegamento nel piano di Dio. Il tempo è storia degli uomini ma contemporaneamente è storia di Dio che nei fatti umani anticipa la realtà futura.
Così la parola annunciata si compie nell’Eucaristia. Il pane prefigurato nel deserto e promesso da Cristo ora diventa reale: il pane è Lui stesso; a chi lo mangia con fede sazia la fame di verità che è dentro ogni uomo.

                                                                                 

 
 
 

.esorcismo

Post n°1137 pubblicato il 01 Agosto 2009 da lillysorriso

L’Esorcismo come Ministero esercitato nella ChiesaCristo, unico vincitore di Satana, ha dato degli insegnamenti e dei poteri precisi contro il demonio. Il potere apologetico degli esorcismi, all'epoca di Gesù, allo scopo di attirare i pagani. L'istituzione dell'esorcistato e la pratica degli esorcismi nel corso dei secoli. La situazione attuale nella Chiesa latina.Chi sono gli esorcisti, quanti sono, che cosa fanno e quando ricorrere a loro. Incomincio precisando i limiti di questo articolo. Non parlo dell’antichità, ossia dei secoli prima di Cristo, e neppure dei popoli non cristiani. Mi limito a dire che presso tutte le religioni e presso tutti i popoli ci sono sempre stati diavoli ed esorcisti, anche se con nomi diversi. Anche prima degli ebrei, degli egiziani, degli assiri, dei babilonesi, ogni popolo ha avuto l’intuizione dell’esistenza di spiriti del male da cui occorreva difendersi, liberarsi, o che bisognava ingraziarsi. Naturalmente la concezione di questi spiriti dipendeva – e tuttora dipende – dalla mentalità socio-culturale ...

... dei vari popoli, e così pure i rimedi: riti, stregoni, danze, sacrifici... Non parlerò delle Chiese cristiane non cattoliche. Mi limito a dire che una prima grande differenza di comportamento avvenne già nel IV° secolo, quando la Chiesa latina istituì il sacramentale dell’esorcistato, affidato ai vescovi. La Chiesa d’Oriente non ha mai accettato tale istituzione, senza per questo venir meno all’unità. Quando poi avvennero gli altri "strappi", con le scissioni delle Chiese della riforma, anche le pratiche esorcistiche si sono differenziate lungo i secoli, secondo le varie confessioni. L’Enciclica Ut unum sint, del 25 maggio 1995, sottolinea l’importanza di conoscere le Chiese sorelle e rileva che in esse «certi aspetti del mistero cristiano a volte sono stati messi in luce più efficacemente» (n. 14). Mi pare che si possa applicare questa osservazione al caso della fedeltà alla lettura della Bibbia da parte del popolo; credo anche che si possa fare la stessa osservazione a proposito degli esorcismi, che nel mondo ortodosso in generale e in talune confessioni del protestantesimo costituiscono una pratica pastorale ordinaria, come in passato era anche nella Chiesa latina, cosa che purtroppo oggi non è più.

Gesù e gli apostoli. Premettiamo un’osservazione basilare. Solo con la rivelazione divina l’uomo è giunto ad una cognizione esatta, benché parziale, del mondo invisibile. Per cui anche le forze del male, di cui tutti i popoli hanno avuto una vaga conoscenza, hanno acquistato chiarezza con la cognizione dei demoni: esseri spirituali e personali, creati buoni da Dio, ossia creati angeli, e ribellatisi a Dio giungendo ad una totale e irreversibile perversione.

Solo con l’avvento di Cristo anche l’esorcismo acquista piena efficacia. Perché Gesù è venuto «per distruggere le opere di Satana» (1 Gv 3,8), è venuto, come afferma lo stesso Signore, per distruggere il regno del demonio e instaurare il regno di Dio (cf Lc 11,20). Quando Pietro riassume l’opera di Gesù alla presenza di Cornelio, il primo pagano che si converte al cristianesimo, si limita a dire: «Passò facendo del bene e liberando coloro che erano schiavi del demonio» (At 10,38). Satana, «principe di questo mondo», come lo chiama Gesù (Gv 14,30) e «dio di questo mondo», come lo chiama Paolo (2 Cor 4,4), era il forte, padrone di tutti i regni della terra, che si sentiva sicuro del suo dominio. Gesù è il più forte, che lo disarma (Lc 11,21-22).

Il Maestro Divino ha dato degli insegnamenti precisi e dei poteri precisi contro il demonio, chiarendo dubbi che anche al suo tempo erano ricorrenti, sulla stessa esistenza del maligno: i farisei ci credevano, i sadducei no. Ha messo in chiaro l’azione di Satana contro Dio; si pensi, ad esempio, alle spiegazioni che lui stesso ha dato alla parabola del buon grano e della zizzania e alla parabola del seminatore. Ha liberato gli indemoniati, distinguendo con chiarezza la liberazione dal demonio dalla guarigione dei malati; saranno certi teologi e biblisti di oggi, pasticcioni e traditori del vangelo, a confondere e negare la chiarezza evangelica, per cercare di imporre la loro incredulità.

Anche conferendo i suoi poteri agli apostoli, Gesù ha sottolineato bene la distinzione tra il potere di liberare da Satana e il potere di guarire i malati. E ha proceduto progressivamente: prima ha dato il potere di cacciare i demoni agli apostoli; poi lo ha esteso ai discepoli; infine lo ha conferito a tutti coloro che avrebbero creduto in lui e agito con la forza del suo nome (Mc 16,17). Seguendo le parole del Maestro e l’esempio degli apostoli, nei primi tre secoli, tutti i cristiani che lo volevano facevano esorcismi. Questo fatto ha avuto anche un grande valore apologetico perché i pagani indemoniati si rivolgevano ai cristiani per essere liberati. Scrive Giustino: «Cristo è nato per volontà del Padre e salvezza dei credenti e a rovina dei demoni. Voi potete farvene la convinzione da ciò che vedete con i vostri occhi. In tutto l’universo e nella vostra città (Roma) ci sono numerosi indemoniati che gli altri esorcisti, incantatori e maghi non hanno potuto guarire. Invece molti di noi cristiani, comandando loro nel nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato, abbiamo guarito riducendo all’impotenza i demoni che possedevano gli uomini» (Apologia, VI, 5-6).

Tertulliano conferma l’efficacia con la quale i cristiani liberano dai demoni sia gli stessi cristiani, sia i pagani. E insiste sull’efficacia degli esorcismi non solo sulle persone, ma anche sulla vita sociale, impregnata di idolatria e di influenze malefiche. È un aspetto molto importante, tenuto ben presente anche nei discorsi sul demonio pronunciati da Paolo VI e da Giovanni Paolo II. Può essere colpita una famiglia, una particolare società, un’intera corrente politica che può giungere a detenere il potere (penso alle orrende aberrazioni del nazismo; agli eccidi di Stalin e seguaci: si parla di 20 milioni di vittime). È a questo proposito che Paolo VI ci ricorda: «La Scrittura acerbamente ci ammonisce che tutto il mondo giace sotto il potere del maligno» (23.2.1977).

Origene aggiunge elementi nuovi quando testimonia che, nel nome di Gesù, si possono cacciare i demoni non solo dalle persone, ma anche dagli oggetti, dalle case, dagli animali. Sono liberazioni che noi esorcisti abbiamo sempre fatto anche se i documenti ecclesiastici non ne parlavano (il Diritto Canonico e il Rituale Romano contemplano solo il caso di possessione personale); ma ne parla ora il Catechismo della Chiesa Cattolica. Interessante Cipriano: «Vieni a udire con i tuoi propri orecchi i demoni, vieni a vederli con i tuoi occhi nei momenti in cui, cedendo ai nostri scongiuri, ai nostri flagelli spirituali e alla tortura delle nostre parole, essi abbandonano i corpi dei quali avevano preso possesso» (Contro Demetrio, c. 15). Ho insistito sul potere apologetico degli esorcismi, allo scopo di attirare i pagani, perché oggi ci troviamo sul versante opposto: i cristiani non trovano più nessun aiuto, nessuna comprensione negli uomini di Chiesa; perciò si rivolgono ai maghi, ai cartomanti, alle sètte, ad altre religioni.

Ricordo infine come la pratica degli esorcismi si sia andata sviluppando, fin dai primi tempi, in due direzioni: per liberare gli ossessi e come parte integrante del battesimo, in cui veniva attribuito ad esso un grande valore, perché si sottolineava così come il catecumeno veniva sottratto a Satana e incorporato a Cristo. Abbiamo un’eco di questo trapasso nei voti battesimali. Purtroppo nell’ultima riforma liturgica l’esorcismo battesimale, specie dei bambini, è stato così minimizzato che lo stesso Paolo VI ha manifestato pubblicamente il suo disappunto, nel discorso del 15 novembre 1972. Ma oggi i liturgisti nel demonio credono pochino; basti vedere come, nel nuovo Benedizionale, sono state accuratamente tolte tutte le invocazioni al Signore, per essere protetti dal maligno.

La svolta del IV° secolo. Tra le grandi figure di esorcisti che la storia della Chiesa ci ricorda, non possiamo dimenticare san Martino di Tours e poi i primi monaci, come Antonio, Pacomio, Ilarione. Il popolo intuisce che chi più è dedito alla preghiera e al digiuno più è adatto a fare esorcismi. È il motivo per cui ancora oggi, nella Chiesa ortodossa, per trovare un esorcista basta rivolgersi a un monastero; amministrare esorcismi è considerato un carisma e, come affermano le Costituzioni Apostoliche del 380, «si diventa esorcisti non per ordine sacro, ma per decisione personale, buona volontà, fortezza d’animo e grazia».

In Occidente invece è forte la tendenza, in parte dovuta al diritto romano, di voler regolarizzare tutto. Già alla fine del II° secolo s. Ireneo parla con ammirazione degli esorcisti come di un ceto a parte, benché tutti vi potessero appartenere. A Roma, papa Cornelio, in una sua lettera del 251 è il primo a parlare degli esorcisti come di aventi un ufficio sacro. Penso che si possa considerare conclusa questa istituzione del sacramentale dell’esorcistato con l’anno 416, quando papa Innocenzo I° stabilisce che gli esorcismi possano essere amministrati solo dietro autorizzazione vescovile. Questa è la disciplina tuttora vigente (con la precisazione che il vescovo può dare la facoltà d’esorcista solo a sacerdoti); trattandosi di istituzione ecclesiastica, sono possibili e augurabili cambiamenti.

È importante un’osservazione. Non è che con l’istituzione dell’esorcistato si sia misconosciuto il potere che Cristo ha dato a tutti coloro che credono in lui, di cacciare i demoni; e neppure è da ritenersi che l’esorcismo sia l’unica forma per potersi liberare da possessioni o da influenze malefiche. Restano sempre efficacissimi, direi indispensabili e spesso sufficienti, i comuni mezzi di grazia: preghiere, sacramenti, penitenze, opere di carità... E restano validissime le preghiere private di liberazione; come pure rimane la libertà piena dello Spirito Santo di dare carismi a chi vuole e quando vuole, anche il carisma di liberare dai demoni. La differenza sta nel fatto che la Chiesa, istituendo e regolamentando gli esorcismi come preghiera pubblica, ha voluto anche sottrarre i fedeli dagli imbroglioni e falsi carismatici, che non sono mai mancati.

Fino al secolo XII° la pratica degli esorcismi è in pieno e pacifico sviluppo, sia in Oriente sia in Occidente. Le Chiese sono ben fornite di esorcisti, per cui l’esorcismo è quello che deve essere: quando occorre, fa parte della comune attività pastorale e non c’è nessuna difficoltà a trovare un esorcista. In questo modo esiste anche quella che io chiamo la scuola, che adesso è scomparsa per il lungo disuso: l’esorcista anziano è aiutato da giovani che, venendo meno lui, sono preparati a sostituirlo. È anche un periodo di grande creatività di formule esorcistiche; menziono in particolare i formulari di Alcuino (+ 804), che entrarono nel Messale Romano Gallicano e poi in parte nel Rituale Romano promulgato nel 1614. Un merito di quest’epoca è anche che sia il popolo sia i teologi hanno respinto la credenza delle streghe, che stava divulgandosi.

Furono invece assai tristi i secoli seguenti. Si incomincia a dare il nome di streghe a quelle donne un po’ matte, che venivano chiamate bonae feminae; e invece di esorcizzare le persone, si incomincia a perseguitarle e addirittura a condannarle al rogo. È il crollo di ogni giustizia pastorale e giuridica, che fa perdere la testa anche alle persone più responsabili le quali, sperando di moderare e regolare queste cattive tendenze, emanano disposizioni dalle conseguenze gravissime. Nel 1252 Innocenzo IV° autorizza la tortura agli eretici; nel 1326 Giovanni XXII° autorizza l’inquisizione contro le streghe. Si incomincia a demonizzare tutto, ma avviene questo fenomeno: dove non si fanno più esorcismi, il loro posto viene occupato dalle persecuzioni; altrove, come nella Spagna nota per l’Inquisizione di Torquemada, si continuarono a fare esorcismi e le streghe non furono perseguitate. Gli anni peggiori furono dal 1560 al 1630, e le nazioni dei protestanti furono assai più colpite che quelle cattoliche.

È giusto ricordare qualche nobile eccezione. È ben documentato il caso di suor Giovanna Fery (1559-1620). Da vari anni aveva stretto patti col diavolo: era una vera strega da consegnare all’Inquisizione e da condannare al rogo, secondo le norme di quell’epoca. Per sua fortuna trovò un prelato di grande cultura e sensibilità pastorale, mons. Luigi de Berlaymont, arcivescovo di Cambrai. Questi ordinò che la suora non fosse processata, ma sottoposta ad esorcismi. Fu liberata e visse poi come suora esemplare. In seguito scoppiò la ribellione contro simili metodi barbari. Merita un particolare ricordo il gesuita Friedrich Spee, che nel 1631 pubblicò il libro Cautio criminalis, in cui faceva una critica spietata contro la tortura e la caccia alle streghe.

La reazione fu irrazionale, come era stata irrazionale la persecuzione. Tutto cessò di colpo. Ma non avvenne che le torture venissero sostituite dagli esorcismi, come ci si sarebbe aspettato. La reazione fu più radicale: si era giunti a demonizzare tutto, e ora, dal secolo XVIII° in poi, si negò ogni esistenza del demonio, che tutt’al più fu visto come un pupazzo o come l’idea astratta del male. A questo brusco passaggio contribuì la cultura laica, l’ateismo predicato alle masse, il razionalismo del mondo scientifico e culturale. Ne è stata conseguenza quella perdita di fede che stiamo vivendo tuttora, e la crescita d’ogni forma di superstizione, con l’espandersi d’ogni specie d’occultismo. A che punto ci troviamo. Anche l’ambiente ecclesiastico è stato molto influenzato da tutti questi rivolgimenti. Mi limito al campo di mio interesse. Nel mondo cattolico si può dire che gli esorcisti sono quasi scomparsi da tre secoli. Notiamo bene: qualche esorcista c’è sempre stato; ed è interessantissimo leggere le biografie dei santi, per vedere come molto spesso, pur non essendo esorcisti, hanno liberato le persone possedute. Oggi il mondo ecclesiastico è sprovveduto sia in teoria, sia soprattutto in pratica.

In teoria. Da decenni nei seminari e nelle università ecclesiastiche (salvo sempre eccezioni) non si studia più quella parte di teologia dogmatica che, parlando di Dio Creatore, parla degli angeli, della loro prova, della ribellione dei demoni; così negli studi i demoni non esistono più. Non si studia più la teologia spirituale, che tratta dell’azione ordinaria del demonio, la tentazione, e della sua azione straordinaria, la possessione e i mali melefici; tratta quindi anche dei rimedi, tra cui gli esorcismi. Di conseguenza agli esorcismi non si crede più, confermati in questa incredulità dal fatto di non averne mai fatti e mai visti. Non si studia più, in teologia morale, quella parte che riguarda certi peccati contro il Primo Comandamento: la magia, la negromanzia, lo spiritismo, ossia le forme di superstizione più condannate dalla Bibbia e oggi più diffuse. Per cui non si è istruito il popolo di Dio che, quando avvicina i sacerdoti su queste materie, si trova quasi sempre di fronte a un muro di ignoranza e di incomprensione.

Se a queste due grandi carenze, di studio e di esperienza diretta, aggiungiamo gli errori dottrinali di tanti teologi e biblisti, che arrivano perfino a negare gli esorcismi del vangelo, ritenendoli "linguaggio culturale", "adattamento alla mentalità dell’epoca", la frittata è completa. È vero che contro questi errori si è alzata la voce dei Pontefici, soprattutto di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, a cui va aggiunto il documento sulla demonologia, promosso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicato il 26 giugno 1975 e inserito tra i documenti ufficiali della S. Sede. Ma questo non è bastato a dissipare il nebbione della ormai radicata incredulità.

E i vescovi, che hanno il monopolio della nomina degli esorcisti? Anch’essi si trovano ad agire in mezzo a queste difficoltà: da una parte il Diritto Canonico dà a loro e solo a loro il potere di nominare esorcisti (can. 1172), per cui è un potere-obbligo gravissimo; d’altra parte anch’essi hanno gli stessi limiti di tutto il clero: non hanno mai studiato questa materia, non hanno mai visto né praticato esorcismi (salvo rare eccezioni), subiscono l’influenza delle idee errate di certi teologi e biblisti; in conclusione, ci credono solo in teoria. È difficile credere alle cose che vediamo noi esorcisti, se non ci si assiste. Aggiungo anche che questo abbandono di tre secoli ha fatto sì che, non conoscendosi più gli esorcismi e il loro svolgimento, agli occhi di molti appaiono come un qualche cosa di abnorme, di mostruoso, a cui si deve ricorrere assolutamente meno che si può, e meglio ancora se non si fanno mai. Così trovare un esorcista nella Chiesa cattolica latina è diventato un dramma; solo in Italia si è incominciato a muovere qualcosa negli ultimi anni; ma la maggior parte delle altre nazioni ne sono quasi sprovviste. La gente si sente non capita, abbandonata, e si rivolge altrove, come abbiamo detto: a maghi, cartomanti, sètte, altre religioni. In compenso chi non ha mai dormito è stato il demonio. Dice chiaro il Vaticano II: «Tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo e destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno» (Gaudium et spes, 37). E Giovanni Paolo II: «Alla vittoria di Cristo sul diavolo partecipa la Chiesa: Cristo infatti ha dato ai suoi discepoli il potere di cacciare i demoni. La Chiesa esercita tale potere vittorioso mediante la fede in Cristo e la preghiera che, in casi specifici, può assumere la forma dell’esorcismo» (20 agosto 1986). Ci sono le parole del vangelo; ci sono le parole del magistero ecclesiastico e le norme del Diritto Canonico; ma, in pratica, nonostante la grande richiesta, vedo molto lontano il tempo in cui gli esorcismi torneranno a far parte, in ogni diocesi, del comune servizio pastorale. E sbagliano di grosso quelle persone che avvicinano l’esorcista come se avesse dei poteri straordinari, un po’ come se fossero dei "buoni maghi". Per avvicinare un esorcista ci vuole tanta fede in Gesù Cristo e tanta fede nella Chiesa, in nome della quale l’esorcista opera.

Che cosa fa un esorcista? Prima di tutto è un uomo di ascolto, per vedere che cosa il caso richiede. Il più delle volte la nostra gente ha solo bisogno di avvicinarsi a Dio; non si tratta di aver bisogno di esorcismi, ma di conversione. Credo che ogni esorcista possa testimoniare di aver avvicinato alla preghiera, ai sacramenti, alla pratica cristiana, molte più persone lontane da quando ha iniziato il ministero di esorcista, che in antecedenza, quando ricopriva altri incarichi apostolici. Vivere in grazia e ciò che questo comporta (preghiera, sacramenti, istruzione religiosa...) resta anche sempre il mezzo preventivo e curativo più efficace.

Un secondo compito dell’esorcista è quello di tranquillizzare le persone. Oggi sono proprio tanti coloro che ritengono di avere la jella, di essere stati raggiunti da un qualche maleficio ad opera di persone invidiose, gelose, perverse, concorrenti in affari e via dicendo. Inutile dire che spesso questa convinzione viene confermata o fatta nascere da persone sbagliate che si sono consultate: maghi, cartomanti, sedicenti veggenti o carismatici, di cui c’è un’invasione e una continua pubblicità da parte dei mass media. Ogni sacerdote e ogni persona di buon senso sarebbe in grado di tranquillizzare questi tormentati; ma la parola dell’esorcista è più efficace perché è un po’ considerato un professionista in questo campo.

Infine il compito dell’esorcista è di esorcizzare, quando vede che ne sono presenti le condizioni. Ci possono essere semplici motivi di sospetto, che con una brevissima preghiera esorcistica vengono chiariti. Si inizia sempre con molta semplicità e brevità. Solo chi ha un’ignoranza totale di questo ministero immagina che l’esorcismo sia un qualche cosa di spaventoso, di traumatico. Tale effetto può verificarsi nei presenti inesperti, non nella persona colpita, se nel corso dell’esorcismo o addirittura al suo inizio, si manifestano reazioni esterne violente o fenomeni strani. Proprio perché l’esorcismo, e solo l’esorcismo, può verificare se i fenomeni "di sospetto" nascondono una causa malefica o no, i primi esorcismi hanno importanza diagnostica più che curativa. Ogni esorcista segue poi dei criteri personali, sia nel modo di condurre gli esorcismi sia nell’esaminare le persone che a lui si rivolgono. Alcuni fanno riempire dei questionari che essi stessi hanno preparato. Io consiglio sempre che la persona per prima cosa intensifichi la sua vita di preghiera; normalmente chiedo anche che, prima di essere ricevuta da me, abbia chiesto una serie di preghiere di guarigione e liberazione, o fatte da un sacerdote, o fatte da un gruppo di preghiera del Rinnovamento, abituato a questo; e ricevo le persone solo se il sacerdote che ha guidato queste preghiere mi segnala l’opportunità di fare esorcismi e me ne specifica i motivi.

Nella lotta contro il demonio non si insiste mai abbastanza sui criteri da seguire. Quando si tratta dell’azione ordinaria del demonio, la tentazione, il vangelo stesso ci dice che i rimedi sono due: «Vigilate e pregate per non entrare in tentazione». Se si tratta dell’azione straordinaria del demonio, possessione o disturbi malefici, io metto all’ottavo posto il ricorso agli esorcismi, sia come efficacia sia come rimedio a cui ricorrere. Questa è la mia successione: 1) vivere in grazia di Dio; 2) la confessione; 3) la Messa; 4) la comunione; 5) l’adorazione eucaristica; 6) ogni preghiera, soprattutto i salmi e il rosario; 7) le preghiere di liberazione; 8) gli esorcismi. Naturalmente si vede la contemporaneità di questi mezzi di grazia e la diversa frequenza; ad esempio la preghiera, come successione di tempo, precede e accompagna tutto. «Coloro che crederanno in me, nel mio nome cacceranno i demoni... imporranno le mani sugli infermi ed essi guariranno» (Mc 16,17-18). Se almeno i sacerdoti credessero alle parole del Signore e al potere che hanno, non si stancherebbero di benedire tutte le persone che domandano anche solo una semplice benedizione. Credo che tanti mali guarirebbero e che un esercito di persone (maghi, cartomanti, sensitivi e simili) finirebbero in cassa integrazione. È uno degli scopi che noi esorcisti, almeno indirettamente, cerchiamo di ottenere.

 
 
 

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Post n°1136 pubblicato il 30 Luglio 2009 da lillysorriso

CORONCINA PER LE ANIME DEI SACERDOTI CHE SOFFRONO NEL PURGATORIO

STORIA DI UN’ANTICA DEVOZIONE

L’antica devozione delle "trentatrè offerte del Sangue di Gesù" viene ora trasformata in una apposita Coroncina per facilitarne la pratica e la diffusione. Questa pia pratica, oltre che portare sollievo immediato ai sacerdoti purganti, ottiene per chi prega grazie singolari ed opera meravigliose conversioni fra i peccatori, strappa dalla tiepidezza i cristiani poco fervorosi. Rende i sacerdoti apostoli zelanti, spesso risana le infermità del corpo, addolcisce la sofferenza con una gioiosa rassegnazione alla Volontà Divina ed infine fa desiderare all'anima una perfezione più alta. Le persone, le quali cominciano a recitare con fiducia, umiltà e fervore, sopratutto con perseveranza questa preghiera, possono sperimentare in breve la verità di queste affermazioni. Attesta un' anima santa del Purgatorio. "Voi viventi potete tutto per noi e noi possiamo tutto per Voi; è uno scambio di preghiere ". Scrive S. Teresa d'Avila: "Tutto ciò che non ho potuto ottenere dai Santi, infallibilmente l'ho ottenuto sempre per intercessione delle Anime Sante del Purgatorio. Nessuno ha idea di come si soffre in Purgatorio. Tra queste anime però, condannate nel carcere della Giustizia Divina, Dio ha una speciale predilezione per le anime dei sacerdoti, che riguarda come la "pupilla dei suoi occhi". Se per un bicchiere di acqua dato in Suo nome, Dio promette una ricompensa, come non concederà tutte le grazie a coloro che porgono il calice con il Sangue di Gesù per estinguere la "sete di Dio'; provata dal sacerdote che soffre maggiormente in Purgatorio ed è il più abbandonato? Se consideriamo la gloria che il sacerdote occupa in Paradiso per la sua altissima dignità, comprendiamo con quale ardente desiderio Dio voglia la liberazione di queste anime a Lui consacrate che sulla terra furono rivestite dei poteri del suo Divin Figlio e sulla cui fronte brilla: "Tu es sacerdos in aeternum". Con la nostra preghiera avremo, quindi, dei potenti mediatori che apriranno i tesori infiniti del Cuore misericordioso di Dio per tutti i viventi. "Siate misericordiosi ed otterrete misericordia" ha detto Gesù. Chi compatisce e dona sollievo alle acutissime pene di queste anime sofferenti, a sua volta, quando sarà tra le fiamme divoratrici del Purgatorio e la preghiera dei propri parenti sarà scarsa, avrà sulla terra cuori generosi che accelereranno la sua liberazione ed i Sacerdoti suffragati si prostreranno dinanzi al Trono di Dio per supplicare in suo favore.


I FRUTTI MERAVIGLIOSI DI QUESTA PREGHIERA

I. Una signora di Bolzano, da lunghi anni offriva il Sangue di Gesù per i sacerdoti defunti, ma poi sopraffatta dalle faccende domestiche e dall'impegno per il marito ammalato, tralasciò questa pia pratica. Un pomeriggio mentre essa era assopita in un leggero sonno vide affollarsi la stanza di innumerevoli sacerdoti e le sembrò che quel luogo non fosse più capace di contenerli tutti. Erano di ogni età e di ogni nazione e rimanevano in angosciosa attesa. Ella stupita volle chiedere che cosa aspettassero: ma ad un tratto vide venire verso di lei un giovanissimo sacerdote che le disse: 'Aspettiamo le trentatrè offerte del Sangue di Gesù per sollevarci dalle nostre pene". Comprese allora la Signora la grande efficacia di questa devozione che aveva trascurato e che d'allora non tralasciò più. Il. Un gruppetto di anime ferventi con rammarico vedevano il loro parroco sempre più allontanarsi dagli ideali più elevati ed incamminarsi verso la perdizione. Con grande fiducia e fervore esse offrirono il Sangue di Cristo per Lui. In breve tempo, con loro grande consolazione, videro il sacerdote mutare vita e diventare modello di ogni virtù, riamato e stimato da tutti i suoi fedeli.

LA VISIONE DI S. GERTUDE
Gesù, apparendo un giorno a S. Geltrude, disse: "Tutte le volte che liberi una anima dal Purgatorio fai un atto a Me sì gradito, che più non lo sarebbe se riscattassi Me stesso dalla sofferenza. A tempo debito, ricompenserò i miei liberatori, secondo l’abbondanza delle mie ricchezze. I fedeli libereranno un’anima più o meno presto a secondo che pregheranno con più, o meno fervore, e anche a secondo dei meriti che ciascuno avrà acquistato durante la vita". (Rivelazioni di S. Geltrude, Libro V, Cap. 18) "Le persone che hanno dimenticato le anime purganti vengono a loro volta dimenticate".


CORONCINA PER LE ANIME DEI SACERDOTI PIÙ ABBANDONATI

Nel none del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto.
Gloria al Padre
San Michele Arcangelo difendici nella lotta per essere salvati nell’estremo giudizio.
De profundis
Dal profondo a Te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera. Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono: perciò avremo il tuo timore. Io spero nel Signore, l’anima mia spera nella tua parola. L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora. Israele attenda il Signore, perché presso il Signore è la misericordia e grande presso di lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.


L’Eterno riposo, dona loro, o Signore, e risplenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen.

Si usi una normale coroncina del Santo Rosario.

Sui grani grossi si reciti:

Nostra Signora del Sacro Cuore, prega per questa Anima Consacrata.


Sui grani piccoli:

Eterno Padre, Vi offro il Sangue Preziosissimo di Gesù, per l'anima di quel sacerdote che nel Purgatorio maggiormente soffre ed è più abbandonata.

Alla fine della coroncina si pregano queste orazioni:
I. O Signore Gesù Cristo, Sacerdote Eterno, che nella Tua vita terrena con generosa sollecitudine hai soccorso ogni povero afflitto e abbandonato, Ti supplico di rivolgere il Tuo sguardo compassionevole verso l'anima del sacerdote che nel Purgatorio soffre più atrocemente ed è da tutti dimenticata ed abbandonata. Guarda come quest'Anima Santa tormentata dalla voracità delle fiamme e con voce straziante chiede pietà e soccorso.
II. O Cuore Misericordioso di Gesù, che nell'Orto degli Ulivi, nell'amara solitudine, in preda ai più crudeli tormenti spirituali e sanguinosi spasimi, pregasti: "Padre, se è possibile allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà,", per questa Tua rassegnazione e dolorosa passione ed agonia, Ti prego d'aver pietà dell'Anima Santa per cui Ti supplico e degnati di sollevare le sue sofferenze e consolarla nel suo abbandono come Ti ha consolato il Tuo Padre Celeste per mezzo del Suo Angelo. Amen.
L'Eterno riposo

ALLA MADONNA DEL SACRO CUORE PER LE ANIME SACERDOTALI

Madre della Misericordia e Madre dell'Eterno Sacerdote, Regina degli Apostoli, volgi il tuo sguardo di pietà verso l'anima sacerdotale cui ti prego. O dolce Regina del Sacro Cuore, mostra la Tua potenza e libera l'Anima di questo sacerdote dalle pene del Purgatorio per i meriti del Preziosissimo Sangue di Gesù. Ricordati, o Madre Ammirabile, dei sacerdoti che sono oggi in agonia e salva quelli che stanno forse, in questo momento gettando la loro corona sacerdotale sotto i piedi del demonio per la loro dannazione eterna. San Giuseppe, San Michele Arcangelo, Santi Apostoli, Vescovi, Sacerdoti e Anime beate del Paradiso, intercedete per queste Anime sacerdotali e religiose che soffrono. Consolatele, sostenetele, affrettate la loro liberazione e il loro ingresso glorioso in Paradiso. E voi, Anime Sante, intercedete per noi, e otteneteci la grazia... (la si chieda), se essa serve alla gloria di Dio e per la salvezza della nostra anima, affinché possiamo far conoscere a tutti la vostra potente intercessione e questa devozione per la gloria di Dio e per la nostra felicità eterna. Amen.

CORONCINA ALLA DIVINA MISERICORDIA PER IL NOSTRO VESCOVO E PARROCO VIVI


Si usi la corona del Rosario. In principio: Pater, Ave, Credo. Sui grani maggiori del Rosario: “Eterno Padre, io Ti offro il Corpo e il Sangue, l’Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Nostro Signore Gesù Cristo in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero” …e per le anime del purgatorio. Sui grani dell’Ave Maria per dieci volte: “Per la sua dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero” … e delle anime del purgatorio…. Alla fine ripetere per tre volte: “Dio Santo, Dio Forte, Dio Immortale: abbi pietà di noi e del mondo intero” … e delle anime del purgatorio.

LITANIE ALLA DIVINA MISERICORDIA

Signore, pietà Signore, pietà.
Cristo, pietà Cristo, pietà.
Cristo, ascoltaci Cristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici, Cristo esaudiscici
Padre del cielo, Dio, Abbi pietà di noi
Figlio, Redentore del mondo che sei Dio, Abbi pietà di noi
Spirito Santo, Dio, Abbi pietà di noi
Santa Trinità, unico Dio, Abbi pietà di noi
Misericordia di Dio, che scaturisci dal seno del Padre, Confidiamo in Te
Misericordia di Dio, massimo attributo della Divinità,
Misericordia di Dio, mistero incomprensibile,
Misericordia di Dio, sorgente che emani dal mistero della Santissima Trinità,
Misericordia di Dio, che nessuna mente umana né angelica può comprendere,
Misericordia di Dio, da cui proviene ogni vita e felicità,
Misericordia di Dio, sublime più dei cieli,
Misericordia di Dio, sorgente di stupende meraviglie,
Misericordia di Dio, che abbracci tutto l'universo,
Misericordia di Dio, che scendi al mondo nella persona del Verbo Incarnato,
Misericordia di Dio, che scorresti dalla ferita aperta del Cuore di Gesù,
Misericordia di Dio, rinchiusa nel Cuore di Gesù per noi e soprattutto per i peccatori,
Misericordia di Dio, imperscrutabile nell'istituzione dell'Eucaristia,
Misericordia di Dio, che fondasti la santa Chiesa,
Misericordia di Dio, che istituisti il Sacramento del Battesimo,
Misericordia di Dio, che ci giustifichi attraverso Gesù Cristo,
Misericordia di Dio, che per tutta la vita ci accompagni,
Misericordia di Dio, che ci abbracci specialmente nell'ora della morte,
Misericordia di Dio, che ci doni la vita immortale,
Misericordia di Dio, che ci segui in ogni istante della nostra esistenza,
Misericordia di Dio, che ci proteggi dal fuoco dell'Inferno,
Misericordia di Dio, meraviglia per gli angeli, incomprensibile ai santi,
Misericordia di Dio, presente in tutti i divini misteri,
Misericordia di Dio, che ci sollievi da ogni miseria,
Misericordia di Dio, sorgente d'ogni nostra gioia,
Misericordia di Dio, che dal nulla ci chiamasti all'esistenza,
Misericordia di Dio, che abbracci tutte le opere nelle tue mani,
Misericordia di Dio, che coroni tutto ciò che esiste ed esisterà,
Misericordia di Dio, in cui tutti siamo immersi,
Misericordia di Dio, amabile sollievo dei cuori disperati,
Misericordia di Dio, in cui i cuori riposano e gli spauriti trovano pace,
Misericordia di Dio, che infondi speranza contro ogni speranza,
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, Perdonaci, o Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, Ascoltaci, o Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, Abbi pietà di noi.


PREGHIAMO Dio Eterno, la cui misericordia è infinita e in cui il tesoro della compassione è inesauribile, rivolgi a noi uno sguardo di bontà e moltiplica in noi la Tua Misericordia, affinché nei momenti difficili non ci perdiamo d'animo e non smarriamo la speranza, ma, con la massima fiducia, ci sottomettiamo alla tua santa volontà, la quale è Amore e Misericordia. Amen

 
 
 

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Post n°1135 pubblicato il 29 Luglio 2009 da lillysorriso

Eletti, amici cari, vivete in Me e con Me questi tempi forti, attendete nella pace i grandi cambiamenti che Io, Io, Gesù, voglio operare. Cogliete questo tempo di Grazia, vi dico che, come questo, altro non ce ne sarà.

 

 

Sposa amata, prima di operare il grande cambiamento concedo l’abbondanza delle Grazie, una pioggia come mai c’è stata, desidero che tutti siano pronti per la svolta che Io, Io, Dio, intendo operare nella storia umana. Ti dico, sposa amata, che questo è un grande tempo come altro non ci sarà né nel futuro prossimo né in quello remoto. Ripeti al mondo le Mie Parole: ognuno si prepari e capisca in tempo prima che tutto accada, si prepari con la preghiera e la penitenza agli eventi grandi che non sono lontani, piccola Mia sposa, sono vicini. Gli uomini che vivono nel torpore si destino dalla loro condizione, capiscano, che, sulla terra, sono solo di passaggio e che la vita loro dura un attimo sulla terra, mentre eterna, dopo.

Mi dici: “Dolce Amore, il nemico infernale, per carpire le anime, insinua cose terribili nelle menti umane, non sono pochi coloro che credono, nella loro grande stoltezza, che tutto finisce dopo la morte, questo insinua con arte sottile per portare alla disperazione gli uomini ed indurli a fare a modo suo. Dolce Amore, la Madre Santissima vuole preparare i figli, ai grandi eventi meravigliosi e sublimi, ad entrare tutti nel Tuo Progetto d’Amore che ha il suo compimento in Cielo. Ella prepara l’Umanità a vivere una nuova realtà, ma il nemico infernale usa la sua malizia in mille modi, perché gli uomini si facciano trovare impreparati e cadano nella sua rete. Molti grandi della terra fanno lezione di stoltezza ai piccoli, questi seguono il loro esempio. Gesù, Dolce Amore, Tu vedi e conosci ogni cosa, scruti ogni cuore, ogni mente è un libro aperto per Te del quale conosci ogni virgola. Talora, Dolce Gesù, vedo il Tuo Sguardo triste e pensoso; non parlo, nel silenzio unisco il mio dolore al Tuo per la situazione del mondo, so che hai fissato dei termini per il compimento del Tuo grande Progetto, oltre a questi non si va, so anche, perché Tu Ti sei degnato di rivelarmelo e mi permetti di dirlo, che il termine è vicino, molto vicino. Dolce Amore, il mio cuore, stretto al Tuo, geme vedendo che il mondo non è pronto alla grande svolta storica da Te voluta e preparata per questo tempo. Vedo la scena del mondo come un teatro di burattini, uno spettacolo fatto per piccoli bambini per farli ridere e divertire, capisco che molti uomini, gran parte di essi, non si rendono conto del tempo nel quale vivono, assomigliano tanto a quelli del tempo di Noè: venivano gli avvertimenti del Cielo, certo che venivano, c’erano i segni, ma chi li vedeva, chi badava ad essi? Tutti ridevano, vedendo il saggio Noè alle prese con la costruzione dell’arca, ridevano e schernivano, prendendolo in giro e trattandolo come un insensato. Come fu dura la sua vita! Sempre è stata molto dura la vita dei saggi in mezzo a tanti stolti. Nessuno capiva, nessuno poneva mente al Cielo, alle Parole Tue, Dio adorato, ai segni eloquenti, tanta era la stoltezza umana che, quasi, Ti pentisTi di aver fatto l’uomo. Tutti avevano perso la capacità di riflettere e pensare, solo Noè restava fedele e saggio, sopportando mille sofferenze. Talora, pensando a quello che accadde, geme il mio piccolo cuore, vedendo che la situazione di incredulità generale e di freddezza di allora si ripete nel presente, dopo venti secoli e più dalla Tua prima Venuta, quando il mondo intero dovrebbe essere credente e pieno del Tuo Fuoco d’Amore. Dio di Tenerezza e Bontà, incendia il mondo, da un capo all’altro, col Tuo Amore: brucino i cuori, non di odio, non di disprezzo reciproco come avviene oggi, ma brucino solo di amore del Tuo Amore. L’uomo ama veramente quando ha la scintilla del Tuo Amore nel cuore”.

Sposa amata, le Mie Fiamme Ardentissime vogliono entrare in ogni cuore, perché sia pronto ad accogliere gli eventi grandiosi che ho preparato, solo chi ha in sé la Mia Fiamma, chi ha in sé ben impressa la Mia Immagine, entrerà nel Mio Regno di Pace e di Amore, un Regno che già inizia sulla terra dei viventi. Ti ho detto, amata Mia sposa, ti ho detto che Cielo e terra si uniranno in un canto d’Amore, si abbracceranno come mai è avvenuto, riconoscerò chi Mi appartiene dalla immagine impressa nel cuore, nella mente, nel suo essere. Sposa amata, chi ha l’Immagine Mia, entrerà nel Mio Regno di Amore e Felicità, chi ha impressa in sé l’immagine del Mio nemico andrà nel suo regno di eterna disperazione. Sposa cara, voglio imprimere in ogni cuore la Mia Immagine, chiedo all’uomo di accogliere la Mia Volontà, non costringo alcuno a fare ciò che non vuole fare.

Mi dici: “Dolce Amore, trema il mio cuore davanti a tale libertà, scegliere, cioè, di essere Tuo per

sempre o perderTi per sempre. Meravigliosa è la scelta di essere tutto Tuo per sempre, terribile è quella di perderTi per sempre, vorrei che nessuno la facesse”.

Sposa amata, porta al mondo il Mio Messaggio d’Amore riposa poi nel Mio Cuore e godine le Delizie d’Amore. Ti amo.

Vi amo.

 

                                                                                              Gesù

 
 
 

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Post n°1134 pubblicato il 29 Luglio 2009 da lillysorriso

Eletti, amici cari, continuate ad essere aperti al Mio Amore e confidate pienamente in Me, dai segni già presenti potete capire quello che accadrà nel futuro prossimo. Non vi date pensiero per nulla, amici cari, fidatevi di Me: conosco i vostri problemi, vedo le vostre fatiche e il Mio Sguardo è sempre su di voi, il Mio Sguardo amoroso è sempre su di voi.

 

 

Sposa amata, sposa fedele, gli uomini si preoccupano sempre di molte cose, ti dico che le loro preoccupazioni sono, talora, esagerate e tolgono la gioia e la pace.

Mi dici: “Adorato Gesù, come vedi, questo tempo presente non è facile, ma presenta difficoltà che si accrescono sempre nodi, che divengono sempre più difficili da sciogliere. Questo presente, Dolce Amore, è proprio il tempo nel quale grave è la differenza di vita tra: chi crede in Te e chi non ha creduto e continua a farlo. Gesù adorato, chi ha fede in Te, anche se è oberato da problemi e fatiche di ogni genere, dice: “Il mio sacrificio non è vano, la mia pena ha un significato profondo che solo il mio Signore conosce”. Questo dice e non si lascia prendere dallo scoramento, non si lascia cadere le braccia, ma, Gesù adorato, guarda il Tuo Volto sublimissimo impresso nel suo cuore e ripete: “Avviene solo ciò che Gesù vuole e non avviene ciò che Egli non permette. Se l’Altissimo vuole è per Amore, se l’Altissimo permette è sempre per Amore”. Dicendo questo il suo cuor si rasserena e la speranza non viene meno, mai viene meno in chi ha Te, Gesù, come Dolce Amico. La vita scorre nella pace per chi è Tuo, la sua croce diviene leggera leggera, talora non la sente proprio perché Tu, Gesù, Tu, Dolcissimo Amico, la prendi sulle Tue Forti Spalle come il Cireneo. Questo avviene a chi ha fede in Te, Dio d’Amore e di Tenerezza, molto differente è la situazione di chi è lontano da Te col cuore e con la mente, per costui le difficoltà della vita sono crescenti e profonde: cresce l’inquietudine, cresce l’angoscia, nasce la disperazione quando le cose vanno male; egli corre da un amico all’altro per spiegare la sua situazione e trovare aiuto, ma trova, davanti, un misero che si trova nelle sue stesse condizioni e nulla può fare per lui”.

Amata sposa, chiedo ad ogni uomo di aprirsi al Mio Tenero Amore, aspetto la sua risposta per operare con Potenza su di lui, attendo, attendo, ma, se indugia troppo il suo cuore inaridisce come un fiore privato dell’acqua. Amata sposa, se in questo tempo vedi molti cuori aridi e freddi, quale pensiero fai?

Mi dici: “Dolce Amore, capisco che costoro non hanno voluto aderire al Tuo Invito, ad essere Tuoi nel cuore e nella mente. Tu, Gesù, sei l’Acqua Viva che dona Vita ed eterna giovinezza dello spirito, hai dato all’uomo la libertà di scegliere se accogliere il Tuo Invito oppure rifiutarlo, hai voluto dare all’uomo una grande dignità. Benedetto sia Tu, Gesù, Che non cessi di chiamare gli uomini al Tuo sublime Convito d’Amore, essi, tutti insieme, dovrebbero correre a Te con gioia, se lo facessero non ci sarebbe aridità nel loro cuore, non ci sarebbe spazio per il terribile nemico. Chi viene con gioia al Tuo Convito si nutre di un Cibo che lo rende forte, con la forza che Tu conferisci viene vinto l’antico avversario. Dolce Amore, i cuori sono aridi perché pochi corrono a Te, al Tuo Banchetto per nutrirsi del Tuo Cibo Santissimo. I Tuoi Altari, Dolce Amore, sono sempre vuoti e silenziosi, troppo vuoti, troppo silenziosi! Perdona, Dolce Gesù, perdona la grande stoltezza dell’uomo del terzo millennio, perdona chi non vuole capire la Grandezza e la sublimità del Tuo Meraviglioso Amore. Tu ami, Gesù, Tu ami ogni uomo della terra con Sentimento Ardentissimo, ma non sei ricambiato che da pochi”.

Amata sposa, non gema il tuo cuore perché i Miei adoratori sono pochi, Ti dico che, con questi pochi, farò le cose più grandi che mai si sono vedute sulla terra. Beato colui che presto Mi ha aperto il suo cuore e l’ha posto accanto al Mio Divino, ti dico che mai, in questo cuore, ci sarà spazio per l’astuto nemico; egli, vedendosi sconfitto, se ne andrà e non otterrà vittoria. Amata, non sarà così per chi a Me non si è voluto aprire; egli confiderà in se stesso sempre di più, la sua superbia sarà la causa della completa rovina. Ti dico che si costruirà idoli di ogni genere per sostituirMi e saziare la sete di Me, si costruirà idoli falsi e bugiardi con la sua mente, altri li preparerà l’astuto mistificatore; invece di bere la Mia Acqua che dà Vita, berrà l’acqua torbida ed inquinata del Mio terribile nemico, triste sarà la sua fine!

Mi dici: “Adorato Gesù, Tu puoi ciò che vuoi: distruggi tutti gli idoli falsi e bugiardi come fece

Mosè col vitello d’oro, non lasciarne in piedi proprio nessuno. Dolce Amore, so che Ti chiedo una Grazia immensa; mi unisco alla Madre Tua Santissima: Ella può chiedere ciò che vuole perché è la Santissima, la Perfetta, la Degnissima, noi, piccoli più piccoli, ci stringiamo a Lei”.

Sposa amata, anche questo farò per la salvezza delle anime. Resta gioiosa nel Mio Cuore e godi le Delizie del Mio Amore. Ti amo.

Vi amo.

 

                                                                                              Gesù

 

 
 
 

i mezzi che abbiamo per non finire all inferno

Post n°1133 pubblicato il 26 Luglio 2009 da lillysorriso

LA NECESSITÀ DI PERSEVERARE
Che cosa raccomandare a chi già osserva la Legge di Dio? La perseveranza nel bene! Non basta essersi incamminati sulle vie del Signore, è necessario continuare per tutta la vita. Dice Gesù: “Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato” (Mc 13, 13).
Molti, finché sono bambini, vivono cristianamente, ma quando cominciano a farsi sentire le bollenti passioni giovanili, imboccano la via del vizio. Come è stata triste la fine di Saul, di Salomone, di Tertulliano e di altri grandi personaggi!
La perseveranza è frutto della preghiera, perché è principalmente per mezzo dell'orazione che l'anima riceve gli aiuti necessari a resistere agli assalti del demonio. Nel suo libro 'Del gran mezzo della preghiera' Sant'Alfonso scrive: “Chi prega si salva, chi non prega si danna”. Chi non prega, anche senza che il demonio lo spinga... all'inferno ci va con i propri piedi!
È consigliabile la seguente preghiera che Sant'Alfonso ha inserito nelle sue meditazioni sull'inferno:
“O mio Signore, ecco ai tuoi piedi chi ha tenuto in poco conto la tua grazia e i tuoi castighi. Povero me se tu, Gesù mio, non avessi pietà di me! Da quanti anni mi troverei in quella voragine ardente, dove già bruciano tante persone come me! O mio Redentore, come non bruciare di amore pensando a questo? Come potrò, in avvenire, offenderti di nuovo? Non sia mai, Gesù mio, piuttosto fammi morire. Già che hai iniziato, compi in me la tua opera. Fa' che il tempo che mi dai io lo spenda tutto per te. Quanto vorrebbero i dannati poter avere un giorno o anche solo un'ora del tempo che a me concedi! E io che ne farò? Continuerò a spenderlo in cose che ti disgustano? No, Gesù mio, non permetterlo per i meriti di quel Sangue che finora mi ha impedito di finire all'inferno. E Tu, Regina e Madre mia, Maria, prega Gesù per me e ottienimi il dono della perseveranza. Amen.”
L'AIUTO DELLA MADONNA
La vera devozione alla Madonna è un pegno di perseveranza, perché la Regina del Cielo e della terra fa di tutto affinché i suoi devoti non vadano eternamente perduti.
La recita quotidiana del Rosario, sia cara a tutti!
Un grande pittore, raffigurando il Giudice divino nell'atto di emettere la sentenza eterna, ha dipinto un'anima ormai vicina alla dannazione, poco distante dalle fiamme, ma quest'anima, aggrappandosi alla corona del Rosario, viene salvata dalla Madonna. Quanto è potente la recita del Rosario!
Nel 1917 la Vergine Santissima apparve a Fatima a tre fanciulli; quando aprì le mani ne sgorgò un fascio di luce che sembrava penetrasse la terra. I fanciulli videro allora, ai piedi della Madonna, come un grande mare di fuoco e, immersi in esso, neri demoni e anime in forma umana simili a braci trasparenti che, trascinati in alto dalle fiamme, ricadevano giù come faville nei grandi incendi, fra grida di disperazione che facevano inorridire.
A tale scena i veggenti alzarono gli occhi alla Madonna per chiedere soccorso e la Vergine soggiunse: “Questo è l'inferno dove vanno a finire le anime dei poveri peccatori. Recitate il Rosario e aggiungete ad ogni posta: `Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell'inferno e porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia:”.
Quanto è eloquente l'accorato invito della Madonna!
I DEBOLI DI VOLONTÀ
Il pensiero dell'inferno giova soprattutto a coloro che zoppicano nella pratica della vita cristiana e sono assai deboli di volontà. Costoro cadono facilmente nel peccato mortale, si rialzano per qualche giorno e poi... ritornano a peccare. Sono un giorno di Dio e l'altro giorno del diavolo. Questi fratelli ricordino le parole di Gesù: “Nessun servo può servire a due padroni” Lc 16,13). Normalmente è il vizio impuro che tiranneggia questa categoria di persone; non sanno controllare lo sguardo, non hanno la forza di dominare gli affetti del cuore, o di rinunciare a un divertimento illecito. Chi vive così abita sull'orlo dell'inferno. E se Dio troncasse la vita quando l'anima è in peccato?
“Speriamo che questa disgrazia non mi capiti”, dice qualcuno. Anche altri dicevano così... ma poi sono finiti male.
Un altro pensa: “Mi metterò di buona volontà fra un mese, fra un anno, o quando sarò vecchio”. Ma tu sei sicuro del domani? Non vedi come sono in continuo aumento le morti improvvise?
Qualcun altro cerca di illudersi: “Poco prima della morte sistemerò ogni cosa”. Ma come pretendi che Dio ti usi misericordia sul letto di morte, dopo aver abusato della sua misericordia per tutta la vita? E se poi te ne mancasse la possibilità?
A quelli che ragionano in questo modo e vivono nel gravissimo pericolo di piombare all'inferno, oltre alla frequenza ai Sacramenti della Confessione e della Comunione, si raccomanda...
1) Vigilare attentamente, dopo la Confessione, per non commettere la prima colpa grave. Se si cadesse... rialzarsi subito ricorrendo di nuovo alla Confessione. Se non si fa così, facilmente si cadrà una seconda volta, una terza volta... e chissà quante altre!
2) Fuggire le occasioni prossime del peccato grave. Dice il Signore: “Chi ama il pericolo in esso si perderà” (Sir 3, 25). Una volontà debole, davanti al pericolo, cade facilmente.
3) Nelle tentazioni pensare: “Val la pena, per un momento di piacere, rischiare un'eternità di sofferenze? È Satana che mi tenta, per strapparmi a Dio e portarmi all'inferno. Non voglio cadere nella sua trappola!”.
È NECESSARIO MEDITARE
A tutti è utile meditare il mondo va male perché non medita, non riflette più!
Visitando una buona famiglia incontrai una vecchietta arzilla, serena e lucida di mente nonostante gli oltre novant'anni.
“Padre, - mi disse - quando ascolta le confessioni dei fedeli raccomandi loro di fare un po' di meditazione ogni giorno. Mi ricordo che, quand'ero giovane, il mio confessore mi esortava spesso a trovare un po' di tempo per la riflessione tutti i giorni.”
Risposi: “In questi tempi è già difficile convincerli ad andare a Messa alla festa, a non lavorare, a non bestemmiare, ecc...”.
Eppure, come aveva ragione quell'anziana signora! Se non si prende la buona abitudine di riflettere un po' ogni giorno si perde di vista il senso della vita, si spegne il desiderio di un profondo rapporto col Signore e, mancando questo, non si riesce a fare nulla o quasi di buono e non si trova il motivo e la forza per evitare ciò che è male. Chi medita con assiduità, è quasi impossibile che viva in disgrazia di Dio e che vada a finire all'inferno.
IL PENSIERO DELL'INFERNO È UNA LEVA POTENTE
II pensiero dell'inferno genera i Santi.
Milioni di martiri, dovendo scegliere tra il piacere, la ricchezza, gli onori... e la morte per Gesù, hanno preferito la perdita della vita piuttosto che andare all'inferno, memori delle parole del Signore: “A che serve all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?” (cfr. Mt 16,26).
Schiere di anime generose lasciano famiglia e patria per portare la luce del Vangelo agli infedeli in terre lontane. Così facendo si assicurano meglio l'eterna salvezza.
Quanti religiosi abbandonano anche i piaceri leciti della vita e si danno alla mortificazione, per raggiungere più facilmente la vita eterna in paradiso!
E quanti uomini e donne, sposati o no, pur con non pochi sacrifici osservano i Comandamenti di Dio e si impegnano in opere di apostolato e di carità!
Chi sostiene tutte queste persone in una fedeltà e generosità certamente non facili? È il pensiero che saranno giudicati da Dio e premiati col paradiso o castigati con l'inferno eterno.
E quanti esempi di eroismo troviamo nella storia della Chiesa! Una ragazzina di dodici anni, Santa Maria Goretti, si lasciò uccidere piuttosto che offendere Dio e dannarsi. Cercò di fermare il suo violentatore e assassino dicendogli: “No, Alessandro, se fai questo vai all'inferno!”
San Tommaso Moro, gran cancelliere d'Inghilterra, alla moglie che lo sollecitava a cedere all'ordine del re, sottoscrivendo una decisione contro la Chiesa, rispose: “Che cosa sono venti, trenta, o quarant'anni di vita comoda in confronto all'inferno?”. Non sottoscrisse e fu condannato a morte. Oggi è Santo.
POVERI GAUDENTI!
Nella vita terrena, buoni e cattivi vivono insieme come il grano e la zizzania si trovano nello stesso campo, ma alla fine del mondo l'umanità sarà divisa in due schiere, quella dei salvati e quella dei dannati. Il Giudice Divino confermerà allora solennemente la sentenza data a ciascuno subito dopo la morte.
Con un po' di fantasia, proviamo a immaginare la comparsa davanti a Dio di un'anima cattiva, che sentirà fioccare su di sé la sentenza di condanna. In un lampo sarà giudicata.
Vita gaudente... libertà dei sensi... divertimenti peccaminosi... indifferenza totale o quasi nei confronti di Dio... derisione della vita eterna e specialmente dell'inferno... In un lampo la morte tronca il filo della sua esistenza quando meno se l'aspetta.
Liberata dai legami della vita terrena, quell'anima si trova subito davanti a Cristo Giudice e comprende fino in fondo di essersi ingannata durante la vita...
- Dunque, c'è un'altra vita!... Come sono stata stolta! Se potessi tornare indietro e rimediare al passato!...
- Rendimi conto, o mia creatura, di ciò che hai fatto in vita. - Ma io non sapevo di dover sottostare ad una legge morale.
- lo, tuo Creatore e Sommo Legislatore, ti chiedo: Che ne hai fatto dei miei Comandamenti?
- Ero convinta che non ci fosse un'altra vita o che, comunque, tutti si sarebbero salvati.
- Se tutto finisse con la morte, Io, tuo Dio, mi sarei fatto Uomo inutilmente e inutilmente sarei morto su una croce!
- Sì, ho sentito di questa cosa, ma non vi ho dato peso; per me era una notizia superficiale.
- Non ti ho dato l'intelligenza per conoscermi e per amarmi? Ma tu hai preferito vivere come le bestie... senza testa. Perché non hai imitato la condotta dei miei buoni discepoli? Perché non mi hai amato fin che eri sulla terra? Tu hai consumato il tempo che ti ho dato alla caccia di piaceri... Perché non hai mai pensato all'inferno? Se tu l'avessi fatto, mi avresti onorato e servito, se non per amore almeno per timore!
- Dunque, per me c'è l'inferno?...
- Sì, e per tutta l'eternità. Anche il ricco epulone di cui ti ho parlato nel Vangelo non credeva all'inferno... eppure vi è finito dentro. A te la stessa sorte!... Vai, anima maledetta, nel fuoco eterno!
In un attimo l'anima si trova nel fondo degli abissi, mentre il suo cadavere è ancora caldo e si preparano i funerali...
“Maledetta me! Per la gioia di un attimo, che è svanita come un lampo, dovrò bruciare in questo fuoco, lontana da Dio, per sempre! Se non avessi coltivato quelle amicizie pericolose... Se avessi pregato di più, se avessi ricevuto più spesso i Sacramenti... non mi troverei in questo luogo di estremi tormenti! Maledetti piaceri! Maledetti beni!
Ho calpestato la giustizia e la carità per avere un po' di ricchezza... Ora altri se la godono e io devo scontare qui per tutta l'eternità. Ho agito da pazza!
Speravo di salvarmi, ma mi è mancato il tempo di rimettermi in Grazia. La colpa è stata mia. Sapevo che mi sarei potuta dannare, ma ho preferito continuar a peccare. La maledizione cada su chi mi dato il primo scandalo. Se potessi ritornare in vita... come cambierebbe la mia condotta!”.
Parole... parole... parole... Troppo tardi ormai...!!!
L'inferno è una morte senza morte, una fine senza fine.
(San Gregorio Magno)

 
 
 

l inferno esiste ed è eterno

Post n°1132 pubblicato il 26 Luglio 2009 da lillysorriso

Esorcismo dell’11-8-1983

 
Esorcista – In nome di Dio Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, dì la verità, solo la verità, ciò che il Cielo ti comanda di dire per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Su tutto il resto taci!
Demonio – Senti il tuono? (In questo momento rombi di tuono e lampi annunciano un temporale). È l’Altissimo che si fa sentire, potrebbe farlo e a volte lo fa anche col terremoto. Io mi ribello; non vorrei dire ciò che giova alla vostra salvezza. Non voglio dire questa tremenda verità. Lasciami! Lasciami! Non voglio parlare.
Esorcista – Devi dire ciò che il Cielo ti comanda di dire. È utilissimo che dalla tua bocca esca questa verità, soprattutto oggi che tante persone hanno perso la vera Fede. Dì la verità in nome di Dio…
Demonio – Non vorrei dirlo, ma devo dirlo: l’inferno esiste ed è eterno. Pochi oggi ci credono a questa verità perché tutto congiura contro l’idea dell’inferno, ma è proprio per questo che l’inferno cresce e congiura con più forza contro di voi. Quanto più l’inferno è negato, tanto più si riempie!
Si ride di questa verità come fosse frutto di fantasia, o come fosse una triste eredità di altri tempi. Soprattutto non credono all’inferno molti uomini di cultura. Si vorrebbe che l’inferno non ci fosse per poter peccare senza pagarne le conseguenze, per poter continuare a vivere nei propri vizi.
Altri, che si ritengono credenti, sostengono che l’inferno non esiste e perciò garantiscono il Paradiso per tutti, prima o poi, perché -dicono, ma si illudono- l’inferno sarebbe in contrasto con la Misericordia dell’Altissimo.
Questi si ingannano: non solo non conoscono la giustizia dell’Altissimo, giustizia che è terribile, ma non conoscono neanche la sua misericordia, che è vera se è in piena e perfetta armonia con la giustizia. Senti il tuono? Sottolinea la verità di quanto ho appena affermato. Ma non torturarmi più. Basta farmi parlare! Basta!
Esorcista – In nome di Dio…
Demonio – il Cielo mi costringe a parlare e ora fa rimbombare il tuono per riaffermare questa spaventosa verità che io non vorrei manifestare. L’Altissimo vi ha fatto conoscere questa verità sull’inferno molte e molte volte, come testimonia la Sacra Scrittura.
Quante volte vi ha parlato dell’inferno eterno, e del fuoco eterno che tortura, Colui che è la Verità e che è nato e ha voluto morire proprio per evitarvi di finire in quel luogo di perdizione in cui molti entrano e da cui nessuno esce!
Il Vangelo vi garantisce l’esistenza dell’inferno
Demonio – Come vi insegna la parabola del Vangelo, il ricco epulone ha maledetto e dannato la sua vita con l’esagerato attaccamento ai piaceri di questo mondo. Dall’inferno ha poi invocato Abramo di mandare Lazzaro ad intingere il dito nell’acqua per estinguere almeno un po’ la sua sete disperata, perché bruciava nel fuoco.
Ma la risposta di Abramo è stata negativa: “tra noi e voi c’è un abisso incolmabile, così che nessuno di voi può venire tra noi e nessuno di noi può venire tra voi. Tu hai avuto le tue gioie nella vita e Lazzaro i suoi dolori; ora Lazzaro è nella gioia e tu nei tormenti”. Il ricco epulone ha chiesto allora ad Abramo che Lazzaro, non potendo andare da lui, all’inferno, a lenire le sue pene, andasse almeno sulla terra ad avvertire i suoi cinque fratelli, per invitarli a cambiare vita, perché non finissero anch’essi nella condanna eterna. Ma la risposta di Abramo è stata chiara e ferma: “Chi è incredulo e ostinato nel peccato come lo fosti tu, che non hai voluto credere nei profeti, e come lo sono i tuoi fratelli, non crederebbe nemmeno se vedesse un morto risorgere”.
Gioie terrene e gioie eterne non vanno insieme
Demonio – Come allora il ricco epulone e i suoi fratelli non hanno creduto ai profeti, così è anche oggi, purtroppo,. Purtroppo per voi e per il Cielo, ma a noi fa piacere! Vedere che in tutti i tempi, e anche oggi, gli uomini sono affamati di gioie terrene, dà a noi una gran gioia infernale. Le gioie terrene portano alla dannazione eterna e coloro che cercano smodatamente queste gioie e credono di ottenere la beatitudine eterna si ingannano! Mi costa terribilmente ricordarvi questa verità, ma sono costretto a farlo. Per chi vuole salvarsi ci sono delle gioie terrene lecite, ma non sono mai in grande misura come tutto oggi vi porta a credere. Lui (parla di Gesù) ve lo ha detto chiaramente: “Per entrare nel regno dei Cieli bisogna farsi violenza, perché stretta è la porta e difficile la via che porta alla salvezza; mentre larga è la porta e comoda la strada che porta alla rovina”.
Queste parole, come tutte le altre che vi ha detto Lui sono vere anche oggi e lo resteranno sempre. Sono vere, ma non vengono quasi più ricordate. Nei secoli passati invece queste parole venivano continuamente predicate e questo ha portato in Cielo folte schiere di uomini. Venivano loro ricordati abitualmente un salutare timore di Dio e un’altrettanto salutare paura dell’inferno. Senza questo timore e senza questa paura voi diventate incoscienti e ponete le premesse per la vostra rovina eterna. A noi fa piacere che molti Preti non vi ricordino più queste cose: sono i nostri migliori apostoli, lavorano per noi: contro di Lui e contro di voi.

 
 
 

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Post n°1131 pubblicato il 25 Luglio 2009 da lillysorriso

Riflessioni sulla liturgia della
17° Domenica del T.O.   B

Gesù moltiplica i pani ed insegna la condivisione fraterna.
Eliseo, dice la prima lettura, sfama miracolosamente cento persone con poche primizie che gli vengono offerte. Il cibo avanza persino.
Il Vangelo è l’inizio del capitolo 6° di Giovanni: Gesù vede una grande folla che viene a Lui e vuole sfamarla. Accetta i doni di un ragazzo, cinque pani e due pesci, e li moltiplica fino a saziare cinquemila uomini e a riempire dodici canestri con i pezzi avanzati.
Il contesto pasquale ed i verbi usati per descrivere la moltiplicazione dei pani ci fanno intravedere, al di là del miracolo in sé, il significato eucaristico del fatto stesso.
Gesù accetta la collaborazione di quel ragazzo, si vuole servire anche del nostro amore per fare del bene ai fratelli. In questo senso, fra le virtù che San Paolo nella seconda lettura raccomanda ai cristiani ci sono anche la mansuetudine, la pazienza, la ricerca dell’unità.
Lo spezzare il pane eucaristico è l’unico miracolo che la Chiesa è chiamata a compiere. Gesù è la Sapienza divina che raduna i suoi fedeli per saziarli con il pane vivo disceso dal cielo.
Il cristiano ha bisogno di cibo per conservare la vita, ma ha ancora più bisogno di un cibo che gli dia coraggio, perseveranza e sicurezza; ha bisogno di un pane che gli dia la forza per superare le difficoltà che ha ogni vita.
L’Eucaristia è queto pane. E la sicurezza che Dio ci ama è la certezza della risurrezione, è Dio CON noi.

 
 
 

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Post n°1130 pubblicato il 25 Luglio 2009 da lillysorriso

SATANA E LA SUA STRATEGIA

Chi ha visto il film della Passione di Cristo, si ricorderà che mentre flagellano Gesù, si vede un demonio con un bambino piccolino, (anch’esso un demonio), che guarda Gesù e sorride. Ebbene, sappiate che oggi non è più un bebé, ma un genio malefico, enorme e perverso, che tiene schiava molta gente, con i piaceri della carne, con la magia, con teologie errate, come per esempio quelle che affermano che il demonio non esiste. Immaginate l’astuzia del demonio, che nega se stesso! Ci fa credere che non esiste, per poter agire indisturbato! Sì, guida l’istruzione degli uomini per farci credere di non esistere, e così portarci alla distruzione. Trova modo di confondere perfino coloro che credono in Dio; quando ci sono apparizioni vere, per esempio, fa credere che siano false. Confonde il popolo in mille e una maniera, approfittando del lato debole di ciascuno. Molti cattolici, credenti e praticanti, vanno a Messa e dal mago allo stesso tempo. Perché il maligno ci fa credere che non c’è niente di male, e che in Cielo ci andiamo lo stesso, perché la magia non la usiamo mica per fare del male a qualcuno! Il demonio guida, usa e dirige tutto ciò con una strategia molto ben preparata. Sappiate dunque che, quando ci rivolgiamo alla magia, non importa per fare cosa, la bestia c’imprime il suo sigillo. Quando andiamo da qualche mago, o cartomante, o indovino, o astrologo, o da chi evoca gli spiriti, in tutti questi luoghi il demonio ci pone il suo sigillo, il suo timbro.

Io mi trovai in uno di questi posti quando andai con un’amica, che mi portò da una maga per consultarla, per indovinare il mio futuro: lì fui marcata dalla bestia. Il maligno mi pose il suo sigillo. La cosa peggiore fu che, a partire da quel giorno, in cui attraverso quella signora ricevetti il timbro del male, cominciai ad avere disturbi: agitazione notturna, incubi, angosce, paure, e persino un profondo desiderio di suicidio! Non capivo il perché di questi desideri! Piangevo, mi sentivo infelice, e mai più mi sentii in pace. Pregavo, ma sentivo il Signore lontano da me: mai più avvertii quella vicinanza con Lui, che invece avevo quand'ero piccola. Pregare mi costava sempre di più, mi era ogni volta più difficile. Per forza! Avevo aperto le porte alla bestia, e il maligno era entrato con forza nella mia vita.

LE MENZOGNE E LA PRIMA CONFESSIONE MAL FATTA

Quand’ ero ancora piccolina, imparai purtroppo che, per evitare i castighi di mia madre, piuttosto severi, le bugie erano perfette: così cominciai ad andare con “il padre della menzogna”, mi alleai con lui, e diventai tanto bugiarda che, nella misura in cui crescevano i miei peccati, aumentava anche la grandezza delle bugie… Sapevo, per esempio, che mia madre aveva un grande rispetto per il Signore. Per lei, il nome del Signore era sacro, era santissimo, perciò pensai d’avere l’arma perfetta! Le dicevo: “Mamma, per Cristo bello, giuro che non ho fatto questo!”. In questo modo riuscii finalmente ad evitare i castighi. Con le mie bugie, mettevo il Nome Santissimo di Cristo nella mia spazzatura, nelle mie cattiverie, nella mia immondizia, riempiendomi di tanto sudiciume e di tanti peccati… Imparai che le parole se le porta via il vento, e quando mia madre insisteva molto, dicevo: “Mamma, ascolta! Mi colpisca un fulmine se quello che dico è una bugia!”. Queste parole le usai molte volte… E vedete! Trascorse parecchio tempo, ma davvero finì per cadermi un fulmine addosso! E se ora sono qui, è solo per la Misericordia di Dio.

Un giorno, la mia amica Estela mi disse: “Ma guarda un po’, tu hai già 13 anni e ancora non hai perso la verginità?!”. Io la guardai spaventata! Come sarebbe…? Cosa vuol dire con quella frase?!

Mia madre mi parlava sempre sull’importanza della verginità, diceva che si trattava dell’anello del Matrimonio con il Signore. Ma la mia amica, con aria di superiorità, mi disse: “Mia madre, appena mi sono comparse le mestruazioni, mi ha portato dal ginecologo, e ora prendo la pillola!”. Io nemmeno sapevo cosa fosse, a quel tempo! Allora lei mi spiegò che si trattava di pillole contraccettive per non avere gravidanze, e aggiunse che già aveva dormito col cugino, con l’amico, con questo e con quello… Una lista enorme! Affermava che era una cosa bellissima! Le mie amiche mi dicevano: “Davvero non sai niente?”. Poiché rispondevo di no, mi promisero di portarmi in un posto dove tutte avevano imparato. Io rimasi preoccupata: sapevo dove mi avrebbero portato! Cominciò ad affacciarsi un mondo nuovo per me; nuovo e completamente sconosciuto.

Mi portarono in un cinema, piuttosto brutto, che stava in centro, a vedere un film pornografico. Immaginate voi lo spavento?! Una bambina di 13 anni, che al tempo non aveva nemmeno la televisione in casa! Figuratevi cosa fu vedere un tale film! Quasi morii di spavento! Mi sembrava d’essere all’inferno! Avrei voluto fuggire di corsa, da lì… Non lo feci, per vergogna  delle mie amiche… Ma avrei tanto voluto uscire da lì, ero spaventatissima!

In quello stesso giorno andai a Messa con mia madre. Ero così spaventata, che volli confessarmi. Lei restò davanti al tabernacolo a pregare. Nel confessarmi, dissi i miei soliti peccati: che non avevo fatto i miei doveri a casa, a scuola, che ero stata disobbediente… Questi erano più o meno i miei peccati abituali. Mi confessavo sempre dallo stesso sacerdote, perciò conosceva più o meno già le mie mancanze; ma quel giorno, dissi anche che ero andata al cinema di nascosto da mia madre. Il sacerdote, sorpreso, quasi gridò: “Di nascosto da chi?! Dove sei andata?!”. Avvilita, guardai verso mia madre e vidi che era tranquilla, al suo posto… Per fortuna non si era accorta di niente! Figuratevi se avesse sentito…! Mi alzai dal confessionale, arrabbiata con il sacerdote, e naturalmente non dissi che genere di film avevo visto! Se solo per aver detto di essere andata al cinema di nascosto, il prete si scandalizzò tanto, figuriamoci se gli avessi detto quello che avevo visto, cosa mi avrebbe fatto…! ...Mi avrebbe picchiata?!

Fu allora che iniziò l’astuzia di satana! Infatti, da quella volta, cominciarono le mie confessioni mal fatte. Da lì in poi, selezionavo ciò che avrei detto in confessione: “Questo lo confesso, ma questo no; questo peccato lo dico al prete, quest’altro no!”…Cominciarono le mie confessioni sacrileghe! Andavo a ricevere il Signore sapendo di non aver confessato tutto! Lo ricevevo indegnamente! Il Signore mi mostrò come nella mia vita fu terribile il degrado della mia anima, come questo processo di morte spirituale fu grave… Al punto che, alla fine della vita, non credevo più al demonio, né a niente. Mi mostrò come, nell’infanzia, camminavo mano nella Mano con Dio; avevo con Lui una relazione profonda, e il peccato fece sì che io lasciassi, a poco a poco, la Sua mano. Ora il Signore mi diceva che, chi mangia e beve il Suo Corpo e il Suo Sangue, mangia e beve la sua condanna: io mangiai e bevvi la mia condanna! Vidi, nel Libro della Vita, come il demonio era disperato perché a 12 anni credevo ancora in Dio, ancora andavo all’adorazione Eucaristica con mia madre… Era terribilmente disperato, nel vedere ciò.

Quando cominciò la mia vita di peccato, il Signore mi fece sentire che stavo perdendo la pace del cuore. Iniziò una lotta con la mia coscienza, e cosa mi dicevano le mie amiche? Mi dicevano: “Che cosa?! Confessarsi?! Tu sei scema, sei fuori moda! E con chi, poi? Con questi preti, più peccatori di noi?!”. Nessuna di loro si confessava, io ero l’unica che ancora lo faceva. Cominciò una guerra tra quello che mi dicevano le amiche e quello che mi dicevano mia madre e la mia coscienza… Poco a poco, la bilancia cominciò a inclinarsi, e le mie amiche vinsero. Così decisi di non confessarmi più: non mi sarei più confessata da quei vecchi, che rimanevano scandalizzati solo per essere andata al cinema!

Vedete l’astuzia di satana! Mi allontanò dalla confessione a 13 anni. E’ un esperto, sapete? Mette idee sbagliate nella nostra mente! A 13 anni, Gloria Polo era già un cadavere vivente, nello spirito. Ma per me era importante, era motivo di orgoglio, appartenere a quel gruppetto di amiche, di bambine raffinate ed esperte… Quando abbiamo 13 anni pensiamo di sapere tutto, e che tutto quello che ha a che fare con Dio sia fuori moda, o sia idiozia. Quello che va di moda, invece, è sfruttare…

Non vi ho ancora raccontato che, quando si udì la Voce di Gesù, e i demoni uscirono da lì perché non sopportavano quella Voce, uno di loro restò. Aveva l’autorizzazione dal Signore per rimanere. Questo demonio, enorme, gridava con urla orribili: “E’ mia! E’ mia! E’ mia!”. Rimase solo lui, perché fu quello che condusse, manipolò, e con la sua strategia guidò, le mie debolezze affinché io peccassi! Fu lui che mi allontanò dalla confessione! Per questo, il Signore gli permise di rimanere accanto a me, ed ecco perché quell’orribile demonio gridava che io gli appartenevo, e mi accusava. Aveva il permesso di rimanere, perché io morii in peccato mortale! Dai 13 anni che non mi confessavo, fino allora, molte volte mi ero confessata male. Appartenevo dunque a quel demonio, e lui poteva rimanere durante il mio giudizio! Immaginate la mia vergogna, nel vedere con orrore i miei peccati così numerosi, e per di più con quella cosa orribile ad accusarmi e a dire che io ero sua! Era orribile!

Il demonio mi tirò via dalla confessione, così come mi tolse la cura e la pulizia dell’anima, perché ogni volta che peccavo, non era gratuito il peccato che commettevo.  Sul candore della mia anima, il maligno pose il suo marchio, un marchio di oscurità… E quest’anima bianca cominciò a riempirsi di tenebra. Mai ricevetti bene la Comunione: solo per la Prima Comunione feci una buona confessione. Da allora in poi, mai più: e ricevevo il mio Signore Gesù Cristo indegnamente. Quando andiamo a confessarci, dobbiamo sempre, sempre, chiedere allo Spirito Santo che c’illumini e mandi la Sua santa Luce sulle tenebre della nostra mente: perché una cosa che fa il maligno, è oscurare la nostra mente, affinché pensiamo che nulla è peccato, che tutto è bene, che non c’è bisogno di andare dal sacerdote a confessarsi, -oltretutto, loro sono più peccatori di noi-, che la confessione è fuori moda. Chiaro, era più comodo per me non confessarmi.

ABORTO DELL’AMICA

A 13 anni, la mia amica Estela rimase incinta. Quando me lo disse, le chiesi: “Ma tu non prendevi la pillola?”. “Sì -mi rispose- ma non ha funzionato!”. “ E adesso...? Come farai? Chi è il padre?”. Mi disse che non lo sapeva. Non sapeva se fosse successo in quella festa, o in quella passeggiata, o con il fidanzato!

Nel mese di giugno andò in ferie con la madre. Era già al 5° mese di gravidanza. Quando ritornò, rimasi sorpresa: non aveva un minimo di pancia, e sembrava un cadavere! Era pallidissima, e di quella bambina estroversa che si divertiva con tutto, non era rimasto niente. Ormai non era più la stessa.

Sapete, a nessuna di noi piaceva andare a Messa. Ma, essendo la nostra scuola tenuta da religiose, dovevamo andarci con loro. C’era un sacerdote anziano, che si tratteneva molto nella celebrazione, e a noi queste Messe sembravano eterne, non finivano più. Per tutta la durata della Messa, rimanevamo a giocare, a ridere, senza prestare la minima attenzione alla celebrazione… Ma un giorno arrivò un nuovo sacerdote, molto giovane e di bell’aspetto. I nostri commenti furono che un giovane così attraente era sprecato a fare il sacerdote… Ci mettemmo d’accordo per vedere chi di noi l’avrebbe conquistato! Immaginatevi un po’!

Le suore erano le prime a fare la Comunione, e subito dopo c’eravamo noi,  tutte senza esserci confessate! Ci andammo come scommessa, per vedere chi avrebbe conquistato il prete! Dovevamo sbottonarci la camicia davanti a lui, al momento in cui ci avrebbe dato la Comunione, e quella che fosse riuscita a fargli tremare la mano, sarebbe stata colei che aveva il miglior seno. Era quello il segno per capire che aveva attirato l’attenzione del sacerdote.

…Le cose diaboliche che ci faceva fare il maligno! …E noi a credere che fossero scherzi! A che punto eravamo…!

Ebbene, quando la mia amica Estela ritornò da quelle ferie, non era più la  scherzosa, giocherellona e allegra di sempre. Adesso aveva lo sguardo spento, triste, molto triste. Non voleva raccontarmi nulla; ma un giorno che mi trovavo a casa sua, mi disse, abbassandosi la gonna: “Quando mia madre seppe che ero incinta, s’infuriò tanto, ma così tanto, che mi afferrò immediatamente per mano, mi mise in macchina, e mi portò dal ginecologo. Arrivate là, disse al medico: …E’ incinta! Mi faccia il favore, mi chieda pure il prezzo che vuole, ma ho bisogno che la operi subito e mi risolva questo problema!”. La mia amica aprì l’armadio di camera sua, e vidi un fiasco di vetro, col tappo rosso, pieno di liquido… Lì dentro c’era un bambino completamente formato! Non lo dimenticherò mai! Sopra il tappo del fiasco, la scatola delle pillole anticoncezionali! Immaginatevi…

Vedete come il peccato acceca una persona malata, e una madre inferma spiritualmente, al punto da portare la figlia ad abortire, e per di più a mettere il feto in un fiasco perché mai più si dimentichi di prendere la pillola… E lasciarlo nell’armadio, così che, appena apre l’anta, veda subito quel macabro contenitore, e sopra il tappo, la scatola con le pillole! Semplicemente macabro e assurdo! E’ciò che fa il demonio, quando gli apriamo le porte con il peccato, e non ci laviamo nella confessione! Quando chiesi alla mia amica se non ne aveva sofferto, e se non fosse triste, lei mi rispose ironicamente: “E perché dovrei essere triste? Anzi, meno male che mi hanno liberato da questo problema!”.

Ma era una bugia, perché mai più tornò la stessa! Poco tempo dopo, entrò in depressione! Una depressione terribile! ...Poi cominciò a fare uso di LSD, e naturalmente, essendo io la sua migliore amica, me ne offrì, ma mi spaventai. Da una parte, mi sarebbe piaciuto provare, perché lei diceva che la droga ti fa sentire molto bene, che ti sembra di volare, di stare sulle nuvole, e tante altre meraviglie che m’invogliavano a provare… Ma non potevo! Rimasi spaventata e le dissi di no, perché certamente mi sarebbe rimasto addosso l’odore della droga; così mia madre, che aveva un odorato finissimo, mi avrebbe scoperto…e mi avrebbe ammazzata!

Fatto sta che non ci provai! Il Signore mi mostrava, ora, che non fu per paura di mia madre che non feci la prova, ma per la Grazia di Dio, perché avevo una madre che pregava, e la sua preghiera col Rosario mi sosteneva, e m’impediva di scendere tanto in basso.

Ma le mie amiche non gradirono, si misero a discutere con me, strillarono, e rimasero disgustate per il mio rifiuto… Però io non potevo, non potevo! Questa fu una delle tante grazie che ricevetti per merito di una madre piena di Dio, che pregava per me, che viveva unita al Signore.

 

 

 

 

 

 

 
 
 

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Post n°1129 pubblicato il 23 Luglio 2009 da lillysorriso

LE ANIME DEL PURGATORIO

Notate che io ero atea, ma lì cominciai a gridare: “Anime del Purgatorio! Per favore, tiratemi fuori di qui! Vi supplico, aiutatemi!”

Mentre gridavo, cominciai a sentir piangere migliaia e migliaia di persone, giovani… Sì, soprattutto giovani, con tanta, tanta sofferenza! Percepii che lì, in quel luogo terribile, in quel pantano d’odio e di sofferenza, stridevano i denti, con urla e lamenti che mi riempivano di compassione e che mai più potrò dimenticare… (Sono già passati 10 anni, ma ancora piango e soffro, quando ricordo la sofferenza di tutte quelle persone)… Dicevo, compresi che lì si trovavano tutte quelle persone che, in un attimo di disperazione, si erano suicidate… Adesso stavano in quei tormenti, con quegli esseri orribili vicino a loro, circondate da demoni che le tormentavano. Ma il più crudele di questi tormenti era l’assenza di Dio, perché là non si sente Dio. Compresi che, coloro che in un momento di disperazione si erano tolti la vita, dovevano rimanere lì, fra quei tormenti, fino a che sulla terra non fossero trascorsi tutti gli anni che avrebbero avuto ancora da vivere: perché tutti quelli che si suicidano, escono dall’Ordine Divino.

Quelle povere persone, soprattutto tanti giovani, tanti, tanti… Piangono e soffrono molto… Se l’uomo sapesse la sofferenza che lo aspetta, mai nessuno prenderebbe la decisione di togliersi la vita!

Sapete qual è il maggior tormento, là?

È vedere come i propri genitori, o i familiari, che sono vivi, stanno piangendo e soffrendo con tremendi sensi di colpa: se io l’avessi castigato, o se non l’avessi castigato, se io gli avessi detto, o non glielo avessi detto, se avessi fatto questo o quello… Alla fine, questi rimorsi così terribili, -un vero inferno per quelli che li amano e restano in questa vita-, sono ciò che più li fa soffrire. E’ il tormento maggiore per loro, ed è qui che i demoni infieriscono, mostrando queste scene:

“Guarda come piange tua madre, guarda come soffre, guarda come soffre tuo padre, guarda come sono disperati, come sono angosciati, come s’incolpano e discutono, accusandosi a vicenda, guarda tutta la sofferenza che hai procurato loro. Guarda come si ribellano contro Dio. Guarda la tua famiglia… Tutto questo per colpa tua!”

Ciò di cui queste povere anime hanno bisogno, è che quanti restano quaggiù comincino un cammino di conversione, che cambino vita, che facciano opere di carità, che visitino i malati… E che offrano Messe in suffragio dell’anima del defunto. Queste anime beneficiano enormemente di tutto ciò. Infatti, le anime che si trovano in Purgatorio non possono più fare niente per se stesse. Niente! Ma Dio sì, attraverso la Messa. Anche noi dobbiamo aiutarle in questo modo.

Compresi dunque che quelle povere anime non potevano aiutarmi, e in questa sofferenza, in questa angoscia, cominciai nuovamente a gridare: “Ma qui c’è un errore! Guardate che io sono una santa! Io non ho mai rubato! Non ho mai ucciso! Non facevo male a nessuno! Anzi, prima di andare in fallimento, importavo i migliori prodotti dalla Svizzera, toglievo e aggiustavo i denti, e molte volte non facevo pagare se i clienti non potevano permetterselo! Io facevo la spesa e la donavo ai poveri! Che ci faccio qui?!...”

Rivendicavo i miei diritti! Io, che ero così buona, che sarei dovuta andare dritta in Cielo, che cosa ci facevo lì?!

Andavo tutte le Domeniche a Messa, nonostante mi considerassi atea e non dessi attenzione a ciò che il sacerdote diceva; non mancavo mai. Se mancai alla Messa della Domenica 5 volte in tutta la mia vita, era tanto! Cos’è che ci facevo lì?!

 “Ma che ci faccio io, qui? Tiratemi fuori di qui! Tiratemi fuori di qui!”. Continuai a gridare atterrita, con quegli esseri orribili appiccicati a me!

“Io sono cattolica! Io sono cattolica, per favore, tiratemi fuori da qui!”

VIDI I MIEI GENITORI

Quando gridavo che ero cattolica, vidi una piccola luce: e guardate che una lucina pur piccola, in quelle tenebre, è il massimo, è il più gran regalo che si possa ricevere. Vedo dei gradini in cima a questa voragine, e vedo mio padre (che era morto 5 anni prima) quasi all’entrata dell’abisso. Aveva un pochino più di luce; e quattro gradini più su vidi mia madre, con moltissima più luce e in una posizione così, come in preghiera. Appena li vidi, ebbi una gioia così grande che cominciai a gridare: “Papà! Mamma! Che gioia! Venite a prendermi! Venite a togliermi da qui! Papà, mamma, per favore, tiratemi fuori di qui! Vi supplico, portatemi via da qui! Portatemi via!!”

Mentre succedeva tutto questo, il mio corpo si trovava in coma profondo: ero intubata, collegata alle macchine, e agonizzante. L’aria non entrava più nei polmoni, i reni non funzionavano… Se rimanevo collegata ai macchinari, era soltanto perché mia sorella, che è medico, aveva insistito con i suoi colleghi, adducendo il motivo che loro non erano Dio. Infatti, pensavano che non valesse la pena tenermi in vita, e parlarono in questi termini ai miei familiari: dissero che non era il caso di accanirsi, che era meglio lasciarmi morire tranquilla, perché ormai mi trovavo in agonia. Ma mia sorella insistette così tanto, che essi…

Sapete l’incoerenza? Io difendevo l’eutanasia, il diritto a morire dignitosamente!

I medici non lasciavano entrare nessuno dove stavo io, se non questa mia sorella medico, che rimaneva continuamente accanto a me.

Quando la mia anima, che si trovava nell’aldilà, vide i miei genitori, mia sorella, che stava vicino al mio corpo in coma, mi udì chiaramente  gridare a loro, tutta contenta, che mi venissero a prendere.

Forse a qualcuno di voi sarà capitato di sentire una persona in stato d’incoscienza gridare, o pronunciare delle parole: è quello che successe con me. Feci quasi morire di spavento mia sorella! Infatti, cominciai a gridare di gioia quando li vidi, chiedendo loro di venire a prendermi; allora mia sorella, che udì tutto, urlò: “Adesso sì che è morta, mia sorella! Mia madre e mio padre sono venuti a prendersela! Andate via, non prendetela! Và via, mamma, per favore; và via, papà, per favore: non prendetela! Guardate che ha i figli piccolini! Non portatevela via! Non portatevela via!”

I medici dovettero tirarla fuori di là, pensando che la mia povera sorella stesse delirando, che fosse in stato di shock; il che sarebbe stato normale, perché non era cosa da poco quello che stava passando: la morte di mio cugino, andare a prendere il cadavere all’obitorio, la sorella che muore, non muore, ma non supererà le 24 ore, secondo il parere dei medici… Era ormai da tre giorni che andava avanti con quest’angoscia, e per giunta senza dormire. Non meraviglia che la credessero esaurita e in preda alle allucinazioni…

Quanto a me, immaginatevi che gioia quando vedo i miei genitori! In quel luogo, in quella situazione così orribile nella quale mi trovavo, vedo i miei genitori!

Quando guardarono verso di me e mi videro lì, non potete immaginare che dolore immenso rivelarono i loro volti. Poiché là percepiamo e vediamo i sentimenti degli altri, io vidi il dolore che essi sentirono, quella loro sofferenza così grande. Mio padre cominciò a piangere tanto, tanto, e gridò: “Mia figlia! Oh, no! Mio Dio, mia figlia no! Mio Dio, la mia fogliolina no!”

Mia madre pregava, e quando guardò verso di me io vidi il dolore nei suoi occhi, ma nello stesso tempo niente le toglieva la pace e la dolcezza del volto, nemmeno una lacrima! Invece di piangere, alzò gli occhi, poi tornò a guardare verso di me. Compresi con orrore che essi non potevano tirarmi fuori di lì! Questo aumentò la mia sofferenza, vedendoli lì a condividere il mio dolore ma senza poter fare niente per me! Compresi pure che erano lì per rendere conto al Signore dell’educazione che mi avevano dato. Essi erano i tutori, ai quali era stato affidato il compito di custodire i talenti che Dio mi aveva dato. Con la loro vita e la loro testimonianza, dovevano proteggermi dagli attacchi di satana. E dovevano alimentare le grazie, che Dio aveva posto in me attraverso il Battesimo. Tutti i genitori sono i custodi dei talenti che Dio dà ai figli.

Quando vidi la loro sofferenza, soprattutto quella di mio padre, gridai nuovamente, disperata: “Toglietemi da qui! Toglietemi da qui! Io non ho colpa di stare qui, perché sono cattolica! Io sono cattolica! Tiratemi fuori di qui!”

 
 
 

secona parte

Post n°1128 pubblicato il 23 Luglio 2009 da lillysorriso

ALL’OSPEDALE

 

In seguito mi portarono all’Ospedale del “Seguro Social”, dove mi operarono immediatamente, e cominciarono ad asportare tutti i tessuti bruciati. Mentre mi anestetizzavano, uscii nuovamente dal corpo, preoccupata per le mie gambe, quando all’improvviso, in quello stesso momento, terribile e orribile…

Ma prima devo dirvi una cosa, fratelli: io ero una “cattolica dietetica”, lo fui per tutta la vita, perché la mia relazione con Dio si risolveva in una Messa di 25 minuti alla Domenica, e basta. Andavo alla Messa dove il sacerdote parlava meno, perché mi stancavo! Che angoscia sentivo, con quei sacerdoti che parlavano molto! Questa era la mia relazione con Dio! Per questo tutte le correnti del mondo mi trascinavano: mi mancò la protezione della preghiera fatta con fede, anche nella Messa! Un giorno, quando stavo studiando per la specializzazione, udii un sacerdote affermare che non esiste l’inferno, e nemmeno i demoni! Era proprio quello che volevo sentirmi dire! Subito pensai fra me: se non esistono i demoni, e l’inferno non c’è, allora andiamo tutti in Cielo! E perciò, cos’ho da temere?!

Ciò che più mi rattrista ora, e che vi confesso con grande vergogna, è che l’unico legame che ancora mi manteneva nella Chiesa, era la paura del diavolo. Quando sentii che l’inferno non esiste, dissi immediatamente: benissimo, se tutti andiamo in Cielo, non importa quello che siamo o quello che facciamo!

Questo determinò il mio allontanamento totale dal Signore. Mi allontanai dalla Chiesa e cominciai a parlare male, con parolacce, ecc. Non avevo più paura del peccato, e cominciai a  guastare la mia relazione con Dio. Iniziai a dire a tutti che i demoni non esistono, che sono invenzioni dei preti, che sono manipolazioni da parte della Chiesa, e infine… Arrivai a dire ai miei colleghi dell’Università che Dio non esisteva, che eravamo un prodotto dell’evoluzione, ecc. ecc., riuscendo a influenzare molta gente!

Torniamo adesso nella sala operatoria: quando mi vedo in quella situazione, che spavento terribile! Vedevo finalmente che i demoni esistono eccome, e venivano a cercare proprio me! Venivano a presentarmi il conto, per così dire, poiché avevo accettato le loro offerte di peccato! E queste offerte non sono gratis! Si pagano!! I miei peccati avevano le loro conseguenze…

In quel momento, dunque, cominciai a veder uscire, dalla parete della sala operatoria, tantissime persone, apparentemente comuni, normali, ma con uno sguardo pieno d’odio, diabolico, spaventoso, che fece tremare la mia anima: percepii immediatamente che si trattava di demoni. Avevo in me come una consapevolezza speciale: comprendevo infatti che a ciascuno di essi dovevo qualcosa, che il peccato non è gratuito, e che la principale menzogna del demonio è quella di dire che non esiste: questa è la sua migliore strategia per poter lavorare a piacere con noi. Mi resi conto che sì, esiste, e che veniva per accerchiarmi, per cercarmi! Immaginatevi lo spavento, il terrore!!

La mia mente scientifica e intellettuale, adesso non mi serviva a niente. Giravo qua e là nella stanza, cercavo di rientrare nel mio corpo, ma questa mia carne non mi riceveva, e lo spavento era terribile! Finii col fuggire di corsa, attraversai non so come la parete della sala operatoria, sperando di potermi  nascondere tra le corsie dell’ospedale, ma  quando passai il muro… Giù! Feci un salto nel vuoto...! Mi diressi dentro una quantità di tunnel che scendevano verso il basso. Al principio c’era ancora un po’ di luce, ed erano come alveari in cui si trovava tantissima gente: giovani, vecchi, uomini, donne, che piangevano, e con urla spaventose stridevano i denti… Ed io, sempre più atterrita, continuavo a scendere, cercando di uscire da lì, mentre la luce andava via via  perdendosi… Rimasi a vagare per quei tunnel in un buio spaventoso, finché arrivai ad un’oscurità che non si può paragonare a niente altro… Posso solo dire che, in confronto, l’oscurità più buia della terra non è neppure paragonabile al pieno sole di mezzogiorno. Laggiù, quella stessa oscurità genera dolore, orrore, vergogna, e puzza terribilmente. E’ un’oscurità vivente, sì, è viva: là niente è morto o inerte. Alla fine della mia discesa, correndo lungo tutti questi tunnel, arrivai ad un luogo pianeggiante. Ero disperata, con una volontà di ferro di uscire da lì: la stessa volontà che avevo di salire nella vita, ma che ora non mi serviva a niente, perché lì stavo e lì rimanevo. Ad un certo punto vidi il suolo aprirsi, come una grande bocca, enorme! Era viva! Viva! Sentii il mio corpo vuoto, vuoto in un modo impressionante, e sotto di me un abisso incredibilmente spaventoso, orribile; ciò che più agghiacciava era che, da lì in giù, non si sentiva nemmeno un po’ d’Amor di Dio, neanche una gocciolina di speranza. Quella voragine aveva come qualcosa che mi risucchiava dentro. Io gridavo come una pazza, terrorizzata, sentendo l’orrore di non poter evitare quella discesa, perché avvertivo di scivolare irrimediabilmente dentro… Sapevo che, se fossi entrata, non sarei affatto rimasta là, ma avrei continuato a scendere, senza poter mai più risalire. Era, questa, la morte spirituale per la mia anima.

La morte spirituale dell’anima: ero irrimediabilmente perduta per sempre. Ma in quest’orrore così grande, proprio mentre sto per entrare, S. Michele Arcangelo mi afferra per i piedi… Il mio corpo entrò in quell’ abisso, ma i piedi rimanevano presi in alto. Fu un momento terribile e veramente doloroso. Quando arrivai lì, la luce che ancora restava nel mio spirito infastidì quei demoni; tutti gli orripilanti esseri immondi che abitano là, immediatamente si attaccarono a me. Quelli esseri orribili erano come larve, come sanguisughe che cercavano di tappare la luce. Immaginatevi l’orrore nel vedermi coperta da tali creature… Io gridavo, gridavo come una pazza! Quelle cose bruciavano! Fratelli, sono tenebre vive, è un odio che brucia, che ci divora, ci mette a nudo. Non ci sono parole per descrivere quell’orrore!

 

LE ANIME DEL PURGATORIO

 

Notate che io ero atea, ma lì cominciai a gridare: “Anime del Purgatorio! Per favore, tiratemi fuori di qui! Vi supplico, aiutatemi!”

Mentre gridavo, cominciai a sentir piangere migliaia e migliaia di persone, giovani… Sì, soprattutto giovani, con tanta, tanta sofferenza! Percepii che lì, in quel luogo terribile, in quel pantano d’odio e di sofferenza, stridevano i denti, con urla e lamenti che mi riempivano di compassione e che mai più potrò dimenticare… (Sono già passati 10 anni, ma ancora piango e soffro, quando ricordo la sofferenza di tutte quelle persone)… Dicevo, compresi che lì si trovavano tutte quelle persone che, in un attimo di disperazione, si erano suicidate… Adesso stavano in quei tormenti, con quegli esseri orribili vicino a loro, circondate da demoni che le tormentavano. Ma il più crudele di questi tormenti era l’assenza di Dio, perché là non si sente Dio. Compresi che, coloro che in un momento di disperazione si erano tolti la vita, dovevano rimanere lì, fra quei tormenti, fino a che sulla terra non fossero trascorsi tutti gli anni che avrebbero avuto ancora da vivere: perché tutti quelli che si suicidano, escono dall’Ordine Divino.

Quelle povere persone, soprattutto tanti giovani, tanti, tanti… Piangono e soffrono molto… Se l’uomo sapesse la sofferenza che lo aspetta, mai nessuno prenderebbe la decisione di togliersi la vita!

Sapete qual è il maggior tormento, là?

È vedere come i propri genitori, o i familiari, che sono vivi, stanno piangendo e soffrendo con tremendi sensi di colpa: se io l’avessi castigato, o se non l’avessi castigato, se io gli avessi detto, o non glielo avessi detto, se avessi fatto questo o quello… Alla fine, questi rimorsi così terribili, -un vero inferno per quelli che li amano e restano in questa vita-, sono ciò che più li fa soffrire. E’ il tormento maggiore per loro, ed è qui che i demoni infieriscono, mostrando queste scene:

“Guarda come piange tua madre, guarda come soffre, guarda come soffre tuo padre, guarda come sono disperati, come sono angosciati, come s’incolpano e discutono, accusandosi a vicenda, guarda tutta la sofferenza che hai procurato loro. Guarda come si ribellano contro Dio. Guarda la tua famiglia… Tutto questo per colpa tua!”

Ciò di cui queste povere anime hanno bisogno, è che quanti restano quaggiù comincino un cammino di conversione, che cambino vita, che facciano opere di carità, che visitino i malati… E che offrano Messe in suffragio dell’anima del defunto. Queste anime beneficiano enormemente di tutto ciò. Infatti, le anime che si trovano in Purgatorio non possono più fare niente per se stesse. Niente! Ma Dio sì, attraverso la Messa. Anche noi dobbiamo aiutarle in questo modo.

Compresi dunque che quelle povere anime non potevano aiutarmi, e in questa sofferenza, in questa angoscia, cominciai nuovamente a gridare: “Ma qui c’è un errore! Guardate che io sono una santa! Io non ho mai rubato! Non ho mai ucciso! Non facevo male a nessuno! Anzi, prima di andare in fallimento, importavo i migliori prodotti dalla Svizzera, toglievo e aggiustavo i denti, e molte volte non facevo pagare se i clienti non potevano permetterselo! Io facevo la spesa e la donavo ai poveri! Che ci faccio qui?!...”

Rivendicavo i miei diritti! Io, che ero così buona, che sarei dovuta andare dritta in Cielo, che cosa ci facevo lì?!

Andavo tutte le Domeniche a Messa, nonostante mi considerassi atea e non dessi attenzione a ciò che il sacerdote diceva; non mancavo mai. Se mancai alla Messa della Domenica 5 volte in tutta la mia vita, era tanto! Cos’è che ci facevo lì?!

 “Ma che ci faccio io, qui? Tiratemi fuori di qui! Tiratemi fuori di qui!”. Continuai a gridare atterrita, con quegli esseri orribili appiccicati a me!

“Io sono cattolica! Io sono cattolica, per favore, tiratemi fuori da qui!”

 

VIDI I MIEI GENITORI

 

Quando gridavo che ero cattolica, vidi una piccola luce: e guardate che una lucina pur piccola, in quelle tenebre, è il massimo, è il più gran regalo che si possa ricevere. Vedo dei gradini in cima a questa voragine, e vedo mio padre (che era morto 5 anni prima) quasi all’entrata dell’abisso. Aveva un pochino più di luce; e quattro gradini più su vidi mia madre, con moltissima più luce e in una posizione così, come in preghiera. Appena li vidi, ebbi una gioia così grande che cominciai a gridare: “Papà! Mamma! Che gioia! Venite a prendermi! Venite a togliermi da qui! Papà, mamma, per favore, tiratemi fuori di qui! Vi supplico, portatemi via da qui! Portatemi via!!”

Mentre succedeva tutto questo, il mio corpo si trovava in coma profondo: ero intubata, collegata alle macchine, e agonizzante. L’aria non entrava più nei polmoni, i reni non funzionavano… Se rimanevo collegata ai macchinari, era soltanto perché mia sorella, che è medico, aveva insistito con i suoi colleghi, adducendo il motivo che loro non erano Dio. Infatti, pensavano che non valesse la pena tenermi in vita, e parlarono in questi termini ai miei familiari: dissero che non era il caso di accanirsi, che era meglio lasciarmi morire tranquilla, perché ormai mi trovavo in agonia. Ma mia sorella insistette così tanto, che essi…

Sapete l’incoerenza? Io difendevo l’eutanasia, il diritto a morire dignitosamente!

I medici non lasciavano entrare nessuno dove stavo io, se non questa mia sorella medico, che rimaneva continuamente accanto a me.

Quando la mia anima, che si trovava nell’aldilà, vide i miei genitori, mia sorella, che stava vicino al mio corpo in coma, mi udì chiaramente  gridare a loro, tutta contenta, che mi venissero a prendere.

Forse a qualcuno di voi sarà capitato di sentire una persona in stato d’incoscienza gridare, o pronunciare delle parole: è quello che successe con me. Feci quasi morire di spavento mia sorella! Infatti, cominciai a gridare di gioia quando li vidi, chiedendo loro di venire a prendermi; allora mia sorella, che udì tutto, urlò: “Adesso sì che è morta, mia sorella! Mia madre e mio padre sono venuti a prendersela! Andate via, non prendetela! Và via, mamma, per favore; và via, papà, per favore: non prendetela! Guardate che ha i figli piccolini! Non portatevela via! Non portatevela via!”

I medici dovettero tirarla fuori di là, pensando che la mia povera sorella stesse delirando, che fosse in stato di shock; il che sarebbe stato normale, perché non era cosa da poco quello che stava passando: la morte di mio cugino, andare a prendere il cadavere all’obitorio, la sorella che muore, non muore, ma non supererà le 24 ore, secondo il parere dei medici… Era ormai da tre giorni che andava avanti con quest’angoscia, e per giunta senza dormire. Non meraviglia che la credessero esaurita e in preda alle allucinazioni…

Quanto a me, immaginatevi che gioia quando vedo i miei genitori! In quel luogo, in quella situazione così orribile nella quale mi trovavo, vedo i miei genitori!

Quando guardarono verso di me e mi videro lì, non potete immaginare che dolore immenso rivelarono i loro volti. Poiché là percepiamo e vediamo i sentimenti degli altri, io vidi il dolore che essi sentirono, quella loro sofferenza così grande. Mio padre cominciò a piangere tanto, tanto, e gridò: “Mia figlia! Oh, no! Mio Dio, mia figlia no! Mio Dio, la mia fogliolina no!”

Mia madre pregava, e quando guardò verso di me io vidi il dolore nei suoi occhi, ma nello stesso tempo niente le toglieva la pace e la dolcezza del volto, nemmeno una lacrima! Invece di piangere, alzò gli occhi, poi tornò a guardare verso di me. Compresi con orrore che essi non potevano tirarmi fuori di lì! Questo aumentò la mia sofferenza, vedendoli lì a condividere il mio dolore ma senza poter fare niente per me! Compresi pure che erano lì per rendere conto al Signore dell’educazione che mi avevano dato. Essi erano i tutori, ai quali era stato affidato il compito di custodire i talenti che Dio mi aveva dato. Con la loro vita e la loro testimonianza, dovevano proteggermi dagli attacchi di satana. E dovevano alimentare le grazie, che Dio aveva posto in me attraverso il Battesimo. Tutti i genitori sono i custodi dei talenti che Dio dà ai figli.

Quando vidi la loro sofferenza, soprattutto quella di mio padre, gridai nuovamente, disperata: “Toglietemi da qui! Toglietemi da qui! Io non ho colpa di stare qui, perché sono cattolica! Io sono cattolica! Tiratemi fuori di qui!”

 
 
 
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Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini, che non ha risparmiato nulla fino a esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo amore. E invece di riconoscenza non riceve dai più che ingratitudine per le irriverenze e i sacrilegi, per la freddezza e il disprezzo che hanno per me in questo sacramento di amore.

 

 

 

 

 

 

 

..Gesu è vivo!

 

Gesu è vivo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LAMPADA AI MIEI PASSI E' LA TUA PAROLA

 

AVE MARIA

Ave, o Maria piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso, e nell’ora della nostra morte.
Amen.

 

PADRE NOSTRO

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Amen.

 

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