Creato da seforsemaipiu il 12/03/2012

L'INGANNO

dove la fantasia non potrà mai arrivare

 

 

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sei

Post n°6 pubblicato il 25 Marzo 2012 da seforsemaipiu
Foto di seforsemaipiu

“E’ tardi Flora” La rimproverò Irma. “Sai che papà vuole trovarti a casa quando rientra dal lavoro, vai a lavarti le mani che tra dieci minuti è pronto, e ricorda di prendere le medicine.” La ragazzina eseguì meccanicamente gli ordini, si lavò con cura le mani e aprì tre barattolini. I farmaci contro l’epilessia andavano presi sempre alla stessa ora, mattina pomeriggio e sera, se ne dimenticava anche una sola delle sei pillole quotidiane, rischiava crisi ancora più frequenti ed intense di quelle che già subiva due o tre volte la settimana. Spesso dopo un attacco veniva portata in ospedale per accertamenti, qualche controllo, un paio d’ore di osservazione e poi di nuovo a casa. La mattina seguente uscì presto e andò al mercato della frutta e verdura. Si incamminò testa bassa per le strette vie del centro fino a quando il vociare della gente non la distolse dai suoi pensieri. Conoscevano tutti la piccola Flora occhi di cielo, e tutti avevano una parola buona per lei, un occhio di riguardo o un’attenzione speciale. Salutò cordialmente ogni venditore ambulante che al tempo stesso le mostrava la merce più fresca. “ Vieni piccirì, ti ho tenuto da parte quella buona, guarda che lattuga, appena colta!” Flora si fermò a parlare con un conoscente, quando all’improvviso vide il viso di Vincenzo sorriderle da lontano. Fece finta di non averlo visto, ma il cuore le balzò in gola, divenne nervosa e liquidò il suo interlocutore con freddezza. Allungò il passo e si mescolò alla folla, sentiva che Vincenzo le stava sempre più addosso. Un misto di paura e ribrezzo le attraversò il corpo, si sentiva al sicuro in mezzo alla gente ma temeva che lui la seguisse fino a casa, e a quell’ora a casa non c’era nessuno. Così rallentò il passo e si fermò davanti alla bottega del fioraio. “Don Michele, sono stanca posso sedermi un attimo da voi?” “ Certo Flora vieni dentro siediti, vuoi un bicchiere d’acqua, una caramella di zucchero, che ti prende vuoi che chiamo mia moglie?” Flora accettò la caramella, la scartò senza rispondere alle altre domande e rimase a fissare la vetrina del negozio col terrore di vederlo ancora la fuori. L’uomo venne distratto da un cliente. Passò più di mezzora, quasi le undici, dopo ancora qualche minuto di esitazione si decise a uscire dal negozio. Ringraziò Michele e occhi bassi scivolò tra le poche viuzze che la separavano da casa. Infilò la chiave nel portone e corse su per le scale. Giunta davanti alla porta sentì dei rumori provenire dall’interno del suo appartamento, la porta era accostata…l’aprì e con suo grande sollievo notò la figura di Giuseppina intenta a lavare il pavimento del corridoio. “ Floretta brava, spalanca la porta che si asciuga prima con la corrente d’aria!” Fece un sospiro di sollievo e aprì tutta la porta, posò la borsa della spesa sul tavolo della cucina e iniziò a svuotarla. “ Hai visto Vincenzo al mercato, l’ho mandato a comprare nu poco di verdura anche per noi. Spero si sbrighi che devo andare dalla Signora Nellio a cucinare che tiene una cena importante stasera. Le vostre camicette le ho stirate, sono solo da mettere nell’armadio lo fai tu? Sennò che la sente a Irma quando torna, poi dice che non finisco mai i servizi per bene, ahahahaha quanto è precisina tua sorella, sempre pronta a puntualizzare…”. Flora non stava neppure a sentirla, aveva ancora lo sguardo di Vincenzo impresso nella testa. “ Oh ma che brava donnina di casa…”. Rimase impietrita, il fiato di Vincenzo le aveva sfiorato l’orecchio, mentre da dietro le aveva preso i fianchi. Flora alzò la testa, non fece una mossa, come un’animale braccato, consapevole che ogni suo movimento sarebbe quello sbagliato. Lui si appoggiò prepotente tenendola stretta. “ Vincenzo!” Gridò la madre di lui. “Non fare il cretino! Lascia stare Flora!” Mollò la presa e lei scivolò dall’altra parte del tavolo. Non era abituata a ribellarsi, la vita le aveva sempre messo davanti  circostanze dove subire era naturale e  l’impotenza l’unico sentimento possibile. La malattia, la morte della mamma erano condizioni di fronte alle quali nulla si poteva, situazioni che laceravano ma alle quali non c’era rimedio. E senza rimedio pensò che fosse tutto ciò che non dipendeva da lei, tanto da sviluppare una sorda rassegnazione a qualunque cosa andasse contro il suo volere.   

 
 
 
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