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Il mio libro

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ISBN 9 788 876 808 753

 
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IL MIO SECONDO LIBRO

TRATTO DAI POST DEL MIO BLOG

"PRIMA E DOPO ... UNA GRANDE GUERRA ..."

 

DArrigoCover

Codice ISBN 978-88-6498-042-3

 

 
 

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SPRINFREESIA

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con la motivazione …… non me lo ha detto!

 

 

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Post n°682 pubblicato il 28 Maggio 2012 da maxlioda
 

Nello spulciare l’Archivio “documenti”, ho trovato questo mio vecchio scritto e poiché lo ritengo ancora valido, per me, oggi lo propongo in sostituzione dei miei aforismi.

Io, l’intruso

Mi sto chiedendo quale possa essere il motivo per il quale mi accingo a scrivere un paio di pagine su un argomento che mi assilla da lunghissimo tempo, ma con tutta sincerità non so darmi una risposta convincente. Mi dico che forse sviscerando il problema, questa “ansia” che mi ha assillato da sempre possa lasciarmi, oppure che quanto vado ad esporre possa servire ad un qualche Freud per curare un qualche paziente afflitto dalla mia stessa sindrome.

Per essere sincero fino in fondo, confesso che qualche anno fa avevo preso la penna fra le dita per compiere quello che sto per fare ora, e, non è detto che ad un certo punto io abbandoni questa impresa e mandi queste pagine incomplete a raggiungere quelle che da lunghi anni sono finite nella pattumiera.

Andiamo ad esporre gli avvenimenti con ordine ed alla fine non sarà necessario, almeno ne sono convinto sin da ora, che io illustri le conclusioni a cui sono giunto.

La prima gravidanza della mia mamma non andò a buon fine: perse il bimbo che attendeva dopo una manciata di settimane di gestazione. Se fosse nato quel primo bimbo, io non sarei stato concepito per due ovvie ragioni: mi sono formato molto prima della presunta data di nascita del “non nato” e, comunque, se i miei avessero deciso di avere più di un figlio, l’individuo che sarebbe nato in un secondo tempo sarebbe stato il frutto di ovulo e spermatozoo diversi da quelli che mi hanno generato. Sono nato per una disgrazia altrui! Ho usurpato il posto che spettava ad un altro!

Mio padre, ufficiale dell’aeronautica, era soggetto a continui trasferimenti; ogni nuova località che mi ospitava, considerando anche la poca mobilità della popolazione all’epoca, aveva gruppi di bambini accomunati sin dalla nascita, e se mi accettavano tra loro, con tutta probabilità, era il risultato dell’interessamento dei miei genitori che intervenivano tra le loro conoscenze per permettermi di inserirmi tra i miei coetanei. Sicuramente avvertivo questa forzatura, perché ricordo che preferivo, spesso, giocare da solo.

Ancora più tragica fu la situazione quando raggiunsi l’età scolastica: entravo in una nuova classe ad anno scolastico già iniziato e conseguentemente uscivo dalla vecchia nello stesso periodo. Non avevo alcuna possibilità si inserirmi se non marginalmente, sia nel gruppo degli scolari che nei programmi di studio. Qualche volta, nella stessa classe, ho incontrato qualcuno nelle mie stesse condizioni, ma più di una solidarietà molto blanda null’altro ci legava: ognuno di noi era abituato a cavarsela da solo.

Non mi soffermo troppo a descrivere il disagio che provai nell’inserirmi tra gli altri bambini in Svizzera: avevo dieci anni. Oltre alle abitudini completamente diverse da quelle in uso, anche se alquanto differenziate tra regione e regione, in Italia, mi trovai con un grosso handicap: non conoscevo la lingua! Pur facendo sforzi immensi per impadronirmi della lingua, non sempre riuscivo ad esternare il mio pensiero. Inoltre ero un povero italiano che aveva bisogno di affetto: provenivo da un Paese sconvolto da una guerra e chissà quante sofferenze avevo dovuto subire! Gli altri bambini mi cercavano, certamente perché spinti dai propri genitori.

A tal proposito, tanto per avvalorare la suddetta certezza, ricordo che due anziani coniugi, Frau ed Herr Luckas, definiti da tutti come generati con un DNA cocktail genovese scozzese, mi ricoprivano di frutta e dolcetti. Forse è meglio che non mi soffermi su questo aspetto, perché, altrimenti vengo colto da un’altra sindrome, quella di “suscito compassione”.

Tornando a bomba, in Svizzera ci stavo non per turismo o per far visita ai parenti, ma per avere un rifugio: tre giorni alla settimana ero ospite del fratello di mia madre, gli altri quattro della sorella (la notte ero sempre da quest’ultima).

Forse l’unico periodo che non mi ha visto intruso è stato quando ho frequentato le medie inferiori: dal primo giorno della prima media, fino all’ultimo della terza, sono stato nella stessa sezione, con gli stessi compagni. Però non ero del tutto sereno; infatti feci amicizia solo con due bambini, amicizia che, con uno di loro, durò finché è vissuto.

Dopo questa pausa, iniziò nuovamente l’Odissea: fui iscritto al classico. Dopo due trimestri fu deciso che quel tipo di studio non si confaceva alle mie attitudini, pertanto fui ritirato dalla scuola e l’ultimo trimestre, mi preparai privatamente per il primo anno del liceo scientifico. Entrai quindi in un secondo liceo scientifico, frequentato da pochissimi studenti (io ero il sedicesimo), già amalgamato: fino alla maturità mi sono sentito “uno di troppo”.

Da ragazzetto non facevo parte integrante di alcuna comitiva; si era però sparsa la voce tra le mie coetanee che fossi un bravo ballerino (io ritengo mediocre, e che gli altri fossero più scarsi di me), quindi ero invitato ad una infinità di festicciole, e, molto spesso, in case di persone che non avevo mai avuto occasione di conoscere. I maschietti erano costretti a subirmi: vedevo chiaramente che non accettavano che pascolassi nei loro orticelli. Più volte una “riunione danzante” fu rimandata, perché avendo io un precedente impegno, ero costretto a ricusare l’invito.

Veniamo ora all’università. La facoltà alla quale mi iscrissi era per me del tutto misteriosa: ero giunto alla sua scelta per esclusione delle altre (non a Roma, troppo lungo il corso di laurea, non mi interessava, ecc.).

I colleghi che trovai, invece, sapevano quello che avevano fatto e frequentavano con entusiasmo. Io non sapevo quali sbocchi di lavoro potesse offrire quella laurea. Non ero che un aggregato!

Ma non finisce qui: avevo, da sempre, sognato la goliardia. Non erano i romani alla guida del Pontiphicatus Romanus Archigimnasium, ma studenti, addirittura, di regioni diverse dal Lazio e che alloggiavano, quasi tutti, alla Casa dello Studente. Fui accettato nella loro cerchia solo perché avevo doti organizzative (dote acquisita perché, tutto sommato, ero sempre stato , come dire, un single).

Colui che mi accettò con meno entusiasmo fu proprio il Pontefice Massimo, per la cronaca Enzo Scollo, al quale stavo togliendo la popolarità dopo il rapimento del Principe di Napoli (Luciano De Crescenzo).

Ancora studente fui assunto in un grande ENTE, ma non per merito: per raccomandazione; anche se tutti i dipendenti dell’ENTE erano stati raccomandati, loro erano in ruolo ed io ero un “temporaneo” (oggi si direbbe precario). Ero la pecora nera del gregge!

Qualche anno dopo, non riuscivo ad accettare di essere stato raccomandato, risposi ad un annuncio di ricerca di personale e dopo un esame pratico, fui assunto ed inserito in un gruppo affiatato e per farmi accettare (ero inserito in un livello livello superiore al loro per via della laurea) fu concesso a tutti un aumento di stipendio. Per la cronaca accettai quel posto anche se nell’ENTE della mia provenienza il mio stipendio era di gran lunga superiore. Comunque ero un intruso!

Potrei continuare ad illustrare le mie intrusioni in una miriade di altre situazioni, non ultima quella che in punta di piedi ho fatto nella comunità di LIBERO creando un mio BLOG.

E’ meglio che mi fermi qui, altrimenti la sindrome dell’intruso, invece di allontanarsi da me, mi si appiccica sempre di più!

 
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