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dal libro: "Un'altro giro di giostra" di Tiziano Terzani - Le pagine più interessanti - Ed. Longanesi

Post n°217 pubblicato il 23 Settembre 2016 da loredanafina1964

QUATTORDICESIMA PUBBLICAZIONE

PAG. 74

Il senso di tutta la chiacchierata con Thurman era che la vita è un'occasione per conoscere se stessi, che la società in cui viviamo è demenziale perchè il suo nocciolo, fatto di puro materialismo, nega esattamente quello che noi siamo: i resti di tante vite.

Proprio in quei giorni, un carissimo amico, in mezzo a un brutto fallimento professionale e familiare, mi aveva scritto d'aver per la prima volta pensato al suicidio. Tornato a casa, trovai finalmente le parole per rispondergli: i pesi e le misure, i valori dai quali pensiamo che la nostra vita dipenda, sono delle pure convenzioni.

PAG. 75

Sono dei modi con cui ci regoliamo, ma anche ci appesantiamo, l'esistenza. La nostra vita, a guardarci bene dentro, non dipende affatto da quelli. Successo, fallimento sono criteri estremamente relativi per giudicare un avvenimento, un periodo della vita che comunque è di per sè passeggero, impermanente.

Quel che ora ci pare insopportabile, fra dieci anni ci parrà irrilevante. Probabilmente ce lo saremo quasi dimenticato. Perchè non fare l'esercizio di guardare all'orrore di oggi con gli occhi che avremo fra dieci anni? Mi sentii sollevato, anche se mon mi pareva di poter consigiare a me stesso la stessa cosa. 

Dieci anni...?

Thurman era stato una bella ventata di idee controcorrente e di intelligenti provocazioni. Anche questo era New York: il nulla e l'opposto del nulla. Dentro quella società, tutta tesa verso la felicità, che Thurman aveva ridicolizzato per il suo non poter essere "assoluta" come noi la vorremmo "quel che io provo non può mai essere assoluto e quel che anche mi appare assoluto non può che essere relativo", c'era tutta una fronda di persone che non accettava la banale materialità del vivere quotidiano, che aspirava ad altro, che, anche assurdamente, cercava altre vie: gente che a suo modo resisteva.

Non mi ci volle molto per scoprire uno dei principali centri di questa "resistenza". Fu l'odore a portarmici. Una mattina camminavo lungo Spring Street. Un portone di ferro, davanti al quale passavo, si aprì spinto da una ragazza che usciva, e una zaffata di un familiare odore d'incenso mi venne addosso. Guardai, curioso, e, prima che il portone si richiudesse, m'infilai dentro. Avevo trovato il New York Open Center, un misto di università popolare, centro sociale, supermercato dell'alternativo. Alle bacheche erano affisse descrizioni dettagliate dei vari corsi che venivano tenuti, dall'erboristeria alla dietetica, dalla riflessologia a ogni tipo di yoga, oltre ai diversi trattamenti e terapie della medicina alternativa. Il negozio-libreria, da cui uscivano l'odore di incenso e una costante "musica da meditazione" , era rifornitissimo di letteratura new-age, CD, cassette e materiale "alternativo". Dalle aule entrava e usciva il solito popolo degli "altri", di nuovo soprattutto donne, ragazze grasse, ma serene, donne di mezza età, chiaramente benestanti, ma "spirituali". L'atmosfera era distesa, piacevole. Mi avvicinai al bancone delle iscrizioni per chiedere informazioni, ma ancor prima che aprissi bocca, la ragazza di turno mi guardò e con un gran sorriso sbottò:

"Uaooo..."

"Che c'è"  chiesi, ma non capendo.      "Tu hai un'aria magnifica."      "Davvero?"

"Si. Lo sai che hai un alone tutto attorno al corpo? Tu sei uno felice!"

"Sì, sì, il tuo sorriso è stupendo, tu hai davvero un alone."

Sarà stata la sua tecnica di vendita; lo diranno a tutti quelli che vanno a iscriversi e a pagare per qualche corso, ma lì per lì mi parve davvero di averlo, quell'alone. Finii per iscrivermi a un corso di tarocchi. Ci andai due volte alla settimana per due mesi. L'insegnante era una brava italoamericana. Gli altri "studenti": soprattutto donne, e uno strano signore che arrivava vestito come un normale impiegato di banca o un avvocato e che, sotto l'uniforme del businessman, aveva già, come fosse una seconda pelle, una tenuta bianca da ginnastica. Prima della lezione si apprtava in un angolo e si toglieva pantaloni e giacca, camicia e cravatta, come uno che, camuffatosi per sopravvivere, finalmente si liberava dalla maschera. Perchè in quella strana tribù, in qualche modo clandestina, che aveva bisogno di altro, non c'erano solo giovani che un tempo sarebbero stati hippy, ragazze liberate o divorziati in cerca di un nuovo approdo: c'era gente di cui uno non avrebbe mai sospettato.

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Ciao, bel post, complimenti. Ti auguro una dolce notte....
Inviato da: leggenda2009
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:)
Inviato da: loredanafina1964
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Il verso della lepre o il raglio dell'asino invece non...
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il 13/01/2014 alle 22:58
 
grazie :) NMHRK
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