Non è delocalizzazione

Post n°22 pubblicato il 13 Gennaio 2008 da conte_1972
 
Foto di conte_1972

Sono stanco, sfiduciato e parecchio incavolato. In poche parole ne ho davvero gli zebedei stracolmi. Il motivo di tanta rotazione testicolare non è dovuto, però, all’inettitudine dei nostri politici o all’inefficienza della nostra Italia. I miei motivi sono tutto sommato più “normali”, se confrontati con i problemi sopracitati, ma non per questo meno importanti, visto che sono inerenti al presente e al futuro di un numero considerevole di lavoratori italiani. Mi spiego meglio. L’azienda per cui lavoro ha a ruolo circa cinquecento dipendenti (fino a qualche anno fa erano seicento) e produce radiatori da riscaldamento.  Il gruppo, però, non si occupa solo di ciò. Esso annovera tra le sue produzioni, attraverso le varie filiali, articoli quali climatizzatori, chiller per il raffreddamento industriale, nonché una linea di prodotti atti al riscaldamento mediante irradiamento, e ha chiuso il 2007 con un fatturato di circa 170 milioni di euro.  Un gruppo, quindi, che gode di buona salute e che è leader nel mercato italiano nella produzione di radiatori tubolari multi colonna in acciaio ecc. Che cosa avrò mai da lamentarmi, quindi? Presto detto.  Nel 2004 l’azienda ha costituito una società in Romania (oltre che ad una joint venture con un’azienda in Cina, che però mi preoccupa di meno data la distanza geografica) con l’avvio di una stabilimento per la produzione di radiatori.  Secondo la direzione della società non si è trattato di delocalizzazione ma (cito) “di scelta strategica dell'azienda con l'obbiettivo di posizionare uno stabilimento vicino ai mercati dell'Europa dell'est in cui progressivamente si possono sviluppare nuove richieste di radiatori a fronte di bisogni ed esigenze crescenti”. La direzione, allora, fu lesta a rassicurarci sul fatto che non ci sarebbero state ripercussioni sul piano occupazionale e ci esortò a considerare quella delocalizzazione (pardon, scelta strategica) come un occasione per la crescita del gruppo ed altre amenità del genere. Dopo un po’, però, cominciammo a notare che l’impresa non solo non faceva più nuove assunzioni per sostituire coloro che si dimettevano o arrivavano all’agognata pensione, ma che non rinnovava nemmeno più il contratto ai lavoratori che ne avevano uno a termine o a somministrazione in scadenza. Alle nostre legittime preoccupazioni, essa rispose ribadendo che il sito romeno  non doveva essere considerato una delocalizzazione bensì  una scelta strategica ecc. e che non ci sarebbero state ripercussioni sul piano occupazionale, ma solo per i lavoratori a tempo indeterminato (evidentemente la prima volta avevamo capito male). Dopo qualche tempo l’azienda ci annunciò che intendeva chiudere in capo ad un paio d’anni il reparto che si occupava della produzione dei cosiddetti radiatori “da bagno”, trasferendone praticamente in toto la produzione in Romania (a parte qualche piccola lavorazione), ribadendo che non si trattava di delocalizzazione ma di scelta strategica ecc. Effettivamente non ci furono ripercussioni sul piano occupazionale, ma solo grazie al fatto che furono progressivamente allontanati un numero sempre crescente di lavoratori di un paio di cooperative che si occupavano prevalentemente dell’imballaggio dei prodotti.  In quell’occasione tutti, me compreso, peccammo di egoismo, preferendo la tranquillità del nostro posto di lavoro alla difesa del lavoro altrui, ed è una cosa che non mi perdonerò mai. Successivamente la società ci annunciò che in Romania sarebbe cominciata anche la produzione di radiatori multi colonna, ribadendo che non si trattava di delocalizzazione ma di una scelta strategica ecc… La faccio breve.  Durante il 2007 la proprietà annunciò che intendeva compiere un investimento che poteva arrivare anche a 25-30 milioni di euro, volto alla riorganizzazione del lavoro ed al recupero della qualità, efficienza e competitività sui costi, mediante l’utilizzo di metodologie cosiddette “lean” (digitando il termine “lean” in Wikipedia ho scoperto che esso identifica una filosofia industriale ispirata al sistema di produzione della Toyota, altrimenti detto toyotismo. In poche parole vogliono farci diventare come i lavoratori giapponesi, e a me il sushi fa schifo). Tale investimento, però, avrebbe interessato il sito polesano solo a determinate condizioni: massimo della flessibilità e della disponibilità soprattutto nell’orario di lavoro (sabati e domeniche compresi), nonché una non belligeranza nei confronti dell’impresa che intendeva  intraprendere uno “snellimento” anche in termini occupazionali soprattutto nei cosiddetti lavoratori indiretti (impiegati, manutentori e vari non addetti alla vera e propria produzione). A chi gli chiedeva che fine avesse fatto quella promessa sul mantenimento dei posti di lavoro a tempo indeterminato, la società rispose che intendeva riferirsi solo a coloro che provenivano dal reparto “bagno” (avevamo capito male anche stavolta). Nell’ultimo incontro avuto nel 2007 la proprietà ha posto al ribasso l’entità dell’investimento che intendeva effettuare portandolo a 8-10 milioni di euro, alle stesse condizioni. Nel primo incontro del 2008 l’importo è sceso a sette, ovviamente alle stesse condizioni, e ha messo sul piatto la sua intenzione di aprire una procedura di mobilità nei confronti di venti lavoratori “indiretti” e di altri venti “diretti” (per ora).  Naturalmente si è ribadito ancora una volta che il sito in Romania non è da intendersi come una delocalizzazione ma una scelta strategica. Dopo tutto ciò mi è improvvisamente apparso chiaro il motivo secondo il quale l’azienda ci abbia fatto omaggio nell’ultima busta paga di un biglietto della lotteria di un centro commerciale, che annovera tra i premi un corso di nuoto: per imparare a farci stare a galla in questo mare di corbellerie.

 
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Let's Rock and roll!

Post n°21 pubblicato il 09 Gennaio 2008 da conte_1972
 
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Ho terminato da poco la mia giornata lavorativa (turno 14-22) e non ho voglia di uscire. Così mi sono messo al computer e collegato ad internet per aggiornare questo spazio, senza però avere la minima idea su cosa scrivere (sono bastati un paio di giorni di lavoro per ottenebrare in maniera completa le mie due cellule neuronali, evidentemente). Così ho acceso la radio e girovagando tra le frequenze mi sono imbattuto nella splendida "Run to the hills" degli Iron Maiden, e mi è tornato alla mente il periodo nel quale mi ero messo in testa di imparare a suonare la chitarra. Essendo un grande appassionato di rock, mi immaginavo nell’olimpo delle rock-star assieme a gente del calibro di Jimmy Page, Richie Blackmore, Joe Satriani, circondato da groupies scatenate e disinibite pronte a soddisfare ogni mio capriccio sessuale (perché sono le groupies il vero motivo per cui ognuno decide di dedicarsi al rock. Certo, c’è la passione per la musica e tutto il resto, ma il motivo principe è che si cucca alla grande). Poi ho dovuto fare i conti con la mia completa incapacità a generare un accordo in fa che non assomigliasse al suono di un gatto a cui hanno schiacciato la coda. Pensavo che con il tempo e la costanza le cose sarebbero migliorate, ma non c’è stato nulla da fare, e non potete capire quanto è triste scoprire che in te arde il fuoco del rock (nonché una leggera forma di priapismo) ma che nel contempo sei affetto da mancanza cronica di talento. E’ una cosa che ti segna, ti lacera dentro e ti sconquassa l’anima; ti pietrifica il cuore, ti gela il sangue e ti sminuzza il cervello; un dolore immenso, incommensurabile, che ti sbatte a terra dopo averti rivoltato come un calzino…per capirci, è come una pedata del calciatore brasiliano Roberto Carlos sui testicoli, moltiplicata per un miliardo di volte. Fortunatamente, nessun dolore è eterno. Nel momento in cui lo provi credi durerà per sempre, ma non è così. Il tempo passa, e te ne fai una ragione. Io me la sono fatta. Non sarò mai un grande chitarrista, quindi le groupies me le devo scordare, e poi i capelli lunghi non mi stanno nemmeno tanto bene. Tutto questo per dire che a volte bisogna trovare il coraggio di arrendersi davanti all’evidenza, di ammettere la propria completa incapacità a svolgere una determinata attività.

 

Mi rivolgo quindi a quei politici che si riciclano da uno schieramento all’altro, che vivacchiano nel cosiddetto gruppo misto in attesa di tempi migliori, che si dannano per avere un posticino in qualche commissione parlamentare senza averne le competenze necessarie. Mi rivolgo altresì a quei manager che incaricati di risollevare le sorti di un’azienda pubblica o privata non solo non riescono a portare a termine il loro compito ma addirittura ne aumentano l’indebitamento, per poi passare ad un’altra azienda in cerca di maggior fortuna. Mi rivolgo infine a quegli pseudo vip di cui la televisione pullula, emarginati in continue ospitate, comparsate e televendite sognando quel grande balzo, la grande occasione che non arriverà mai. Se qualcuno si riconosce in uno di questi identikit, mi faccia il favore, lasci perdere immediatamente quello che sta facendo e si trovi qualcos’altro da fare. La nazionale di subbuteo, ad esempio, è sempre alla ricerca di nuovi talenti, oppure potreste tentare di occupare quello spazio nell’olimpo del rock lasciato libero dal sottoscritto. Tra l’altro, credo che con un po’ di impegno riuscireste ad impalmare quelle groupies che da allora non sanno più a chi darla. Certo, qualcuna di loro nel frattempo si sarà un po’ appesantita e qualcun'altra probabilmente, a forza di festini a base di alcol e droghe, non ci starà più tanto con la testa, ma che diamine, per una volta nella vita, accontentatevi.

 

p.s. vendesi chitarra elettrica hamer con ponte floyd rose e amplificatore fender a transistore con distorsione, riverbero e feedback a pedale. Prezzo da concordare. Si accetta permuta con posto in parlamento.

 
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Il tenero gattino

Post n°20 pubblicato il 04 Gennaio 2008 da conte_1972
 
Foto di conte_1972

Era un bellissimo, tenero, gattino dal manto grigio, di quel grigio che assume l'asfalto sbiadito. Viveva senza curarsi del giorno a venire. Passato? Futuro? La sua vita era un eterno presente, perché desiderare altro? L'unica cosa di cui gli importava, in quel momento, era quella piuma bianca che volteggiava nell'aria sospinta da un filo di vento. La rincorreva già da un po', da un bel po' a dire il vero, senza peraltro riuscire mai ad afferrarla. Ogni tanto compiva un piccolo balzo per avventarcisi contro ma lei, beffarda, riusciva sempre a sfuggirgli e a continuare a volteggiare beata, e il tenero gattino color grigio asfalto continuava a rincorrerla, dimenticando gli stimoli della fame e della sete e le carezze amorevoli della sua padroncina. Ogni tanto una corrente contraria le faceva mutare di colpo direzione. Il tenero gattino grigio asfalto, allora, si fermava di botto e compiva una rotazione del corpo senza quasi apparente discontinuità di movimento e ricominciava ad inseguirla con ancora maggior veemenza. Le onde del vento la sospinsero al di sopra di un campo incolto. Il tenero gattino grigio asfalto superò con un sol balzo il fosso che correva lungo tutto il lato e che ne delimitava il confine con il campo vicino, incolto anch'esso. Le sterpaglie che infestavano il terreno acuirono non poco le difficoltà della caccia, rendendola perciò ancora più interessante. Un improvviso mulinello arrestò a mezz'aria la corsa della piuma, facendola roteare su se stessa. Il tenero

gattino color grigio asfalto, allora, si alzò sulle zampe posteriori e con gli occhioni fissi verso l'alto tentò degli affondi alternando la zampina anteriore destra alla sinistra più volte. Riuscì persino a sfiorarla e per una frazione di secondo gli parve anche di poter riuscire a prenderla, ma il vento mutò

direzione, allontanando la preda dal suo predatore. La bianca piuma s’infilò tra le maglie verdi di una rete da recinzione e continuò la sua corsa verso l'ignoto sull'asfalto della tangenziale trafficata. Il tenero gattino grigio asfalto si arrampicò agilmente sulla recinzione e arrivato in cima si gettò al suolo, atterrando sulle zampine anteriori. Corse a perdifiato per recuperare lo svantaggio subito ed il suo tenero, morbido manto si confuse con quello stradale... SPATACIAK!

 

 

 
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Auguroni?

Post n°19 pubblicato il 01 Gennaio 2008 da conte_1972
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Il nuovo anno è alfin giunto, e con esso il tempo dei buoni propositi. Ben pochi di essi verranno mantenuti, temo, ma è il ciclo dell’arco vitale che ce lo impone, e chi siamo noi per contraddire costui? Mi chiedo, però, perché noi esseri umani sembriamo sempre aver bisogno di una data simbolica per cominciare a migliorare noi stessi (o perlomeno ripromettersi di farlo). Non sarebbe meglio cominciare da oggi, indipendentemente dal calendario? Senza un qualsivoglia stimolo siamo entità inerti, che si lasciano travolgere dall’onda della vita come naufraghi alla deriva. Dovremmo forse imparare che la nostra esistenza non si costruisce da domani, bensì da oggi, sempre ammesso che l’oggi sia reale. E’ noto infatti che taluni pensano che il presente null’altro sia che una pia illusione. Come può, sostengono costoro, essere tangibile l’infinitesimale punto del continuum temporale che separa ciò che non esiste più da ciò che non è ancora esistito? Che abbiano ragione o meno, credo nessuno di noi lo scoprirà mai. Forse tutto questo è un sogno, ed il nostro affannarci alla ricerca della felicità non ha alcun senso, perciò è inutile fare propositi per l’anno nuovo, poiché esso è assolutamente virtuale. Bella prospettiva di merda, non è vero?

Lo ammetto, le festività natalizie mi mettono addosso sempre un po’ di depressione. In questo periodo dovrei sprizzare gioia da tutti i pori, ma non ci riesco. Ammiro coloro che lo fanno, ma non chiedetemi di unirmi alla loro schiera. Faccio del mio meglio per dissimulare la rotazione testicolare, comunque. In questo tempo che bada più all’immagine che alla sostanza, ciò risulta estremamente utile, credetemi. Non cercate mai di spiegare agli altri il motivo del vostro malcontento attuale, non vi capirebbero, e vi guarderebbero come se aveste due teste. Fingete, dunque, e siate prodighi di auguri e bacini sulle guance come se ciò fosse la vostra unica aspettativa di vita. Se proprio non ce la fate, un paio di bicchieri di spumante aiutano; se nemmeno ciò è sufficiente, provate con l’intera bottiglia.

Per migliorare il mio veglione di ieri sera, invece, non sarebbe bastata l’intera produzione annuale dei territori di Francia Corta. Quaranta euro dati ad un ristoratore per ritrovarmi a desinare allo stesso livello qualitativo di una mensa aziendale, tanto per cominciare. Ciò avrebbe dovuto farmi capire che la serata non stava volgendo granché bene, probabilmente, ma io, testardo come un mulo, ho detto no, la situazione non può che migliorare. Una volta toccati il fondo si può solo risalire, nevvero? Balle! Il fondo lo si può ancora raschiare. Non ci credete? Proviamo a fare un gioco, allora, e vediamo se riesco a convincerci. Immaginate, che so, una discoteca (è solo un esempio); diciamo un tre piste da ballo in cui in una, ad esempio, trasmettano revival anni ’60, in un'altra, forse, facciano il classico latino-americano, e nell’ultima, che so, dance anni ’80. Un bel locale da ballo, insomma. Fantasticate, adesso, sul fatto che tutte e tre le piste siano semi deserte e che non ci sia una gnocca decente nemmeno tra le bariste (le fanciulle che stiano eventualmente leggendo possono invece immaginare un posto in cui IO sono il ragazzo più affascinante presente, e trarne le dovute conseguenze). Riuscite a vederlo con la vostra mente? No? Nemmeno io, ad onor del vero… IO IN QUEL LOCALE C’ERO!

Così è cominciato il mio 2008. Considerando che questo sarà pure l'anno in cui nell'azienda in cui lavoro si comincerà a parlare di esuberi, credo si tratterà di un bell’anno di merda (e scusatemi per la parola anno). A risentirci.

 
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"Compagni" imprenditori

Post n°18 pubblicato il 05 Dicembre 2007 da conte_1972
 
Tag: Lavoro
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L'azienda per cui lavoro, che ha una succursale in Cina, ha ricevuto la richiesta da parte del partito comunista cinese (ripeto: PARTITO COMUNISTA CINESE!) di cento radiatori, da installarsi all'interno del mausoleo di Mao (ripeto:MAUSOLEO DI MAO!). Diamine, io ho sempre pensato che agli imprenditori stessero sulle balle i comunisti! Che sia il segno di una svolta a sinistra dei miei datori di lavoro? Ai posteri l'ardua sentenza.

 
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