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Un blog creato da lucaalbanese il 24/07/2005

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PROVA A NON PENSARCI

Post n°229 pubblicato il 12 Febbraio 2007 da lucaalbanese

immagine...prova a non pensarci e corri...corri... Le gambe veloci si susseguivano ripetutamente. Lo sguardo basso a vedere dove i piedi andavano ad appoggiare. Il sangue era già arrivato alla caviglia e non voleva saperne di arrestarsi. Le caviglie fragili si piegavano ad ogni pietra improvvisa, mentre l'erba cominciava a cancellare il sentiero, anche se lui un vero e proprio sentiero non l'aveva mai seguito. Ma ora non c'era tempo di pensare. Correre...correre prima che arrivino...

Il fiato sforzato, combatteva con l’afa che sembrava tappargli ogni via d’uscita. Intanto il cuore aveva deciso di cominciare a ritmare una sua melodia impazzita.

 L'erba aveva deciso all'improvviso di sparire per lasciare spazio agli arastri,e la situazione non era delle migliori, gli arastri avevano il potere di infilarsi nella ferita e spezzarsi dentro, lasciando tracce e infezioni dolorose nella carne. Non erano piante normali, non erano roveti, erano solo arbusti fatti esclusivamente da spine.

Ma ora non c'era tempo di pensare...non posso permettere al dolore di far da padrone...corri...corri ...

La ferita, che dilaniava tutta la coscia destra, ora aveva smesso di sanguinare. Le gambe veloci si susseguivano ripetutamente. Lo sguardo basso a vedere dove i piedi andavano ad appoggiare. Erano infiniti gli arastri, erano cattivi, ma il mare ora doveva essere vicino. Un gabbiano cominciò ad urlare e planare...il mare è vicino, ci sono quasi...la ferita non fa più male...ma gli arastri si, eccome. La gamba cominciò nuovamente a sanguinare. Gli arastri avevano fatto il loro sporco dovere. Ma ora non c'era tempo di pensare. Devo solo guardare i miei passi, volare via da questo incubo...ma le forze mancano...non proprio ora...non cosi...

Ogni qual volta le spine si presentavano davanti, le gambe cominciavano a sanguinare anticipatamente, le fitte si susseguivano e la ferita era diventata un'unica sorgente di dolore ormai quasi irraggiungibile.

Sembrava quasi di volare. Effettivamente la terra sotto i piedi ora mancava e un unico tonfo le diede il colpo di grazia. Seguirono venti minuti di silenzio.

Mi raggiungeranno…mi raggiungeranno…

Ora tutto era innocuo. Accasciato per terra l'unico suono che sentiva era quello delle cicale, mietitrici di calore. Il sole batteva sulla calotta cranica inondata dal sudore, stracci di terra si avventavano verso i bulbi oculari.

Sapeva di essere vicino all'involucro della morte. Ma non era pronto.

.non proprio ora...non cosi... Un mantello buio ora s'inchinava verso di lui...

Il sangue aveva abbandonato quasi tutto il corpo, il silenzio divenne obbligato.

Stava accettando la morte come un bimbo accetta una caramella e il sole che cuoceva le pupille sta diventando rosso. Le labbra, sporche di terra e erba, ora fanno passare un sottile respiro mentre la saliva è solo un

ricordo lontano. L'unico liquido che sfiora la bocca è il sangue delle sue maledette gengive...sete...

Il gabbiano continuava il suo terribile canto, ma ora era tutto più lontano.

Correre...correre prima che arrivino.. Ormai tutto era inutile, loro erano li. Lo guardavano immobile, riverso in terra con ancora un filo di fiato...loro sapevano che l'avrebbero raggiunto, era impensabile che un uomo scappasse senza portarsi dietro i propri Rimorsi...

 
 
 
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LE SIRENE

 

Andavamo per sirene in riva al mare

quell’inverno mite

con la sua brezza che ci assaporava.

Le sirene forse erano nascoste

o forse non c’erano già più

mentre noi con insistenza le davamo la caccia.

Eravamo bambini

giocavamo e le sirene di nascosto sorridevano

andando a tempo con le onde.

Ora ansimiamo d’innanzi al mare

perché le sirene non ci sono più

al loro posto, relitti galleggianti

che come anni passano coccolati

alla deriva

nel mare dei ricordi

che non ha mai smesso di ritmare i nostri pensieri.

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L' ETERNA SALITA

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