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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi  agisce a proprio rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi di Ottobre 2014

Pil Usa oltre le attese, nel terzo trimestre + 3,5%

Post n°1750 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

NEW YORK (WSI) - Sale oltre le attese il Pil Usa nel terzo trimestre. Secondo la prima lettura del Diparrtimento del Commercio la crescita è stata del 3,5% annuale contro il +3% delle stime del mercato ma in rallentamento rispetto al +4,6% dei tre mesi precedenti.

Il dato - secondo quanto riferito dal governo - è stato sostenuto dal balzo dell'export e dalle spese militari.

Le spese per consumi, il motore della crescita dell'economia statunitense, sono aumentate dell'1,8%, dal 2,5% del secondo trimestre.

Nel dettaglio, tra luglio e settembre le esportazioni sono aumentate del 7,8% a mentre le importazioni sono diminuite dell'1,7%. Di rilievo, l'aumento della spesa federale, in progresso del 10%, il tasso di crescita maggiore dal 2009.

Nel terzo trimestre la crescita dell'economia americana "è stata solida e in linea con una serie di indicatori che mostrano il miglioramento del mercato del lavoro, della fiducia dei consumatori, la sicurezza energetica interna e il lento aumento dei costi della sanità". Jason Furman, presidente del Council of Economic Advisers della Casa Bianca, ha commentato così il dato preliminare sul Pil del terzo trimestre.

Come ha spiegato il consigliere economico del presidente Barack Obama, l'economia "si è ripresa più velocemente di altre a livello globale" e i dati recenti dimostrano che "gli Stati Uniti continuano a guidare la ripresa globale", ma "c'è ancora lavoro da fare per sostenere la crescita investendo in infrastrutture, nel manifatturiero e nell'innovazione".

Proprio per questo "bisogna garantire che i lavoratori sentano i benefici della crescita, aumentando il salario minimo e sostenendo l'equità dei compensi", ha detto Furman.

Guardando avanti, la situazione non appare così rosea. Secondo gli economisti di IHS Global Insight, la performance del terzo trimestre non si ripeterà nel quarto quando è stimato un aumento del Pil nella forchetta tra il 2.5-3.0%. Per l'intero 2014 il PIl è visto a +2,2% in aumento del +2,7% nel 2015.

da Wallstreetitalia

 
 
 

La Fed abbandona il Qe, ma non i tassi vicini allo zero

Post n°1749 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Dopo sei anni di stimoli all'economia la Federa Reserve mette fine al quantitative easing. Al termine della riunione del Fomc iniziata ieri, la Banca centrale americana ha annunciato la fine del programma di acquisto di bond e titoli a sostegno dell'economia, che già a settembre era stato tagliato di 10 miliardi a 15 miliardi di dollari al mese. La decisione è stata presa con il voto favorevole di nove membri su dieci, mentre il presidente della Fed di Minneapolis, Narayana Kocherlakota, si è espresso contro, poiché desiderava che la Fed continuasse il programma di acquisto di asset.

Il programma, varato a settembre 2012 e incrementato a dicembre dello stesso anno, era originariamente pari a 85 miliardi di dollari al mese e a partire dal dicembre dello scorso anno era stato ridotto sette volte in altrettante riunioni del comitato monetario. Quello di oggi, quindi, è stato l'ottavo e ultimo taglio. Il terzo round di quantitative easing (il primo era stato lanciato nel 2008 e il secondo nel 2010) ha comunque avuto un effetto positivo sull'economia Usa: dal 2012 il tasso di disoccupazione è calato dall'8% all'attuale 5,9% e l'inflazione, che pure si mantiene abbondantemente al di sotto della soglia del 2% giudicata ottimale dalla Fed, negli ultimi mesi si è stabilizzata e, anzi, ha ricominciato a salire.

Quanto ai tassi di interesse, come ampiamente previsto, la Fed ha deciso di lasciarli invariati nel range tra lo zero e lo 0,25%, il minimo storico a cui erano stati portati nel dicembre 2008. Confermata anche la guidance di tassi prossimi allo zero per "un periodo di tempo considerevole" dopo la fine del tapering. In particolare, l'aumento tassi sarà anticipato o posticipato a seconda dei progressi verso target. Quanto alle valutazioni sullo stato di salute dell'economia, la Banca centrale ha fatto riferimento al mercato lavoro che resta sotto-utilizzato in termini di risorse e costituisce uno dei fattori di rischio a cui guardare.

La ripresa del settore immobiliare rimane lenta, mentre la spesa delle famiglie è moderatamente aumentata e gli investimenti delle imprese sono in crescita. All'interno del Comitato ci sono poi timori di un aumento dei rischi ribassisti sul mercato in scia alle turbolenze di questo mese. Complessivamente, però, "non è emerso nulla di nuovo. Nessuno shock. Molti operatori aspetteranno domani per una lettura congiunta con il pil americano del terzo trimestre. Per adesso nulla di fatto, si va avanti con la politica accomodante", ha commentato a caldo un esperto contattato dall’agenzia Mf-DowJones.

Dopo l'annuncio del Fomc il Dow Jones e il Nasdaq sono rimasti in territorio negativo cedendo, rispettivamente. lo 0,18% e lo 0,49%, mentre il cambi euro/dollaro è sceso sotto 1,27 a 1,2695 e quello dollaro/yen è balzato a 108,47. Il rendimento dei Treasury a 10 anni è salito al 2,36%, sui massimi dall'8 ottobre, per poi ritracciare a quota 2,35%.

 
 
 

SuperIndice_USA(LEI) sempre in rialzo anche a settembre

Post n°1748 pubblicato il 24 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Giovedi  23 ottobre 2014

Il Conference Board Leading Economic Index ® il (LEI) per gli Stati Uniti è aumentato dello 0,8  per cento nel mese di settembre arrivando a  104,4 (2004 = 100), dopo  nessun aumento    nel mese di agosto    e  un aumento dello 1,1  in luglio.

"I mercati finanziari stanno riflettendo agitazione e disagio, ma i dati sui principali indicatori continuano a suggerire una crescita moderata nel breve termine", ha detto Ken Goldstein, economista del Conference Board. "Nel frattempo, i  deboli progressi  del mercato immobiliare rimangono un rischio notevole  per le prospettive di giravolte finanziariea breve termine."

L'uscita dei  prossimi  dati  è prevista per  giovedi 20 novembre  2014.

   ^^^^^^^

il LEI è uno dei nostri leading indicator preferiti  poichè:

a) La correlazione tra LEI e PIL è molto elevata  come ci dimostra  Northern Trust nel  grafico, in cui il LEI – anticipato di un trimestre – viene messo a confronto con l’andamento del PIL americano dal 1960 a oggi.

b)  la relazione  tra Leading Indicator e mercato azionario è molto stretta ,  risulta evidente la quasi perfetta correlazione tra le due serie di dati: i punti di massimo e di minimo vengono quasi sempre raggiunti nello stesso periodo.I dati del Leading Indicator anticipano di circa sei mesi i movimenti dell’economia e che la stessa cosa succede con i mercati azionari, Il Conference Board (CB), l’istituto privato che elabora l’indice, considera che un calo del 2% in sei mesi, con la contemporanea flessione della maggior parte dei componenti, possa segnalare l’arrivo di una fase di recessione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura; e viceversa, un rialzo  del 2% in sei mesi possa segnare l'arrivo di una espansione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura .

pertanto noi  continuiamo ad  usare le indicazioni fornite dai  Leading Indicator per  riuscire ad ottenere buoni risultati dall’investimento!

i dieci componenti del The Conference Board Leading Economic Index® sono ora :

Average weekly hours, manufacturing

 

Average weekly initial claims for unemployment insurance

 

Manufacturers’ new orders, consumer goods and materials

 

ISM Index of New Orders

 

Manufacturers' new orders, nondefense capital goods excluding aircraft orders

 

Building permits, new private housing units

 

Stock prices, 500 common stocks

 

Leading Credit Index™

 

Interest rate spread, 10-year Treasury bonds less federal funds

 

Average consumer expectations for business and economic conditions

 


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Analisi Intermarket al 18/10/2014

Post n°1747 pubblicato il 18 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

"Wall Street  ha chiuso  con un rialzo rialzo la peggior settimana dall'agosto del 2011, sull'idea che la Fed possa continuare il piano di stimoli e sulla scia di una serie di trimestrali superiori alle attese. La spinta positiva è iniziata ieri dopo che il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, ha chiaramente detto che la Banca centrale americana dovrebbe posticipare la fine del programma di acquisto dei bonds (QE). Il prossimo incontro del board della banca centrale statunitense è il 28 e 29 ottobre, riunione che, fino a poco tempo fa, si pensava avrebbe sancito la fine del programma di quantitative easing".

Vediamo alcuni indicatori in ottica MACROTECNICA:

  •  La curva dei rendimenti USA non è invertita. Nel caso in cui i tassi di interesse a breve termine sono più elevati rispetto ai tassi a lungo termine, fa presagire male per l'economia (intesa come azioni e obbligazioni).Uno dei modelli più potenti per predire la recessione  nel'anno successivo è lo scarto della  curva dei rendimenti tra il T-Note a 10 anni e il T-bond  a 3 mesi.  I risultati di uno studio della Federal Reserve (Estrella e Mishkin) per il periodo 1960-1995  ha collegato il valore dello spread in punti percentuali alla probabilità di recessione. Un margine positivo (con valori compresi tra 1,21-0,02)  è collegato con probabilità del 5% al 25%. Una volta che lo scarto gira negativo, le probabilità vanno dal 30% ad una lettura di -0,17, al 70% a -1,46, 80% a -1,85 e il 90% a -2,40. Ora siamo a 2,20.
  •  IL LEI del conference Board , in frazionale aumento dello 0,2 ad agosto   (ottavo  aumento consecutivo) da indicazioni per una buona espansione del PIL USA anche nel 2014  al  3% circa.
  • Il Margin Debt, ovvero l'ammontare di denaro preso a prestito ad agosto  è  in aumento rispetto al mese precedente    ora è  a 463018  miliardi di dollari dai 460231 di luglio. Questo è un indicatore leading (anticipatore) dei possibili punti di svolta del mercato azionario americano, il cui andamento va a rafforzare i cicli virtuosi rialzisti e ad amplificare quelli viziosi in caso di ribasso.I dati attuali non segnalano ancora  un esaurirsi della spinta al rialzo dell'equity .

Vediamo alcuni Trading System cosa ci dicono :

  • IL mio TS "Trend_Hunter"timeframe daily", ottimo per prendere posizione nel mercato con ottica di medio_lungo termine, sulle principali borse mondiali vede  una situazione   sempre  rialzista sulle borse occidentali (attenzione DAX e MIB ora SHORT)malgrado la generalizzata correzione, con le commodities in profondo rosso e il dollar index  e T_ Note Long .

 

  • Il TS  sui futures timeframe intraday  vede  lo short dilagare  sui principali mercati (dal SP_500 al nikkey al Dax)  ; con  il  Bund  e i  e il Tnote sempre LONG  e il btp in affanno sullìorlo dello short  . Commodities (gold,  petrolio e gas)  sempre Short ma con l'oro in procinto di brekkare(grafico allegato).

 

  • Il trading system reso popolare da Dog Short su base mensile  ancora  LONG per ottobre , S & P 500 ha chiuso settembre con una perdita mensile del  1,55%. Tutte  e tre  le medie mobili mensili danno Long sullo SP500  e tre dei cinque ETF  del  Portafoglio IVY   segnalano "investito" con l'eccezione dell'etf sulle commodities e sull'azionario globale .

Vediamo alcuni indicatori anticipatori dei punti di svolta del mercato  cosa ci dicono :

  • l’andamento dell’Up-Down Volume al NYSE a 14  in termini di media a 250 giorni conferma  il LONG ($NYUD), il dato differenziale risulta positivo  dalla fine  di luglio 2012. Da allora, non è mai tornato sotto la linea dello zero,"ossia se i compratori prevalgono sui venditori, il mercato sale, punto.  Finchè vi è prevalenza di Up Volume, non ci sarà motivo di temere_Gaetano Evangelista".
  • Il Vix  a  21,99 (50 versus 350) è passato Long (quindi short per l'equity)  era short dal febbraio 2012!

 
 
 

Borse in caduta libera

Post n°1746 pubblicato il 15 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Era stata una buona seduta per l’Asia, ma in Europa la paura si sta trasformando in terrore e gli Usa non sono di aiuto, anzi!

La Borsa di Atene sprofonda (-9%), il comparto bancario precipita, ed il ben noto effetto domino fa sì che alla fine non si salvi nessuno.

Londra perde il 2,8%, Francoforte il 2,9% e Parigi il 3,6% e la nostra Piazza Affari, in questo contesto, è ovviamente la peggiore con l’indice di riferimento, il Ftse Mib (-4,44%) che affonda a 18.305 punti.

E l’assurdo è che in una situazione così disperata la nostra moneta, l’euro, si rafforza enormemente rispetto a tutte le altre valute.

Negli Stati Uniti, che volevano faticosamente e gradualmente, uscire dal Quantitative Easing si torna a parlare di nuove misure eccezionali per cercare di arginare la situazione prima che non sia più gestibile, insomma si conferma quanto avevo scritto giorni fa, e cioè che la Fed non sa come uscire da una trappola che si è costruita con le proprie mani.

Naturalmente sul nostro indice principale nessun titolo è riuscito a sfuggire alle vendite, ma è stato il comparto bancario a subire un vero e proprio sell-off, ecco le performances: Banco Popolare (-8,09%), Bper (-7,73%), Banca Popolare di Milano (-7,64%), Banca MPS (-7,59%), Unicredit (-6,14%), Intesa Sanpaolo (-5,85%), Mediobanca (-5,77%) e Ubi Banca (-5,25%).

E questa è la risposta che il mercato ha dato  dopo che ci avevano detto che la Grecia era stata completamente risanata (ed in anticipo rispetto alla tempistica) e stava vivendo quasi un boom economico, che le nostre Banche erano sane e dopo i massicci aumenti di capitale erano in grado di tornare a supportare una economia che si stava riprendendo.

Non è colpa di Renzi, naturalmente, ma le bugie hanno le gambe corte.

Adesso la situazione diventa difficilmente gestibile, l’Italia, ma anche la Francia ed altri chiederanno a gran voce interventi straordinari della Bce, ma soprattutto un allentamento dei vincoli di bilancio (anzi, per la verità la Francia non li chiede, se li prende e basta).

Draghi dirà che è pronto ad intervenire con misure straordinarie, quello è sempre pronto, è sempre sul punto di … ma poi ecco i risultati.

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro

 
 
 

Alert depressione: Bund vola!

Post n°1745 pubblicato il 15 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

NEW YORK (WSI) - È meglio prepararsi a un lungo periodo di rendimenti bassi o negativi. Continua oggi sui mercati europei la caccia ai titoli di Stato ed in particolare al Bund tedesco. Le preoccupazioni sull'economia europea spingono i capitali verso lidi sicuri come i titoli di Stato e Bond tedeschi sono i preferiti dagli investitori.

Ad innescare le fibrillazioni è stato il report dell'agenzia di rating Fitch sullo stato di salute delle banche greche, ancora gravate da consistente fardello di crediti in sofferenza in vista dei risultati degli stress test e asset quality review da parte della Bce.

Anche oggi il Bund decennale tedesco è comprato a piene mani. Berlino vede scendere il rendimento del suo titolo di riferimento al nuovo minimo storico sotto lo 0,8%. Il decennale perde 5 punti base.

Considerando il tasso di inflazione allo 0,8% il rendimento reale sul decennale tedesco è appena negativo. LO spread tra Btp e Bund si allarga a 157 punti con il rendimento del decennale italiano al 2,37% con un tasso reale superiore al 2%.

Gli acquisti di titoli di Stato si estendono anche agli altri paesi euro e non solo quelli storicamente più legati alla Germania, come Austria e Finlandia. Anche il decennale olandese ormai presenta un rendimento stabilmente sotto l'1%.

Nonostante Parigi continui a non rispettare il rapporto deficit Pil al 3%, anche il decennale francese è ben comprato con un rendimento all'1,18%.

Denaro anche sui bond dei paesi periferici. I Bonos spagnoli a 10 anni rendono poco sopra il 2%. Il Btp italiano mostra un rendimento sotto il 2,30% tornando in prossimità del minimo storico al 2,25%.

Poco sopra il 3% il titolo del Portogallo. In controtendenza la Grecia. Il rendimento del decennale di Atene continua a salire riportandfosi sopra la soglia del 7%.

da Wallstreetitalia

 
 
 

Etf: Lyxor lancia il Double Short US Treasury 10Y

Post n°1744 pubblicato il 15 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

da http://www.finanzaoperativa.com

Giovedì 16 ottobre inizierà a negoziare sullistino di Borsa Italiana il nuovo Lyxor UCITS ETF Daily Double Short 10Y US Treasury che, su base giornaliera, replica la performance doppia ed inversa del contratto future sul Treasury decennale statunitense. Già quotato a Parigi, l’ETF sbarca ora in Italia e consente di investire sul rialzo dei tassi statunitensi ovvero di coprire un portafoglio dal relativo rischio.

Il recente interesse verso lo strumento è confermato da Marcello Chelli, referente per i Lyxor ETF in Italia: “Nelle ultime settimane abbiamo registrato una massiccia raccolta, soprattutto dall’Italia, che ha consentito di attestare il patrimonio dell’ETF oltre la soglia dei 250 milioni di dollari; la finalità di utilizzo è sia di copertura sia, soprattutto, di investimento tattico sul rialzo dei tassi Usa”.

L’ETF beneficia di una Modified Duration negativa elevata di circa -12,5 e, pertanto, l’implementazione di strategie di copertura / investimento comporta un limitato consumo di capitale. Inoltre l’ETF evita alcune problematiche operative dei derivati: nessun margine; nessun roll-over; possibilità di split tra più clienti; lotto minimo di 1 solo ETF; nessuna contrattualistica ISDA; semplicità di acquisto e valorizzazione.

Lo strumento, oltre ad essere negoziato su Borsa Italiana, viene trattato anche OTC con  48 intermediari (tra cui Société Générale, Banca IMI, Unicredit e Intermonte) e prevede il ribasamento giornaliero della leva che comporta, periodicamente, la necessità di gestire il relativo compounding effect.

Con questo strumento si amplia la gamma di Lyxor ETF disponibili su Borsa Italiana che consentono di investire, ovvero di proteggersi, dal rialzo dei tassi: sono infatti già disponibili gli ETF Double Short su BUND (Lyxor UCITS ETF Daily Double Short Bund) e su BTP (Lyxor UCITS ETF Daily Double Short BTP) che vantano, rispettivamente, patrimoni di 545 milioni e 177 milioni di euro.

Nome ETFLyxor UCITS ETF Daily Double Short 10Y US Treasury
Società di gestioneLYXOR International A.M.
Data di quotazione su Borsa Italiana 16/10/2014
Indice di riferimentoSGI Daily Double Short 10Y US Treasury Index
Codice Isin

FR0011607084

 

 
 
 

Analisi Intermarket al 11/10/2014

Post n°1743 pubblicato il 11 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

 

 "la “grande distribuzione” in atto sui mercati azionari (che continuiamo a ribadire in questa rubrica da mesi) sta giungendo al suo epilogo.

In generale sono le frange più deboli ad abdicare per prime, com’è normale che sia in una logica di rotazione del rischio; solo alla fine il “cuore” (identificabile con l’area core), perde momentum declinando definitivamente.

Nei giorni scorsi lo S&P500 ha avvicinato area 1900 punti “saggiando” la reazione, in un contesto assai critico. Proprio l’area 1900 rappresenta a nostro avviso la frontiera su cui modulare definitivamente la rotazione da Risk On a Risk Off.

Al momento la correzione degli indici azionari può essere stimata all’interno di un’ampiezza tra il 10 e il 15%, tuttavia molto dipenderà dai riflessi comportamentali degli investitori a questa sollecitazione.....Wlademir Biasia "

Vediamo alcuni indicatori in ottica MACROTECNICA:

  •  La curva dei rendimenti USA non è invertita. Nel caso in cui i tassi di interesse a breve termine sono più elevati rispetto ai tassi a lungo termine, fa presagire male per l'economia (intesa come azioni e obbligazioni).Uno dei modelli più potenti per predire la recessione  nel'anno successivo è lo scarto della  curva dei rendimenti tra il T-Note a 10 anni e il T-bond  a 3 mesi.  I risultati di uno studio della Federal Reserve (Estrella e Mishkin) per il periodo 1960-1995  ha collegato il valore dello spread in punti percentuali alla probabilità di recessione. Un margine positivo (con valori compresi tra 1,21-0,02)  è collegato con probabilità del 5% al 25%. Una volta che lo scarto gira negativo, le probabilità vanno dal 30% ad una lettura di -0,17, al 70% a -1,46, 80% a -1,85 e il 90% a -2,40. Ora siamo a 2,30.
  •  IL LEI del conference Board , in frazionale aumento dello 0,2 ad agosto   (ottavo  aumento consecutivo) da indicazioni per una buona espansione del PIL USA anche nel 2014  al  3% circa.
  • Il Margin Debt, ovvero l'ammontare di denaro preso a prestito ad agosto  è  in aumento rispetto al mese precedente    ora è  a 463018  miliardi di dollari dai 460231 di luglio. Questo è un indicatore leading (anticipatore) dei possibili punti di svolta del mercato azionario americano, il cui andamento va a rafforzare i cicli virtuosi rialzisti e ad amplificare quelli viziosi in caso di ribasso.I dati attuali non segnalano ancora  un esaurirsi della spinta al rialzo dell'equity .

Vediamo alcuni Trading System cosa ci dicono :

  • IL mio TS "Trend_Hunter"timeframe daily", ottimo per prendere posizione nel mercato con ottica di medio_lungo termine, sulle principali borse mondiali vede  una situazione   sempre  rialzista sulle borse occidentali malgrado la generalizzata correzione, con le commodities in profondo rosso e il dollar index    e T_ Note tonici .

 

  • Il TS  sui futures timeframe intraday  vede  lo short dilagare  sui peincipali mercati (dal SP_500 al nikkey al Dax)  ;  il  Bund  e il BTP  e il Tnote sempre LONG . Commodities (gold,  petrolio e gas)  Short!(grafico allegato).

 

  • Il trading system reso popolare da Dog Short su base mensile  ancora  LONG per ottobre , S & P 500 ha chiuso settembre con una perdita mensile del  1,55%. Tutte  e tre  le medie mobili mensili danno Long sullo SP500  e tre dei cinque ETF  del  Portafoglio IVY   segnalano "investito" con l'eccezione dell'etf sulle commodities e sull'azionario globale .

Vediamo alcuni indicatori anticipatori dei punti di svolta del mercato  cosa ci dicono :

  • l’andamento dell’Up-Down Volume al NYSE a 16,10  in termini di media a 250 giorni conferma  il LONG ($NYUD), il dato differenziale risulta positivo  dalla fine  di luglio 2012. Da allora, non è mai tornato sotto la linea dello zero,"ossia se i compratori prevalgono sui venditori, il mercato sale, punto.  Finchè vi è prevalenza di Up Volume, non ci sarà motivo di temere_Gaetano Evangelista".

 
 
 

CCF: una nuova moneta fiscale per uscire dalla crisi (senza rompere con l’euro)!

Post n°1742 pubblicato il 10 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Con il rifiuto della Francia (e dell’Italia) di rispettare gli assurdi parametri imposti dall’euro, la crisi dell’insostenibile moneta unica diventa evidente. Come uscire dalla crisi sfuggendo ai diktat della Ue, della Germania e della Bce che controllano l’euro e che soffocano la nostra economia?

La moneta unica infatti impedisce i riallineamenti competitivi (cioè le svalutazioni monetarie dei paesi deboli e le rivalutazioni della moneta di quelli forti) e quindi provoca crescenti squilibri commerciali e debiti con l’estero. A causa dell’euro i paesi creditori, come la Germania, l’Olanda, l’Austria, e la Finlandia possono dettare legge e strangolare i paesi debitori, come l’Italia, la Francia e la Spagna.

Ma uscire unilateralmente dall’euro è molto difficile: tra l’altro perché l’euro è una valuta di riserva internazionale detenuta da paesi come Cina, Russia, India; e perché molti cittadini vedrebbero svalutati i loro risparmi. Come si fa allora a uscire dalla trappola del debito se i paesi deboli non hanno più sovranità monetaria e il debito nazionale è espresso in una valuta straniera, cioè l’euro?

Bisogna ripristinare un po’ di sovranità monetaria nazionale. Le proposte avanzate nel libro Soluzione per l’euro. 200 miliardi per rimettere in moto l’economia Italiana (Hoepli, 2014) scritto da Marco Cattaneo e da Giovanni Zibordi sono probabilmente le più valide per rimettere in moto l’economia italiana in grave dissesto. Cattaneo e Zibordi suggeriscono una politica monetaria che è rivoluzionaria ma praticabile perfino dal governo Renzi. Lo Stato italiano dovrebbe emettere gratuitamente certificati di credito fiscale da far valere dopo due anni per pagare la pubblica amministrazione – cioè tasse nazionali e locali, contributi, multe, ecc -; i Ccf avrebbero però valore immediato come moneta, come mezzo di pagamento.

La nuova moneta creata dallo Stato per alleviare il peso fiscale dovrebbe arrivare direttamente e gratuitamente al lavoro e alle aziende senza passare dalle banche. Lo shock monetario creerebbe immediatamente nuova domanda senza provocare nuovi debiti e iper-inflazione perché rilancerebbe la produzione (e l’occupazione) sfruttando tutte le risorse che sono sottoutilizzate a causa della politica deflattiva dell’euro.

Cattaneo e Zibordi suggeriscono di assegnare gratuitamente a partire dal primo gennaio 2015 circa 70 miliardi di Ccf ai lavoratori dipendenti e autonomi; di dare ai datori di lavoro del settore privato 83 miliardi. Gli 83 miliardi abbatterebbero il costo del lavoro del 18% circa, cioè di una percentuale all’incirca equivalente al maggiore costo del lavoro che l’economia italiana ha accumulato nei confronti della Germania dall’introduzione dell’euro ad oggi.

Infine, dovrebbero essere emessi altri 47 miliardi di Ccf per altre forme di sostegno alla domanda, per esempio per favorire le aree del Sud Italia, ecc. Il complesso dei Ccf ammonterebbe a un totale di 200 miliardi nel 2015 e ad altri 200 miliardi nel 2016 su un totale di prelievo fiscale pari a circa 800 miliardi all’anno. Lo shock sarebbe quindi molto potente.

Gli scenari indicano che l’economia potrebbe finalmente tornare a correre: il Pil sarebbe pari a 2080 miliardi nel 2017. Grazie all’aumento del Pil, il rapporto deficit pubblico/Pil sarebbe positivo fino al 2016, per poi tornare di nuovo a crescere del 3,2% nel 2017, quando lo Stato dovrà accettare anche i Ccf e non più solo gli euro come forma di pagamento fiscale.

Il calo delle entrate pubbliche legato allo sconto fiscale verrebbe comunque compensato dall’aumento dei ricavi derivato dalla crescita del Pil. La disoccupazione crollerebbe a poco più del 5% rispetto al 12% attuale. L’inflazione crescerebbe solo dell’1,9% all’anno grazie al maggiore utilizzo delle risorse produttive oggi sottoutilizzate. Il commercio estero grazie all’aumento di competitività da parte delle imprese italiane potrebbe segnare un leggero attivo.

L’iniezione di liquidità dei Ccf servirebbe a contrastare l’austerità imposta dalla Ue e dal sistema bancario. Infatti la Bce cerca di dare ossigeno alla moribonda economia europea per salvare l’euro e se stessa, ma il problema è che le banche trattengono i denari e li investono in titoli finanziari. I Ccf potrebbero invece risollevare l’economia italiana, ridare competitività alla nostra economia e portarci ad un calo significativo della disoccupazione.

La soluzione dei Ccf è giuridicamente legittima; le imprese e i lavoratori sarebbero molto felici di avere più reddito grazie a strumenti monetari gratuiti di credito fiscale (meno tasse).

 

 
 
 

Crisi dell'euro : Quattro possibili scenari !

Post n°1741 pubblicato il 08 Ottobre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

La crisi dell’euro sta entrando in una fase di accelerazione. A indicarlo sono il rifiuto francese e italiano di attuare ulteriori manovre restrittive per inseguire obiettivi di finanza pubblica comunque irraggiungibili. Cosa, quest’ultima, che dovrebbe (ma a quanto pare non è) essere perfettamente chiara a tutti, Bruxelles e Berlino incluse. Nonché la sempre più palese inutilità dei palliativi monetari che la BCE sta mettendo in campo.

 

Mi pare che possano essere identificati quattro possibili scenari di evoluzione e soluzione dell’eurocrisi.
 
Scenario “buon viso a cattivo gioco” (1)

Francia, Italia e Spagna sforano i limiti di bilancio pubblico, portando il deficit per esempio al 7% per un periodo di tempo adeguato a riassorbire almeno la maggior degli effetti della crisi sull’occupazione (probabilmente circa tre anni). Una sostanziosa quota dello sforamento viene destinata (via minore tassazione) a ridurre i costi del lavoro e della produzione domestica in genere, evitando quindi che la spinta sulla domanda interna squilibri i saldi commerciali esteri dei vari paesi. Berlino, Bruxelles e Francoforte abbozzano e lasciano fare. Anzi, la BCE mantiene in essere la garanzia implicita sui debiti pubblici dei vari paesi.

 

Scenario “buon viso a cattivo gioco” (2)

 

Francia, Italia e Spagna mettono in atto la Riforma Morbida. Berlino, Bruxelles e Francoforte abbozzano e lasciano fare. Anzi, la BCE accetta i CCF come collaterale per le sue operazioni di somministrazione di liquidità al sistema bancario (magari in alternativa parziale o totale ai controversi programmi TLTRO, ABS eccetera).
 
Scenario “ho capito, hai messo la pistola sul tavolo”

 

All’annuncio che la Riforma Morbida sta per essere introdotta, la BCE (con l’accordo della UE e della Germania) attua un’azione di “helicopter money” che consegue effetti analoghi.

 

Scenario “Aventino tedesco”

 

La Germania, considerano inaccettabile la piega che hanno preso gli eventi, esce (sdegnata ?) dall’eurosistema, probabilmente con Paesi Bassi, Austria e qualche altro paese al seguito.
 

Continuo invece a non considerare realistico il breakup unilaterale (o anche di gruppo) di uno o più paesi mediterranei. Non impossibile, ma con livelli di probabilità molto bassi, in primo luogo a causa delle complessità tecniche che comporta.

da http://bastaconleurocrisi.blogspot.it

 
 
 
 
 

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Un blog di: Lucky340
Data di creazione: 04/05/2010
 

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