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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi  agisce a proprio rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi di Dicembre 2014

bond Usa: analisti mai così pessimisti dal 2009

Post n°1789 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

NEW YORK (WSI) - Il 2015 sarà un anno nero per il mercato dei titoli di stato americani. E’ questo il sentiment prevalente tra gli analisti di Wall Street. Con la Federal Reserve che, il prossimo anno, aumenterà per la prima volta in circa dieci anni il costo del denaro, gli esperti sembrano tutti d’accordo nell’anticipare per i rendimenti, che si muovono inversamente ai prezzi, un andamento in rialzo.

Le previsioni in circolazione in questi giorni sono tra le più aggressive dal 2009, anno in cui le obbligazioni statunitensi hanno subito perdite record.

Ma veniamo alle previsioni. Chris Rupkey, responsabile economista presso Bank of Tokyo-Mitsubishi, ritiene che i rendimenti dei T-bond a 10 anno saliranno al 3,4% entro la fine del 2015 dal 2,22% odierni. Si tratta di previsioni più alte di quelle del consensus, che si attestano intorno al 3,01%.

Per quanto riguarda le obbligazioni con scadenza a due anni, le stime, per lo stesso periodo, sono per rendimenti all’1,53 per cento, circa il doppio dei livelli attuali, mentre quelli con scadenza a 30 anni dovrebbero salire dello 0,89 per cento a 3,70%.

Tra l'altro, nel sondaggio dello scorso mese Bloomberg Global Poll, il 20% tra economisti, trader e analisti hanno scelto i titoli di stato Usa, quando è stato chiesto loro di scegliere un solo asset su cui speculare al ribasso. D'altronde l'economia degli Stati Uniti si sta mostrando decisamente solida - come dimostra il trend del Pil nel terzo trimestre, balzato al ritmo annuo +5% - e il tasso di disoccupazione al 5,8% è il più basso in più di sei anni. (mt)

da http://www.wallstreetitalia.com/

 

PS_

Per monitorare il rendimento dei Bond a 10 anni delle principali economie mondiali  e i relativi spread vedi qui

 
 
 

Opec non taglierà produzione nemmeno con petrolio a $20

Post n°1788 pubblicato il 26 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

NEW YORK (WSI) - L'Opec non taglierà "mai" la produzione, non lo farà nemmeno se i prezzi del greggio dovessero scendere a $20 al barile.

A dirlo è stato il leader 'de facto' del cartello, il ministro del petrolio dell'Arabia Saudita. "Qualunque sia il prezzo del petrolio, non è nell'interesse dell'Opec ridurre la produzione. Sia che scenda a $20, $40, $50 o $60, non è rilevante".

Si tratta di un cambiamento drastico delle politiche dei maggiori esportatori di greggio, che avrà implicazioni sia sull'industria reale sia sui mercati.

In un'intervista a Middle East Economic Survey, Ali al-Naimi ha utilizzato toni insolitamente franchi, mettendo in soffitta la vecchia strategia del cartello che consisteva nel mantenere alti i prezzi limitando la produzione di petrolio.

Tale strategia non è più nell'interesse dell'Opec: ora la politica principale da adottare è difendere a tutti i costi la quota di mercato a tutti i costi.

L'Opec si è stancata di dover intervenire per garantire la stabilità dei prezzi. Ciò significa - tenetevi forte - che saranno i mercati a stabilire il costo della materia prima.

(DaC)

da http://www.wallstreetitalia.com

 
 
 

BUON NATALE

Post n°1787 pubblicato il 24 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Tag: Natale&
Foto di Lucky340

BUON NATALE da Lucky_Borsa!

Last Christmas dei Wham

Lo scorso Natale ti ho dato il mio cuore ma proprio il giorno dopo l'hai buttato via quest'anno, per salvarmi dalle lacrime lo darò a qualcuno   speciale !

 

 



 

 
 
 

Pil Usa: +5% nel terzo trimestre

Post n°1786 pubblicato il 23 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

NEW YORK (WSI) - Prende slancio la ripresa americana. Il Pil del terzo trimestre è stato rivisto al +5% dalla precedente stima del +3,9%. Si tratta del tasso di crescita più alto dal terzo trimestre 2003: allora l'economia crebbe del 6,9%. Gli economisti si aspettavano una revisione in meglio al +4,3%.

Riviste al rialzo pressoché tutte le componenti. I consumi personali, il motore della crescita dell'economia statunitense, sono passati al +3,2% da +2,2%. Anche le scorte di magazzino sono state riviste al rialzo, da $79,1 miliardi a $82,2 miliardi. Le esportazioni sono state invece riviste al ribasso da +4,9% a +4,5%. Gli investimenti fissi da parte delle imprese infine sono balzati dell'8,9%, dal +7,1% della precedente stima.

Il Pce core, l'indicatore più seguito dalla Federal Reserve per monitorare l'inflazione, è stato confermato a +1,4%.

Anche se il tasso di persone che non partecipa più alla forza lavoro è ancora molto alto, molti analisti sono convinti che il mercato del lavoro più in salute dal 1999 (se si tiene in considerazione la creazione di posti di lavoro) sia in grado di far accelerare la riprsa.

In novembre le aziende hanno assunto 321 mila nuove persone, per il maggior miglioramento mese su mese in tre anni. Con un numero crescente di persone che hanno un lavoro e soldi da spendere, i consumi che valgono il 70% dell'economia americana, dovrebbero guadagnare terreno.

Dopo la diffusione del dato, il dollaro ha accelerato la corsa, spingendo l'euro ai minimi da 28 mesi sotto quota 1,22 ai minimi di 1.2192 .
(MT-DaC)

da http://www.wallstreetitalia.com/

 
 
 

SuperIndice_USA(LEI) in rialzo anche a novembre

Post n°1785 pubblicato il 20 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Giovedi  18  dicembre 2014

Il Conference Board Leading Economic Index ® il (LEI) per gli Stati Uniti è aumentato dello 0,6  per cento nel mese di novembre   arrivando a  105,5 (2004 = 100), dopo  un aumento dello 0,6  per cento  in ottobre  e un aumento dello 0,8 a settembre.

 "L'aumento del  LEI continua  con una crescita moderata durante la stagione invernale", ha detto Ken Goldstein, economista del Conference Board. "La sfida più grande è stata, e rimane, quella di una maggiore crescita del reddito. Tuttavia, con le condizioni del mercato del lavoro  in fase di maggiore occupazione, stiamo vedendo che  i primi segnali di crescita dei salari iniziando a manifestarsi. " 

L'uscita dei  prossimi  dati  è prevista per  giovedi  23  gennaio  2015.

   ^^^^^^^

il LEI è uno dei nostri leading indicator preferiti  poichè:

a) La correlazione tra LEI e PIL è molto elevata  come ci dimostra  Northern Trust nel  grafico, in cui il LEI – anticipato di un trimestre – viene messo a confronto con l’andamento del PIL americano dal 1960 a oggi.

b)  la relazione  tra Leading Indicator e mercato azionario è molto stretta ,  risulta evidente la quasi perfetta correlazione tra le due serie di dati: i punti di massimo e di minimo vengono quasi sempre raggiunti nello stesso periodo.I dati del Leading Indicator anticipano di circa sei mesi i movimenti dell’economia e che la stessa cosa succede con i mercati azionari, Il Conference Board (CB), l’istituto privato che elabora l’indice, considera che un calo del 2% in sei mesi, con la contemporanea flessione della maggior parte dei componenti, possa segnalare l’arrivo di una fase di recessione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura; e viceversa, un rialzo  del 2% in sei mesi possa segnare l'arrivo di una espansione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura .

pertanto noi  continuiamo ad  usare le indicazioni fornite dai  Leading Indicator per  riuscire ad ottenere buoni risultati dall’investimento!

i dieci componenti del The Conference Board Leading Economic Index® sono ora :

Average weekly hours, manufacturing

 

Average weekly initial claims for unemployment insurance

 

Manufacturers’ new orders, consumer goods and materials

 

ISM Index of New Orders

 

Manufacturers' new orders, nondefense capital goods excluding aircraft orders

 

Building permits, new private housing units

 

Stock prices, 500 common stocks

 

Leading Credit Index™

 

Interest rate spread, 10-year Treasury bonds less federal funds

 

Average consumer expectations for business and economic conditions

 


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La Fed sarà "paziente", ma il rialzo dei tassi nel 2015 è ormai scritto

Post n°1784 pubblicato il 18 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

NEW YORK (WSI) - Il verdetto della Fed è arrivato, e per ora la reazione dei mercati è risultata positiva.

In quello che è stato l'ultimo meeting dell'anno del Fomc - il braccio di politica monetaria della Fed - il presidente Janet Yellen ha confermato che la Banca centrale Usa saprà essere "paziente" nella sua decisione di aumentare i tassi. Tanto che il costo del denaro sarà lasciato invariato vicino allo zero e al minimo storico, almeno fino al primo trimestre. Sarà fondamentale, ha aggiunto inoltre Yellen, che il rialzo dei tassi dipenda da alcuni parametri economici, che potrebbero però non tornare a livelli normali prima del 2017.

L'adozione di una politica monetaria restrittiva, comunque, ci sarà: "Il comunicato è stato un po' confuso, ma ritengo che Yellen sia stata molto chiara - ha commentato in un'intervista rilasciata a Bloomberg Eric Green, responsabile della divisione di ricerca sui tassi ed economia Usa presso TD Securities Usa a New York, che in precedenza ha lavorato per la Fed di New York - Alla seconda metà dell'anno (2015), assisteremo a un rialzo dei tassi".

La confusione del comunicato deriva dal fatto che, contrariamente alle attese, il Fomc ha spiegato che il linguaggio adottato è stato "coerente" con le previsioni di tassi che rimarranno vicini allo zero per "un arco di tempo considerevole", contenute nel precedente comunicato. La frase virgolettata, contrariamente alle previsioni di diversi analisti, non è stata insomma cancellata.

"Hanno temuto che, nel caso in cui avessero cancellato quella frase, i mercati avrebbero pensato che un rialzo dei tassi fosse imminente", ha fatto notare Michael Gapen, responsabile economista Usa presso Barclays.

Nel comunicato della Fed, si legge anche che: il mercato del lavoro è migliorato ulteriormente; che l'inflazione sta aumentando avvicinandosi al target, con l'impatto dei prezzi del petrolio che sarà più smorzato di quanto si teme; che il Pil Usa, nel 2015, metterà a segno una crescita compresa tra il 2,6% e il 3% (stime invariate rispetto a quelle di settembre); che il tasso di disoccupazione sarà nel 2015 compreso tra il 5,2% e il 5,3% (meno della forchetta compresa tra il 5,4% e il 5,6% nell'outlook di settembre).

Detto questo, l'inflazione sarà di appena l'1% nel 2015 (ampia revisione al ribasso dal tasso dell'1,6% previsto a settembre). (Lna)

da http://www.wallstreetitalia.com

 

 
 
 

Le Borse Europee recuperano dopo una seduta al cardiopalma

Post n°1783 pubblicato il 17 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Respirano i listini azionari europei dopo i recenti cali, in una seduta contrassegnata dall’alta volatilità. Durante la seduta abbiamo assistito a repentini cambiamenti di fronte, con gli indici che si sono mossi in un ampio trading range, segnale questo che l’incertezza rimane alta tra gli operatori. Al centro dell’attenzione degli investitori è rimasta la Russia. Le vendite sul rublo sono riprese ben presto questa mattina, nonostante la manovra estrema della Banca centrale che nella notte ha alzato i tassi di interesse di 650 punti base, portandoli al 17% dal precedente 10,5%. È il rialzo più importante dalla crisi del 1998 e il sesto da inizio anno. La manovra non ha sortito effetto. Nel primo pomeriggio, la speculazione su un possibile default del Paese ex Unione Sovietica è stata forte al punto da portare il rublo verso nuovi minimi storici sia verso euro che verso dollaro, con una variazione giornaliera negativa quasi del 43%.

Il cambio Usd/Rub è schizzato verso 84, mentre quello Eur/Rub è salito a 105,60, salvo poi rientrare verso i livelli di chiusura di ieri. I prezzi fatti segnare oggi erano semplicemente impensabili fino a pochi giorni fa. Probabilmente il mercato sta ragionando oltre che al semplice calo delle quotazioni petrolifere e inizia a mettere in conto che questo stato di tensione possa degenerare presto in un vero e proprio stato di crisi finanziaria simile a quello del 1998. I rendimenti sui titoli di Stato russi sono schizzati oltre il 16%, superando i massimi del 2001. La Banca centrale guidata da Elvira Nabiullina ha fatto sapere che ci saranno nuove manovre accanto al rialzo dei tassi in grado di ostacolare il deprezzamento della valuta nazionale. A farne le spese è l’oro. Non solo la Russia, ma anche altre Banche centrali di Paesi Emergenti, le cui valute sono finite sotto pressione nelle ultime ore, stanno mettendo le mani sulle proprie riserve di oro per cercare di difendere le valute nazionali. I riflessi non si sono fatti attendere. Nonostante le tensioni, il prezzo dell’oro è sceso ai minimi da oltre una settimana. Intanto sul mercato gli investitori continuano a comprare protezione. I rendimenti sul Bund, percepito come asset sicuro nei momenti di tensione, sono scesi ai nuovi minimi storici, in area 0,57%. Ben comprati anche i Treasury, i cui rendimenti sono scesi ai minimi da metà ottobre.

Grecia e FOMC sotto la lente Domani intanto sarà un’altra seduta al cardiopalma. Gli investitori terranno l’attenzione rivolta alla Grecia, dove il Parlamento darà seguito al primo round per eleggere il presidente della Repubblica. Sebbene sia già in parte scontato che non si raggiunga il consenso necessario per eleggere Stavros Dimas (proposto dal premier Samaras), potremmo assistere a un’escalation di tensioni sulla periferia della zona euro. In serata poi, l’attenzione si sposterà negli Usa, dove la Fed sarà chiamata a pronunciarsi sulla politica monetaria. Non sono attese variazioni di rilievo se non nel linguaggio utilizzato dalla Fed nel comunicato, che potrebbe essere meno accomodante. Crediamo che la Banca centrale possa fare esplicito riferimento alle recenti turbolenze sui mercati e ai rinnovati timori sulla crescita globale come potenziali fattori esogeni di rischio per la crescita Usa. Questo potrebbe garantire lo slittamento del rialzo dei tassi di interesse. Se ciò non dovesse accadere, i recenti cali di Borsa potrebbero proseguire per tutto il periodo natalizio.


Vincenzo Longo, market strategist di IG

 
 
 

Analisi Intermarket al 12/12/2014

Post n°1782 pubblicato il 13 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

I mercati azionari globali hanno perso un valore superiore a $1 trilione ($1.000 miliardi) nell'ultima settimana, sulla scia del tonfo dei prezzi del greggio.

L'avversione al rischio continua a spingere gli investitori verso i titoli di stato americani, i cui rendimenti sono crollati cosi' come visto in Germania e Regno Unito. Sono tornati i timori per la crescita globale dopo che la produzione industriale in Cina a novembre e' salita ma meno delle attese e dopo che l'Agenzia internazionale per l'energia ha tagliato le stime per la domanda 2015.

Vediamo alcuni indicatori in ottica MACROTECNICA:

  •  La curva dei rendimenti USA non è invertita. Nel caso in cui i tassi di interesse a breve termine sono più elevati rispetto ai tassi a lungo termine, fa presagire male per l'economia (intesa come azioni e obbligazioni).Uno dei modelli più potenti per predire la recessione  nel'anno successivo è lo scarto della  curva dei rendimenti tra il T-Note a 10 anni e il T-bond  a 3 mesi.  I risultati di uno studio della Federal Reserve (Estrella e Mishkin) per il periodo 1960-1995  ha collegato il valore dello spread in punti percentuali alla probabilità di recessione. Un margine positivo (con valori compresi tra 1,21-0,02)  è collegato con probabilità del 5% al 25%. Una volta che lo scarto gira negativo, le probabilità vanno dal 30% ad una lettura di -0,17, al 70% a -1,46, 80% a -1,85 e il 90% a -2,40. Ora siamo a 2,08.
  •  IL LEI del conference Board , ancora  aumento dello 0,9 a ottobre   (decimo  aumento consecutivo) da indicazioni per una buona espansione del PIL USA nel 2014  al  3% circa.
  • Il Margin Debt, ovvero l'ammontare di denaro preso a prestito  in ottobre   è  sceso dai massimi  ora è  a  453841 dai  463868  miliardi di dollari  di settembre . Questo è un indicatore leading (anticipatore) dei possibili punti di svolta del mercato azionario americano, il cui andamento va a rafforzare i cicli virtuosi rialzisti e ad amplificare quelli viziosi in caso di ribasso.I dati attuali segnalano se confermati nei prossimi mesi  un esaurirsi della spinta al rialzo dell'equity .

Vediamo alcuni  Trading System cosa ci dicono :

  • IL TS  di pubblico dominio timeframe daily" ( MM 50 vs 325) , ottimo per prendere posizione nel mercato con ottica di lungo termine, vede sulle principali borse mondiali  una situazione   sempre  rialzista ma con la russia e gli emergenti in affanno a causa della crisi del petrolio,  le commodities in profondo rosso (gold e crude oil) e il dollar index  e T_ Note   nettamente Long. [grafico in allegato]

 

  • Il mio TS  sui futures timeframe intraday (5H)   vede il il  Long  appannato;  T_note  e Bund passato saldamente LONG. Commodities (gold,  petrolio)  sempre Short. Cross euro/dollaro sempre SHORT.

 

  • Il trading system reso popolare da Dog Short su base mensile  ancora  LONG per dicembre, S&P_500 ha chiuso novembre  con un guadagno del    2,45%. Tutte  e tre  le medie mobili mensili danno Long sullo SP500  e tre dei cinque ETF  del  Portafoglio IVY   segnalano "investito" con l'eccezione dell'etf sulle commodities e sull'azionario globale .

Vediamo  ora alcuni indicatori anticipatori dei punti di svolta del mercato  cosa ci dicono :

  • l’andamento dell’Up-Down Volume al NYSE a 18,78  in termini di media a 250 giorni conferma  il LONG ($NYUD), il dato differenziale risulta positivo  dalla fine  di luglio 2012. Da allora, non è mai tornato sotto la linea dello zero,"ossia se i compratori prevalgono sui venditori, il mercato sale, punto.  Finchè vi è prevalenza di Up Volume, non ci sarà motivo di temere_Gaetano Evangelista".

 

  • $OEXA200R (indica la percentuale di azioni dello S&P100  che sono sopra alla  loro MM  a 200) è un indicatore tecnico disponibile sul StockCharts.com che può essere utilizzato per la previsione di entrate prudenti  e dei punti di uscita per il mercato azionario, ora indica 72,00. Sopra il 55%  siamo in fase long del mercato ,  sotto il 45% si apre una fase short , tra il 45 il 55   siamo in una zona di incertezza.

 

  • Il Vix  a  21,08 (50 versus 500) lancia un warning per l'equity,si conferma  Long (quindi short per l'equity),  è stato short dal febbraio 2012 all'ottobre 2014!

 

 

 
 
 

Wall Street chiude peggiore settimana dal 2011, petrolio a picco sotto $58

Post n°1781 pubblicato il 13 Dicembre 2014 da Lucky340
 
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NEW YORK (WSI) - Bilancio in rosso per Wall Street, che chiude la peggiore settimana dal 2011 a causa del crollo delle quotazioni del petrolio e la pubblicazione del dato sui prezzi alla produzione. Non basta la fiducia dei consumatori misurata dall'Universita' del Michigan, salita più delle attese, a riportare ottimismo.

Nel finale, il Dow segna un calo dell'1,8% a 17.284 punti, il Nasdaq perde l'1,16% a 4.653 punti mentre lo S&P 500 flette dello 1,62% a 2.002 punti.

Soltanto una settimana fa S&P 500 e Dow Jones avevano chiuso su livelli record, rispettivamente per la 49esima e 34esima volta da inizio 2014.

Chiusura ai minimi da maggio 2009 per i futures sul petrolio scambiati a New York, che hanno incrementano le perdite dopo che l'Agenzia internazionale dell'Energia ha tagliato le previsioni per la domanda globale di petrolio per la quarta volta in cinque mesi. Il contratto Wti consegna gennaio al Nymex ha terminato la seduta in calo di 2,14 dollari (circa -3,3%) a 57,81 dollari al barile, in lieve recupero dai minimi di giornata.

Sul fronte macro, i prezzi alla produzione negli Stati Uniti sono calati in novembre dello 0,2% mentre al netto delle componenti volaliti, l'indice core e' rimasto invariato. Le attese degli analisti erano per una flessione dello 0,1% per l'indice headline a fronte di un aumento dello 0,1% per la componente core. Su base annua i prezzi alla produzione sono cresciuti in novembre dell'1,4%, in rallentamento rispetto all'incremento dell'1,5% registrato in ottobre. Si tratta del minor incremento su anno da febbraio.

Intanto, la fiducia dei consumatori misurata dall'Università del Michigan è salita a dicembre a 93,8 punti dagli 88,8 di novembre. Il dato è nettamente migliore delle attese degli analisti che si attendevano un rialzo più limitato a quota 90 punti.

Volatilità alle stelle: il Chicago Board Options Exchange Volatility Index, che monitora i costi delle opzioni sullo S&P 500, noto anche come VIX o in gergo indice della paura, è balzato questa settimana +70%, al guadagno su base settimanale in più di quattro anni.

I mercati azionari globali hanno perso un valore superiore a $1 trilione ($1.000 miliardi) nell'ultima settimana, sulla scia del tonfo dei prezzi del greggio.

L'avversione al rischio continua a spingere gli investitori verso i titoli di stato americani, i cui rendimenti sono crollati cosi' come visto in Germania e Regno Unito. Sono tornati i timori per la crescita globale dopo che la produzione industriale in Cina a novembre e' salita ma meno delle attese e dopo che l'Agenzia internazionale per l'energia ha tagliato le stime per la domanda 2015.

Il Treasury a dieci anni ha visto i rendimenti - che si muovono inversamente ai prezzi - scendere fino al 2,082%, minimo intraday del 16 ottobre. In Germania il bund con la stessa scadenza ha visto rendimenti arrivare su minimi record (allo 0,629%) mentre quello inglese si e' riportato sui livelli del maggio 2013 (all'1,81%). Il rendimento del Treasury a 3 mesi viaggia al ribasso allo 0,0228%

Tra i titoli, focus sui Adobe Systems dopo che il produttore di software ha riportato vendite superiori alle previsioni, raggiungendo un accordo per acquistare Fotolia, fornitore di contenuti di fotografie, per $800 milioni.

Sul valutario, Euro +0,31% a $1,2450; dollaro/yen -0,24% a JOY 118,37. Euro/yen +0,08% a JPY 147,39.

da http://www.wallstreetitalia.com

 
 
 

Germania, il rendimento dei Bund è sceso a livelli inimaginabili

Post n°1780 pubblicato il 12 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

FRANCOFORTE (WSI) - Nell'ennesimo segnale di nervosismo sui mercati, i tassi di interesse sui bond tedeschi hanno toccato un nuovo minimo storico. (ora sono 0,66 % annuo_nota mia)

Complica la paura per il precipitare della crisi greca, ormai i Bund non rendono più pressoché nulla. I prezzi dei titoli di Stato a 10 anni stanno salendo ancora, spingendo i tassi di interesse a un nuovo minimo storico.

Come dimostrano anche i valori in crescita costante di Cds e dei bond ellenici a breve, il mercato torna a temere che il governo greco faccia default sul debito. La paura è che in caso di elezioni anticipate salga al potere il partito di sinistra anti austerity Syriza.

(DaC)

 
 
 
 
 

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