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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi  agisce a proprio rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi di Aprile 2018

Il PIL del primo trimestre USA rallenta al 2,3%

Post n°1992 pubblicato il 27 Aprile 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Investing.com - La crescita dell’economia statunitense è rallentata nel primo trimestre, secondo i dati preliminari di questo venerdì.

Il prodotto interno lordo è cresciuto del 2,3%, secondo la stima preliminare del Dipartimento per il Commercio USA.

Il dato è superiore al 2,0% previsto dagli economisti ed in calo dal 2,9% del trimestre precedente.

L’indebolimento è stato soprattutto dovuto alla flessione della spesa reale dei consumatoriall’1,1% nel primo trimestre, rispetto al 4,0% precedente. La lettura ha deluso anche le aspettative di un aumento dell’1,2%.

L’indice sui prezzi del PIL è salito del 2,0% nel primo trimestre, rispetto all’aumento precedente del 2,3% ed alle previsioni di un incremento del 2,2%.

Nonostante il rallentamento, si tratta comunque dell’inizio anno migliore dal 2015 e l’economia statunitense segna al momento la seconda espansione economica più lunga dalla Seconda Guerra Mondiale.

Per gli analisti, difficilmente i dati del primo trimestre avranno un impatto significativo sui piani dei policymaker della Federal Reserve in merito all’inasprimento graduale, per via dello slancio previsto nei prossimi mesi dovuto agli sgravi fiscali del governo Trump.

Secondo lo Strumento di Controllo dei Tassi della Fed di Investing.com, i mercati prevedono che il prossimo aumento dei tassi di interesse avvenga a giugno mentre un secondo incremento è atteso per settembre.

Il PIL del primo trimestre sarà rivisto il 30 maggio e il 28 giugno.

da https://it.investing.com

 
 
 

Le mosse della Federal Reserve e i pericoli per il mercato azionario

Post n°1991 pubblicato il 10 Aprile 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Più che l’escalation di una guerra commerciale su vasta scala e i problemi di alcuni colossi internet, il mercato azionario deve temere le mosse della Federal Reserve.

Nelle ultime settimane, l’incertezza della politica internazionale è stata la maggiore causa dei movimenti del mercato azionario statunitense, con gli investitori che temevano che le misure protezionistiche promosse dal presidente Donald Trump potessero degenerare in una guerra commerciale, o che i recenti problemi riguardanti le società di internet potessero annunciare un altro ambiente normativo aggressivo contro alcuni dei più grandi nomi dell’economia. A lungo termine, tuttavia, il vero rischio per Wall Street (e, a cascata, l’interno mercato azionario dal momento che la Borsa americana rappresenta il faro per i listini di tutto il mondo) potrebbe non venire dalla Casa Bianca o dal Congresso, ma per le mosse della Federal Reserve. Scopriamo insieme il perché.

IL DOPPIO CAMBIO DI REGIME DELLA FED

La banca centrale statunitense ha gradualmente spostato la sua politica monetaria in due modi significativi: innalzare i tassi di interesse e ridurre le dimensioni del suo bilancio. I bassi tassi e il programma di acquisto di obbligazioni in dollari sul mercato da parte della Fed hanno contribuito alla importante ripresa del mercato azionario nell’ultimo decennio, e mentre i cambiamenti a queste politiche sono stati ampiamente comunicati al mercato, gli analisti sostengono che Wall Street non stia ancora prezzando nelle valutazioni azionarie il rischio che rappresentano.

GUADAGNI AZIENDALI E CRESCITA ECONOMICA

I rischi per l’indice S&P500 derivano da anni di distorsione della politica monetaria, accumulata dalla mancanza di spazio di manovra della Fed e da possibili shock dalla politica (a cominciare da una escalation delle misure protezionistiche) mentre sembra che, almeno per il momento, i guadagni aziendali e la crescita economica possano proseguire. Alcuni analisti sottolineano il fatto che la politica monetaria sia destinata a costituire uno dei fattori principali in grado di determinare il trading sui mercati nei prossimi anni, alla stessa stregua (per importanza) degli utili aziendali, della crescita economica e dell’inflazione (sebbene alcuni di questi fattori siano correlati e intrecciati tra loro).

IL RIALZO DEI TASSI DA INIZIO ANNO

D’altra parte la modifica delle politiche della Fed ha già fatto sentire i suoi effetti di recente sul mercato azionario. Da inizio anno il rendimento dei titoli di stato USA è salito dal 2,41% al 2,8% (arrivando a fine febbraio al 2,94%, il massimo degli ultimi quattro anni).
L’aumento dei rendimenti e dei tassi di interesse (insieme al timore che l’inflazione potesse salire più del previsto) ha anche determinato la prima significativa correzione in circa due anni per l’indice Dow Jones Industrial Average e per l’indice S&P 500 di Wall Street.

WALL STREET, VALUTAZIONI TIRATE

Rispetto ad altre classi di attivi, le azioni sono ora considerate più rischiose rispetto agli anni passati non soltanto a causa delle loro valutazioni (il rapporto prezzo / utili a Wall Street è oggi pari 23,6 contro una media decennale di 18), ma perché per lungo tempo il Treasury decennale USA ha offerto un rendimento inferiore ai dividendi medi degli S&P 500: ciò ha fornito agli investitori un motivo solido per favorire le azioni nonostante la loro maggiore volatilità. I rendimenti dei titoli di stato USA dovrebbero continuare a salire creando un ambiente molto meno allettante per l’azionario: la Fed ha alzato i tassi di interesse a marzo e prevede di farlo ancora due volte nel 2018 (alcuni osservatori si aspettano però quattro rialzi quest’anno) ed ha aumentato il tasso finale previsto per il 2019 e 2020. Per tutte queste ragioni, la Fed rimane la principale variabile di rischio, ovvero il nemico pubblico numero uno per gli investitori azionari e per le prospettive di crescita.

RIDUZIONE DEL BILANCIO DELLA FED

Anche perché, sta finendo un altro vento che ha favorito le azioni negli ultimi anni: il programma di acquisto di obbligazioni della Fed, che ha gonfiato il bilancio della banca centrale a quasi 4.500 miliardi di dollari. Un fenomeno che ha contribuito a spingere verso il basso i tassi di interesse e ha reso le azioni più interessanti rispetto al reddito fisso. Ma ora, con la decisione già annunciata dalla Fed di riduzione del bilancio a un ritmo di 10 miliardi di dollari al mese (che accelererà fino a 50 miliardi di dollari al mese), finirà anche questo importante supporto al mercato azionario.

TASSI DEL DECENNALE USA FINO AL 4,5%

Alcuni analisti arrivano a ipotizzare che nel giro di un paio di anni il rendimento del decennale del Tesoro USA possa arrivare fino al 4% o, addirittura, al 4,5%: uno scenario che provocherà una contrazione dei multipli di Borsa (e, quindi, delle quotazioni dei titoli azionari) dal momento che nessun incremento dei profitti potrà contrastare tale dinamica sfavorevole.

articolo di FinanciaLounge su https://it.investing.com

 
 
 

Analisi macrotecnica del mercato

Post n°1990 pubblicato il 07 Aprile 2018 da Lucky340
 
Tag: outlook
Foto di Lucky340

Monitoriamo il mercato guida mondiale ossia quello americano attraverso una serie di indicatori  economici e di popolari trading system sul NYSE o sull'indice SP_500 popolare benchmark mondiale :

Vediamo un indicatore  oggettivo in ottica MACROTECNICA cosa ci suggerisce :

  • IL LEI del conference Board per gli Stati Uniti  è aumentato dello 0,6% a febbraio a 108,7 (2016 = 100), dopo un aumento dello 0,8% a gennaio e dello 0,7% in dicembre.

    "Il LEI degli Stati Uniti è tornato a salire, nonostante una brusca flessione dei mercati azionari e la debolezza della costruzione di nuovi alloggi a febbraio", ha affermato Ataman Ozyildirim, direttore dei Business Cycles and Growth Research del Conference Board. "Il LEI punta a una crescita economica robusta per tutto il 2018. Il suo tasso di crescita a sei mesi non è stato così elevato dal primo trimestre del 2011. Mentre la Federal Reserve è sulla buona strada per continuare ad aumentare il tasso di riferimento per il resto dell'anno,la recente debolezza dell'edilizia residenziale e dei prezzi delle azioni - importanti indicatori guida - dovrebbero essere monitorati attentamente. "   

Vediamo  come alcuni  Trading System sullo SP_500   come vedono la situazione :
  • IL mio TS  weekly (Futures) MA10VS50 (RSI_10) indica  sempre LONG dal lontano 16 agosto 2009.
  • Il trading system reso popolare da Dog Short su base mensile, ci dice che  L'indice S & P 500 ha chiuso il mese di marzo con una perdita mensile del 2,69% dopo una perdita del 3,89% a febbraio. Tutte e tre le medie mobili sullo  S&P 500  stanno segnalando "investito" e tre su cinque ETF Ivy Portfolio: il Vanguard Total Stock Market (VTI), FTSE All-World  ETF (VEU) e PowerShares DB Commodity Index (DBC) - sono su  "investito"mentre IEF-obbligazionario USA a medio termine e il  VNQ-azionario immobiliare USA danno short. Il TS-MA 12(RSI_6) negli ultimi 9 anni dopo essere passato Long dal marzo 2010 è andato short dal settembre 2011 al marzo 2012 per riprendere la via del LONG negli ultimi 6 anni.
  • mentre il $NYUD, che ci da l’andamento dell’Up-Down Volume al NYSE  in termini di media a 250 giorni  ora è a 33,25 e conferma il LONG, il dato differenziale risulta positivo dal giugno 2016. Da allora, non è mai tornato sotto la linea dello zero,"ossia se i compratori prevalgono sui venditori, il mercato sale, punto. Finchè vi è prevalenza di Up Volume, non ci sarà motivo di temere.
PS_ il rendimento dei Bond decennali è al momento il seguente:
 T Note_2,80%; BUND_0,50; BTP_1,77 
 
 
 

Gundlach : lo short sulle azioni colpa non solo dei bond, ma anche del Bitcoin

Post n°1989 pubblicato il 07 Aprile 2018 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Occhio alla linea nella sabbia “di cui abbiamo parlato in passato”, che conferma il momento no per l’azionario.


Niente da fare, “l’azionario non può tollerare tassi sui bond più alti”: Jeffrey Gundlach, noto come re dei bond, fondatore di DoubleLine Capital e tra le voci più ascoltate dalla comunità finanziaria internazionale, ritiene che le azioni scenderanno a Wall Street, fino a terminare l’anno in territorio negativo.

A suo avviso i segnali di un dietrofront dell’azionario arrivano dal rialzo dei tassi dei bond e dal crollo delle criptovalute come il Bitcoin.

Riguardo alla questione bond, Gundlach ha reiterato quanto detto in precedenza, ovvero che la linea scritta nella sabbia, “di cui abbiamo parlato in passato, è rappresentata dal 2,63% dei tassi decennali (dei Treasuries)”. Nel mese di gennaio, il guru di Wall Street aveva infatti affermato che l’aumento dei rendimenti decennali avrebbe iniziato a danneggiare l’azionario nel momento in cui fosse stata superata la soglia del 2,63%.

“Ho detto che ci sarebbero potuti essere problemi per le azioni. E quanto è vero! Nel secondo in cui la soglia del 2,63% è stata superata, l’azionario ha iniziato a barcollare, e i tassi hanno continuano a salire, mentre noi pensavamo che, una volta superata la linea del 2,63%, sarebbero arrivati fino al 3%“.

Questa previsione di Jeffrey Gundlach, in realtà, non si è avverata, e a dirlo è lui stesso, facendo notare tuttavia che le sue stime si sono rivelate comunque azzeccate:

“Non siamo arrivati al 3%, ma al 2,95%, ma chiamatemi pure bugiardo se volete, solo per cinque punti base. Il punto è che la soglia del 2,63% è stata davvero problematica. E credo che sia necessario che i rendimenti (decennali) scendano al di sotto del 2,63%, affinché le azioni possano avere una chance di tornare a riguadagnare terreno. Ma non credo che ciò accadrà perchè, guardando a diversi dati sull’inflazione, anche se è vero che nessuno di essi è spaventoso, si evince come tutti indichino che dobbiamo aspettarci una inflazione più alta, misurata dall’indice dei prezzi al consumo, nei prossimi mesi”.

Tra l’altro, per l’esperto è il momento di pagare il conto, visto che ora “ci troviamo in un regime di volatilità, che è completamente ed evidentemente diverso rispetto a quello che abbiamo vissuto nel 2017”. D’altronde il 2017 “è stato l’anno più facile di tutti i tempi per investire. I ritorni risk-adjusted del mercato azionario sono stati probabilmente i migliori della storia”.

Ma cosa c’entrano le criptovalute e il Bitcoin?

Per Gundlach, questi asset monitorano la propensione al rischio degli investitori, confermandosi una sorta di termometro per valutare anche il sentiment sull’azionario. D’altronde, il Bitcoin ha testato il suo record storico nel 2017, vicino alla soglia di $20.000, balzando di pari passo con i massimi storici che sono stati segnati a Wall Street, per poi crollare dall’inizio del 2018, precedendo il dietrofront delle azioni.

“E’ molto chiaro che il Bitcoin è in testa agli asset rischiosi”, ha detto Jeffrey Gundlach. Per poi aggiungere “E’ così ovvio che il Bitcoin è la dot-com del mondo di oggi, una mania così simile a quella del 1999”.

 

 

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 04/05/2010
 

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