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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi  agisce a proprio rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi del 22/01/2015

Quantitative Easing: Bce diventa una vera banca centrale

Post n°1799 pubblicato il 22 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Ci sono voluti 13 anni e un governatore italiano (e, a essere onesti, non so quale delle due circostanze sia più bizzarra) affinché la Bce diventasse finalmente una vera banca centrale. Mario Draghi ha finalmente annunciato ciò che tutti gli analisti dotati di buonsenso si aspettavano: una prima vera forma di mutualizzazione dei debiti pubblici nazionali, mediante un massiccio programma di acquisto di titoli.

Evviva. Osanna. Alleluja.

L’intervento è importante e migliore delle aspettative sotto ogni punto di vista: un totale di 1,1 trilioni di euro, ripartiti in tranche mensili da 60 miliardi, da investire in di titoli del debito pubblico e privato tra marzo 2015 a settembre 2016. Anche la negletta Grecia, contrariamente a quanto riportato nelle assurde indiscrezioni pre-comitato (e compatibilmente con i limiti di concentrazione del 20% su ciascuna emissione e del 33% su ciascun emittente), è inclusa tra i debitori eleggibili.

Gli acquisti saranno quasi integralmente a carico dei bilanci delle singole Banche Centrali Nazionali, mentre la Bce deterrà in proprio solo una quota dell’20% dei titoli “aggiuntivi”. Queste modalità operative hanno creato un bizzarro dibattito già nel corso della rassegna stampa tenuta da Draghi, durante la quale numerosi giornalisti hanno interrogato il governatore sul senso della mancata “condivisione del rischio” che ne deriverebbe.  A tal proposito – e prima che si scatenino le paranoie dei vari complottisti di casa nostra – voglio subito chiarire che il canale mediante il quale vengono acquistati i titoli non ha alcuna influenza sull’efficacia delle manovre né sulla effettiva ripartizione del rischio di mercato: tutte le Bcn, infatti, acquisteranno i titoli emettendo Euro (vale a dire una sola moneta spendibile ovunque nell’Area Euro) e tale circostanza priva di per sé di qualsivoglia rilevanza il fatto che i titoli acquistati figurino su questo o su quel bilancio.

Insomma, checché vaneggiasse Schauble o le migliaia di catastrofisti nostrani pronti a giurare sulla prossima dissoluzione dell’Unione Monetaria, il dado è tratto: l’Euro è irreversibile, indietro non si torna, la carriera dei piangitori della lira finisce oggi.

La domanda che rimane a questo punto è: la manovra basterà a riportare le aspettative di inflazione vicine a quel 2% scritto nella pietra votiva di “Nostra Signora di Francoforte”? Sarà sufficiente a generare la ripresa dopo sei anni di recessione? La risposta è la solita: no.

No, a meno che non sia infranto anche l’ultimo terribile tabù dell’ortodossia waigeliana (da Theo Waigel, pugile tedesco noto per aver pestato a sangue e ripetutamente Romano Prodi e 60 milioni di italiani inconsapevoli): il tetto 3% al rapporto Deficit/Pil.

Come ho più volte scritto su questo blog e come non mi stancherò mai di ripetere, una politica monetaria espansiva serve a pochissimo se non finanzia gli investimenti pubblici e, attraverso questi, la domanda aggregata; solo un vigoroso incremento della domanda, inoltre, può sostenere (almeno nel breve periodo) quella crescita che a sua volta rende utili le copiose risorse finanziarie messe a disposizione dalla Banca Centrale. Insistere, al contrario, su bilanci pubblici inchiodati al pareggio, vuol dire lasciare in cassaforte quei soldi e abbandonarsi alla masochistica e impotente attesa di “tempi migliori”, nel frattempo mietendo vittime e accrescendo quel disagio sociale diffuso che genera mostri (ovvero profittatori politici il cui unico talento è rimestare nella disperazione collettiva a colpi di tweet deliranti e ospitate Tv).

Non mi sfugge, ovviamente, quanto sia complicato superare i timori di molti concittadini europei sulla capacità delle amministrazioni pubbliche italiane (nazionali e locali) di impiegare correttamente le risorse che da questo momento verranno massicciamente fornite da tutti i membri dell’area Euro: e, tuttavia, il tentativo va fatto, costasse pure un’altra libbra di sovranità e la condivisione dei processi decisionali di spesa.

Per il momento, intanto, onore al merito: Draghi la sua parte ora l’ha fatta, non possiamo chiedergli più nulla.

  Lucio Di Gaetano  su http://www.ilfattoquotidiano.it

 

 
 
 

QE da 60 miliardi di euro al mese

Post n°1798 pubblicato il 22 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Draghi fa il grande salto. Il presidente della Bce, in conferenza stampa dopo che il consiglio direttivo come previsto ha lasciato invariato il costo del denaro al minimo storico dello 0,05%, ha annunciato un programma di acquisto di titoli privati e pubblici che ammonterà a 60 miliardi di euro al mese e durerà fino a settembre 2016 o, almeno, finché il tasso di inflazione dell'Eurozona non sarà tornato vicino al 2%. Dunque il bazooka da 1.080 miliardi di euro potrebbe essere ancora più potente.

Il criterio per la ripartizione dell'intervento è basato sulla quota di capitale presso la Bce. L'Italia ha una quota del 17% dell'Istituto centrale. La manovra, nel dettaglio, riguarderà titoli investment grade con una maturità compresa tra 2 e 30 anni e anche con rendimenti negativi. Con il nuovo piano di acquisti la Bce potrà quindi iniziare a rilevare anche titoli pubblici della Grecia a partire da luglio, in base alle scadenze di pagamenti dei titoli detenuti tramite il vecchio programma, Smp. Comunque non vi sono regole specifiche sulla Grecia nel piano.

Fattore ancora più importante: la condivisione del rischio delle eventuali perdite relative agli acquisti di titoli di Stato effettuati dalla Bce sul mercato secondario sarà pari al 20%. L'80% del rischio sarà a carico delle rispettive banche nazionali. Invece gli economisti si aspettavano che i singoli Stati si sarebbero assunti la metà del rischio.

"Con la limitata condivisione dei rischi prevista nel piano di acquisti di titoli della Bce volevamo un sistema che mitigasse le preoccupazioni di alcuni dei Paesi membri circa le possibili conseguenze fiscali non volute di possibili sviluppi futuri", ha spiegato Draghi. A questo proposito, "per far fronte a questi rischi, l'Omt è lì pronto a essere utilizzato". L'Omt, lanciato nell'agosto del 2012, prevedeva l'acquisto dei bond di uno Stato in difficoltà ma solo dietro l'espressa promessa di quel Paese ad accettare di essere assoggettato a un programma di risanamento fiscale.

Draghi si è poi detto stupito del fatto che la questione della condivisione del rischio sia diventata la cosa più importante nel dibattito alla vigilia della decisione della Bce. "Chiediamoci se sia una scelta così fondamentale per l'efficacia del piano, noi", ha detto, "riteniamo di no".

Infine, l'Istituto centrale non comprerà più del 25% di ciascuna emissione e più del 33% del debito di ogni emittente. In particolare, "il limite del 25% è quello necessario per non essere una minoranza che blocca un'assemblea di detentori di obbligazioni e rappresenta la base per dire che sarà pari passu", ha spiegato ancora il numero uno dell'Eurotower. Come atteso, il nuovo intervento ingloberà i precedenti programmi di acquisti di prestiti bancari cartolarizzati (Abs) e di obbligazioni bancarie garantite (covered bond).

La decisione di attivare ora un programma di acquisto di titoli di Stato "ha avuto una vasta maggioranza, tanto che non c'è stato bisogno di votare, ma non è stata unanime", ha reso noto Draghi. "C'è invece stato un consenso sul considerare il quantitative easing uno strumento di politica monetaria e sulla condivisione del rischio al 20%".

Il tutto per scongiurare i crescenti rischi di deflazione che hanno mandato in trincea le economie nazionali dell'Unione europea. "La dinamica dell'inflazione è più debole del previsto", ha osservato il presidente della Bce, secondo il quale "un potenziale secondo round di effetti sui salari legati al calo del prezzo del petrolio è aumentato e potrebbe influenzare i prezzi".

Quindi nell'Eurozona l'inflazione annuale resterà molto bassa o addirittura negativa nei prossimi mesi: le aspettative a 5 anni sono all'1,64% rispetto alla media del 2,30%. Un trend "inevitabile" alla luce del calo del prezzo del petrolio. "Se non ci saranno correzioni, sarà questa la situazione", ha precisato. Comunque l'indice sui prezzi al consumo dovrebbe accelerare a fine anno, inizio 2016. Il consiglio della Bce continuerà naturalmente a monitorare i rischi sull'andamento dell'inflazione e si focalizzerà sugli sviluppi geopolitici, sui tassi di cambio e sui prezzi del petrolio.

Draghi ha ancora rilevato un "notevole" rallentamento dell'economia nell'Eurozona. I rischi per l'economia dell'area euro restano, quindi, al ribasso e, in tale contesto, i governi devono attuare in maniera "credibile" le riforme strutturali, in particolar modo sul mercato del lavoro e dei beni e servizi, per far salire le aspettative di reddito e incoraggiare le imprese a fare investimenti "da subito" in modo da sostenere la ripresa economica.

Le politiche di bilancio devono favorire la ripresa sempre nel quadro di una sostenibilità del debito. Le ulteriori misure di stimolo lanciate oggi "dovrebbero dare supporto alla ripresa e riportare l'inflazione sotto ma vicino al 2%". Però sarebbe un "grosso errore" se i Paesi dell'Eurozona ritenessero il programma di quantitative easing come un possibile incentivo a indebitarsi ulteriormente, dal momento che ha l'obiettivo di scongiurare una simile prospettiva. "Il QE non è affatto diretto al finanziamento monetario, tutt'altro, è stato studiato per evitarlo".

Draghi ha dunque avvertito che per incrementare investimenti, posti di lavoro e produttività devono entrare in merito altre politiche, oltre a quella monetaria. Infatti "la politica monetaria è importante per favorire la ripresa ma non basta: ci vuole fiducia e per avere fiducia ci vogliono riforme strutturali. Ora spetta ai governi dare la fiducia necessaria", ha concluso il presidente della Bce.

da http://www.milanofinanza.it

 
 
 

Bce: rumor, QE da 50 miliardi al mese?

Post n°1797 pubblicato il 22 Gennaio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

ROMA (WSI) - Il piano QE della Bce sarà molto più ambizioso rispetto a quanto trapelato dalle indiscrezioni fino a qualche ora fa. Non un programma di 'appena' 500 miliardi di euro, reputato subito insufficiente dai mercati, ma una iniezione fino a 1.100 miliardi di euro (1,1 trilioni). E' quanto riporta Bloomberg, precisando che il QE verrebbe effettuata ogni mese - così come gli acquisti di bond avvenivano mensilmente, nel caso del QE della Fed - per un ammontare di 50 miliardi di euro, fino alla fine del 2016.

Fonti della Bce hanno riferito a Bloomberg che la proposta inizierà a essere discussa a partire dalla giornata di oggi dal Consiglio direttivo della Bce.

Niente di certo, dunque, dal momento che potrebbero essere apportati anche cambiamenti significativi.

Gli acquisti avrebbero come oggetto soprattutto i titoli di stato e non dovrebbero partire prima del prossimo 1° marzo, ha precisato una fonte. L'obiettivo è quello di arginare la minaccia della deflazione, sempre più concreta in Eurozona. L'ultima parola la proferirà il presidente della Bce Mario Draghi, nella conferenza stampa a Francoforte che seguirà l'annuncio della decisione sui tassi di interesse.

Intanto, intervistato dal Wall Street Journal da Davos, Matteo Renzi afferma. "La Germania contro il resto del mondo potrebbe essere un errore", afferma Renzi al Wsj da Davos. (Lna)

da  http://www.wallstreetitalia.com

 
 
 
 
 

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Un blog di: Lucky340
Data di creazione: 04/05/2010
 

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