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Luoghi Perduti

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« Ti ho disegnato un seggio

Sancta Sion

Post n°53 pubblicato il 28 Marzo 2013 da Ufficioluoghiperduti
 

Giovedì Santo

Divisa in due, avvolta dai lini in un cesto,
la Vergine dell’Afflizione con il cuore d’argento
esce una volta l’anno dalla stanza in penombra.
In chiesa, ricomposta, a fianco del figlio piagato,
dietro gli ori del grano fiorito nel buio,
andrà per le vie fino alle rupi e al Calvario.
Dopo i petardi e le campane a distesa
tornerà con la veste trapunta nell’armadio di noce.

S’abbuiano i colli, fra i castagni e gli ulivi
nel gregge ammassato il pastore cerca l’agnello,
chiama, bestemmia, l’afferra - in quel belato
il pianto estremo che non conosce il morire.
Latrano i cani, poi l’usignuolo per gli orti
cede al suo canto, lo svolge, lo lancia nel vento
lieve che muove i gracili rami del melo
piantato a novembre in un mattino piovoso.

Il pero, il loto, il tiglio, l’ippocastano,
appronta ciascuno a suo modo la fioritura
(foglie si svolgono tenere come ferite
nei verdi che variano dove il gelo riarse),
cava la talpa i suoi ciechi percorsi
scansando il pruno e il velenoso oleandro,
il motore in salita segnala un ritorno
nella casa di pietra con le serrande abbassate.

Eccidi a Gaza, tregua di un giorno in Rhodesia,
sparisce la nave stracolma di schiavi bambini,
un uomo - occhi grigi e giaccone a quadri -
dice che ieri notte ha scannato sua madre,
nella galassia sfocata s’accende una stella,
lesta si slarga nel telegiornale la mappa
dove su Nord e Sud scurano nubi:
i mari intorno sono un sobbalzo di accenti.

Scende il Cristo straziato dentro gli inferni
per riapparire, sabato a mezzanotte,
biancovestito dietro il sipario viola.
…Tante e più volte anche tu sei disceso
nei luoghi stretti presieduti dall’ansia
sgomento ogni volta di non più ritornare
all’orto da coltivare, alle stanze in penombra,
sempre ogni volta tornando senza risposta.

Orfeo salì spossato i cupi viadotti
portando in petto il seme della sconfitta
- ne venne al canto un intoppo, una sprezzatura:
a cui s’accorda la voce breve e delusa
di chi s’aggira in uno spazio inconcluso
e vuole restarvi: come se quello spazio
fosse l’unico luogo dove gli è dato abitare,
dove ognuno compie il suo oscuro percorso.

(da In margine e altro, Oedipus, 2011)

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