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« Ti affidiamo un bambinoAhi, ahi, Walter »

Fine di una storia

Post n°45 pubblicato il 17 Settembre 2008 da magnum.3

Andrea cominciò a vivere davvero. Aveva una bella stanza, spaziosa e luminosa, nella quale dormiva con la sorellina più grande. Cioè, con Alessandra, la figlia più grande di Corrado e Manu. Aveva una quantità di giocattoli, decisamente troppi. Ma come fai a negare un giocattolo in più ad un bambino che ha passato cose come quelle che costituivano l'esperienza di vita di Andrea? L'educazione sarebbe venuta dopo, ma per ora, pensavano i due adulti, lasciamo che per lui, la vacanza duri ancora un po': alcune regole di base, questo si, ma senza pressioni eccessive.
Il piccolo si inserì magnificamente e con grande velocità. Incoraggiato dalle tre bambine, giunse nel giro di un paio di settimane a considerarle vere e proprie sorelle. Ed i due grandi erano per lui - lo dimostrava col modo di comportarsi - esattamente un padre ed una madre.
Era intelligente e furbo. La vita precedente gli aveva insegnato tutti i segreti dell'arte di arrangiarsi e di rendersi gradito. Per quanto si sforzasse di resistere, Corrado non riusciva a reggere più di un paio di minuti allo sguardo di quegli occhi dal colore del mare, a quel sorriso che illuminava la faccina deliziosa di quella pulcetta, quando Andrea gli chiedeva qualcosa. Gli amici, a cominciare dalla Dottoressa Sabini, lo prendevano gentilmente in giro. Si rendevano conto di come Corrado e Manuela fossero caduti in una irresistibile trappola d'amore. Pochi, tra coloro che ignoravano la storia, sarebbero riusciti a capire che quel puffetto biondo non fosse nato dal ventre di Manu e dai lombi di Corrado.
Proprio per via di questo piccolo, tangibile miracolo, la coppia non riuscì a vedere, per qualche tempo, altro che un mondo interamente dipinto di rosa. Poi, un bruco cominciò ad insinuarsi in quella dolcissima mela: improvvisamente ambedue si resero conto della provvisorietà di quella bellissima fiaba. Andrea era stato dichiarato adottabile. E quindi l'affidamento non sarebbe durato altro che qualche mese. Ne parlarono tra loro, mentre erano soli, Manu e Corrado. E fecero ogni possibile sforzo per convincersi reciprocamente che quell'inevitabile prosieguo della loro vicenda rientrava in una norma poco gradevole ma necessaria, per una corretta crescita del bambino. Eppure, ogni giorno che passava il laccio si stringeva un po' di più. E se Manuela riusciva in qualche modo a controllare meglio le emozioni, Corrado cedeva progressivamente ad una strana miscela di felicità e di disperazione nella quale egli tentava - con pessimi risultati, bisogna dire - di trovare logiche di razionalizzazione. Ma per riuscirci, egli avrebbe dovuto ricorrere alla durezza d'animo. E Corrado, purtroppo, tutto era, meno che duro.
Poi, un giorno, accadde una cosa destinata, comunque, a lasciare un segno, nella vita di quella famiglia. Susanna, la Dottoressa Sabini, chiese ai due coniugi di recarsi nel suo studio.
Qualche giorno fa” disse, “ho consegnato la mia relazione periodica ad F. (il Presidente del Tribunale Minorile, n.d.r.) su tutti i bambini dati in custodia all’Istituto, ivi compreso Andrea. Quando ne abbiamo discusso, ci siamo trovati d’accordo nel giudicare questo caso come il più positivo da molti, molti anni a questa parte. Ed allora, F. mi ha detto che vorrebbe parlarvi.”
La cosa non sembrò particolarmente strana ai due. Essi immaginarono che il Magistrato volesse sentire dalla loro voce il racconto di quella esperienza. Tra l’altro, F. era un parente alla lontana (“d’entratura”, si direbbe a Cagliari) di Manuela. E quindi essi acconsentirono immediatamente alla richiesta.
Quando si trovarono in quello Studio, di primo impatto le cose andarono proprio come loro le avevano previste. Ma dopo una ventina di minuti di scambi di impressioni e di convenevoli, F. se ne uscì con una proposta stupefacente: “Sentite, noi ci conosciamo da una vita. Quando Susanna mi ha illustrato il caso di Andrea, ipotizzando di mandarlo da voi, ne sono stato veramente felice. Devo dire, ora, a cose fatte, che non avevo sbagliato: l’esperimento è riuscito benissimo. Tanto bene, che vorrei farvi una proposta: perché non lo adottate voi? Se mi dite di si, bypassiamo tutta la procedura consueta. Posso farlo, se ce ne sono le condizioni, ed in questo caso, esse ci sono tutte. Vi lascio qualche giorno per pensarci. Spero proprio che mi diciate di si.”
Se F. avesse saputo quale effetto devastante avrebbe avuto quella sua proposta sui due sposi, non l’avrebbe proprio fatta. O perlomeno sarebbe stato più prudente e diplomatico. Mentre tornavano a casa, silenziosi come non mai, Manuela e Corrado  scavavano in profondità dentro se stessi. Amavano le proprie figlie quanto è possibile amare. E tuttavia, ambedue avevano desiderato moltissimo un maschio. Ora l’avevano, letteralmente, a portata di mano.
Ma la vita, purtroppo, non è mai così semplice come è possibile vederla nei telefilm ottimistici di oltre Atlantico. Sapete, quelli che finiscono sistematicamente con una bella risata. O dove se fai una cosa positiva vieni regolarmente ripagato, dagli uomini o da Dio. Quei telefilm nei quali se desideri una cosa, soprattutto se è importante, la ottieni sempre.
Nel caso di Manu e Corrado, c’era un grande, gigantesco problema: assieme a loro viveva un fratello di Manuela, terribilmente minorato sin dalla nascita, sia nel fisico che nella psiche. Ed assieme a lui, in quella casa c’era anche sua Madre ed un’altra Persona, ambedue anziane, ambedue addette ad accudire l’invalido senza un attimo di interruzione, di giorno e di notte, ma sempre sotto la supervisione di Manuela e di Corrado. Ci pensarono molto, i due sposi. Ma poi dovettero arrendersi, col cuore spezzato, ad un’amarissima realtà: adottare Andrea avrebbe significato accollarsi un ulteriore impegno, già difficilmente affrontabile anche in condizioni normali, ma al limite dell’impossibile se legato ad un piccolino che certamente avrebbe dovuto percorrere ancora una strada tutt’altro che facile. E che sarebbe stata non proprio priva di spine lo dicevano alcuni fatti derivati dall’esperienza che il bimbo aveva maturato nella casa un po’ fuori della norma nella quale aveva vissuto per i cinque-sei anni precedenti. Il fatto che Andrea quasi ogni notte si infilasse nel letto della bambina con la quale divideva la stanza e le proponesse cose come “Se mi dai un bacio sulla bocca ti regalo una delle mie macchinine” non spaventava né Manu, né Corrado, e nemmeno Alessandra, la loro figlia oggetto delle profferte, i cui soli dieci anni di normalissime esperienze ben supportate dai suoi genitori, non cedevano di fronte ad una realtà tanto lontana dalla sua. E tuttavia, episodi come quello – non unico né isolato -  non davano chiaramente il senso delle difficoltà che loro, tutti insieme avrebbero dovuto affrontare.
Le somme furono tratte. Dolorosamente, ma furono tratte. E così, Corrado, raccogliendo tutta la forza che riusciva a trovare, (Manu confessò a se stessa ed al marito di non averne neanche un briciolino, di quella stessa forza) Corrado, dicevo, andò da F. per dirgli che per quanto desiderassero quel bambino, erano costretti a rifiutare la chance che era stata loro offerta. Il Magistrato, che conosceva molto bene la situazione familiare dei due pur non valutandola, forse, in tutta la sua pesantezza, comprese e diede il via alla parte finale della pratica di adozione.
Passarono ancora un paio di mesi. Poi il Tribunale comunicò che Andrea era stato assegnato ad una coppia che appariva ineccepibile, dalle relazioni degli Assistenti Sociali. Lui, un Funzionario di grado elevato, lei un’insegnante. Manuela e Corrado, col cuore a pezzi, cominciarono a preparare Andrea al nuovo giri di valzer che lo attendeva. E così, quando vennero avvisati che un certo giorno avrebbero ricevuto la visita dei nuovi genitori adottivi, Andrea appariva addolorato, preoccupato, ma in grado di affrontare la nuova rottura col passato.
Suonarono alla porta. Corrado e Manuela si videro davanti il nuovo padre di Andrea, sorridente, chiaramente desideroso di rendersi gradito, forse anche per la presenza di un’Incaricata del Tribunale. La moglie, invece, aveva un atteggiamento di cortesia puramente formale e ridotto al limite. Bastarono pochi minuti perché emergesse in tutta la sua evidenza un quid che poteva tradursi nella sicurezza che ormai quel bimbo era “suo” e che nulla e nessuno avrebbero potuto mutare questo dato di fatto. E gli sguardi che rivolse a Manuela e Corrado, la sua fretta per ridurre al minimo i convenevoli, per andarsene con Andrea nel più breve tempo possibile, la diceva lunga sul fatto che non intendeva, non avrebbe mai inteso continuare ad avere dei rapporti, neanche sul piano dello scambio di informazioni, con la famiglia che aveva ospitato con infinito amore quella creatura. Sembrava anzi che la donna nutrisse un incomprensibile senso di rancore nei confronti di quelle altre due persone che pure l’avevano accolta in modo assolutamente amichevole.
Se ne andarono, quasi senza salutare, consentendo al bambino non più che un piccolo, sfuggevole bacio.
Manu trovò la forza, nel suo bagaglio di buona educazione, di accompagnare Andrea fino alla porta.
Corrado dovette sedersi sui gradini di una grande scala  interna, tentando, senza riuscirci, di trattenere un pianto convulso.
Sono passati molti anni, da quel giorno. Ma ogni volta che penso a quel piccolo che si allontanava definitivamente, irrimediabilmente da me, il mio cuore stilla ancora lacrime di sangue.

 

 

 
 
 
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