SOLSTIZIO D'ESTATE

Post n°35 pubblicato il 22 Giugno 2017 da Manutella77
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SOLSTIZIO D'ESTATEVentuno giugno, primo giorno d’estate. Rilassata, spensierata, mi godo qualche giorno di ferie insieme alla mia famiglia. Il figlio ormai sedicenne parcheggia sotto l’ombrellone i suoi indumenti e se ne va a un altro bagno con i suoi amici, ma è normale che sia così. Ricordo che fino a pochi anni fa, averlo sempre tra i piedi era sfiancante: doversi sempre inventare qualche gioco, rispondere alle sue richieste, cercare amici per lui per non vederlo annoiare. Immaginavo che un giorno avrei rimpianto quei momenti di secchiello e paletta, e infatti è così. Ora va in luoghi che conosco a malapena e mi parla di amici che non ho mai visto, mentre prima l’occupazione principale era far amicizia con le altre mamme. Babbo è contento, dice che finalmente ci possiamo rilassare, dormire sotto l’ombrellone, leggere; poi però verso le cinque comincia ad annoiarsi anche lui.Oggi mare e cielo sono splendidi, l’azzurro ci circonda, un venticello ci conforta e i pochi bagnanti fanno da contorno senza infastidire, come accade nelle domeniche troppo affollate. Ma oggi è mercoledì, oggi è una giornata perfetta: solstizio d’estate.Guardo i bambini che giocano a riva, le mamme sedute ad osservarli e alcuni ragazzi poco più in là, che avranno l’età di mio figlio. Mi piacerebbe se avesse gli amici qui, potrei ogni tanto sbirciarlo da lontano; ma forse è meglio così, deve crescere senza mamma chioccia intorno. Mi domando se si starà comportando bene, se è educato, se rispetta le regole che gli abbiamo insegnato. E’ l’età della ribellione, del contrasto, della voglia di essere indipendenti; ci siamo passati tutti, no? Ma questi gruppetti di oggi, così arroganti, questi fatti di cronaca sconcertanti, vandalismo, ubriachezza molesta, risse, bullismo, mi preoccupano. Come potrebbero non farlo? E’ abbastanza forte mio figlio, abbastanza maturo per saper distinguere il giusto dallo sbagliato? Il bagnino fischia ai ragazzi che dalla battigia calciano il pallone in mare, gli fa cenno con la mano di smettere. Loro lo guardano e lo ignorano. Alla seconda pallonata gli fischia di nuovo e loro rispondono che stanno giocando piano e che sono dentro l’acqua. Io penso che potrebbero anche lasciarli giocare, in fondo ci sono pochissime persone sulla riva e che tutte queste regole sono esagerate; immagino mio figlio che si incavola per lo stesso motivo, come quella volta che ci impedirono di fare qualche passaggio a pallavolo perché dovevamo avere l’acqua almeno alle caviglie. Purtroppo però, è così, e se si vuole fare diversamente bisogna andare alla spiaggia libera.Interviene anche l’altro bagnino, un ragazzo di colore, che dice ai ragazzi di spostarsi verso il loro bagno, se vogliono continuare a giocare. A quel punto dal mare si sente urlare:"Vaffanculo, nero di merda!”Io non riesco a credere alle mie orecchie, spero di aver capito male. Invece la stessa frase viene ripetuta tre, quattro, forse cinque volte. Tutti i bagnanti intorno a me alzano le teste dai loro libri o dalle sdraio e guardano verso l’orizzonte.Il primo bagnino va verso i ragazzi e dice loro di far smettere il loro amico, di farlo stare zitto, ma quello continua a urlare e sbeffeggiare, rimanendo però a largo. Il bagnino che è stato offeso è fermo di fronte al mare, in piedi, immobile. Non dice niente. A me viene un groppo in gola. Non so se non ha capito bene, o se semplicemente non sa cosa fare, o se si trattiene perché sta lavorando e non può avere reazioni avventate. Il ragazzo in mare continua a ridere. “Fatelo smettere, maledizione”, penso.Il primo bagnino sale su un patino e va vicino a lui, lo rimprovera animatamente, non capisco bene cosa dica, ma qualsiasi cosa non sarà mai troppo. Il bullo gli intima di scendere, di andare lì da lui, che gli fa vedere lui. “Ora arrivo, ora arrivo!”, risponde l’altro.Comincio a preoccuparmi: un adulto che litiga con un minorenne ci rimette sempre. Ma un ceffone a quel minorenne glielo avremmo dati tutti in quel momento. Speriamo che glielo diano i suoi genitori! Stanno facendo una pessima figura anche loro, insieme a lui.Il patino sta rientrando lentamente a riva. Intanto, dalla spiaggia del bagno adiacente compare un uomo di mezza età ed entra a grandi passi nel mare, sollevando tanti schizzi e urlando come un cane inferocito.“Stai minacciando un minorenne, ti denuncio!”Intorno a me si mormora: “E’ il padre!”“Non sa cosa è successo! Che qualcuno glielo spieghi, prima che scoppi una rissa!”Alcuni trattengono il bagnino che è sceso dal patino, altri il padre del ragazzo. La battigia è diventata improvvisamente affollata, da lontano sembra un circo, ognuno col suo ruolo e il suo costume colorato, chi difende, chi cerca di calmare, chi urla.Il bagnino con la pelle scura si avvicina per parlare con quelle persone. Una donna con le code ai capelli e un’abbronzatura impeccabile, sbraita invasata e gli punta il dito contro.“Lo so che le donne al tuo paese non possono parlare…”Oltre che parlare, si agita parecchio. Le altre sue frasi non superano per intelligenza la prima. La mia vicina di ombrellone non regge più e va a dirle che dovrebbe solo vergognarsi per come si è comportato suo figlio e stare zitta. Quella non risponde nemmeno, continua a minacciare denunce.“Ma hanno capito cosa ha detto loro figlio?”, domando io.“Certo! E invece di prenderlo per un orecchio e dargli una lezione, lo stanno difendendo!”Siamo allibiti. C’è un gran parapiglia, ma nessuno per fortuna arriva alle mani e dopo qualche altro minuto di urla e strepiti, tutto si dissolve, fortunatamente senza conseguenze. L’incendio è spento, ma due focolai continuano a bruciare ai lati, con le lamentele delle due fazioni.Mio marito dice che fosse stato nostro figlio lo avrebbe picchiato davanti a tutti, lui che non gli ha mai dato neanche uno schiaffo. Gli do ragione. Questo avvenimento ci ha turbato enormemente, forse per l’età dei ragazzi, forse perché cose del genere te le raccontano ma di solito non le vivi in prima persona, forse perché conosciamo bene i due bagnini, sempre gentili e simpatici, o forse semplicemente perché gente così meschina vorresti che non esistesse. Il ragazzo può essersi lasciato trascinare dal momento, protetto dal suo gruppo, sbagliando, ma poteva essere una sciocchezza risolvibile con delle scuse; ma i genitori…i genitori sono imperdonabili, sono lo schifo, l’ignoranza, la volgarità del nostro tempo.Il bagnino fa fatica a calmarsi, nonostante tante dimostrazioni di affetto.“Non è giusto”, ripeto a me stessa. La mia unica consolazione è che non sono la sola a prendermela tanto, siamo tutti turbati e arrabbiati.Tutti tranne un uomo stupido, non c’è altro modo per definirlo. Per non pensarci più, io e mio marito andiamo a mangiare un gelato e assistiamo a una conversazione senza senso: questo uomo che rimprovera il bagnino per aver minacciato il ragazzo.“Non dovevi fare quella piazzata, ti hanno sentito tutti!”Sosteneva di non aver sentito quello che aveva urlato il ragazzo, sebbene lo avesse urlato così tante volte!“Io ho solo sentito te, un adulto che minacciava un minorenne”Non so come abbia fatto l’altro a trattenersi da mandarlo a quel paese. A me ha fatto più schifo di tutti, più del ragazzo cretino, più dei genitori ignoranti, più di tutti i razzisti che conosco. Da quel momento la mia giornata di relax è diventata un giornata di riflessione. Ho cominciato a desiderare ansiosamente che mio figlio tornasse, per parlarci, per stare con lui, per scrutare nei suoi occhi i pensieri, i sogni, per intuire l’uomo che diventerà, per capire se i valori che cerco di trasmettergli arrivano, nonostante le sue battute stupide o quello che definisce black humour e che sostiene di usare solo con noi. Direbbe mai una cosa del genere, lui? No, certo, che no!Arriva, finalmente. La buttiamo sul ridere:“Ti sei perso una rissa, con babbo nel mezzo che cercava di sedare e io da lontano che temevo di vederlo volare in acqua!”Poi però ne parliamo con calma. Lui è schifato quanto noi, cerca di capire se conosce quei ragazzi, ma gli sembra di no. Per fortuna.“Cosa avresti fatto se un tuo amico avesse detto una cosa del genere?”“Che domande fai, mamma? Gli avrei detto di smettere!”Gli credo. Non posso conoscere tutto di lui, ed è giusto così; so che l’apparenza a volte lo fa sembrare più superficiale di quello che è, come penso sia per tutti i suoi coetanei, ma so anche che quello che gli ho trasmesso non andrà mai perso. Tornando verso casa osservo i cerbiatti al di là della recinzione del Camp Derby, come ho fatto migliaia di volte da piccola, avanti e indietro da Pisa a Tirrenia, incantata. La bellezza è nelle piccole cose, è ovunque, nella natura, nelle persone, nelle case di ognuno di noi. L’unica speranza è in questo, che possa vincere la bellezza, sempre, su tutte le brutture del mondo. Che possano vincere le persone che ancora credono nei valori e che cercano di trasmetterli ai propri figli, insieme all’amore!NOTA Eravamo in tanti a sostenere il nostro bagnino, come se quel bulletto avesse detto a me svampita di m, a lui ciccione di m, a lei cinese di m, all’altro sordo di merda, a tutti gente di m.Invece sei tu che sbagli, sei tu il “diverso”, ragazzino di m, con famiglia di m!

 
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Ritorno!

Post n°34 pubblicato il 22 Giugno 2017 da Manutella77

E' passato poco dall'ultima volta in cui ho scritto in questo blog, dai, solo quattro anni!Spero di usarlo più spesso, d'ora in poi. Nel frattempo è uscito LUI!http://www.pacinieditore.it/le-donne-di-isa/ Lo trovate in libreria, cartoleria e on-line!

 
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L'oblio dei poeti

Post n°33 pubblicato il 27 Luglio 2013 da Manutella77

I poeti sono strane creature,

popolo delle acque e delle nubi,

plasmati dal nulla e al nulla destinati.

I poeti sono cattivi,

selvatici come le ortiche dei prati,

ibridi e cangianti

come eteree fatine che danzano e vibrano,

ammiccano e seducono

e poi rapiscono e denudano.

I poeti non sanno amare!

Soffrono di un dolore universale

per le ingiustizie, gli affronti e la crudeltà,

piangono per un bambino deluso

o un vecchio abbandonato,

ma nulla gli importa della tua pena esistenziale,

della tua ansia da possesso,

del tuo dolore per un fallimento.

Sono egoisti e caparbi, i poeti,

creature senza patria nè dimora

infelici ovunque,

insoddisfatti con chiunque,

alla ricerca perenne di una luce che non c'é,

ricordo forse di un'altra età,

di un universo diverso, lontano oblio

da cui solo loro ricordano di provenire

e a cui incessantemente anelano ritornare.

 
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Aspettando l'alba

Post n°32 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Manutella77

Se fosse già mattina

e le auto avessero ripreso ad andare

e i cani ad abbaiare,

se le persone camminassero per strada

parlottando tra loro sul tempo e il caldo,

io non starei qui da sola ad aspettare.

Se gli uccellini cantassero

e il gallo salutasse il nuovo sole,

se i bambini si preparassero per andare al mare

con l'abbondante colazione della domenica,

contando le ore per poter fare il bagno

e i gatti si strofinassero alle loro gambe sornioni,

io non starei qui da sola ad aspettare in silenzio.

Se la vita avesse ripreso il suo corso come sempre,

con la luce prepotente a sfondare le finestre

e l'afa d'agosto a fiaccare il respiro,

se il vicino tagliasse già l'erba 

e l'anziana signora andasse con il suo carrellino

verso il supermercato,

il tempo non sarebbe così fermo

e io non starei qui da sola ad aspettare in silenzio

e a pensare all'alba che sembra non arrivare mai.

 
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Abisso

Post n°31 pubblicato il 18 Maggio 2012 da Manutella77

Nata morta,

morta appena nata,

rinata dalla morte.

Nata avvinghiata, stritolata,

nata e salvata,

amata, troppo amata.

Nata con la serpe nel cuore

e le stelle negli occhi,

nata per mentire, per ingannare

eppure nata per amare.

Nata senz'ali, ma col sogno di volare,

nata senza forza, ma obbligata a lottare.

Nata per soffrire, per vedere morire,

nata per far soffrire e per uccidere,

con l'odio e con l'amore,

col buio e con la luce,

con un abisso dentro 

pieno di tutto e di niente.

Nata d'inverno col ghiaccio nelle ossa,

nata col fuoco che divampa

e incenerisce ogni cosa.

Nata morta,

morta appena nata,

rinata dalla morte

che rimarrà sempre dentro.

 
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RACCONTO

Post n°29 pubblicato il 05 Dicembre 2011 da Manutella77

LA PANCHINA DEL TERZO BINARIO

(racconto vincitore del concorso "Versi per l'anima" 2011)

 

Mi guardavo riflessa nel piccolo specchio della cipria, ripassando lentamente il rossetto sulle labbra. Ero così bella, con gli occhi verdi, lucenti.

La panchina sembrava osservarmi con sospetto e ironia, forse domandandosi perché non mi sedevo. Non c’era nessuno lì seduto, perché non mi sedevo io?  Perché non mi ci siedo ora?

Lunghi treni stridono nella stazione grigia. Partono, arrivano, svaniscono nella nebbia con sibili lontani, sempre più lontani.

Un gruppo di anziane signore, allacciate strette nei loro cappotti fuori moda, parlano, parlano senza capire cosa dicono. Le persone sembrano distanti da me, sbiaditi personaggi di un romanzo di cui non faccio parte. Non mi interessano le loro chiacchiere, le preoccupazioni che hanno, tutte le domande che si fanno sulla figlia, la sorella, il suocero di non so chi.

Quando ero giovane avevo capelli lunghissimi e neri e stavo in piedi davanti alla panchina del binario numero tre ad aspettare quel lunghissimo treno pieno di vita.

Scendevano famiglie, bambini, coppie di fidanzati, militari. Scendevano tante persone colorate.

Loro spaccavano il vapore, spaccavano il silenzio. Lui illuminava il mio universo con un semplice sorriso, dolce, infreddolito.

Lunghi treni sbuffavano nella stazione non più grigia. Avevo l’abitudine di arrivare una ventina di minuti in anticipo. Camminavo avanti e indietro per il breve binario sui miei tacchi alti sempre intonati alla borsetta, controllavo l’orologio, l’orizzonte, tendevo l’orecchio al più lieve rumore.

Infine il treno arrivava con il suo clamore, il fracasso dei freni, la voce dell’altoparlante. Le persone si affrettavano, si salutavano, oppure, come me, aspettavano senza muovere un passo.

Lui spiccava tra la folla, alto, spalle larghe, portava un cappotto color cenere con le punte del colletto alzate e una grossa borsa a tracolla. Si avvicinava lentamente con passo deciso.

“Sei sempre più bella”, mi sussurrava sorridendo.

Ora non sono più bella, i miei occhi non brillano, non brillano più. Sono spenti come questa stazione che puzza di vecchio.

Un giorno d’inverno, freddo come questo, lui arrivò e non disse niente, mi fece sedere sulla panchina, serio e triste.

“Devo partire per sei mesi.”

Sei mesi, sei mesi, sei mesi, rimbombavano nella testa, sei mesi.... silenzio.

“Tornerò... mi sposerai?”

Le quattro signore si sono sedute, stanno attaccate una all’altra e riescono ad occupare la lunghezza esatta della panchina. Sembrano stanche pecore che si fanno caldo tra loro in molti modi, con il corpo, con le parole, con le larghe sciarpe fatte a mano.

“Guarda, c’è la matta! Tutti i venerdì viene ad aspettare il fidanzato di trent’anni fa!”

Le ho sentite, sì, le ho sentite, ma non mi importa di loro, non mi importa di nessuno ormai.

“Intercity da Milano in arrivo al terzo binario”.

Finalmente.

Stringo tra le mani il manico della borsetta. Aspetto.

Eccolo, un uomo rabbioso che si fa spazio tra la gente! Sparisce dietro una colonna, riappare, si avvicina, viene verso la nostra panchina, verso di me... non c’è più.  Non c’è più, non c’è più ...

Stordita mi accascio sul marmo. Ho freddo ai piedi e alle mani. Tocco la forma dell’anello che spunta sotto il guanto.

Ho giurato che l’avrei aspettato. Tornerà.

 


 
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Fine della scuola elementare

Post n°28 pubblicato il 20 Giugno 2011 da Manutella77

Gli anni fuggono,

giocano ad acchiappino nel cortile della scuola.

Gli anni… di tutti i colori, di tanti sapori.

Gli anni del sangue sul ginocchio,

della lacrima fin dentro il colletto.

Gli anni dello zaino uguale all’astuccio,

delle matite finite, perse, prestate,

delle alleanze, le spinte, le pedate.

 

Fuggono gli anni,

come palloncini nel cielo di giugno.

Piccoli ometti dalla voce buffa

diventano ragazzini spavaldi,

impacciate principessine

si trasformano in pettegole donnine

… ed era solo un giorno fa

quando lo zaino era un fagotto più grande di loro,

un giorno fa

che piangevano davanti al cancello

e per un bacio si aggrappavano forte al collo.

 

Gli anni… di timide ali da spiegare,

di coraggio e sogni in fondo al cuore,

così in fondo da non saperli neanche vedere.

Gli anni del diventare grandi insieme,

dei temi in cui non saper cosa scrivere,

delle scoperte della storia e le sfide con i numeri

… e la voglia, la voglia di crescere

per vedere cosa sarà domani.

 

Gli anni delle maestre che non si dimenticano,

dei compagni da rincontrare un giorno lontano,

uomini e donne, diversi, eppure con gli occhi uguali.

“Ti ricordi, la scuola? Patrizia, Roberta, Antonella?”

“Mi ricordo, sì… gli anni più belli!”

 


 

 
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Articolo

Post n°27 pubblicato il 12 Ottobre 2010 da Manutella77
Foto di Manutella77

Questo articolo è uscito il 3 ottobre su Toscana Oggi. C'è pure la foto, ma la taglio per farvi leggere meglio (tanto non vi perdete nulla!) Il titolo continua: "Ed anche donare sangue"

 

 
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Poesia inedita

Post n°26 pubblicato il 22 Settembre 2010 da Manutella77
Foto di Manutella77

 

 

 

 

 

 

Le ali degli aironi mormorano

le voci spezzate della distanza.

 

Il riflesso del finestrino

allunga all’infinito

i contorni della notte.

La densità del lago

che non dorme

si spande nel mio petto.

 

Penso all’istante

in cui ti ho lasciato,

alla stanza

in cui non sono entrata,

all’aiuto che non so darti.

 

Se bastasse il mio pensiero,

mantello di ricordi

e di fili intrecciati…

 

Se bastasse la mia mano

lontano, che con un cenno

ti saluta, inventando

nel sogno una carezza sul tuo viso…

 

Non saresti più solo,

fratello mio.

 


 
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Per mia madre

Post n°25 pubblicato il 22 Settembre 2010 da Manutella77

 

Poesia "Per mia madre" al settembre sangiulianese 2010

 

 
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