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Chi dopo Prodi? Enrico Letta. E' l'uomo giusto al posto giusto

Post n°36 pubblicato il 28 Dicembre 2007 da gallicese
 

E se dopo il governo Prodi ci fosse un governo Letta? Non nel senso di Gianni, l'anziano braccio destro di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Governo Letta nel senso di Enrico, il giovane braccio destro di Romano Prodi nell'attuale governo di Centrosinistra?

L'ipotesi non è del tutto peregrina.Anzi, nei Palazzi più alti-compreso il Colle- è sotto attento esame Prodi, si sa,nonostante yuna conferenza stampa di fine anno lucida e battagliera, annaspa nei sondaggi e nelle contraddizioni della sua maggioranza litigiosa e impotente, prendendo sberle da tutte le parti, al di là dei suo stessi demeriti. Sicché il governo tira a campare per non tirare le cuoia, senza la forza politica e parlamentare necessaria per affrontare quelle azioni strutturali di cui il Paese ha bisogno, quei nodi-dalla politica estera, al deficit energetico, dalle grandi infrastutture, alla questione fiscale e ai nodi della bioetica-che culminano nella riforma delle riforme, quella elettorale, per superare la “porcata” di Calderoli, madre dell'ingovernabilità e del finto bipolarismo all'italiana, in cui i piccoli partiti, con i loro poteri di veto, contano più dei grandi.

Bene, se, come tutti concordano, sono vere queste due premesse:

1) non si può fare a meno della riforma elettorale (anche perché sullo sfondo c'è la minaccia del referendum cui il 16 gennaio la Corte Costituzionale dovrebbe dare il via libera);

2) la maggioranza che sostiene Prodi da sola non ce la fa,nè è in grado di attrarre i voti necessari dal Centrodestra.

Come si esce dal cul de sac? Sciogliendo le Camere e indicendo nuove elezioni?Con questa legge elettorale saremmo punto e daccapo.Stessa ingovernabilità, stessa maggioranza risicata al Senato.Unica differenza più che probabile, SilvioBerlusconi a Palazzo Chigi.

Se si vuole invece imprimere davvero una svolta, fau uscire davvero il Paese da un impasse che rischia di sprofondarlo nel declino e avviare quella democrazia che decide auspicata da tutti e in particolare da Walter Veltroni, se ne esce in un solo modo: con un governo forte, che perciò non può che essere bipartisan, frutto cioè della convergenza dei voti sia della destra che della sinistra. Un governo del Presidente, che si cerchi i voti bipartisan in Parlamento sulla base di un programma asciutto ed essenziale: la riforma elettorale e magari anche quella istituzionale e dei regolamenti parlamentari. Un governo ponte, che ci porti al voto nel 2009, in concomitanza con le elezioni europee (facendo così contenti i parlamentari di prima nomina, che così si sarebbero portati a casa la certezza della pensione e non ostacolerebbero più lo scioglimento anticipato delle Camere).

Ma quale nuovo governo? Guidato da chi? Di nomi ne sono circolati molti, ma nessuno convince del tutto, per un motivo o per l’altro. Si è parlato di Franco Marini, seconda carica dello Stato, ma non è giovanissimo, è un po' old e non brilla per la capacità di guida dell Senato. Si è parlato del sempreverde Giuliano Amato, ma la sua performance al ministero dell'Interno è stata insoddisfacente e non gli giovano le contraddizioni del suo passato socialista. Si è parlato del governatore di Bankitalia Mario Draghi, ma è ancora politicamente molto acerbo, un corpo estraneo alle manovre del Palazzo romano, un marziano. Si è parlato di Gianni Letta, ma, sebbene si sforzi di definirsi un tecnico e giuri di non essere mai entrato in una sede di Forza Italia, è identificato come l'alter-ego di Berlusconi, sicché proporlo equivarrebbe a un ribaltone in una legislatura in cui comunque ha vinto il Centrosinistra, anche se di pochissimo.Si è parlato di Mario Monti, ma ormai se n'è parlato troppo e la sua candidatura ha ormai perso lo smalto iniziale.E poi è un economista, non è detto che sia un leader. Si è infine parlato di Luca di Montezemolo,il più brillante e smart ma, pur stimato dai massimi vertici dello Stato, non è considerato in possesso dello standing e del profilo politico-istituzionale necessari.Lo sarà dopo le elezioni, se nel frattempo sarà sceso in campo e si sarà battezzato alla politica. E allora?

E allora eccola la candidatura vincente, quella del giovane ex democristiano e popolare Enrico Letta, delfino con Dario Franceschini di Franco Marini. Ha una buona caratura politica essendo stato stato presidente dei Giovani Democristiani Europei (1991-1995), vicesegretario nazionale del Partito Popolare Italiano (1997-1998), responsabile nazionale per l'economia della Margherita (dal 2001). Ma ha un forte profilo tecnico, da grand commìs dell'Ena,, apprezzatissimo da Carlo Azeglio Ciampi sin da quando lavorò al suo fianco ai tempi dell'introduzione dell'euro, come segretario generale del Comitato Euro del Ministero del Tesoro (1996-1997). Vanta una non banale esperienza internazionale: alle elezioni europee del 2004 è stato eletto parlamentare europeo per la lista di Uniti nell'Ulivo nella circoscrizione nord-est, ricevendo 176 mila preferenze. Iscritto al gruppo parlamentare dell'Alleanza dei Liberali e Democratici per l'Europa, è stato membro della Commissione per i problemi economici e monetari; della Commissione temporanea sulle sfide e i mezzi finanziari dell'Unione allargata nel periodo 2007-2013 e della Delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e l'Unione del Maghreb arabo (compresa la Libia).

Last but non the least, ha appena 41 anni ma ha già una buona esperienza di governo: è di fatto il numero due (sempre più autorevole) di Prodi, per il quale ha gestito le partite economiche più importanti, a partire dalla riforme del welfare e delle pensioni. Ma è stato apprezzato ministro per due volte: delle Politiche Comunitarie (1998-1999) e dell'Industria (1999-2001).

Ed è uno dei 45 membri del Comitato nazionale per il Partito Democratico. Non è un veltroniano (anzi, si è presentato alle primarie del 14 ottobre come antagonista del sindaco di Roma, riscuotendo un ottimo successo personale, ma stando attento a non rompere troppo, come invece ha fatto la Bindi) e questo potrebbe essere un plus, specie tra i dalemiani e i cattolici.

Del Pd ha un’idea molto precisa: "Vorrei fare in modo che il nuovo partito sia costruito un po' come l'enciclopedia Wikipedia, un po' come un quadro di Van Gogh. Come accade con Wikipedia, anche nel Pd ognuno delle centinaia di migliaia di partecipanti deve portare il proprio contributo, le proprie competenze, che in certi campi sono di sicuro maggiori delle mie e di quelle dei leader del Centrosinistra. E, come i quadri di Van Gogh, il nuovo partito deve avere tinte forti: un giallo che sia giallo, un blu che sia blu".

Raccoglie il sostegno di varie personalità e gruppi del Centrosinistra: stanno con lui il ministro delle Politiche Agricole, Paolo De Castro, l'associazione Innovatori Europei, personalità politiche quali Davide Corritore, suo riferimento a Milano, l'europarlamentare ex Ds Gianni Pittella, il presidente della Commissione esteri della Camera Umberto Ranieri, l'ex sottosegretario agli interni Giannicola Sinisi, amministratori locali come il presidente della regione Basilicata Vito De Filippo e il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi. Ha espresso sostegno alla sua candidatura anche l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga.

A destra ha buoni rapporti, che potrebbero rivelarsi preziosissimi,  con Giulio Tremonti, con il quale condivide l'appartenenza all'Aspen Institute, "un'associazione internazionale non-profit dedicata alla discussione, all'approfondimento e allo scambio di conoscenze, informazioni e valori", di cui Enrico Letta è stato vicepresidente e di cui fanno parte Margaret Thatcher, Jimmy Carter e Condoleezza Rice.

E infine è il nipote di Gianni Letta, che, insieme con Tremonti, potrebbe fargli da sponda all'interno dei partiti dell'opposizione. Conosce e ben gestisce il mondo dei media (apprezzatissima e originale la sua discesa in campo nelle primarie del Pd attraverso un video su You Tube, come Hillary Clinton). Si muove molto bene tra i giornalisti anche perché ne ha in casa una,  la brava Anna Fregonara, del Corriere della Sera, sposata in seconde nozze, che gli ha dato due figli. E infine sa essere molto ricercato e trendy quando riunisce i trentenni di successo attorno ai tornei di subbuteo e calcio balilla, gioca a calcetto e glorifica gli anni '80.

Il suo programma di governo è già scritto in quel Viaggio nell'economia italiana, scritto a quattro mani pochi mesi fa con un collega, Pierluigi Bersani, cui è legato da un rapporto di stima e amicizia. Un libro su quei distretti industriali, diffusi a macchia di leopardo su tutto il territorio italiano, molto numerosi al Nord e al Centro, che rappresentano un mondo dinamico cui si deve il cinquanta per cento delle esportazioni e dell'immagine dell'Italia all'estero, dai gioielli all'abbigliamento, fino agli alimentari. Negli ultimi tre anni, però, questo settore ha conosciuto un calo dell'export pari a sei miliardi di euro. Nel volume, risultato di un viaggio compiuto dai due ex ministri invitati dagli imprenditori per una serie di incontri e dibattiti, si tocca con mano un'Italia silenziosa, ma ricca di idee, cui è necessario dare fiducia e misure concrete.LìItalia su cui punta Letta. 

Nel suo ultimo libro, uscito pochi mesi fa, era stato profetico, fin dal titolo: "In questo momento sta nascendo un bambino" (Rizzoli 159 pagine). Letta racconta la politica italiana utilizzando la prospettiva di un bambino che nasce oggi, partendo da tre semplici parole-chiave: mobilità,libertà, natalità.

In quel libro, nella sua introduzione, è contenuto il suo metodo e il suo possibile programma:

"In questo momento, in un ospedale italiano sta nascendo un bambino. Quale scuola lo accoglierà nel 2013? Quali possibilità gli aprirà l’università nel 2025. Troverà un lavoro che gli consentirà di affrontare serenamente le responsabilità di una famiglia, o sarà costretto a restare troppo a lungo nella casa dei genitori, per mancanze di alternative? La sua vita adulta sarà zavorrata dalla montagna di debiti accumulati dalla generazione precedente, come accade agli italiani di oggi? Se è una bambina, avrà uguali opportunità di realizzazione?

Sono alcune domande che una politica degna di questo nome dovrebbe mettere al centro della sua attenzione, invece di accontentarsi di navigare a vista tra gli egoismi personali e il bisogno di mantenere il potere conquistato. Lo scopo di una politica che può ancora appassionare i cittadini deve essere la costruzione del futuro".

Eccolo dunque l'uomo giusto al posto giusto? Se Prodi non ce la fa, Enrico Letta, molto stimato al Quirinale, ha il curriculum giusto

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