Creato da Arvalius il 29/01/2009
in girum imus nocte et consumimur igni

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Proteste.

Post n°583 pubblicato il 30 Novembre 2011 da Arvalius

 

Ospizi sul piede di guerra. La riforma Monti delle pensioni provocherà grave crisi nel settore.

 
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Moda.

Post n°582 pubblicato il 30 Novembre 2011 da Arvalius

Ok, sui giornali si legge solo della crisi, ma due parole sulle giacchettine della Merkel potrebbero pure spenderle, però. Ma chi è il suo sarto, voglio conoscerlo. Mi piace quello stile tipo wurstel insaccato male.

 
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Spiluccando tra i profili di Libero.

Post n°581 pubblicato il 28 Novembre 2011 da Arvalius

N.B.: In rosso le donne, in blu gli uomini, in nero il commento.
Oh, si fa per scherzare....

Ho deciso di creare un blog per leggere i miei pensieri.
Comprati un registratore, così potrai riascoltarli. 

Amo i preliminari e i baci appassionati.
Non si capisce se i pompini sono compresi.

Docile o aggressiva, dolce o pungente, pura o spregiudicata: amo adattarmi alle esigenze di chi si relaziona con me, per guidarlo, e farmi guidare, verso la riscoperta del piacere.
Come sei, sei, basta che te la scopi.

SONO QUI ESCLUSIVAMENTE PER CONOSCERE PERSONE CHE PRATICANO LA RELIGIONE WICCA
Ma che cazz’è la religione wicca?

SONO SOLO, LUNATICO, CHE SI VORREBBE FARE TANTE AMICHE E DIVIDERE LA MONOTONIA E INPATTO CHE HO CON LA GENTE ESTRANIA
Un pazzo che ha bisogno di qualche lezione d’italiano.

tanti anni fa ho scritto su un treno..: "affascino per quello che sono… e nn per quello che sembro..!!" p.s. e io sono quello che sembro… e sono quel che (cito orgogliosamente me stesso… n.d.r.)
E sono quel che? Citati orgogliosamente, ma, cazzo, almeno dilla tutta. 

NON MI PIACE RACCONTARMI PREFERISCO ESSERE COLTA ATTRAVERSO IL MIO SCRITTO
Aspiranti raccoglitori, coglietela!

sono un ragazzo simpatico, carino che cerca una ragazza come me! non metto la foto per motivi di lavoro, ma fidatevi!
Ragazze simpatiche e carine fatevi sotto. Ma, comunque, la foto io non gliela farei vedere. Per motivi di lavoro, s'intende.

ascoltatore... raffinato per una buona cena... i massaggi? si, molto delicati...
Questo, oltre alla cena, vi fa pagare pure il massaggio. 

Nel mio essere donna contengo la personalità "camaleontica".
Questa la vedo bene con quello che ha l'iNpatto con le gente ESTRANIA.

Sn un tipo ke conta e sn anke ridondante, nn sl ingegneristicamente parlando!...
Un ragioniere grasso, ipoteticamente parlando.

troppo intellettuale per i miei gusti
Penso quindi esisto
Una coppia perfetta. 

Sono in carne e in tutta onestà non ho niente da nascondere. Ma niente uomini troppo arrapati!
Insomma, da quanto si capisce è grassa e vuole scopare, basta che far finta di non essere troppo arrapati.

Dirigente, simpatico, romantico, disponibile, estroverso, versatile, serio, sportivo, buona cultura.
Il titolo innanzitutto. 

 

Dentro la mia testa ci sono più bestie che nella foresta!
Io Tarzan, tu Jane.

Offro aiuto alle donne in difficoltà
Massaggiatore a domicilio 1.80 da scoprire
Alto 1,80,capelli biondi occhi azzurri.
sono alto 1,90 ho i capelli e occhi castani, peso 64 kg. e basta.
Accorrete donne!
Accorrete donne!
A
ccorrete donne!
Accorrete donne!
E basta!
 

 

 

FEDELE, nubile, single, tradizionalista, sincera, passionale, concreta... non cerco un AMICO ma un principe azzurro di NAPOLI e dintorni.
Principi azzurri di Napoli e dintorni, accorrete!

 
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Ho fatto un sogno tempo fa

Post n°580 pubblicato il 23 Novembre 2011 da Arvalius

Un sogno che al mattino ricordavo nei minimi dettagli.

Ero nel mio ufficio, ma non nel solito di tutti i giorni. Il mio ufficio nel sogno era grande circa 10 metri per 10, con tre pareti in muratura, dove vi erano appesi dipinti ottocenteschi di paesaggi europei, e l’altra in vetro, dal soffitto al pavimento in marmo rosa portoghese. La vetrata si apriva sullo splendido panorama di una spiaggia tropicale, palme che ondeggiavano mollemente nella brezza, e sabbia bianca fine. Una spiaggia lunga e bella e in quel momento deserta; ma vi erano sistemati diversi lettini pronti all’uso. Mi tratto sempre bene nei miei sogni.

Dovevano essere le dieci del mattino, io ero seduto alla mia scrivania in mogano con il piano di cristallo, un laptop alla mia destra, penne perfettamente ordinate in un portapenne ricavato da un’antica teiera d’argento, telefono alla mia sinistra, e guardavo verso la spiaggia senza pensare a niente di particolare.

Mi distrasse lo squillo del telefono. La mia segreteria da non so dove mi avvertiva che una donna voleva vedermi Acconsentii a riceverla, e un istante dopo la porta si aprì lasciando entrare un profumo simile a quello che sentì Adamo quando si svegliò la prima volta nel paradiso terrestre. La donna che seguiva il suo profumo indossava una gonna di pelle bianca corta abbastanza da lasciar intravedere l’abbronzatura dorata delle gambe. La stessa tonalità di pelle del divano sulla parete di fronte alla mia scrivania e alle due poltrone per gli ospiti. Aveva una camicetta bianca con i bottoni aperti molto oltre la scollatura del seno, che in verità meritava d’essere guardato e riguardato fino a saziarsene. Un paio di stivaletti altrettanto bianchi e altrettanto di pelle completavano l’abbigliamento. Non aveva niente tra le mani lunghe a affusolate.

La feci accomodare sulla poltrona di pelle bianca. Bianco su bianco. Benché fosse in un sogno, la donna sembrava davvero essere uscita da un sogno. Ne era uscita, per entrare nel mio. Mi complimentai con me stesso nel sogno per l’ottima scelta.

Come per caso accavallò le gambe, piegandosi leggermente di lato. Non potei fare a meno di indirizzare gli occhi dove lei voleva che fossero indirizzati: verso quel punto meraviglioso del suo corpo dove la coscia finisce di essere coscia per incurvarsi deliziosamente nel prodigio del gluteo. Le sue mutandine erano bianche come tutto il resto dell’abbigliamento.

 «Sono una giornalista» disse dopo un istante, quando fu sicura che avessi gustato con dovizia di particolari il panorama.

«Mi fa piacere» risposi, staccando a fatica lo sguardo dalle sue gambe per portarlo sul suo volto. Aveva gli occhi scuri come la notte, come i suoi capelli d’altra parte. Non era una di quelle donne che si possono guardare impunemente.

Il mio sogno non mi aveva lasciato informazioni sul tipo di lavoro da me effettivamente svolto, per cui lasciai che fosse lei a proseguire.

«Vorrei che mi facesse incontrare il professor Lorenzi» disse infatti la giornalista, lisciandosi la gonna con un movimento che definire sensuale sarebbe poco. Indirizzai di nuovo lì il mio sguardo, per poi spostarlo lievemente verso la zona dei paradisi seminascosti. Nel sogno cercavo di capire se le mutandine fossero di seta.

Abbozzai il sorriso enigmatico di chi la sa lunga. In realtà, nel sogno non sapevo affatto chi fosse questo professore Lorenzi (che in verità non conosco neanche nella vita reale), né che tipo di legame avessi con lui.

«Perché vuole incontrarlo?» buttai là, senza sapere cos’altro dire.

«Be’, il professore Lorenzi è uno dei massimi esperti mondiale di orgagiastica, è naturale che voglia incontrarlo per un’intervista.»

Non faceva una piega. A patto di sapere dove trovare il professor Lorenzi e cosa fosse l’orgagiastica. «Certo, certo» commentati, mentre nel sogno cercavo di capire chi fosse il fantomatico professore. Per prendere tempo, gettai un lungo sguardo verso la spiaggia. In quel momento quattro donne, bellissime, stavano sistemando i teli da mare sui lettini, pronte a una nuova giornata di abbronzatura. Una di loro si voltò nella mia direzione, si slacciò il reggiseno e fece un gesto di saluto con il braccio verso di me. I suoi seni ballonzolarono invitanti. Con lo stesso braccio fece il gesto per dire ci vediamo dopo. Sempre rivolta verso di me, si tolse anche lo slip. Era una bionda naturale, e desiderava una tintarella integrale. Anche le altre donne si spogliarono con la stessa naturalezza e mi salutarono tutt’e tre. Tutt’e tre fecero lo stesso gesto del ci vediamo dopo. Naturalmente, non sapevo neanche lontanamente chi fossero, ma fui felice che più tardi dovessi incontrarle, se non altro nel sogno che, sperai, durasse tanto a lungo da permettermi di vederle. Le belle donne sono belle donne, sogno o meno.

Quando tornai a guardare la mora nel mio ufficio, mi accorsi che sorrideva. Allo stesso tempo, percepii che ero vagamente eccitato. La donna si alzò con ampio movimento delle gambe che deliziò i miei occhi, e andò verso la vetrata che dava sulla spiaggia. Ammirai ogni suo singolo passo, quasi percependo lo strofinio delle cosce all’interno della gonna di pelle bianca.

«Troppa luce» disse d’un tratto. «Mi abbaglia.»

Toccai un tasto sulla scrivania e come per magia una tenda scese a oscurare la finestra. Nei miei sogni sono sempre fornito di gadget elettronici all’ultimo grido.

Mi alzai anch’io e chiesi se adesso andava meglio. La donna annuì con un sorriso che valeva mille promesse.

«Sono in molti quelli che vogliono incontrare il professor Lorenzi» inventai.

Lei annuì di nuovo e con un nuovo sorriso che io intesi foriero di qualcuna di quelle mille promesse di poco prima. «Ma non tutte le giornaliste sono come me» disse lei, infatti.

Solo in quel momento mi resi conto che il mio sesso inturgidito rigonfiava i pantaloncini da spiaggia molto colorati che avevo indosso, insieme alla bella camicia a fiori. Ma che mestiere esercitavo, per avere un ufficio meraviglioso su una spiaggia tropicale piena di belle donne che non vedevano l’ora di vedermi e per vestirmi in quel modo durante l’orario di lavoro?

«Sono disposta a molto per questa intervista?» sussurrò, abbassando gli occhi verso il rigonfio dei pantaloncini chiassosi, sul mio cazzo irrigidito e ingrossato da quel misterioso fenomeno psichico a cui diamo nome di desiderio.

Perché - ed era questo il mistero – la donna non lo aveva neppure sfiorato, il mio cazzo. Come se fosse dotato di volontà propria si era gonfiato e chiedeva di lei.

«Telefoni al professor Lorenzi e mi fissi un appuntamento» insisté la mora, avvicinandosi e sfiorando il rigonfio nei miei pantaloncini. Il mio cazzo guizzò.

E avrei senz’altro chiamato all’istante, se solo fossi stato a conoscenza del numero del professore Lorenzi, massimo esperto mondiale di orgagiastica.

«Provi subito. Telefoni da qui» sussurrò lei, sbattendo le ciglia e indicando il telefono.

All’improvviso ebbi un lampo di genio. Tornai a sedermi e, attraverso l’interfono, chiesi alla mia segretaria - sebbene non l’avessi mai vista, sapevo che era bellissima - di mettermi in contatto con urgenza con il professor Lorenzi. La mia voce uscì stridula e un po’ roca.

La mora si avvicinò a me, e finalmente accadde ciò che fin dal suo ingresso nel mio sogno sognavo che accadesse. Dondolò su se stessa dimenando il bacino e sollevò la gonna lungo le sue gambe, sinuose come la costiera amalfitana, e quindi si chinò, mettendosi in ginocchio di fronte a me. Con veloci movimenti delle mani mi aprì la lampo e spinse in avanti il viso. Impalato, con la cornetta stretta tra le mani come fosse un martello, la vidi appoggiare le sue labbra sul mio pene, ora caldo e liscio, teso e forte.

Mentre lei sporgeva la punta della lingua e la passava su tutta la sua lunghezza, la voce del professor Lorenzi arrivò come un tuono nella cornetta del telefono.

«Dimmi» disse con tono imperiale una voce che mi pareva di conoscere.

«C’è una giornalista qui da me, vorrebbe che le concedessi un’intervista» farfugliai con un tono asinino nell’attimo stesso che la donna faceva penetrare il cazzo nella sua bocca.

«Chi è?» chiese il professor Lorenzo.

«Una dea con una bocca divina» risposi senza mentire. Dopotutto, non sapevo altro di lei.

«Ok! Sabato alle 11» disse semplicemente il professore.

«Sabato alle 11» gorgogliai all’indirizzo della donna, che aveva alzato lo sguardo verso di me. Fece un cenno di assenso, e per ringraziarmi ingoiò il cazzo fino alla radice.

Gettai la cornetta sul tavolo, mi abbandonai sulla poltrona e in breve un fiotto dolce di sperma colò tra le sue labbra.

Mi sono svegliato un istante dopo, il pigiama tutto impiastricciato (in autunno e in inverno dormo senza mutande, in estate senza pigiama). Mi sono alzato per andare in bagno a fare una doccia. Più tardi, mentre facevo colazione, riflettevo sul misterioso professor Lorenzi, massimo esperto mondiali di orgagiastica, e sulla mia altrettanto misteriosa professione che mi permetteva di avere un fantastico ufficio su una splendida spiaggia tropicale affollata di donne bellissime.

Sono uscito di casa con l’idea fissa in testa di trovare al più presto un nuovo lavoro che mi permettesse tutte quelle meraviglie sognate durante la notte.

 

 
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La Walchiria

Post n°579 pubblicato il 22 Novembre 2011 da Arvalius

Stanotte ho sognato una Walchiria. Era vestita da Walchiria, tipo una via di mezzo tra una vichinga, una visigota e anche un po’ vandala del popolo dei Vandali. Per spiegare, portava degli stivaletti in pelle di daino chiicchissimi, e una tunica ugualmente di pelle che le lasciava scoperte ampie parti delle cosce. Cosce sode come hanno solo le Walchirie e nessun'altra. Naturalmente, per abitudine le Walchirie non indossano mutande, dicono che sono scomode in battaglia... o meglio, dopo la battaglia, quando devono festeggiare intorno ai falò la vittoria e fanno grandi feste che si sbranano cosce intere di manzo alla brace condite d’orge con i Walchirii.

Aveva il seno coperto da coppe formate da strisce in pelle tutte arzigogolate, sexy che non ti dico. Un misto futurista-fantasy, con un tocco di medioevo niente male. Uno spettacolo. Il sogno era porno. Per dire, lei mi scopava cantando a tutta callara la cavalcata delle Walchirie. Non ci capivo molto perché la cantava nella sua lingua.

Tipo una cosa così:

Sá hon valkyriur
vítt of komnar,
görvar at ríða
til Goðþióðar.
Skuld helt skildi,
en Skögul önnur,
Gunnr, Hildr, Göndul
ok Geirskögul;
nú eru talðar
nönnur Herians,
görvar at ríða
grund valkyriur.


Naturalmente si chiamava Sigfrida, anzi per essere precisi Sigrdrifa. La chiamavo Sigfrida per semplificare, perché nel suo vero nome tra la g, la r e la d mi si intrecciava la lingua e rischiavo di far svanire il sogno con tutta la super Walchiria e gli stivali chicchissimi.

Immaginate con me. Sigfrida, vestita come ho detto, tunica in pelle, senza mutande, eccetera, e senza nemmeno levarsi gli stivali in pelle di daino, è sopra di me, che sono del tutto nudo, e mi cavalca cantando a squarciagola . Ah, tra l’altro mi sono dimenticato di dire che in testa aveva una specie di copricapo, tipo casco da motociclista, ma d’osso di mammuth, che terminava con tutta una serie di corna d’alce. Una cosa pazzesca. Una vera e propria Walchiria come solo le Walchirie sanno essere. A un certo punto, la seconda volta che intonava Sá hon valkyriur, le ho detto: “Non è meglio che sentiamo Wagner? Magari lo mettiamo a tutto volume, così continui la cavalcata a tutta callara.”

In realtà, ero io a essere preoccupato, nel sogno dico, perché temevo che la vicina di letto potesse sentire la Walchiria che cantava a palla Sá hon valkyriur, vítt of komnar eccetera, e mi facesse una scenata di gelosia nel sogno.

Soltanto che Sigfrida non ha capito una cippa di quanto le dicevo, perché parlava solo la lingua walchiria. E poi, per dirla tutta, manco le fregava molto. Sapete, no, come sono le Walchirie? Quando cavalcavano come solo loro sanno cavalcare non è che stanno a sentire quello che gli dici.

Così, ho pensato, ma chi se ne frega di Wagner e della vicina, fammi gustare senza pensieri questa cavalcata della Walchiria. E allora mi sono completamente abbandonato. Mentre con un tono di voce possente anche se un po’ gutturale strillava per la settima, ottava volta Gunnr, Hildr, Göndul, ok Geirskögul, proprio sul kögul sono venuto.

Non vi dico la Walchiria. A quel punto s’è tolta il casco con tutte le corna e, lì per lì, ho pensato: ecco adesso m’infilza. Perché non è che sapessi come finiscono le scopate le Walchirie, la letteratura non ne parla. Peraltro, a quel punto, il sogno s’era anche un po’ ingarbugliato e tra tutte quelle corna, ossi di mammuth, pelli di daino, avevo scambiato la Walchiria per un’Amantide Religiosa. Ma invece lei s’è sfilata il casco, l’ha lanciato contro il muro fracassando le corna, e ha fatto un urlo pazzesco, una cosa tipo: “Tgkruld faklt tkildi tokn skögrr öknnur kjkgörkar ak ríkatka tikl kokþikkar skögrr skögrr”, insomma una cosa con molte k e quasi senza vocali, che nella sua lingua significa “Ahhhh!”, e subito dopo s’è abbandonata all’orgasmo. E quando le Walchirie s’abbandonano all’orgasmo sono cazzi amari. Ha cominciato a battermi il petto come fosse un tamburo, mi graffiava ogni centimetro di pelle, e infine s’è strappata il gonnellino in pelle come fosse carta straccia e ha cominciato a rotearlo sulla testa come se fosse a un rodeo. 

Mentre riprendeva a cantare Sá hon valkyriur a tutto volume, mi sono svegliato e ho fatto colazione con latte e caffè, perché non avevo sotto mano un cinghiale da squartare e da arrostire come fanno le Walchirie di primo mattino.

 

 

 

PS: Ah, dimenticavo. Può essere piacevole leggere il pezzo ascoltando questo brano musicale.

 
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