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Presto /
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perduti in fondo a questo fresco /
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la nostra, ché si mescola in essa /
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un sonno doloroso, che non reca /
dolcezza e pace,
ma nostalgia
e rimprovero
PIER PAOLO PASOLINI
 

 

 

 

 

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Messaggi di Giugno 2014

 

Quella copia del “New York Times” che dopo 130 anni ed un oceano è ora nelle mie mani…

Post n°1963 pubblicato il 27 Giugno 2014 da massimocoppa

Memorabilia
QUELLA COPIA DEL “NEW YORK TIMES” CHE DOPO 130 ANNI ED UN OCEANO È ORA NELLE MIE MANI…

Finalmente è arrivato. Ci sono volute oltre due settimane affinché attraversasse 130 anni ed un oceano per finire a casa mia, nell’isola d’Ischia.
Di che sto parlando? Di un cimelio storico: una copia del “New York Times” del 30 luglio 1883 avente, in prima pagina, la notizia del terremoto che rase al suolo Casamicciola Terme, uno dei Comuni dell’isola d’Ischia e mia cittadina di origine.
Tutto è nato quando il “Golfo”, un quotidiano locale ischitano, pubblicò un breve articolo nel quale si rendeva noto che su e-bay, la famosa piattaforma di commercio on line, era stato messo in vendita questo giornale.
Conoscevo l’esistenza dell’articolo: anni fa, consultando l’archivio storico on line del New York Times, ne avevo visualizzato un’immagine. Mi aveva subito affascinato, perché parlava del mio paese (seppur in una circostanza così tragica), perché è una testimonianza storica e perché aveva a che fare con il giornalismo.
Chi non viene dall’isola d’Ischia non può capirlo, e penso che non ci riescano neanche molti isolani: ma credo che essere casamicciolesi sia per sempre; è una condizione dello spirito, come essere Carabinieri, sacerdoti o giornalisti. Io racchiudo in me due di queste condizioni, per cui ho ritenuto che questo giornale dovesse essere mio. E ci sono riuscito!
Una volta letta la notizia sul “Golfo” ho visionato e-bay, ma non ero soddisfatto dalla descrizione del prodotto. Non si capiva, in effetti, di cosa esattamente si stesse parlando: era il giornale originale, cioè un esemplare originale del New York Times del 1883 con la notizia del terremoto di Casamicciola? O era solo una pagina? O, peggio ancora, un ritaglio?
Io poi non compro su e-bay, perché non mi fido molto.
Ho individuato il venditore: un negozio americano specializzato in giornali antichi. Il negozio si chiama “Timothy Hughes, rare and early newspapers”, situato a Williamsport, in Pennsylvania.
Se fosse stato un privato singolo, avrei lasciato perdere: e se fosse stata una truffa? Se il prodotto non mi avesse soddisfatto? Come avrei potuto difendermi? Il fatto che, invece, fosse un esercizio commerciale specializzato nel settore dei giornali d’epoca mi ha tranquillizzato e rassicurato.
Ho dunque inviato una mail a questo negozio, spiegando che il “Golfo”, un quotidiano dell’isola d’Ischia, aveva scoperto di questa vendita; ho esposto i miei dubbi, chiedendo informazioni.
Nella serata dello stesso giorno (bisogna tener conto del fuso orario) mi ha risposto Doreen Mileto, una simpatica signora sposata ad un italo-americano (Mileto è il cognome del marito), che mi ha spiegato che si trattava del giornale originale, composto da otto pagine (i giornali dell’Ottocento erano fatti di poche pagine) ed in buone condizioni di conservazione.
Costo: 30 dollari, più 20 dollari per la spedizione, totale 50 dollari. Sono circa 37 euro.
Ho accettato e, tramite il sito, ho acquistato il giornale utilizzando la mia carta di credito.
Ovviamente il prodotto (che è unico) è stato bloccato e ritirato dalla vendita sia su e-bay che sul sito del negozio.
Ed ora è nelle mie mani.
Purtroppo è incredibilmente fragile: le pagine sono molto secche e rigide, ogni volta che lo tocco si sbriciola sugli orli... Mi è stato spiegato che questo è dovuto all’altissimo tenore di legno con cui è fatta la carta. I giornali di una volta venivano stampati su una carta di qualità enormemente inferiore a quella di oggi (che già è pessima).
È già un miracolo che sia arrivato quasi integro ai giorni nostri! Dovrò adesso cercare un raccoglitore per conservarlo adeguatamente e poterlo sfogliare e mostrare senza distruggerlo.
Per me questo giornale non è solo un cimelio, ma quasi una reliquia: senza foto, con fittissima scrittura, come nello stile di un tempo… E quelle pagine più che ingiallite: marroni, oramai, a causa degli anni trascorsi.
Ovviamente questa vicenda del mio acquisto è diventata una notizia, pubblicata dal “Golfo” (sia cartaceo che on line), da “Isolaverdetv” e persino dal sito Internet del negozio americano.

 
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Brasile: c’erano una volta il calcio e la gioia di vivere

Post n°1962 pubblicato il 09 Giugno 2014 da massimocoppa
 

A quanto pare gli imminenti Mondiali non interessano a nessuno: troppa è la rabbia per i problemi sociali ed economici
BRASILE: C’ERANO UNA VOLTA IL CALCIO E LA GIOIA DI VIVERE

In quella che mi sembra essere una diffusa indifferenza (o forse è solo la proiezione sugli altri della “mia” indifferenza) si avvicina a grandi falcate il Mondiale di calcio, che per questa edizione sarà ospitato dal Brasile.
La nazionale italiana sembra destinata a nuovi, avvilenti insuccessi, ma non è di questo che voglio parlare.
La cosa che mi colpisce è l’ostilità di vaste fasce della popolazione brasiliana verso quello che è, comunque, un evento di portata enorme: e lo è non solo per lo sport, ma anche per il turismo, l’immagine e l’economia del Brasile.
In verità sarà già un anno, e forse anche di più, che molti brasiliani hanno dimostrato avversione per questi Mondiali: e la cosa è veramente stupefacente, anche perché mette in discussione molti stereotipi sullo Stato carioca.
Nell’immaginario collettivo i brasiliani sono un po’ i napoletani del Sud America: ci si aspetta che siano sempre allegri, sempre a cantare, sempre a ballare il samba, sempre a giocare a pallone sulla spiaggia; pieni di problemi e di miserie, ma anche pieni di ottimismo, di allegria, di entusiasmo e di un certo amor proprio. Non per niente, come dicono loro, “Deus es brasileiro”: e scusate se è poco!
Ma evidentemente le cose non stanno così. Mostrando una grandissima maturità, i brasiliani ci stanno dicendo che sono coscienti di essere un popolo con grandi opportunità, ma dalla realtà attuale deprimente e con gravissimi problemi economici e sociali; problemi che non si risolveranno dando due calci ad un pallone e che, anzi, si sono aggravati con l’organizzazione di questa edizione dei Mondiali. Il Brasile sta arrivando alla fatidica data in stile italiano, come del resto qualcuno di noi ricorderà che successe quando l’Italia ospitò i Mondiali, nell’oramai lontano 1990: lavori pubblici iniziati con un budget, che termineranno a poche ore dal calcio d’inizio (o resteranno incompleti), dal costo lievitato per sprechi, inefficienze e ruberie. Nel frattempo la criminalità dilaga, la povertà è imbarazzante e la disoccupazione è alle stelle.
Giustamente il popolo di questo Paese sudamericano si rende conto che questi Mondiali hanno rappresentato solo la distruzione di fondi pubblici e l’arricchimento dei soliti noti. Da qui una rabbia bruciante, che sta letteralmente mettendo a ferro e fuoco il Brasile da molti mesi. Nemmeno ora le manifestazioni, gli scioperi e le proteste si fermano: dell’immagine non sembra importare niente a nessuno, le istituzioni vengono viste come nemiche, anche quelle calcistiche, e della “pelota” nessuno sembra più subire il fascino.
Il disagio dev’essere veramente immenso, e foriero di sviluppi disastrosi, se un popolo come quello brasiliano, che suscita simpatie ed affetto dovunque per la sua allegria e la sua voglia di vivere, si è ridotto ad essere rancoroso, violento e polemico: negatività finora sconosciute al carattere nazionale dell’ex colonia portoghese.

 
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