Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

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Attenzione! Chi volesse vedere le puntate della mia ONE MAN TELENOVELA, tutte in bell'ordine, una per una, in fila, può cliccare qui sulla giocalista di YouTube. Se poi qualcuno ritenesse che tanto lavoro merita un compenso, come gli artisti di strada quando fanno passare il cappello, può mettere le banconote in una busta e mandarmele: via Pinelli 34, 10144 Torino. Grazie!

 
 
 
 
 
 
 

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Tre poesie dal balconcino il 20 luglio 2014

Post n°1226 pubblicato il 21 Luglio 2014 da molinaro
Foto di molinaro

Tre poesie dal balconcino il 20 luglio 2014. Accompagnato da Daria Spada, Maksim Cristan e il Ding Dong Duo. Inedite le prime due, pubblicata nell'e-book Le cose stesse la terza.

 

 

CERVANTES

«Odio Cervantes perché dice che Dulcinea
è una (di facili costumi) servetta:
tradendo Don Chisciotte
che sa la verità» -- così cominciò a parlare
al terapeuta, con difficoltà
il paziente a cui diagnosticavano
una strana forma di dislessia emotiva:
lui non parlava né capiva la lingua degli altri.

«Lo ammetto, dottore, fin da bambino
parole come pugni
mi arrivavano in faccia: erano tutti pazzi:
chiamavano puzza un odore eccitante della pelle,
o tinello lo spazio dove costruivo castelli
o volgari certe donne che già mi scaldavano l'anima.
Pensai ben presto
che con loro non avevo niente in comune:
cominciai a ignorarli e a costruire una mia lingua
che potesse descrivere un po' meglio
la realtà».

«La realtà» -- disse il terapeuta, e il paziente
non capì se annuiva, commentava o domandava
(non capiva mai niente)
ma comunque: «La realtà» -- gli confermò.

E aggiunse: «Non erano nemmeno soltanto
le parole. C'erano i gesti, c'erano i cenni
ambigui e quasi sempre fuori tema:
mi sentivo continuamente deriso.
Raccontavo una meraviglia
e vedevo sollevarsi, scettico, un sopracciglio:
allora subito tacevo. E loro
giocavano, come il gatto col topo, a non farsi capire:
un ragazzo della scuola aveva un modo
di schioccare la lingua
che non capivo se era un sì o era un no:
un giorno mi feci coraggio
e glielo domandai, e lui
per prendermi in giro
schioccò una volta e disse "questo è sì"
poi schioccò uguale e disse "questo è no"
e io sempre più mi allontanavo
dentro un mio mondo luminoso e chiaro
dove poter chiamare bellezza la bellezza
lontano da quei loro
oscuri giochi di gesti dozzinali».

«Quindi lei visse in modo molto solitario?»
disse il terapeuta e questa volta parve
una domanda effettiva, per cui rispose: «Sì».

Dopo un silenzio aggiunse: «Stavo bene
da solo, avevo serenamente rinunciato
a cercare amici: nel tempo libero giravo
per conto mio, a guardare le cose:
gli insetti scattare sull'acqua dei fossi,
i treni passare, le foglie marcire
senza la rabbia di dover soffrire
le beffe sgarbate che su queste bellezze
spargevano gli altri, gonfi e tronfi
di non so quali loro certezze».

«E poi?»
«E poi accadde che mi attrassero le ragazze:
mi attrassero in un modo
che non mi bastava soltanto guardarle
come gli insetti scattare veloci
sull'acqua limpida dei fossi in campagna:
dovevo, con loro, fare delle cose».

A questo punto il paziente e il terapeuta
si guardarono, consci entrambi che sarebbe
stato lungo il percorso. Prima di salutare,
fissata la seduta successiva,
disse il paziente: «Sa qual è
la cosa più terribile? È che spesso Dulcinea,
proprio lei, Aldonza Lorenzo,
è d'accordo con Cervantes: non sa
neanche lei la verità».

Era ora di chiudere lo studio:
il dottore spense il computer, rimise
dei fogli in un cassetto, uscirono insieme,
passarono in un bar
a bere un caffè.

 

LUNG TA

ti allontani da me
perché mi vedi preso
da grandi bufere
come da minime brezze
e non puoi trattenermi
mentre in archi brevi o vasti
oscillo
come un cartiglio colorato
di preghiera tibetana
e forse non sai che
questo perenne sventolare
è la condizione
necessaria
perché in me
ci sia scritto qualcosa

 

MENTRE TI SPOGLI

Mentre ti spogli
il tuo vestito
mi fa vento ai peli della gamba
è una sensazione piacevole
è come certe volte su certi prati
dove sono stato o me lo sono sognato
allora apro gli occhi e colgo
il finale del tuo spogliarello
poi li richiudo abbracciandoti nel letto
tanto ti vedo uguale
occhi aperti occhi chiusi
sul tuo corpo le mie braccia
le trovo dove immagino che siano
tu sei come ti immagino
o ti immagino come sei
perché ce l'hai fatta ad entrare
nel paese di cui so la lingua
il paese
dove immagino ciò che è
dove l'amore c'è.

 
 
 
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Buona cosa...
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Queste tortuose specie di poesie, questo appigliarmi a...
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