ONE MAN TELENOVELA
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E poi gli adulti son così gretti
Post n°670 pubblicato il 05 Luglio 2009 da molinaro
Oggi mi sono fatto una giornata di lavoro molto produttiva, ne sono contento: ho cominciato alle 6.30 e sono andato avanti senza smettere fino alle 15.30 circa (inutile pranzare: stasera vado a Vercelli da mia madre e mi strafogo di cibo). Intanto però ho anche recuperato un altro Duilio Del Prete d'epoca: la canzone Fernand, di Jacques Brel, che trovate nel non video sottostante (un non video è una roba con immagine fissa che serve solo a metterci la canzone, perché non si possono caricare files musicali senza video: in questo qui, l'immagine è una frase del testo della canzone, vergata di mio pugno). Mi piace Duilio Del Prete, come traduttore di Brel, perché è un bravo umile artigiano: è come quegli anonimi volenterosi che traducono i romanzi, e nessuno li conosce: probabilmente avete letto García Márquez e Stephen King in italiano, ma sapete chi li ha tradotti? No, non lo sapete, credo: sono nomi sconosciuti, scritti in piccolo dietro il frontespizio, quasi nascosti. Duilio Del Prete con Brel fa un po' così: rende solo un servizio, non invade con la propria personalità. Penso che voglia dire che ama più Brel che sé stesso. Questa canzone è presa direttamente (si sente un po' il fruscìo) da un 33 giri pubblicato direi intorno al 1970, anche se non trovo la data esatta. Mi colpì moltissimo quando la ascoltai la prima volta, che avrò avuto diciotto o vent'anni. Mi colpirono la desolazione, la solitudine, il vuoto, la solidarietà inutile nella sconfitta: e mi rimase impressa soprattutto quella frase: «Gli adulti son così gretti che ci faranno guerra...» - frase che all'epoca rispecchiava il mio stato d'animo nell'affacciarmi a un mondo esterno che sentivo straniero, ostile, irrimediabilmente lontano dal mio mondo interno. Poi la situazione si sarebbe evoluta, oggi è diverso, anche se continuo a pensare che gli adulti, in maggioranza e in sostanza, tendano alla chiusa grettezza. La frase, rimasta a vibrare nella memoria, tornò a colpirmi agli inizi degli anni Novanta, alla morte di una mia giovane amica dopo una storia terribile in cui ebbi l'impressione precisa che lei e io fossimo due bambini che camminavamo tenendoci per mano in mezzo agli adulti che ci facevano una guerra che non potevamo che perdere. Guerra continuata anche dopo la sua morte, allorché un'istanza di giustizia - per quel che poteva valere - fu schiacciata dagli interessi di un potere proteiforme, che collegava chiese e tribunali e istituzioni e associazioni varie e caritatevoli gruppi che non potevano certo giocarsi la reputazione su una piccola storia di bassifondi. Amen. E oggi sono qui, nell'afa di una domenica pomeriggio, dopo il lavoro, e penso alla vita, alle persone che mi vogliono bene e che forse per volermi bene devono litigare e pagare dei prezzi, e alle persone che invece mi vogliono male, e alle persone che non mi vogliono né bene né male, e agli amori vissuti, e a quelli sognati, e a quelli sognati un po' troppo forte (a cui è legata la poesia sotto il non video, una poesia «autodidattica sull'amore»), e a quelli vissuti che fanno trepidare e danno ansia e gioia, e l'ansia è ansia, ma alla fine conta di più la gioia, e val sempre la pena andare avanti, quando l'amore c'è. Buona domenica sera.
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