Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

ONE MAN TELENOVELA

Attenzione! Chi volesse vedere le puntate della mia ONE MAN TELENOVELA, tutte in bell'ordine, una per una, in fila, può cliccare qui sulla giocalista di YouTube. Se poi qualcuno ritenesse che tanto lavoro merita un compenso, come gli artisti di strada quando fanno passare il cappello, può mettere le banconote in una busta e mandarmele: via Pinelli 34, 10144 Torino. Grazie!

 
 
 
 
 
 
 

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Messaggi di Novembre 2014

 

One Man Telenovela novantunesima puntata

Post n°1255 pubblicato il 27 Novembre 2014 da molinaro
Foto di molinaro

La novantunesima. La prima che non vi potete giocare al lotto. Le altre novanta sono qui.

 

 
 
 

Pseudo dialogo del pazzo poetante

Post n°1254 pubblicato il 10 Novembre 2014 da molinaro
Foto di molinaro

PSEUDO DIALOGO DEL PAZZO POETANTE

Che il poeta rimanga fanciullo
- come da più parti con qualche ragione si sostiene -
va bene:
ma non è tutto così firulì firulà
e aspettino a sorridere i romantici
perché ci sono molte componenti problematiche.

Fanciullo, bambino! Vive d'impulsi.

Questo, per l'arte, va bene.
Il bambino che s'incanta davanti a qualcosa
non tiene conto: s'incanta e basta: non tiene conto.
Anche il poeta non tiene conto
ed è proprio così che deve fare:
se tiene conto, la poesia s'imbroglia:
nella poesia l'unica verità è una verità d'impulso.

E la poesia, in fondo, al nostro mondo serve, no?

Sì, ma è poesia.
Il poeta non è solo la sua poesia.
Il poeta è anche un essere vivente,
dunque - più o meno - vive una vita:
spesso in piccole dosi ma la vive.

Dunque, se nella vita
[che ha meccanismi diversi da un sonetto]
l'unica vera verità è l'impulso
perché tutto il resto è costruzione ossia finzione ossia recita,
allora va da sé che il bacio più vero
è il bacio d'impulso
(aspettino, di nuovo, a sorridere i romantici,
che lodano l'impulso, so che lo lodano, ma forse per celia)
cioè
il bacio che non tiene conto di nulla
(perché tenendo conto diverrebbe
costruzione ossia finzione ossia recita):
non tiene conto della realtà,
delle situazioni,
delle relazioni,
dei sentimenti d'altre persone,
ma nemmeno dei sentimenti della baciata/baciante
e neppure dei sentimenti
di sé stesso, il poeta che bacia.

Se tenesse conto
sarebbe travolto dalla tragicommedia del tempo, delle cose.
Si contaminerebbe d'altri sensi, significati.
Non sarebbe più vero.

Ma così è un quadretto - sia pure di bellezza - chiuso in sé!
Che produce da sé la sua stessa verità!
Egli vive di questi quadretti senza profondità?


Sì e no.
Propriamente
non è solo un quadretto estetico di bellezza
- lo è anche, ma non solo:
è che per lui il bacio inconsulto
(inconsulto: non consulto: che non consulta: che non tiene conto)
è - ripetiamo, chiariamo - l'unico bacio vero,
è l'unico contatto possibile
fra il suo impulso - l'unica vera verità non mediata (non truccata) -
e l'altro (l'altra): che si suppone preso (presa)
da un impulso speculare, verità con verità:
due verità che si baciano.
Figo!

Ma perché questo dominio dell'impulso?

Perché quello che gli psicologi chiamano impulso
lui l'ha sempre chiamato con il suo
(il suo di lui stesso) nome proprio.
Sì: se lui si chiama, poniamo, Ilario Pistochini,
lui l'impulso non lo chiama impulso
- possiamo dire che ignora l'esistenza
della cosa che gli psicologi chiamano impulso -
lui lo chiama Ilario Pistochini.

Cioè il suo io è impulso?

Uhm, sì, forse sì, qualcosa del genere.
E se il suo io è un impulso
e se per lui tutto è falso ciò che è costruito,
va da sé che la cosiddetta costruzione dell'io...
Va da sé.
Va da sé.
Non che intrapresa, mai neanche ipotizzata.
Va da sé.
In questo modo, nel consesso umano,
che si fonda sulla costruzione dell'io,
egli non esiste.

Non è che stiamo un po' esagerando?

Stiamo un po' estremizzando, per capire.

Poi magari gli succede che dopo un bacio
- dato d'impulso, perché non ha altro modo di darlo,
e ricevuto (così egli suppone) d'impulso
[perché se supponesse diverso gli si svaluterebbe] -
si sviluppi tutta una serie di cose,
di interazioni, di discorsi, di condivisioni più estreme
anche a livello di dialogo verbale
e ne viene catturato
(è quella cosa che chiamano relazione? grosso modo sì)
ed entra in contraddizione:
il dialogo verbale dotato di senso lo infastidisce:
lui di mestiere toglie senso al linguaggio
per restituirlo all'impulso, dunque,
sì, entra in contraddizione.
Il dialogo inoltre introduce un divenire
che toglie al bacio la sua eternità.
Eppure quel dialogo, quel modo
di comunicare, ora gli piace...
Faccenda complessa.

Uno psicologo ha detto
che si potrebbe arrivare a scoprire
un vero che è vero davvero perché è dentro
[nulla può essere vero se resta fuori]
pur provenendo da fuori:
proviene da fuori
ma si radica dentro
e diventa non meno vero dell'impulso,
e finisce per assomigliare, come forza e verità,
all'impulso - ma, avendo origine altra,
certamente può entrare in conflitto,
può fare guerre dentro,
con sofferenze, e scelte, e rinunce.

Non è una cosa semplice.

No: è la condizione umana.

Gli adulti normali, forse,
si sono, fin da piccoli, immersi così tanto
in una specie di universo relazionale
da arrivare a credere vero
- a interiorizzare come vero -
qualcosa che proviene dall'esterno, dall'altro:
a interiorizzarlo così tanto
da assimilarlo, in verità, all'impulso:
da tenerci come si tiene a un impulso.
Così hanno perso, gli adulti, certe percezioni
socialmente incompatibili (non si può avere tutto)
ma vivono meglio fra loro.

Il poeta fanciullo
- che non è, appunto, una cosa firulì firulà -
difficilmente ci arriva: è preso
da altri fascini, da altri sussulti, da altri
punti di vista. Che di certo
non vorrà sacrificare. Però vorrà
(come tutti) essere amato, amare:
gran casino.

E come si risolve?
In qualche modo provvisorio e parziale,
oppure in nessuno: poeti finiti male
c'è pieno il mondo.

 
 
 

Una roba noiosa

Post n°1253 pubblicato il 07 Novembre 2014 da molinaro
Foto di molinaro

UNA ROBA NOIOSA

Tre precisazioni-premesse:
1) sono noioso e ne sono consapevole;
2) in ciò che dico non c'è niente di personale
contro chicchessia,
anche perché critico una forma di pensiero
diffusa presso quasi tutti
e quindi non può essere un fatto personale;
3) non mi considero e non sono femminista.

Ciò premesso,
ancora ieri sera mi dicono
che è inutile che faccio il veterofemminista
stigmatizzando la parola «zoccola»
tanto la figa piace a tutti.

Io mi sento un po' scoraggiato, ma ecco,
forse la cosa da fare
è denunciare le trappole linguistiche
(avevo premesso che sono noioso).

Che cosa c'entra la parola «zoccola»
con il fatto che la figa piace a tutti?
Che la figa piaccia a (quasi) tutti
è un dato di fatto; dovrebbe esserlo altrettanto
che il cazzo piaccia a (quasi) tutte,
ma già notate che suona diverso.

Che nesso c'è tra «figa» e «zoccola»?
Se faccio una proporzione
figa : zoccola = cazzo : x
che cosa metto al posto di x?
Non mi viene in mente niente:
non c'è una parola con la stessa valenza.

La trappola linguistica in sottotraccia
è che nel prendere/dare la figa
ci sia un'eco di zoccola.

Si usò nel passato la formula
«mancare di rispetto a»
nel senso di «scopare con»
(ovviamente «a» una donna, «con» una donna).
Cioè si intendeva: «se tu donna fai l'amore con me
e non sei la mia sposa o almeno molto promessa sposa,
o non sei, in alternativa a ciò, una zoccola,
io ti manco di rispetto».

Ora io mi auguro che voi capiate
- se no è difficile andare avanti -
che la traduzione di tale frase è:
«se ti scopo, donna,
ti sottraggo al tuo legittimo proprietario
(marito, padre, famiglia, fratelli)
e quindi compio un'azione indegna
(sanzionata dall'indiscussa società patriarcale
che tacitamente tutti accettiamo e riconosciamo)
tranne se:
a) il tuo legittimo proprietario sono io;
oppure
b) tu sei nella categoria delle prostitute,
di proprietà pubblica/collettiva,
destinate al necessario sfogo sessuale del maschio».

Corollario: «l'unica cosa esclusa,
perché assolutamente intollerabile,
è che sia tu, donna, proprietaria di te».

Allora, ragazzi,
sono noioso, scoraggiato e stanco,
e non sono femminista.
Provo ad andare avanti.
Stanco e deluso perché non c'è stato
(e lo avevo sperato)
uno scatto in avanti a far crollare
il vecchio maniero - la vecchia maniera.

Sentite, ragazzi, se odio
la parola «zoccola»
(con tutta l'infinita serie di sinonimi,
puttana troia bagascia mignotta
e chi più ne ha più ne metta)
non è perché sono un'anima bella:
non lo sono affatto,
sono anzi abbastanza torbido e cattivo.

È che la parola «zoccola»
è irrecuperabile,
irrecuperabile a qualsiasi livello
perché portatrice di un nucleo semantico
(e dunque di un nucleo psichico, mentale, culturale)
che associa la libertà di una donna
...ma neanche solo la libertà, cristosanto,
l'amore, dico l'amore:
associa l'amore di una donna,
inteso come lei vuole, nel modo suo di lei,
offerto a chi lei vuole come vuole, a quanti lei vuole,
simultanei o successivi,
associa questo amore e questa libertà
a una condizione di vendita di sesso all'ingrosso.

È talmente chiaro che non so come spiegarlo.
La parola «zoccola» è una parola-uncino
che corre ad arpionare chi è fuggita
per riportarla all'ordine:
ed è subdola, spesso agisce travestita
da scherzo, da gioco, con sorrisi leggeri.
Ma è sempre in agguato, pronta a colpire:
può bastare persino un modo di vestire
o di svestire, un gesto, un discorso.

Quello sguaiato simpaticone
che siede ubriaco a tarda sera al pub
a gambe larghe e, con questo caldo,
s'è aperto la camicia e spara cazzate
turpiloquenti e ride gorgogliando,
tu cambiagli il genere
ed è una zoccola.

Ma non è solo questo il problema.
Nella parola «zoccola» c'è un'impalcatura
che regge un sistema in cui la donna
è merce e lo è sempre.
È venduta o al massimo (ma sempre sotto
qualche controllo) si vende da sé.

Mai che si muova come una persona,
che può amare o no, amare quanti vuole
o nessuno, vestirsi, spogliarsi,
giocare, pure vendere sesso
(sesso, non sé)
e procreare o non procreare,
fare o non fare, dire o non dire,
sedurre o non sedurre, diventare presidente
o anche niente, insomma quelle cose
più o meno riconosciute come
diritti dell'uomo.

Mi sto proprio scoraggiando, comunque.
Se non capite che nelle frasi
a) «quella lì la sua fortuna ce l'ha fra le cosce»
e
b) «non mancherei mai di rispetto alla tua fidanzata»
c'è la stessa, identica carica di volgarità e violenza
(e temo proprio che non lo capiate)
io forse mi arrendo. Sono stanco.
Troppo lunga è la strada.
Ho più di sessant'anni.
Il mondo è vostro.
Andate a cagare.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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