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IL SILENZIO DEI VIP

Lettera pubblicata da "La Nuova" il 27 luglio.
E' mai possibile che la Sardegna venga cercata o venga vista solo per due mesi l'anno?
La nostra bella Isola ha vissuto dei momenti durissimi e difficili per il sequestro di Titti Pinna e quando abbiamo bussato alla porta di questa "bella gente" cercando aiuto, nessuno ci ha aperto, ci è stato addirittura consigliato di fare silenzio.
In definitiva nessuno ha avuto un occhio di riguardo per un uomo ridotto in catene da persone senza scrupoli. Per otto lunghi mesi la Sardegna era Terra di Nessuno, solo dei sardi, che gridavano a gran voce: "No ai sequestri, liberiamo Titti Pinna!". E oggi invece la Sardegna non è dei sardi, se non si hanno soldi in tasca non ci si può nemmeno passare vicino alle nostre bellissime Coste. La Sardegna è in mano a quelle persone che se ne sono infischiate di quell'uomo in catene, e se ne sono infischiate della Sardegna stessa.
I padroni dei locali alla moda, sentendosi a casa qui in Sardegna, non hanno mai pensato di fare un appello per la liberazione di Titti in tutti questi mesi? Non devono pensare solo di sfruttare la Sardegna e guadagnare qualcosa in estate, dovrebbero pensare anche che questa non è casa loro, sono ospiti.
Cari "Vip", non avete fatto niente prima, fatelo ora.
Rosanna Sechi, Bonorva
 

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COMITATO REGIONALE

Post n°102 pubblicato il 16 Settembre 2010 da frickpeace

 LAVORI IN CORSO !!!!!!

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Commenti al Post:
frickpeace
frickpeace il 25/09/10 alle 22:16 via WEB
Chiunque fosse interessato ci può contattare.... siamo anche su Facebook!
 
safurraja
safurraja il 21/04/11 alle 14:16 via WEB
Già nos ana acconzu 'ene. Abbaidade comente nos ana paradu! E bi la cheren sighire gai. Deris in piatta sa presentada de sos littos bezzos. Ma canno ada a finire custu gravellu? Barant'annos no li sunu bastados?
 
 
safurraja
safurraja il 20/11/12 alle 15:08 via WEB
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safurraja
safurraja il 20/11/12 alle 15:11 via WEB
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safurraja
safurraja il 20/11/12 alle 15:09 via WEB
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safurraja
safurraja il 20/11/12 alle 15:09 via WEB
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safurraja
safurraja il 20/11/12 alle 15:10 via WEB
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safurraja
safurraja il 20/11/12 alle 15:11 via WEB
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safurraja
safurraja il 20/11/12 alle 15:12 via WEB
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Onolvesu
Onolvesu il 22/04/11 alle 18:01 via WEB
Dalla parte dell’elettore. Il 15 Maggio anche i cittadini di Bonorva si recheranno alle urne per rinnovare il Consiglio comunale. Ci chiamano elettorato attivo (anche se spesso tradito) dato che, il giorno delle elezioni, indichiamo con una croce i candidati da eleggere. Tutta la nostra attività si svolge in un attimo e si concretizza con quel semplice gesto. Semplice sì, ma - se colto nella propria interezza - anche rivoluzionario. Il problema è che non riusciamo a riconoscerlo, nonostante si annidi proprio nelle nostre mani. Invece il potere dell’elettorato passivo (l’eletto) lo riconosciamo, eccome se lo riconosciamo! Da semplici sudditi. Per di più esso dura 5 anni (un’eternità) di fronte a pochi nostri secondi di potere … grafico. Esso ci sovrasta e non ci lascia spazio. Abbindolati dalle solite promesse elettorali (che poi tali rimangono) o erosi dal livore di cittadini-sudditi non riconosciuti nei propri diritti, ci ricaschiamo ad ogni tornata elettorale. Ecco che, allineati, andiamo a mettere la croce sulla lista indicata dal “nostro” partito o da quanto “radio paese” è riuscito a inculcare acriticamente nelle nostre menti; oppure rabbiosi per tante malefatte subite, o delusi dal distacco degli amministratori rispetto alle vere esigenze del paese, decidiamo di non mettere piede in cabina elettorale. Scelte, però, che non dovrebbero appartenere all’elettorato più sano. Sul piano politico-amministrativo sarebbe ora che si uscisse dai soliti e distruttivi luoghi comuni e si cambiasse veramente pagina, ne trarrebbe giovamento il nostro paese e quindi tutti noi che viviamo in questa amena cittadina dell’antico Costaval. Cambiare rotta e fare scelte innovative - questo è certo - non è facile: ma è l’unica alternativa alla deriva demografica che a partire dal 1951 investe il paese. In quell’anno Bonorva contava 7590 abitanti (dati Istat), oggi siamo poco più di 3700. E pensare che nel 1861 di abitanti se ne contavano 5232. Per 90 anni il paese è cresciuto, poi la decadenza, e non solo demografica. Quest’anno si festeggia proprio il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, noi abbiamo poco da festeggiare data la grave crisi che ci attanaglia. Il nostro territorio, come viene sottolineato col nome medioevale, si estende dalla piana di Santa Lucia, passando per Mulinu e Santa Maria (ai confini con Semestene), sino all’altopiano di Campeda; dagli anni 60 poco o nulla, di esso, è stato valorizzato. Anzi, la piana, come granaio della Sardegna, è un puro ricordo. Lo scorso anno, in occasione delle elezioni provinciali, in un intervento sentii dire: la via da intraprendere è quella della valorizzazione del proprio territorio. Rimugino ancora quelle semplici, ma sagge, parole. Alternative non esistono: non abbiamo altro! Non abbiamo industrie (non c’è più neanche la petrolchimica di Portotorres, sbocco occupazionale nel recente passato per molti bonorvesi), l’edilizia nel nord Sardegna boccheggia, in paese è peggio; mentre la pastorizia è in crisi come in tutta la regione. Diversi compaesani fanno i pendolari per portare a casa lo stipendio. La “cultura”, poi, languisce nel più misero torpore. Eppure siamo il Paese che ha dato i natali a Pauliccu Mossa, e in tempi più recenti a due nomi illustri: Anzelu ‘Ettori e Antoni Sanna. C’è da scommettere che i nostri baldi giovani internauti non sanno neanche che sono esistiti. La nostra memoria è venuta meno con la … loro scomparsa! Eppure era un piacere ascoltarli in interventi pubblici o leggere i loro scritti carichi come sono di “bonorvesità”. Per non parlare dei poeti estemporanei: sos cantadores a rima. Una decadenza su tutti i fronti. Ci dimentichiamo, con la nostra memoria corta, non solo il recente passato, ma anche quelle che furono le nostre ben più orgogliose origini. I nostri antenati costruirono 4 secoli orsono (si ricorda che le prime notizie storiche di Bonorva risalgono al 1200, con Rebeccu, più popolata, capoluogo del Costaval) la bella chiesa parrocchiale, gotico-aragonese, intitolata alla Natività di Maria. Non so quanti fossero gli abitanti di allora, ma è pur certo che l’intento era quello di costruire un qualcosa di speciale per la comunità e nel contempo mostrare all’esterno la vitalità di una cultura non certo marginale. Di fronte, l’ampia piazza che incornicia la parrocchiale dal campanile maestoso. Per chi poi si incammina nel corso Umberto non può che rimanere piacevolmente sorpreso di fronte a questa via principale, spaziosa e particolarmente lunga per un paese, e con una perla sullo sfondo: la chiesa di san Giovanni Battista (detta anche Santa Rughe). Perla che in occasione di “rossi” tramonti assume una struggente bellezza. Bello, anche, il costume tradizionale, sia maschile che femminile, con ricami che rimandano ad abili mani di sarta. Sempre pazzosu e pomposu su onolvesu … Troppu bellu finzas su repiccu delle tre capane della chiesa parrocchiale. Non conosco un ritmo cosi ammaliante, che ricorda il ballo, e che si possa riscontrare in altri paesi. Eppure niente si fa per tramandarlo, niente che non porti alla perdita di questo suono che emana arte bonorvese. Quando Chiccu appenderà le … campane al chiodo, sentiremo solo il fastidioso rintocco causato da impulsi elettrici. Vado un attimo indietro, molto indietro, nel tempo: un doveroso richiamo lo meritano i nostri avi, quelli che vissero nel periodo neolitico e scavarono sulla roccia, pietra contro pietra, le monumentali grotte della necropoli di Sant’ Andria Priu. Anche loro pensavano in grande. Si dice che sono tra le più grandi del mediterraneo. Ma ritorniamo alla dura e più “misera” realtà del nostro tempo. E’ facile notare che abbiamo semplicemente perso la stella polare … del sapere e del saper fare. Fare cose importanti e funzionali alla comunità. Del tendere al bello. Del guardare al futuro dagli ampi e variegati orizzonti. Ma anche del vivere operoso e tranquillo dei propri abitanti. Stella che man mano è andata sbiadendo per lasciare il passo ad altri punti di riferimento molto più ristretti e meno nobili. In venti anni, dal 1950,il nostro paese perse oltre duemila abitanti. Uno su tre, prese le valigie, e salutò amaramente il proprio paese natio in cerca di una nuova vita. Si può, quindi, pensare che già immediatamente dal dopo guerra, chi contava in paese, poco o nulla avesse programmato per il futuro o realizzato qualcosa di buono perché non esplodesse l’esodo di proporzioni bibliche. La decadenza iniziò ad avvolgerci ed a inseguire supinamente l’involuzione demografica. Negli anni a seguire le diverse amministrazioni contribuirono, con l’immobilismo o con azioni tiepide o errate, ad accentuare il declino. Prese piede e/o si accentuò la rissosità tra i diversi schieramenti. Prevalse il non credere al bene comune – se non a parole – e l’interesse per il solo “bene” del proprio schieramento se non addirittura l’interesse personale del singolo amministratore. Qualcuno, in verità, cercò di opporsi a questa “nuova” mentalità, ritenendo che l’azione politico-amministrativa dovesse essere praticata in quanto servizio al cittadino e alla comunità. E furono dolori. (continua...)
 
Onolvesu
Onolvesu il 28/04/11 alle 11:58 via WEB
Oltre quaranta anni fa ci provò il prof. Virgilio Teti, altro nome illustre. Contro di esso si scatenarono forze di opposto schieramento che annichilirono (non so con quanta consapevolezza), tra l’altro, il progetto del giardino archeologico a Funtana, messo in atto con poca manodopera e senza oneri per il comune. Lo incontrai molti anni dopo a Sassari. Mi riconobbe, dopo che gli dissi che ero bonorvese. In quei pochi minuti di chiacchierata ci fu anche lo spazio per rilevare la sua profonda amarezza a seguito degli strascichi della sua esperienza amministrativa. Subì una denuncia penale, fortunatamente stoppata in breve tempo dal giudice, riscontrando da subito la sua buonafede e le risorse intatte del comune. Credere, da amministratore, che la propria comunità è un giardino da accudire gli costò abbastanza caro. La storia amministrativa di Bonorva continua negli anni 70 con la lotta per l’ospedale Manai, ex sanatorio. L’attuale Sindaco, già presente in Consiglio comunale in quegli anni, ritornò, allora, a mani vuote con altri da Cagliari. Sorse, invece, a Thiesi il tipo di ospedale tanto agognato dai bonorvesi e richiesto con diverse mobilitazioni, sfociate per ben due volte in occupazioni del Comune. Negli anni 80 fece capolino il piano particolareggiato, voluto da una coalizione di centrosinistra (diversi di loro li troviamo nell’odierna amministrazione). Nel giro di due anni fu accantonato per diversi e gravi problemi creati alla comunità bonorvese. Più di uno continua a dire che con tale piano si erano fatti figli e figliastri. Sino al duemila non ci sono cose particolari da essere ricordate se non le solite schermaglie tra gli schieramenti, appoggiati dalle rispettive “tifoserie”, schierate a loro difesa, senza tante autocritiche o ripensamenti. A dire il vero qualche battaglia c’è stata, se qualcuno dovette “emigrare” a Semestene, trovando posto negli scranni del Consiglio comunale. Risulta altresì evidente il distacco tra la gente comune insoddisfatta e il palazzo comunale. Poi nel 2000, come una fiammata, la giunta formata da diversi giovani, e capeggiata dal Sindaco Zanza, illumina il grigiore di un paese che vive ancora di muri ideologici e sopravvive con stanche, oltre che stantie, occupazioni di poltrone. La scintilla è la famosa voragine e la fiamma che la alimenta è l’emergenza idrogeologica. In men che non si dica il paese è tutto un cantiere con l’arrivo di vagonate di soldi. E’ vero, a parte i mugugni dei soliti insoddisfatti, qualcosa di speciale quell’amministrazione l’ha fatta, a differenza di un paese ogliastrino che dovette subire, per diversi anni, gli effetti del disastro idrogeologico. Nel 2006 la rivincita della sinistra. Ritornarono in campo Mimmino, Valentino, Giammario e Battista ‘Ettori per contrastare Antonello Zanza, indebolito nell’ultimo periodo dalla diaspora di due dei suoi più valenti collaboratori e da tante e spumeggianti invidie … La vecchia politica amministrativa ritornò in auge e ai giovani fu lasciato ben poco spazio. Infatti, la sinistra di rifondazione, capeggiata dal giovane Francesco Falchi, che doveva dare un volto moderno all’amministrazione di sinistra, venne relegata in un angolo, lontano dal paese … a Rebeccu. Alle prossime elezioni si presenta candidato solo l’altro Falchi, Pier Paolo, che in diversi (tra cui lui stesso) ritengono abbia svolto un buon lavoro come assessore alle politiche sociali, salute e assistenza. Tra tanto grigiore un faro luminoso è il minimo che ci potessero aspettare. Facciamo ora, per pura curiosità, un minimo di confronto tra l’amministrazione Zanza e quella capeggiata da Mimmino Deriu. Prendendo i fatti più salienti. Si è già parlato dell’attivismo di Antonello (egregiamente coadiuvato da Massimo, Angelo e Antonio Marruncheddu) non così si può dire di Mimmino. Nel 2006, a tre mesi dalle elezioni un dramma umano avvinghiò il paese. Ci si sarebbe aspettati un vero sussulto, un volare alto, invece, il capo dell’amministrazione comunale non si scompose più di tanto lasciando ad altri iniziative in merito (al di là di questo, da subito, in paese riprese il vecchio e stanco procedere amministrativo... l’azione della nuova giunta lasciò l’amaro in bocca a molti dei loro elettori. Alcuni, pubblicamente, dichiararono di essersene già da subito pentiti). La giunta Zanza mise in piedi il parco eolico da 37 turbine Vestas V90-2.0M (in totale 74 MW) a Campeda, in territorio bonorvese. Quando il parco eolico funzionerà a regime saranno solo vantaggi: produrrà energia sufficiente al fabbisogno di 50 mila famiglie e permetterà un risparmio di CO2 pari a 48.500 tonnellate all’anno e pure degli euro entreranno nelle casse asfittiche del Comune oltre che nelle tasche dei privati che già li incassano in base al numero dei pali sul proprio terreno. Come contrasto, l’opera pubblica fatta eseguire lo scorso anno, dall’attuale amministrazione, lasciò molta rabbia e indignazione nei proprietari dei loculi per come fu eseguito il lavoro nella parte nuova del cimitero. Un passo falso. Ad ogni piovasco si allagano la base delle tombe a causa della nuova pavimentazione più alta. Un uso molto singolare dei soldi pubblici. Le lamentele della gente non servirono a niente, quando bastava, prima della posa della pavimentazione, usare una pala meccanica e in una mattinata sarebbe stato risolto il problema. Con la speranza (molto remota) di non trovarci di fronte ad una nuova addizionale IMUci (Imposta Municipale cimiteriale …) quando l’acqua e l’umidità, dalla base delle tombe, inizieranno a produrre i loro effetti. Terminato questo semplice, ma significativo confronto, riprendo il tema dell’eolico. Ho l’amaro in bocca come tanti bonorvesi. I lavori dovevano essere completati nel 2010 ma un intervento della forestale, un anno fa li bloccò. A distanza di un anno, ufficialmente, non si sa quale sorte toccherà all’opera (come tutte le buone cose nostrane … ), ed è fatica inutile trovare un minimo di notizie sul sito del comune. Anzi non compare neanche la notizia del parco eolico. Sembra di essere in uno di quei tanti casi di scontro e di “politica” involutiva bonorvese (c’è da dire che, prima dello stop della forestale, il parco eolico fu preso di mira anche da fuoco amico e da conchidortos furisteris e nostrani. Ma quando usciremo dalla marcia mentalità di farci male ad ogni piè sospinto?). Sento dire che tutto è pronto - almeno dal lato burocratico- per la ripresa dei lavori. Perché allora non si procede all’immediata ripresa? E perché si lascia un intero paese a formulare ipotesi e congetture? E se la società che gestisce l’impianto si stancasse - protraendosi questa situazione - e chiedesse conto dei tempi lunghi e dei soldi già messi in campo? La nuova amministrazione che esce dalle prossime elezioni comunali farebbe bene a mettere in prima fila, oltre alla trasparenza, la chiara volontà degli atti e degli obiettivi. Non dimentichiamoci che sempre il 15 Maggio si voterà anche per il referendum sul nucleare. Con quale coerenza ci chiederanno di votare contro le centrali nucleari e contro i siti per le scorie?
 
safurraja
safurraja il 05/05/11 alle 21:48 via WEB
Como già ses omine. Balis cantu un’unza. Elle aite n’asa istrazzadu su rubinetto de sa balza? Faghedinne s’ilgonza manna. E torrannenlu si nono ti leana puru po furunciu. Bellas pessonas esistiti in su munnu!
 
safurraja
safurraja il 08/05/11 alle 16:19 via WEB
Oh! Passenneche erettos sezis? Anniese de tetterore. All’abbasciare este cussa cogorosta. Si fizis canjados bos aia nadu ite faghere, como chi sezis in campagna elettorale. Sezis intrados in tottu sas domos e i sa mia che l’azis saltiada. E ite, timinne su furru fizis, ah! Eh, a zappare bos aia mannadu, sutta de su campusantu ‘e Rebeccu! Eh, propriu igue, in cussos terrinos de cantaru addes. In cussas palltes inue sos terrinos sunu pius bonos po ettare trigu, ca sinne regogliat ranu, cantu un’asolu. Eiè, appusentadebos in piatta a prommittere. Prommittide prommittide, ne azis aju. Comente chi no bos connoscat deo e sa idda! Como, sos amministradores, tottu su desizzu giughen, comente chi esserana raidos mannos. Ma sa ilgonza no la connoschides? Ma no de essere raidos! Ca sas prommissas sunu boidas; bonne devides ilgonzare de no essere canjados in domo mia. Cun cussu trigu bos aia cottu unu pane comente chi n’esserat bessidu dae sa manue deus. Già l’ischides chi in bidda de furros chennada una ira, ma su meus est su mezus – nò, ma cumbinchida che l’ana a si candidare… - nà a micch’intrasa in chelcos e lassami faeddare, ca sas mias no sun prommissas! Deo so ezza e isco ite narrere. E poi deo no aia fattu distinzione peruna: a su ruju l’aiat preparadu su pitifù cun sa cariasa ruja de Rebeccu, intro una pastiglia de sa pressione ca io chi binne ada parizzos cun s’alva cana. Ca già l’ischimos chi sa pressione est baddinosa e podet fagher calchi ischelzu malu. A sos atteros l’aiat cottu unu drucche cun poddine, mennula e nughe de Mariani, subra unu furrioleddu ‘e tuccaru de ferula de su monte. A sos pizzinnos poi l’aia fattu iscola, gai no aiant dimannadu a bezzos chi no ischint nudda, comente si prepatrat su furru e ecomente si faghet s’inghesu. E ira e drucches chi l’aiat fattu coghere a issos matessi. E fini istados s’incantu ‘e sa idda! – nò , a la gherede finire cun cust’istoria! Abbaidatebolla chi como si sentidi de politica puru – Mì, allu idides comente sunu sos pizzinnos de oe. Tottu sas trassa de sa idda ne ogana. Bae, bae, finzas sa gana de ne faeddare mi che ada ogadu. Bae, bae sulvile malu….
 
 
safurraja
safurraja il 20/11/12 alle 15:07 via WEB
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safurraja
safurraja il 27/05/11 alle 14:47 via WEB
Faula! Faula manna cante a tie! Faulalza chi no ses attere. Ma ite ses giunghinne a pare! Già l’ischia chi fisi limba mala, ma finzas a i cussu puntu … eh comà, no ti indemonies e istadi sezida, ca a mie mi l’ana nadu … eh, nadu ti l’ana, propriu a tie, comente no isco ite oldinzas tue! Sempre cottulada, o accherada o sutta sa persiana, cottulennedi de sos fattos de tottu sa idda! Como chi mi l’asa nadu, baedicche, po prommore ‘e deus! … ma comà … como, fatta a comare, saltiami sa janna, imboligosa chi no ses attere. Ma a tinne paridi! Già chi non ne tenzo de pensamentos, bi cheriat custa puru a mi indemoniare sos chelveddos. Mi l’aia pensada, però, chi si che fia essida ai cuss’ora, si l’aiant isciuccada sa limba. Ma ite podia faghere. E bi l’aia nadu giaru, a su sulvile: no bessas poi de manigadu, istadi in domo! Eh, a mie iscultada su suldu (suldu est e suldu sicch’ada a morrere). A tempus meu, a s’ave maria, sos cristianos già ritirados sicche fini, comente ‘e sas puddas in cannitu. Eh, essidu ch’este, tantu l’ischia chi lu fidi aisettennne cussa cavanos che taula. Innamorenne sunu! Ohi s’amore insoro! Su ciucetto a ambos duos bi cheret. Mi so estida lestra, chenabura notte, isciallu nou e bottas bezzas, e so essida deo puru pensenne chi no m’aerene connotta! Sa timoria mia fidi chi ch’esserant passados po prima in piatta de sas prommissas, nossichi li esserat ennidos a issos puru su male. Eh! tanno sighi che l’aia dispacciadu a domo de sa mama. Ello babà, como bi torro a iscacazzare pizzinnos. Si est macca issa, deo non lu so; e ite, li devo campare totta sa zenia ai cussa iscrabistada e assignoricada, ca minn’est rutta dae su lettu! … Calenneche a polta noa fini, issarachigheddu … Eh! no mi connoschiat niunu, un’atteru faulalzu cussu in piatta e gioja. Leessilu sa zì, leessilu, chi si lu leada custu isciallu la faghet pius pizzinna, mancu in domo l’ana a connoschere. Infattisi, no m’at connottu niunu, bruttu tramposu! Tanno che so calada in poltanoa cun cussas bottas tricchede e tracchede. Chie non mi idiat mi intenniada. Chissà cantas carrasegadas an devidu curare sos duttores! Tottu girados, abbaidennemi … A sant’Antoni sun calados … sas giannas fini tottu frisciadas, no binn’aiat una iscanzada! Già aia chelvidu ischire comente ada fattu a m’iere cussa cuccumiao. In piatta ‘e sant’Antoni, torra zente; ma no bi los appo idos. Binne aiat unu de sos de salva cana, sezzidu a sa sola in d’unu cuzzone. Chissà ite fidi mazzonenne, ma si idiada chi cheriat ischire ite tottu fini nenne sos chi fini arrodiados. Essu a zente cottulada chi ch’ada in custa idda, dae su primu finzas a s’ultimu. Mi so istuffa de essere abbaidada e mi che fia torrenne a domo, canno unu, tottu affurrioladu, mada nadu de canjare in piatta lettore ca che fini appena pigados. Zente binne aiat, in Lettore, ma issos no bi fini … oh, custa puru este candidada, mì … Appena appo intesu su chistionu, appo leadu palitta e malteddu e minne so torrada a domo chi fidi già mesanotte. Sa zoronada mia l’appo fatta, los appo chilcados a matta ’e cannela. E ite cheret puru cussa macca ‘e sa mama! Po culpa sua como so in limba ‘e sa idda. Chi s’arrangede, e li ponzat fattu issa, gia giughede cambuzzos bonos! Elle tant’ira. Como so parizzas dies chi no drommo, dae canno comare m’at fattu assessore, cussa tonca faulalza! Ma pensade unu pagu si m’aiat fattu sinniga, e chie b’aiat postu pius pè in lettu?…..
 
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TITTI PINNA - ARBOREA CONVEGNO DEI GIOVANI

 
 

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