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SPERANZA

L'istinto di sopravvivenza, secondo me, è ampiamente sopravvalutato.
Potrà salvarti una, due, tre volte, forse, ma alla lunga non è sufficiente.
La vera molla della vita umana, invece, penso sia la speranza.

Speranza di non morire prematuramente, di non ammalarsi, di avere un'esistenza felice e serena, di formare una famiglia, di passare bei momenti con gli amici, di un buon tenore di vita, di una bella mangiata di pesce, di una scopata memorabile seguita da una notte di sonno tranquillo.

E' la speranza di avere tutte queste cose che ci fa alzare ogni mattino ed affrontare una giornata in cui sappiamo che saremo inevitabilmente sottoposti a tensioni, e che il rischio di incappare in problemi concreti e delusioni è molto alto.
Ma speriamo anche, appunto, di avere qualche bel momento, di sentire il cuore gonfiarsi di gioia, amore e soddisfazione, almeno qualche volta.

Ecco il punto.
Il bilancio tra stati di disperazione e di esaltazione.

Quelli della mia generazione, in media, hanno potuto passare, fino ad oggi o al massimo ieri, un'elevata quantità di tempo in un mood sostanzialmente positivo.

Certo, ognuno ha avuto i suoi problemi, anche gravi, come peraltro è normale che sia.
Qualcuno non ce l'ha fatta a superare l'empasse, e si è perso per strada.
Ma la maggior parte di noi non ha perso nemmeno nei momenti più oscuri la speranza di poter tornare presto a sorridere, e gli incidenti di questo luminoso percorso sono stati sempre accantonati se non dimenticati.

Perchè sapevamo che, salvo sfighe sorvumane, alla fine l'avremmo sfangata, che dietro l'angolo, dandosi da fare ma neanche poi tanto, avremmo comunque trovato un lavoro, una casa, una donna (un uomo) con cui condividere la vita.
La nostra strada, insomma, che una volta imboccata ci avrebbe portato fino alla fine del cammino.
Così siamo stati educati a pensare, a vivere, e così era il mondo in cui abbiamo vissuto per i nostri primi quarant'anni.

Un mondo i cui lati positivi avrebbero quasi certamente superato quelli negativi, e presentato un bilancio in utile.
Se non per se stessi, almeno per i propri figli.
In fondo questo è il pilastro maestro della società occidentale.

Ma oggi è ancora così?

Non riesco a capire - lo dico con disarmata franchezza - se questo gigantesco uragano economico sarà effettivamente così socialmente distruttivo come mi appare ogni giorno di più, o se invece, una volta che sarà passato, le nostre vite torneranno ad essere animate dalla buona, vecchia speranza.
Non lo so, e non so nemmeno se vorrei conoscere la risposta, perchè se all'uscita del tunnel ci fosse una pioggia fredda cupa e non una giornata di sole, forse preferirei non saperlo.

E questo, in fondo, significa che un barlume di speranza c'è ancora.
Almeno credo.