Creato da napoli.cult il 28/05/2008
oltre i facili luoghi comuni...

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Bentornata Napoli.

Post n°7 pubblicato il 29 Luglio 2008 da napoli.cult
 
Foto di napoli.cult

 

E così sembra che la nostra Napoli sia finalmente uscita dall'emergenza rifiuti. I milioni di sacchetti che si spalmavano per tutta la città e per una parte della nostra bella regione, hanno lasciato di nuovo il posto alle strade, ai marciapiedi, alle aiuole. Erano arrivati finanche ad assediare le entrate delle scuole o degli ospedali, delle fabbriche e delle case.

Alcune città della Campania - come Pozzuoli e Casoria, giusto per fare degli esempi - sono state letteralmente sommerse per mesi da sporcizie e fetori nauseabondi; le immagini della nostra città e di altre famose località come Pompei ed Ercolano, hanno fatto, come in poche altre occasioni, il giro del mondo quasi ogni giorno, procurando un dispiacere immenso e una ferita praticamente insanabile al cuore di chi ama questa città e questa regione, persone queste non necessariamente napoletane o campane come abbiamo potuto appurare dalle numerose testimonianze di solidarietà arrivate da tantissime personalità del mondo dello spettacolo, dell'arte, della letteratura, della musica, del giornalismo e dello sport. Insomma, credo che Napoli, abbia attraversato un periodo nero, forse il più infelice della sua millenaria storia che pure è intrisa di eventi tristi, terremoti, epidemie, guerre.

Adesso, come dicevo in apertura, sembra che il peggio sia passato: i volti delle persone e dei cittadini coinvolti in questa incredibile situazione, appaiono finalmente più sereni e la speranza ha preso il posto della disperazione.

Il Presidente del Consiglio, cui bisogna dare atto di aver, almeno apparentemente, prestato la giusta attenzione alla faccenda, ha illustrato il piano del Governo per fare uscire definitivamente dall'emergenza Napoli e la Campania: dopo essersi autocelebrato per la ripulitura delle strade e l'asporto dei rifiuti conferendoli - ricordo! - o in alcune discariche riaperte o in inceneritori di quelle regioni che solo qualche mese fà si erano dette contrarie, il Cavaliere punta all'apertura parziale del termovalorizzatore di Acerra entro la fine dell'anno e a quella totale per giugno dell'anno prossimo. Inoltre, ha stanziato somme ingenti per la costruzione di almeno altri quattro termovalorizzatori in tutta la Campania che dovrebbero renderla autosufficiente. Infine, è stato deciso che le cave di Chiaiano sono un sito adatto ad ospitare un milione di tonnellate di rifiuti nei prossimi anni.

Non è mia intenzione polemizzare con il Presidente del Consiglio, chi mi conosce sa che non ho alcuna stima di lui. Però, alcune domande sono inevitabili.

La prima: perché puntare sugli inceneritori e non iniziare da subito una sana politica della raccolta differenziata che, in tante zone della nostra regione è talmente all'avanguardia da far meritare ad alcuni comuni premi e riconoscimenti?

La seconda: perché destinare Chiaiano ad una così infima utilizzazione quando sarebbe stato opportuno addirittura investire su quel sito sotto l'aspetto turistico e paesaggistico?

La terza: lo sa Berlusconi che nel raggio di un chilometro dalla cava di Chiaiano vi sono quattro ospedali grandi ed importanti?

La quarta: dove verranno smaltite le tonnellate di residui tossici e polveri che verranno prodotte dai cosiddetti termovalorizzatori?

Infine, senza voler colpevolizzare nessuno, men che meno i cittadini settentrionali che in tutta questa faccenda non c'entrano niente, vi è però da riconoscere che la grandissima quantità di rifiuti tossici che sono stati sversati in Campania è la concausa del disastro ambientale cui questa regione è andata incontro.

Orbene, messo un punto fermo sul fatto che le famiglie camorriste che hanno orchestrato tutto ciò si è nelle condizioni di poterle sgominare - cosa che tra l'altro, in alcuni casi, sta già avvenendo - appare altresì chiaro che i rifiuti velenosi venuti alla luce, provenienti nella stragrande maggioranza dalle regioni italiane del Nord, hanno anche un nome ed un cognome e, quindi, non dovrebbe essere particolarmente complicato risalire all'antico proprietario.

Non ci resta, cari amici, che sperare in un futuro che ci offra altre possibilità e, vi è da aggiungere ad onor del vero, che per ottenere questo, bisogna prima di tutto che i napoletani si riapproprino del loro orgoglio, che mostrino al mondo intero l'amore che nutrono per la loro città. Molte cose sono effettivamente peggiorate nel comportamento dei nostri concittadini e questo l'ho già detto anche in altri post: l'incuria, il degrado, l'abbandono in cui versano alcuni luoghi non necessariamente marginali o secondari del nostro centro antico, non sono dovuti solo all'indifferenza dell'Amministrazione comunale, ma anche a chi vive quei luoghi, a chi dovrebbe dar loro vita e gli regala invece una lenta, inesorabile agonia giornaliera.

Ancora una volta, Napoli, deve far appello ai napoletani e, da questi, è venuto il momento di attendersi una reazione civile, che lasci un segno finalmente positivo, che sia in grado di restituire dignità all'immagine di una città che, negli ultimi tempi ha conosciuto - e fatto conoscere al mondo intero - il suo volto peggiore.

Abbiamo ancora spazio nei nostri cuori per la speranza? Credo di sì, ma io non faccio testo perché vivo lontano e sono troppo innamorato di Napoli per non cadere nella parzialità. La risposta dovrebbero riuscirla a dare gli eventi dei prossimi mesi con un punto fermo da tenere bene in evidenza: non dovrà mai più accadere quello che è accaduto.

Ci riusciremo? Speriamo.

Un abbraccio a tutti.

Claudio.

 
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Riciclo artistico

Post n°6 pubblicato il 17 Luglio 2008 da napoli.cult

Su Napoli esiste tutta una serie di luoghi comuni, uno dei quali riguarda l'ingegnosità dei suoi abitanti, la cosidetta "arte di arrangiarsi".
Questo luogo comune sembra calzare a pennello per Giovanni Scafuro, un giovane artista napoletano, che dopo essere passato per una lunga serie di lavori: benzinaio, cuoco, pizzaiolo, portinaio, esattore comunale e altri; si è scoperto artigiano del design.

Giovanni riesce a dare nuova vita agli oggetti di uso comune, quindi le lenti di vecchi occhiali diventano lampade, i fondi di bottiglia risorgono come posacenere e le posate (must della sua fervida fantasia) si trasformano in preziosi monili e specchi.

Date un'occhiata al suo sito, ne vale veramente la pena. Finalmente un napoletano che ricicla!!!

bimbadepoca

 
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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 24 Giugno 2008 da napoli.cult
 


Questo post, è il primo di altri che seguiranno nei quali parlerò di musicisti napoletani, sconosciuti alla massa, ma di alta levatura artistica.
Il primo di cui voglio parlarvi, è il chitarrista, arraggiatore e produttore Corrado Rustici, l'uomo che a parer mio, ha fatto la fortuna di Zucchero. Corrado è nato a Napoli e, agli inizi degli anni 70 fonda il suo primo gruppo, con il quale ottiene dopo una serie di concerti Live, un contratto con la Ricordi. Successivamente Corrado comincia a viaggiare, toccando città come New York , San Francisco, Los Angeles, nella quali ha l'opportunità di farsi conoscere da grandi nomi e iniziare collaborazioni di elevato livello. Si sono serviti del suo talento musicisti come: Aretha Franklin, George Michael, Whitney Houston, Herbie Hancock , George Benson , Carlos Santana, Phil Collins, e molti altri.
Quando torna in Italia, cura la produzione e l'arrangiamento di quasi tutti gli album di Zucchero, in pratica di tutti quelli che lo hanno portato al successo e a suonare con Big della musica mondiale e in luoghi culto come la Royal Albert Hall di Londra al fianco di Eric Clapton.
In italia hanno goduto inoltre della sua arte: Elisa, Ligabue (insieme nella foto), Renato Zero, Negramaro, Enzo Avitabile, Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, PFM, Francesco De Gregori e tanti altri.

Marquez31

 
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I palazzi di Napoli

Post n°4 pubblicato il 16 Giugno 2008 da napoli.cult

Sono stata a Napoli negli ultimi dieci giorni, la mia città, ritrovata sporca come mai l’avevo vista. La spazzatura agli angoli delle strade è stata come una pugnalata alle viscere. Inspiegabili i motivi di un’occulta regia che preleva regolarmente l’immondizia nel quartiere un po’ nascosto dove sono vissuta e lascia a marcire quella sulle vie principali, sotto gli occhi implacabili dei media, che nulla perdonano a questo strano popolo, di lazzari e santi, fino ad accusarlo di colpe non sue.

Altre volte, già su via Toledo, la strada dell’antico passeggio, riuscivo a percepire l’odore di salsedine che veniva dal mare, in questi giorni, invece, quell’effluvio consueto era offuscato dall’olezzo fetido della spazzatura in decomposizione. Un’altra pugnalata nel cuore, per chi come me esule in patria, ama in modo viscerale la sua terra.
Nell’attesa che venga al più presto ripristinata la legalità, quella normalità di una vita civile data per scontata nelle altre città, ho cercato la bellezza per difesa.
L’ho cercata nei soliti luoghi che mi sono cari, dove la filosofia ironica che ci appartiene è riuscita a creare un nuovo pastorello per il presepe, un Berlusconi assiso sui sacchetti d’immondizia come un sovrano, in testa una corona simbolo di quell’effimero potere. Il sorriso non è servito a lenire le ferite inferte alla mia splendida città.

Ho cercato la bellezza nell’abbraccio dei miei soliti amici, in tutti quelli con cui sono uscita, in quelli che non ho potuto incontrare per mancanza di tempo e anche in quel paio che non ho incontrato per mancanza di voglia.
Ma ho cercato la bellezza, soprattutto, rifugiandomi nella storia gloriosa del passato, quando Napoli era capitale di un regno, terra di conquista per principi stranieri che la amavano più di quanto la amino oggi i suoi stessi figli.
L’ho fatto entrando in punta di piedi nel bellissimo palazzo Zevallos Colonna di Stigliano, un superbo edificio edificato nel 1639 da un ricchissimo ufficiale di corte, conobbe vari passaggi di proprietà finché nel 1898 fu acquistato della banca commerciale italiana, la quale trasformò il cortile interno, opera di Cosimo Fanzago, nel salone per il pubblico.


In questo scenario fastoso è nascosta una perla rara, l’ultimo quadro dipinto da Caravaggio prima della morte, “Il martirio di Sant’Orsola” appena restaurato.
Forse già presago della sua morte, Caravaggio dipinse sul volto della giovane la sgomenta rassegnazione di chi osserva la vita sfuggirgli da una freccia nel seno. Ma più della drammaticità del momento è il colore esangue della donna a dominare la scena.

Ho cercato la bellezza nel Pio Monte di Misericordia, una tra le più antiche istituzioni benefiche d’Italia, l’ho fatto entrando nella piccola chiesa e ammirando in silenzio quell’altra meraviglia di Caravaggio, “Le sette opere di misericordia”.

Ci sono altri quadri, di pittori altrettanto famosi, che adornano gli altari della chiesa, ma lo sguardo indugia più del dovuto solo su quello dell’altare.  Sembra una scena di strada, quel popolo minuto che ancora oggi, con abiti diversi, gremisce i vicoli della città, guardato con indulgenza dalla divinità, perché solo tra la peggiore miseria esiste la solidarietà spontanea.

Ho cercato la bellezza nel delizioso Chiaja hotel e qui apro una doverosa parentesi, perché ho saputo dell’esistenza di quest’albergo proprio sulle pagine del mio blog, grazie ad una segnalazione di Quotidiana_mente. Uno dei proprietari, Pietro Fusella, dopo aver letto un mio vecchio post in cui parlavo di ruffiane e prostitute, è stato felicissimo di accogliermi, insieme con una mia amica, per mostrarci quelle che furono le camere di un vero bordello.
Ma sarebbe riduttivo liquidare questo gioiellino parlando solo del suo lato pruriginoso, perché l’albergo nasce dall’entusiasmo contagioso del suo proprietario, che in pochi anni è riuscito a creare un luogo ricco di fascino, ristrutturando quello che era l’appartamento nobiliare del suo bisnonno, il marchese Nicola Lecaldano Sasso la Terza. Un eccentrico nobiluomo appassionato di viaggi, che nell’ottocento si spinse fino in Cina, ritornando con un carico di porcellane, le quali ancora oggi fanno bella mostra di se nelle case dei suoi pronipoti.
Il restauro è stato fatto conservando per ogni camera, una diversa dall’altra, l’incantevole atmosfera dell’epoca, grazie anche all’utilizzo dei mobili di famiglia.
L’albergo sito in un antico stabile su via Chiaia, conosciuto come palazzo Giroux, era la residenza anche dei conti Lucchesi Palli. Il conte Febo Edoardo si era addirittura fatto costruire un teatro in casa, dove metteva in scena opere in prosa, difatti l’ultimo piano del palazzo conserva, sul pianerottolo e sulla scalinata, diverse effigi di personalità ignote, presumibilmente autori o personaggi teatrali.  


Altra storia è quella del “3”, la casa di tolleranza più famosa della città, che solo per un caso confinava con la residenza del marchese, l’appartamento acquistato successivamente, grazie ad un sapiente restauro che ha mantenuto l’ambientazione del bordello, ha permesso di ricavare un'altra ala con camere che profumano di peccato, a cominciare dai nomi sulle porte delle stanze che ricordano le più famose” lavoratrici “della casa. Le finestre delle camere affacciano su di un ballatoio coperto, dove le allegre signorine appoggiate alla ringhiera si mostravano ai clienti di sotto.

In una città come la nostra, punita da amministratori incapaci, conoscere una persona come il signor Pietro Fusella è stato come respirare una boccata d’aria pura, è ammirevole la passione che anima questo ragazzo nella ricerca di documenti per ricostruire sia la storia della sua famiglia che quella del palazzo. Una storia a cavallo tra ottocento e primi del novecento, animata da diverse storie, viaggi esotici e tournèe musicali (l’ultima figlia del marchese aveva sposato il musicista Gaetano Fusella), che meriterebbe di essere raccontata in un romanzo.

 Ho apprezzato particolarmente l’estrema disponibilità e la gentilezza con la quale il signor Fusella si è dedicato alle mie curiosità, la stessa usata per viziare i suoi ospiti che lo ripagano continuando a scegliere il suo accogliente albergo ogni anno, a dispetto della spazzatura e dei facili luoghi comuni su Napoli e i napoletani. 
Durante la visita ci ha portato a vedere anche i locali dove esisteva un’antica stamperia, finanziata dal bisnonno.
E’ stato affascinante conoscere un altro aspetto della mia città, un anonimo palazzo dei quartieri spagnoli che nasconde nel suo interno una vera e propria corte dei miracoli. 

bimbadepoca

 
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Un napoletano in esilio: pensieri e riflessioni.

Post n°3 pubblicato il 13 Giugno 2008 da napoli.cult
Foto di napoli.cult

Mai una volta in vita mia non mi sono sentito napoletano, mai una volta. Mai una volta ho tradito questa città, unica e, per molti aspetti, impareggiabile.

E' una frase questa che non ho voluto variare minimamente rispetto ad un altro post già scritto in un'altra occasione, che pure iniziava così e dal quale traggo spunto per incrementarlo ulteriormente. Non l'ho voluta manomettere perché risulta perfetta nel suo intendimento, nel messaggio che volevo e voglio passare.

Di tanto in tanto è giusto concedersi qualche riflessione: un po' per tirare il fiato, un po' per rigenerarsi fare il punto della situazione pur rimanendo sulla stessa lunghezza d'onda del tema principale per il quale nasce un blog e, nel caso di questo blog, Napoli, è e resta protagonista.

Vivo lontano da Napoli ormai da quasi vent'anni ma, ogni volta che vi torno, mi bastano poche ore, ed è come non fossi mai andato via.

Mi piace tuffarmi nel brulichio di gente della Pignasecca, fra un banchetto di frutta e verdura e una vetrinetta di "zeppole e panzarotti"; mi piace l'odore nei bar che si diffonde anche fuori di essi, quell'odore inebriante di caffè nero, forte, bollente o aromatizzato alla cioccolata come in alcuni bar del Vomero; mi piace il profumo del ragù, quello così bene descritto in "Sabato, domenica e lunedì" dal grande Eduardo, un profumo che si propaga negli antri dei palazzi, soprattutto la domenica mattina, un profumo che ti prende per mano e ti riporta indietro nel tempo; mi piace l'odore del mare che ti entra nei polmoni se cammini per via Caracciolo; mi piace il babà con la panna sotto la Galleria e il chiacchiericcio della gente che vi passeggia; mi piacciono gli scorci e i panorami mozzafiato che, quando meno te l'aspetti, ti si parano davanti da Posillipo a Santa Lucia, dal Chiatamone al Castel dell'Ovo, dal Monte di Dio al Corso Vittorio Emanuele; mi piace ammirare le chiese, la loro austera bellezza, il loro stile, la gente che le frequenta sempre devota, sempre fedele anche per uno come me, completamente scevro da qualsivoglia contaminazione religiosa; mi piace il clima che ti porta gioia anche in una giornata di pioggia; mi piace lo sguardo vispo e intelligente dei bambini, quei bambini napoletani già così pieni di conoscenze anche ad un'età così acerba; mi piace prendere il tram e ascoltare i discorsi della gente; mi piace la teatralità di questa città, sempre pronta a proporre una nuova versione di se stessa. Io amo Napoli, così com'è.

Nel contempo, mi soffermo ad obiettare sulle tante cose non certo invidiabili che comunque riguardano questa città: il traffico, il disordine, i problemi sociali, la disoccupazione, la microcriminalità, la camorra. E qui certo, c'è ben poco di cui essere fieri.

Per quanto si possa amare un luogo non si può, comunque, far finta di non vedere, restare indifferenti alla violenza quasi quotidiana, chiudere gli occhi di fronte a evidenti difficoltà che ogni giorno bisogna combattere per cercare di portare avanti la propria esistenza.

Napoli ha bisogno di una forte spinta che la aiuti a superare tutte le problematiche che la attanagliano e che frappongono ostacoli a tutte quelle iniziative che, invece, potrebbero servirle per risolvere definitivamente i suoi annosi drammi sociali. Avrebbe bisogno continuamente di persone nuove, dal forte temperamento, con nuove idee e capaci di proporre sempre nuove iniziative; persone coraggiose e che dovrebbero essere soprattutto spinte dall'amore per questa città che invece, sembra mancare proprio in coloro i quali devono rappresentarla ai massimi livelli.

Vorrei avere la capacità di riuscire a parlare ai tanti napoletani che, come me, soffrono di tutto questo e far capire loro che siamo in tanti e che in tanti possiamo tanto ma dobbiamo, già da subito, fare di più. Dobbiamo iniziare di nuovo a parlare ai nostri figli, dobbiamo recuperare quel senso di civismo che non è affatto scomparso ma semplicemente umiliato in tutti noi e farlo riemergere. Vorrei tanto avere la capacità di riuscire a parlare però, soprattutto, ai non pochi napoletani che, offendendo la loro città con atteggiamenti e comportamenti delinquenziali, non arrecano offesa solo agli altri ma soprattutto a loro stessi, alla propria vita, alla propria esistenza; vorrei che proprio loro potessero divenire la vera, autentica riscossa di questa meravigliosa metropoli e dimostrare al mondo intero che Napoli può dare tanto a tutti, in arte, in cultura, in allegria, in gioia di vivere e in senso civico.

E' tanto difficile riuscire a concretizzare dei sogni, a trasformare in realtà delle aspettative che sulla carta sembrano improponibili ma il primo grande errore è proprio quello di demordere.

La strada buona fu intrapresa da Antonio Bassolino quando per la prima volta si insediò come Sindaco nel 1993. Arrivò il G7, fu effettuato un robusto restiling in numerose parti della città, fu restituita dignità a una parte del centro storico, fu chiusa al traffico Piazza del Plebiscito, furono iniziati i lavori di ristrutturazione a numerosi palazzi storici e a tutta via Toledo, furono iniziati i lavori della metropolitana e furono proposte numerose iniziative culturali al fine di valorizzare l'immenso polo museale napoletano. Tutto ciò ancora oggi si ripercuote in maniera positiva sulla città soprattutto per quanto riguarda il ritorno di Napoli nei circuiti turistici internazionali e, la forte presenza di gente di ogni parte del mondo, che viene a visitarla e che ha rimesso in moto l'industria alberghiera che sembrava definitivamente annullata da anni di abbandono e di degrado.

Nonostante ciò, i grandi problemi "storici" sono rimasti tali: la camorra e la disoccupazione. La prima miete vittime in tutto l'hinterland ad un ritmo impressionante e la seconda è ancorata a livelli percentuali scoraggianti.

Non so se riuscirò a vivere abbastanza per vedere la mia Napoli così come la vorrei vedere sempre, e cioè bella, pulita, sicura, dedita al turismo italiano e straniero, finalmente libera dal cancro malavitoso che la asfissia; non so se riuscirò a vederla finalmente sconfiggere i mali endemici da cui è afflitta. Vorrei tanto che ciò avvenisse, per una questione di orgoglio ma anche di rivalsa: sì di rivalsa, nei confronti di tutti coloro che non credono nelle potenzialità di questa città, nei confronti di quelle persone che gratuitamente dileggiano e offendono la sua storia millenaria, la sua cultura, i suoi tesori con comportamenti di bassissimo profilo.

Napoli, la mia Napoli, non è un oggetto soprammobile, nè uno scendiletto o peggio ancora uno zerbino.

Napoli, la mia Napoli, è la città che vorrei regalare di cuore a tutti perché è un patrimonio universale destinato a tutti, una città che, sotto certi aspetti, come ha già avuto modo di dire Luciano De Crescenzo, "è l'unica speranza che resta all'intera umanità".

Vorrei che tutti voi, amici non napoletani che vi siete trovati a leggere queste righe, almeno una volta nella vita, aveste potuto ammirare le cose che ho visto e che ho vissuto intensamente a Napoli; vorrei farvene dono, solo per avere in cambio un pizzico d'affetto che, spesso, troppo frettolosamente, a questa città, viene negato.

Viva Napoli.

nonsolonero

 
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