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Post n°226 pubblicato il 04 Novembre 2008 da mari27_

Possibile che tu abbia le gambe così corte? Devi correre, altrimenti ti raggiungeranno, come al solito. Stavolta devi essere più veloce di loro, non devi permettere che i ricordi arrivino a te, ti assalgano e, nel combattimento, abbiano la meglio.

Che pappamolle! Hai lasciato che ti raggiungessero...o la tua bicicletta si è guastata nel bel mezzo dell'inseguimento, o hai fatto finta di voler fuggire ma in fondo desideravi essere raggiunta.

Allora perchè, dopo che loro ti hanno sopraffatta, dopo che ti hanno bastonata e tu facevi finta di divincolarti, hai detto a te stessa come a volerti giustificare (davanti a chi?) che tu non desideravi realmente andasse a finire in questo modo, che avevi fatto tanto per abbandonare l'idea di lasciarti recuperare come una di quelle barchette ferme in mezzo al mare dopo una tempesta in attesa che una nave all'orizzonte si intraveda e le porti in salvo?

Sei un enigma irrisolvibile, assolutamente.

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Commenti al Post:
Al.dunque
Al.dunque il 05/11/08 alle 02:40 via WEB
Proviamoci. Hai mai pensato che a volte pur correndo veloci, pur correndo lontano, prima o poi la stanchezza ci assale? Ci sono delle circostanze che, anche se ci vedono inizialmente fermi sulle nostre posizioni (il correre), prima o poi, ci inducono ad intraprendere diverse decisioni (il fermarci; affannati, addirittura!). Nel caso di specie, i ricordi, infatti, dotati del "moto perpetuo" prima o poi sono comunque destinati a raggungerci... possiamo pur tentare di fuggire ad essi ma questi arrivano a noi, forti come se fossero del giorno prima! Quando ciò accade, per amor proprio, si è portati, quasi in maniera spavalda, ad affermare che li si voleva affrontare e guardare in viso... per poterli contrastare e, in singolar tenzone, vincerli e domarli finalmente! Se dopo tutto ciò, però, approfittando di un momento di distrazione, si riprende a correre, a mio parere, denota irrequietezza e illusoria speranza di allontanarsi dalla propria ombra... piuttosto, anziché farsi trovare deboli ed affaticati dopo una corsa impari, non scappiamo neppure: fermi, indomiti, quasi stoici, affrontiamoli e sapremo vincerli esaltanto quelli piacevoli e deprimendo quelli meno, guardando a questi ultimi come una ricchezza (a futura esperienza per non commettere eventuali nuovi errori), con la consapevolezza che, prima di tutto, si ha una gran fiducia in se stessi (e la vittoria dà fiducia!). Se la serenità non sarà trovata nel proprio io ma con l'aiuto altrui, può rorgere dipendenza; questo può essere un altro problema ma, tratti in salvo, ci si adopererà anche per tale ulteriore soluzione, nel frattempo siamo salvi! Saper nuotare, però, è sempre una buona cosa. Un abbraccio, Vi.
 
 
mari27_
mari27_ il 05/11/08 alle 12:00 via WEB
E' proprio per questo motivo che io "faccio finta" di non voler essere raggiunta. Dentro il mio profondo so bene che non è possibile evitare che i ricordi risalgano dalla pancia alla testa o che riemergano dai meandri della memoria (che poi per me tanto meandri non sono). In poche parole, ti dò pienamente ragione quando affermi che non è sensato cercare di dimenticare, anche perchè sorge un altro effetto collaterale, molto molto deleterio: se lasci che questo o quel ricordo cattivo esca dalla tua vita scordandotene (od ostentando di farlo) vigliaccamente ma altrettando ostinatamente, va a finire che (almeno questo a me è accaduto), quando esso si ripresenta (ritornano sempre, basta un nulla a scatenarli), ti opprime più di quanto abbia mai fatto, torna come un pugno nello stomaco e ti sorprende in maniera indicibile facendoti restare senza parole, paralizzata. Ecco perchè non conviene mai dimenticarsi delle cattive memorie, ed ecco perchè cerco di non farmi mai cogliere impreparata. Ma questo apre un altro problema. Come per coloro che preferiscono leggere la fine di un libro piuttosto che scorrerne tutte le pagine per leggere la storia, come per coloro che passano tutta la vita ad aver paura della morte e ne rovinano ogni santissimo giorno nell'attesa di quel qualcosa che non sanno come, quando e perchè dovrà necessariamente avvenire. Allora il metodo migliore é tenere i ricordi lì, dentro di te, sapendo che ci sono, cercando di non farti opprimere e reprimere da essi. Ma questa posizione asettica (neppure stoica perchè sarebbe una condizione di INDIFFERENZA, quella che, per intenderci, devono avere i testimoni citati in tribunale per poter rendere testimonianza, rispetto alle parti in causa) è molto, molto difficile da raggiungere. Vorrei essere la figlia del Dalai Lama in queste occasioni, chissà che uno spirito scenda un giorno dal cielo (o risalga dalla terra, o si impossessi di me dal nulla) e mi infonda un po' di pace, solo un po' di pace. Grazie del commento e del passaggio. M.
 
   
Al.dunque
Al.dunque il 05/11/08 alle 13:34 via WEB
Mari io, infatti, non sostengo di celarli, anzi… ma di rispettarli dando loro il giusto peso… bilanciando adeguatamente le cattive con le buone memorie… Se si affrontano, saremo pure capaci di comprendere come siano potute accadere determinate cose e, da essi, prodigarci per evitare di incorrere in quei probabili errori che potrebbero generare brutti ricordi (o almeno essere più cauti). Allo stesso tempo non condivido l’atteggiamento di coloro che vivono anticipando la fine della loro vita… siamo tutti consapevoli che la morte ci coglierà (meglio non sapere quando, è vero) ma, ciò nonostante, pur senza vivere come se ogni giorno fosse l’ultimo (chissà che stress), non concepisco chi sopravviva… sarebbe come anticipare la propria morte! Ti è mai capitato di essere una testimone? Siamo certi che prima dell’arrivo in Tribunale non si siano parlati? Tutti ospitati in un’unica stanza… verranno anche chiamati uno alla volta: sei sicura che fra di loro non si accordino addirittura prima di presentarsi davanti al Giudice? Invero, Mari, io penso che non si riuscirà mai ad essere asettici: siamo essere umani non macchine. Ottima pretesa essere figlia del Dalai Lama ma sai bene quanto impieghino prima di trovare il prescelto… ed uno solo per vita! Se per figlia intendi discepola... non è poi così lontano il lavoro che occorre fare su stessi per trovare la tranquillità dell'anima. Allo stesso modo, ribadisco il concetto del pericolo da dipendenza dal pacificatore… credo che possa essere solo un momentaneo palliativo giacché è una soluzione più semplice, salvo che non diventi un brutto ricordo anch’essa! Dunque, secondo me (e ciò non vuol dire che ci si riesca), occorre sempre più fare affidamento su stessi e persuadersi che si è belli dentro e fuori… Usare qualcuno o qualcosa come volano può servire all’inizio (per alcuni è il “mondo virtuale”) ma poi bisogna essere fermi sulle proprie gambe e affrontare ciò che ci fa più paura. Insomma: aiutati che Dio ti aiuta! Va bene, dunque, sapere che esistano dei ricordi e che alcuni di essi sono spiacevoli, ma trovare il modo per non farci schiacciare da essi e non permettere che ci opprimano (io sono per l’attacco non per difesa in trincea, pur se, in certi casi, strategicamente temporeggiatore). La pace e la serenità, in sintesi, secondo me, si acquisiscono in primo luogo con l’amarsi. Grazie della replica e del passaggio, Vi.
 
     
mari27_
mari27_ il 05/11/08 alle 14:00 via WEB
Sai...dalle tue parole capisco che sei una persona che ha saputo trovare un certo equilibrio e nelle tue parole leggo un uomo abbastanza sicuro di se stesso, o che quantomeno si vuol bene. Per me non è lo stesso. Tutto nasce dalla consapevolezza di non amarmi, perchè in molti, troppi, mi hanno fatto credere di non essere degna di amore. Dei troppi non mi interessa, io faccio riferimento, nei miei ricordi, soprattutto ad uno di essi. Quell'uno, solo ed unico, che nonostante dicesse di amarmi alla follia, mi considerava una "palla al piede" una "punizione divina" una "croce" da tollerare e che si è sposato (non fidanzato, sposato) dopo appena tre mesi dalla nostra separazione, senza apparenti remore e con malcelato senso di orgoglio e vendetta. Ecco...mi chiedo se affrontare le cose in questo modo non sia la migliore via per vivere felici, o quantomeno sereni, nella propria ipocrisia (o nel proprio egocentrismo menefreghista), dato che adesso lui è sposato da più di un anno, tra poco sua moglie partorirà una bambina (il desiderio che quest'uomo aveva da sempre era quello di avere una figlia femmina) e il suo lavoro va a gonfie vele (certo, aiutini ed aiutoni permettendo!!). Sono stata testimone in un processo civile, ma sono un avvocato e so cosa significa essere testimoni. Mi sono trovata dall'una e dall'altra parte della barricata. Si cerca di tenere i testi lontani gli uni dagli altri ma ci sono luoghi (mi riferisco ai tribunali) in cui ciò funziona meglio, e luoghi in cui ciò funziona proprio malissimo. Ma il punto non è neppure questo: il testimone viene preparato "a dovere" anzitempo, e tutto ciò che dirà è il frutto di un enorme lavoro di plasmazione che poco ha a che fare con la spontaneità della testimonianza o con la sua estemporaneità. Ecco perchè non ho mai sentito mia la professione che ho svolto, ecco perchè mi sento snaturata nello svolgerla. Quanto a me stessa, il primo e più importante passo che devo compiere è, indubbiamente, quello di amarmi di più, di stimarmi e di apprezzarmi. Troppe cose sono accadute, troppe persone infide, troppe delusioni in fila indiana come i poveri alla mensa, chè quando pensi di aver finito di riempirgli le scodelle lacere, sembrano essersi nel frattempo moltiplicati; ti è bastato spostare per un secondo l'occhio dalla fila e puff... Amarsi di più...cosa semplice? no affatto. E lo è ancora meno far capire agli altri (sesso maschile) che non è vero che basta che tu piaccia loro. Una frase che ho sentito e sento ripetermi e che adesso mi nausea: "che ti importa, basta che tu piaccia a me, non fa nulla se non ti piaci"; oppure: " se piaci a me, come ad altri uomini, non dovrebbe conseguirne che nella tua razionalità emerga un barlume di ipotesi che tu possa essere bella, interessante etc etc?". No comment sulla prima frase, secondo me maschilista all'eccesso e soprattutto egoistica. La seconda potrebbe avere un senso, se non per il fatto, affatto considerato, che la donna ha una testa come l'uomo, che la donna non basa la considerazione che ha di sè su quello che l'uomo le dice, e che la donna sa benissimo che l'uomo sa essere mentitore per ottenere ciò che desidera nel momento in cui lo desidera. Quanto al Dalai Lama, voleva essere una provocazione fatta a me stessa, nulla di più. M.
 
     
Al.dunque
Al.dunque il 07/11/08 alle 11:14 via WEB
Cara Mari… alle volte l’apparenza inganna: io potrei essere solo una persona che conosce alcune risposte alle tue domande ma non è detto che sia riuscito a metterle in pratica: per certi versi, la tua situazione potrebbe essere analoga alla mia, sono in continua ricerca di equilibrio e sono consapevole che barcollo sempre meno. Sicuramente mi voglio bene e sono contento di me… sono anche buono con me stesso (come con tutti, del resto) e cerco di vedere i lati positivi di chiunque (anche miei)… ciò mi porta ad essere sicuro e, soprattutto, infondere sicurezza: una capacità che ricordo da sempre. Ciò mi induce anche ad amarmi e questo sebbene non sempre chi mi è stato intorno me ne facesse un merito (anzi) o ricambiasse l’amore che io profondevo… Mari, la cosa più importante che possiamo fare per noi stessi è piacerci! Possiamo anche essere delle pessime persone ma, per la nostra stabilità psicologica, secondo me, è essere contenti di sé. Se riusciamo a raggiungere questa condizione è fatta… saremmo anche in grado di condurre una vita sociale migliore. Non è per nulla facile, anzi… in un mondo dove, per lo più, è tutto apparenza, non importa essere ma avere… ciò non stimola circuiti virtuosi di vicendevole coinvolgimento e (anche per tutta una serie di altri fattori) determina solitudini fra la moltitudine: paradossale (forse), ma solo per un secolo fa! Come il web: ci avvicina anche se fossimo lontani. In questo mondo di individui, tutti diversi ma tutti uguali, ciò che pure manca è l’Amore; anche l’amore fraterno si va affievolendo. Amarsi è una tappa fondamentale della nostra esistenza, ognuno ha il suo percorso… un papà che tiene il broncio per un paio d’anni o una nonnina stanca a sferruzzare oppure un paesaggio bucolico ormai diventato un ricordo (bello)… non so. Ciascuno ha il suo vissuto e l’amore per se stessi inizia ad acquisirsi dalle coccole ricevute quando si era in fasce… dalle carezza al pancione di mamma. Con l’adolescenza aumenta la nostra fragilità e l’incontro con persone egoiste ed invidiose può minare il nostro ego. Se, addirittura, la persona cui ci doniamo ci percepisce come una sua infima propaggine a ornamento del suo intimo interesse di ostentare uno status che fa lustro in società (e chissà quanto altro), capisco (e so, purtroppo) come la terra sotto i piedi possa apparire instabile e le certezze di vita su cui (probabilmente) avevi basato il tuo auspicato futuro non ti appaiono più chiare, terse, anzi… s’incupiscono e nessun spiraglio di luce pare intravedersi. Si, Mari, secondo me, potrebbe essere necessario fare un passettino indietro… riconquistare la propria vita e riscoprire l’amore per se stessi. Cosa importa più il comportamento di uno str..zo? Il suo atteggiamento forse può darti del credito nella vita sociale… ma se continui ad osservarlo, non fai che aumentare il rancore e il gelo che ti inonda il cuore (e se se ne accorgesse, otterresti anche il suo dileggio!)… "Non ragionam di lui (loro) ma guarda e passa"… FREGATENE!!! La constatazione della pochezza di questo soggetto ipocrita, egoista, menefreghista deve indurti ad essere contenta per essertene liberata… comprendo che la consapevolezza di aver sbagliato nella valutazione di colui a cui regalare il tuo amore ti faccia disperare ma, non sarebbe stato peggio se l’avessi sposato (come a volte succede) e te ne fossi accorta più tardi? Hai fatto un errore, e allora? Siamo perfetti? No… Perseverare però è diabolico! E non il perseverare in nuovi errori, giacché lo sarebbe solo se fosse conscia la volontà di sbagliare, ma il perseverare nello stesso errore, no! Per quanto, ancora, questo emblema dell’egoismo moderno deve danneggiarti l’esistenza? Non ho la terapia ma… devi ritrovare il calore della tua anima… devi scoprire la luce che hai in te e rischiarare tutto intorno… quando smetterai di vederlo ad ogni angolo di strada, quando non ti sveglierai la notte pensando a lui, quando non ti compatirai davanti ad uno specchio… riprenderai la tua vita. Come? “Le risposte potrebbero essere nel vento”… a volte basta solo il tempo, altre una vacanza, per alcuni il cambiar città… per tanti è un percorso difficile ed accidentato: cadrai più volte ma la forza per rialzarti solo tu potrai dartela (il salvificatore, l’avrai capito, non mi convince). Io non ti conosco, tu nemmeno ma... HO FIDUCIA IN TE! ...non smentirmi! Ciascun lavoro ha i suoi pro ed i suoi contro… e spesso dipende anche dal parallelo… per il tuo come per tanti altri occorre vocazione… ma se ti amerai ne troverà giovamento anche la tua professione e così anche te stessa… Stima, riconoscimento, apprezzamento… non sono fra i mille modi per declinare l’Amore? Scusami se mi permetto di ignorare i tuoi riferimenti agli altri (sesso maschile), ma se vuoi ci ritorniamo: cambia compagnia! Il Dalai Lama? Perché provocatorio… per ritrovare se stessi? Naaaa… qualsiasi cosa è positiva! ... Per ora, un abbraccio, Vi.
 
     
mari27_
mari27_ il 07/11/08 alle 12:34 via WEB
Anzitutto grazie per il lungo ed accorato commento. Non saprei dirti come mi sono cacciata in questa situazione ma così è stato. Io vivevo praticamente in funzione di una persona, davo tutto ciò che di me potevo dare solo a quella persona e mi sono scordata di me stessa. Ebbene sì, ho sbagliato, per il troppo amore. Anzichè ricevere calore ed affetto, ho ricevuto schiaffi (anche nel senso più fisico del termine), insulti e scarsissima collaborazione. Una persona così non ti merita, mi dicevano e dicono tutti. La cosa che più mi spiace è di essermi lasciata coinvolgere per nove, dico nove anni, in una relazione che mi ha letteralmente uccisa pur continuando a respirare. Ci sono stati giorni e notti in cui avrei voluto scomparire, in cui pensavo di essere pazza, perchè lui mi diceva che ero pazza, in cui ritenevo di essere arrogante, perchè lui mi diceva che ero arrogante. Persa la stima di me stessa, persa la fiducia nel futuro, perso tutto: annullamento. Ecco cosa mi è successo. Tu non mi conosci, io non ti conosco, non so neppure quani anni tu abbia, ma io, a 34 anni, adesso, mi trovo a dover ricostruire tutto. Un percorso iniziato l'anno scorso e che ancora scorre e scorre e scorre... Trasferimenti? Sono andata a finire a Milano, per un anno e più, per poter cambiare aria, per potermi rifocillare. Mi è servito, sì, ma Milano è una città che oltre a dare tanto, ti toglie tantissimo. E così, dopo un barlume effimero di speranza, mi sono ritrovata ancora una volta chiusa in me stessa (tutto il mondo è paese alla fine). Ergo due cose: 1) l'importante è essere tranquilli dentro, non importa dove ci si possa trovare; 2) se non sei sereno, lavora su te stesso per prima cosa, il mondo non lo potrai mai cambiare. Non mi faccio illusioni, non più. E, per adesso, ho smesso di cercare l'Amore. Anche se lo sogno sempre, ogni notte ad occhi chiusi, ogni giorno ad occhi aperti. Mi sono convinta che sia un sentimento così raro che alla fine non è detto, sinceramente, che tutti possano o debbano necessariamente trovarlo, e ciò indipendentemente dallo status civile che abbiamo. Possiamo essere sposati e non amare il nostro/a sposo/a. Ci sono convenzioni nelle convenzioni, ci sono realtà che vanno oltre le convenzioni. Adesso mi sto preparando mentalmente ad affrontare la fase 4 della mia vita (o come la chiamo io, la mia quarta vita - le prime tre non mi hanno entusiasmato più di tanto, come avrai capito - ). Non mi aspetto nulla da questa quarta fase, non saprei cosa aspettarmi sinceramente. E' un momento di apatia, un momento che dura da un secolo. Buona giornata, M.
 
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