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« POLAROIDCIAO PAOLONE »

IL RIMEDIO DELLA NONNA

Post n°171 pubblicato il 16 Novembre 2009 da JayVincent

 

Ai bambini con il mal di gola, un bel cucchiaio di miele nel latte caldo.

Se hai un occhio infiammato, guarda dentro la bottiglia dell’olio.

Se la pancia fa le bizze, riso bianco in abbondanza con tanto di acqua in cui è stato cotto.

Se la tua squadra è in crisi, gioca un basket inguardabile e ha tesserati che variano dall’apatico all’insulso, mettigli davanti Cantù.

 

Non passi l’idea che Milano si ritrova e gioca una partita memorabile, anzi. Soprattutto nei primi 20 minuti ci sono stati momenti per cui era lecito accasciarsi sui seggiolini di un Forum discretamente abitato e non listato a lutto, anche se ammorbato dagli striscioni ospiti, intelligenti e taglienti come le battute del Bagaglino. Però la forza d’urto di un avversario inguardabile può regalare morale ed entusiasmo. È un discorso moralmente mediocre, ma ci sono persone che ritrovano colore e grinta al solo scoprire che qualcuno sta messo peggio.

Credo che la vittoria di ieri vada letta così: fino a quando Cantù è stata presente a sè stessa, Milano ha messo in fila una serie di scempiaggini e nefandezze degne delle peggiori prestazioni stagionali. Poi, complici una difesa di squadra più convinta – proporzionalmente all'asfissia dell’attacco canturino – e sulle ali di qualche giocata offensiva di pregio, l’Olimpia stacca lentamente gli avversari, fino all’accademia dell’ultimo periodo.

Nel quale si ritrova un Mike Hall comunque ispirato sin dall’inizio, forse finalmente convintosi che si può essere protagonisti anche non partendo in quintetto.

Certo, se nel fare il playmaker Bulleri funziona nettamente meglio di Finley, sai che continuerai ad avere un problema; però c’è anche il rovescio della medaglia, perché se i difetti della squadra sono ben chiari, mi pare non si sia ancora capito come esaltare i pregi. Che ci sono e non possono essere trattati alla stregua di jolly casuali.

Un esempio su tutti: Petravicius.

Contro una Cantù di fatto senza lunghi, il piano partita non prevedeva di cavalcare Marijonas, servito poco e male, mai messo in ritmo e mai una volta in condizione di giocare la sua pallacanestro.

Insomma, io penso che negli anni si sia capito a cosa serve sul parquet questo ragazzone lituano, penso che al giorno d’oggi, in cui il dvd è un supporto diffuso, non sia difficile documentarsi. Mi rendo conto che sia più semplice sperare nell'esecuzione del gioco diavolo a quattro del tuo playmaker, nel solco di quel "ah, come giocava la Napoli di Greer": però mi sarei anche rotto le balle di vedere gli altri impolverarsi come statuine cinesi nell'attesa del trentello treccioluto.

Di più non so dire, né voglio dire. Fischiare Petra significa guardare il dito e non la luna, fermo restando che non voglio eleggerlo a moderno San Sebastiano.

Resta quella di ieri una vittoria che conta: è vero che, come detto, i nostri meriti non sono così scintillanti da indurre al più sfrenato ottimismo, è anche vero che a volte basta poco per ottenere tanto.

E quindi voglio pensare che il ventello rifilato alla nostra migliore medicina (che irriconoscenza: questi ti resuscitano e tu li asfalti) porti con sé almeno due buone notizie: avere una reazione da Hall e dare un po’ di fiato ad un ambiente che è parso decisamente in apnea.

Non un trapianto di guida tecnica o una sterzata decisa, ma di questi tempi è bene mettere in tasca tutto quello che fa morale.

Nella speranza che la scimmia, dopo aver momentaneamente abbandonato il nostro pittoresco numero 7, non passi da una spalla all’altra: perché, come detto, ci sono almeno un paio di giocatori in difficoltà.

Sono lituani, sono alla prima esperienza fuori dal proprio paese e chi di dovere non ha ancora pensato come farli sentire parte di un progetto.

Sarà un identikit sufficientemente chiaro per scoprire di chi stiamo parlando?

 

 
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