Creato da: mr.moho il 08/05/2005

Oltre la notte...
  ci sono viaggi che cominciano con uno scopo, altri che non hanno meta, non conoscono regole, semplicemente sono.

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Messaggio N° 14
 26-09-2005 
 

Bassifondi...

Liz prese la coca e la dispose in due file ordinate sullo specchietto, poi arrotolò una banconota da un dollaro e tirò in un attimo tutto quanto. I suoi lineamenti delicati si contrassero per un istante in una smorfia, prima di tornare alla solita espressione. Si passò una mano sul naso e, con gesto sbadato spostò il ciuffo di capelli che le era ricaduto sul viso.

-Alicia- la chiamò sua madre dal piano di sotto – datti una mossa a sparire, aspetto gente!

Liz ripose lo specchio nel suo zaino preferito, tra un paio di libri assolutamente mai aperti ed una serie di quaderni, tutti rigorosamente in bianco. Da quattro mesi ormai non metteva piede al liceo, ma sua madre certamente non aveva tempo di interessarsi delle sue figlie. Di nessuna delle tre, tanto meno della più grande, che ormai andava per i diciassette anni.

-Se Alicia non si presenta a scuola un’altra volta saremo costretti a sospenderla signora Mallory, ormai sono settimane che non la si vede. Se non si interessa lei sappia che faremo un esposto alle strutture di assistenza sociale…- le aveva detto al telefono la signora Rubencraft, la preside del liceo di Liz. Sua madre aveva semplicemente riattaccato il telefono per poi tornarsene in cucina, alle sue soap opera ed alla bottiglia aperta che l’aspettava. Si fottessero pure tutti quanti, non lo aveva scelto lei di mandare a scuola quella stronzetta svogliata della figlia, alla sua età lei si arrangiava già da un anno almeno lavorando in nero per quello stronzo di El Paso che sfruttava lei e tante altre come lei a cucire vestiti in condizioni indecenti, con orari esagerati e paghe ridicole. Ma lei lo aveva fatto, si era rovinata la vista in quel capannone maledetto, sempre china sulle macchine da cucire. Ma poi era arrivata Liz, maledizione a lei. E senza un padre, per giunta. Robert era sparito, lei si era sposata con un imbecille yankee trasferitosi da poco, il quale non aveva fatto altro che riempirla di botte e ubriacarsi, nella roulotte in cui vivevano. E l’aveva rimessa incinta per due volte, prima di svignarsela, quel bastardo. Mentre Liz usciva dall’appartamento squallido incontrò sulla scala il primo cliente della madre. Cominciava presto oggi, pensò la ragazza. Scese in strada, sbirciò che non ci fossero sbirri nei dintorni e scivolò lungo le ombre del vicolo. Al era all’angolo, come sempre a quell’ora.

- Ciao puttanella, come se la passa la tua vecchia? Lo sai che deve passare da me oggi? E’ martedì ed io riscuoto, il martedì. Mi stai ascoltando o no?- bofonchiò il pappone della madre. Liz gli mostrò il medio della mano sinistra teso in un bel gesto chiaro, senza neppure rallentare il passo. Joe la aspettava nel bar all’angolo, andasse all’inferno quella stronza di sua madre,. Oggi era il gran giorno. Oggi sarebbe andata a quel provino. Se non andava bene neppure coi film porno, beh, sarebbe partita per il nord.

Joe la guardò arrivare, pregustando quello che sarebbe seguito e sorrise col suo profilo migliore quando lei entrò.



 
  Inviato da mr.moho @ 14:06 COMMENTI: 2

Messaggio N° 13
 14-09-2005 
 

LA Dama Rossa parte 2

Continua dal precedente post, leggere in sequenza prima il post 12 e poi questo per evitare confusione. Grazie ed a presto!

I due parlarono per un pò della scoperta di Jason, poi decisero di indagare più a fondo. Una persona in città poteva certamente dar loro informazioni più dettagliate sulla storia del piccolo paese di Erinnflort e sulla gente che vi aveva abitato. Si trattava di Oliver, il bibliotecario del paese di jason e Toddye, anziano almeno quanto il barista ma altrettanto in gamba.

I due lo interpellarono a riguardo la sera stessa. Oliver era un vecchietto magro e curvo, simpaticissimo e appassionato di storia e folklore locale. Li accolse nella sua piccola ma accogliente villetta e si dimostrò subito molto curioso a proposito della bizzarra vicenda. I tre si recarono alla vecchia bilbioteca locale, della quale Oliver aveva le chiavi, essendo colui che apriva e chiudeva le porte ogni giorno da almeno mezzo secolo.

Quando entrarono nell'edificio faceva freddo e le tenebre si allungavano sulla cittadina tranquilla, dove da anni non succedeva nulla di strano (a parte la sparizione del giovane Ron, sulla quale non si era mai fatta luce)e la gente viveva tranquilla. Oliver guidò i due fin nel cuore della biblioteca, orgoglio della comunità locale, dove si trovavano i registri della regione sui quali erano annotati tutti i fatti importanti. Si trattava di una collezione antica, alcuni erano manoscritti risalenti a diversi secoli prima. Tutti erano ordinati per anno e sistemati con meticolosa cura.

1897. il numero spiccava a caratteri dorati sulla copertina del grande tomo rilegato in pelle. Le pagine ingiallite erano fitte di date ed avvenimenti, ma jason aveva ormai odorato la verità e disse ad Oliver di cercare senza indugi il mese di novembre. Il giorno dell'incendio che aveva distrutto Erinnflort era stato registrato con ampia cura di particolari.

In una grafia minuta ma accurata qualcuno, probabilmente il parroco del paese, aveva annotato:

"Addì 19 del mese di novembre dell'anno di Nostro Signore 1897, per cause sconosciute un fuoco impossibile a spegnersi è divampato nella grande fattoria ch'era possedimento della famiglia dei Wilson, nella borgata di Erinnflort, in poche ore la borgata stessa si è ridotta a ceneri fumanti. Delle famiglie che ivi abitavano restano alcuni sopravvissuti. Di tutte tranne che di quella dei Wilson, dei quali solo la figlia minore resta dispersa tra i ruderi. Accurata ricerca del corpo non ha dato esito alcuno e si è pertanto deciso che, essendo stato tale corpo evidentemente arso completamente dalle fiamme, si provvederà a tumulare la sola cassa con il nome della vittima, senza poterne seppellir le spoglie. Questa disgrazia pone fine alle sofferenze di quella povera creatura, costretta in isolamento con le sorelle dalla follìa del genitore vedovo. Bizzarra coincidenza che tutto sia accaduto oggi, giorno della festa della borgata ed unico di tutto l'anno in cui le giovani potevano contare sul permesso paterno di uscir di casa, come da tradizione..."

Il vecchio Oliver, che stava leggendo ad alta voce dall'antico manoscritto, si fermò ed alzò lo sguardo verso i due compagni.

Unico giorno dell'anno in cui le giovani potevano uscire, come da tradizione. La tradizione della festa della borgata di Erinnflort era che ogni giovane donna o uomo potesse in quel giorno esser liberata dalle incombenze di lavoro e dalla volontà dei genitori, dall'alba al tramonto si faceva festa, si scherzava, si mangiava e si facevano incontri, senza che padri e madri mettessero il naso nei fatti dei figli e delle figlie. Era una antica tradizione di derivazione celtica, rispettata da tutti e da sempre, svanita solo con la fine del villaggio dovuta all'incendio che lo distrusse...

AL vecchio Toddy tornarono improvvisamente in mente le parole di Edwina Wilson a Ron Morris, pronunciate dieci anni prima al banco del suo bar...

-Non vrei fatto tutta questa strada se non fosse per tornare ad Erinnflort- aveva detto la splendida Dama Rossa al ragazzo.

I tre si diedero dunque a discutere e presero una decisione.

L'anno seguente si ritrovarono in segreto poco prima del tramonto ad Erinnflort. Si sedettero al buio ed attesero. Era poco dopo le dieci di sera che li sentirono. Arrivavano da tante direzioni differenti. Erano tantissimi, tutti giovani, tutti ad attendere lei, la Dama Rossa. Bisbigliavano tra loro dolenti che l'amica non potesse essere libera di andarsene e dimenticare la tragedia. I loro abiti erano un misto di epoche differenti e tutti, dal primo all'ultimo parevano conoscersi bene. Sembravano tutti felici di vederla quando lei giunse tra loro. Li salutò uno ad uno ed essi fecero altrettanto con lei. Al suo seguito un ragazzo con non più di diciotto anni la seguiva stregato dal suo fascino. Lei congedò gli altri e si volse verso il giovane, il quale la osservava senza reazione alcuna, completamente imbambolato.

- Vedi che avevo ragione? La festa è finita e mio padre sarà furibondo. Ma io so che non può più punirmi, ormai. Nè lui nè quelle arpìe delle mie sorelle. Ora sono libera, ma torno quì ogni anno con un amico nuovo, per ricordare. Ed ogni anno tutti torniamo, sai, per la festa. Vuoi restare con noi? -

sussurrava la bellissima creatura al giovane...

-Ogni cosa che tu desideri, qualunque cosa, ma non andartene, resta con me, ti prego- rispondeva lui

-Ed allora rimani tu con me, dolce creatura viva, resta al mio fiaco ed entra nel mio regno di ombre, io sarò sempre vicina a te, potrai vedermi ogni anno, vivere in eterno, diventare una di noi. Li hai visti gli altri vero? Hai visto come sono felici per la loro regina? E pensare che mio padre diceva che non avrei mai imparato nulla. Mi rinchiudeva e l'unico mio svago era leggere. Se non fosse stato per la nonna non avrei mai avuto i libri del potere, mio dolce e bellissimo vivente. Libri antichi, ci ho messo anni a comprenderli. Volevo stregare i giovani e convincerli a dividere la mia prigione, la mia solitudine...-

- Io ti amo, ne sono certo, e farò qualunque cosa per te mia adorata- rantolava il giovane cercando la bocca di lei, le sue labbra vermiglie e letali. Lei lo abbracciò, si avvinghiò su di lui ed i due caddero a terra, lontano dagli occhi degli spettatori nascosti dietro ai muri in rovina. Il vecchio Oliver, perso il suo proverbiale coraggio fuggì verso l'auto e sgommò in direzione del villaggio dando tutto gas. Questo scosse Jason dalla sua apatia, da quella sensazione di incredulità che lo aveva immobilizzato e che ancora immobilizzava Toddye. Doveva fare qualcosa, subito!

Balzò in piedi ed urlò verso i due amanti che si trovavano uniti in un abbraccio convulso - Fermi, in piedi, sono un ufficiale di polizia! Alzatevi con le mai in alto e...

La frase gli morì in gola, quando vide la creatura che fino ad una ttimo prima era stata una bellissima fanciulla dal viso innocente scagliare il proprio amante lontano una ventina di metri e voltarsi verso di lui.

- Come osi, mortale, interrompere il mio annuale pasto!- gridò la creatura, i cui occhi ora baluginavano di riflessi lucenti color del sangue nel buio.

- Ferma dove sei, ferma o sparo!- disse il poliziotto.

- Ah, microbo impertinente, se non avessi tanta fame da rendermi furiosa ti potrei convincere in un attimo a puntare la tua stessa arma verso di te e ti farei morire felice perchè stai facendo qualcosa per me. Hai osato l'inosabile, verme schifoso, ed ora striscerai al mio cospetto prima di essere ridotto in cenere dal bacio della Dama Rossa.-

Mentre il poliziotto sentiva i propri pensieri intorpidirsi e le proprie gambe farsi sempre più rigide e la pistola gli cadeva dalle mani tremanti un rumore fece voltare il viso alla creatura. Un'auto sopraggiungeva a tutto gas ed i suoi fari illuminarono la sagoma della Dama, accecandola per un attimo.

- Ferma mostruosità immonda! disse una voce d'anziano. Era il vecchio Oliver, tornato dal villaggio.

-Che vuoi tu, mucchio d'ossa! Dopo verrò da te, ora devo nutrirmi...- disse lei, volgendosi verso Jason

- Troppo in fretta, voglio leggerti un passo da questo libro che ricordavo di avere in biblioteca- disse Oliver, cominciando a recitare una antica formula celtica...

lo sguardo della creatura si fece di fiamma.

- Fermo, ignorante! Così rendi vano il mio lavoro...fermo! Gridò la giovane, mentre il suo volto si accendeva di terrore e la forza demoniaca che l'aveva tenuta in vita per più di un secolo l'abbandonava man mano che il vecchio leggeva l'antica formula al contrario.

- Aspetta, ti prego, pianse lei in una disperazione inumana, io posso renderti immortale, posso ridarti la gioventù, sarò tua per l'eternità, guarda vecchio, a cosa rinunci- disse strappandosi l'abito rosso e mettendo il piena vista il corpo perfetto scosso dai singhiozzi.-Non lo fare, non lo fare...- ma il vecchio continuò imperterrito a leggere, mentre il pianto di lei si faceva sempre più sommesso, più lontano...

Quando Oliver finì di leggere il vento tornò a soffiare, a ululare il suo dolore, alzando le foglie morte in mulinelli illuminati dalla luce dell'aurora. Là dove la creatura era crollata singhiozzando, ora, non restava più nulla.

Sul libro che Oliver teneva in mano risaltava una scritta in caratteri dimenticati dai più, in una lingua antica, che pochi parlavano ancora. Il libro del Potere, diceva la didascalia della cassa della biblioteca nella quale era racchiuso da anni. Le note dicevano che era stato ritrovato murato in una cantina di una casa distrutta da un incendio negli anni '30. Da anni era uno dei rompicapi letterari ai quali Oliver si appassionava. E con il miglior costrutto possibile evidentemente. Fu con enorme dispiacere che il vecchio lo diede alle fiamme, racchiudendo nel silenzio della cenere il suo abominevole potere. Per sempre.

Fine



 
  Inviato da mr.moho @ 18:39 COMMENTI: 2

Messaggio N° 12
 14-09-2005 
 

La dama rossa parte 1

Giunse in un turbinìo di foglie morte, tra le volute di nebbia che andavano diradandosi. La figura sottile avvolta in un aderente abito lungo rosso scarlatto, il volto pallido ma perfetto incorniciato da una cascata di capelli nerissimi, lunghi fino alla coscia. Silenziosa come un ombra arrivò nel piccolo paese di pescatori, poche case arroccate su di una scogliera, appena prima del tramonto del sole. Entrò nella prima taverna che incontrò, l'unica per essere sinceri. Si trattava di un pub dove la clientela era più o meno la stessa da trent'anni e tutti coloro che stavano chiacchierando al Blackcrow'hinn tacquero immediatamente appena ella attraversò la porta di legno di quercia. Tutti gli occhi si puntarono su quel viso bellissimo, su quel corpo senza difetti. Lei bevve gli sguardi degli avventori, soprannaturale creatura dai lineamenti fini e dalle movenze ammalianti. I pochi clienti della taverna erano in prevalenza marinai e pescatori della costa est dell'Inghilterra, gente dalle salde tradizioni e dallo sguardo fiero, eppure tutti fremettero immediatamente di passione per la Dama Rossa, ignari del perricolo che correvano. Lentamente, quasi sfiorando il pavimento invece di calpestarlo, ella si diresse al banco, dietro al quale il vecchio Toddye la osservava rapito quanto gli altri.

-Un bourbon.Liscio.-disse con voce calda e ferma al barista, che versò il suo drink senza distogliere gli occhi da lei. Il fatto che avesse parlato spezzò in parte l'incantesimo che la sua apparizione aveva generato. I clienti ricominciarono a parlare tra loro, pur senza staccare gli occhi da quella bellissima straniera. Ron, il più intraprendente tra tutti loro, decise di non perdere l'occasione di conoscere una cotanto interessante ospite del suo pub preferito.

-Un tempaccio, vero? Il vento si sente fin quì, dentro al caldo...- cercò di rompere il ghiaccio lui.

-Il vento? Il vento è meraviglioso oggi, così carico di... magia.- rispose la ragazza. Non dimostrava più di vent'anni e Ron non riusciva a distogliere lo sguardo dalle sue labbra vermiglie.

- Non sei di queste parti, vero? - aggiunse il giovane, il quale non sapeva da dove cominciare, temendo una rispostaccia di lei che lo avrebbe screditato agli occhi di tutti i presenti.

- No, vengo da lontano. Sono solo di passaggio. Stavo camminando quando ho visto la luce e l'insegna della locanda ed ho pensato che sarebbe stata una buona idea fermarsi.-

- Camminando? Vuoi dire che sei venuta da York a piedi con questo freddo?- sbottò il ragazo incredulo.

- Non da York, ma questa è una lunga storia. Piuttosto, sai dirmi quanto dista il paese di Erinnflort? - chiese lei sorridendo e scoprendo i suoi denti, perfetti come tutto il resto.

-Erinnflort? Ma devi aver preso un granchio, straniera. Erinnflort non è che un cumulo di rovine da almeno cent'anni, fu distrutta da un incendio all'inizio del secolo. Non ci abita più nessuno da allora. Sei certa che vuoi andare proprio lì?- rispose Ron, mentre diversi altri avventori riportavano l'attenzione alla strana coppia.

- Si, non avrei fatto tutta questa strada se non fosse stato per tornare a Erinnflort...- bisbigliò lei avvicinandosi al giovane e fissandolo con i suoi ardenti occhi  azzurri. Ron deglutì e si perse nella spirale seducente di quello sgurado così penetrante. Sentiva che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per lei. Anche portarla a Erinnflort, paese dimenticato da tutti e non segnato sulle mappe, che tutti dicevano di evitare con un sacco di scuse, ma che era in realtà al centro di mille storie di fantasmi che i vecchi narravano ai bambini per farli star buoni durante le sere d'inverno.

- Nulla di buono può venire da quel posto. - disse il vecchio Toddye, asciugando un bicchiere senza guardare la ragazza- Lasciate perdere signorina, se siete venuta dalla città solo per dare un'occhiata ve lo dico io: a Erinnflort non c'è nulla da vedere, solo qualche vecchio muro cadente annerito da un incendio di un secolo fa in mezzo al bosco che è nato sulle rovine. Nessuno sano di mente andrebbe ad Erinnflort, soprattutto con un vento di tempesta come questo nell'aria. Dicono che quel posto sia maledetto e anche se sono tutte chiacchiere io non vi consiglio di andare a ficcarci il vostro bel nasino.-

Molti tra i più anziani annuirono a quelle parole, ma Ron lanciò al vecchio un'occhiata gelida.

-Se lei vuole andare ad Erinnflort avrà i suoi buoni motivi no? - sbottò alla volta di Toddye, il quale tornò alle sue faccende con un'alzata di spalle.

- Se vuoi ti ci posso accompagnare domani mattina con la macchina, sono solo una ventina di kilometri ma non puoi mica fartela tutta a piedi. Ma ti avverto, se ti aspetti una città fantasma da film orror resterai delusa, io ci sono andato un paio di volte da ragazzino con gli amici, non si tratta che di poche macerie e di alberi rinsecchiti e rovi.- disse sorridendo Ron. Lei si illuminò in un sorriso che stordì il ragazzo, era bellissima, questo solo poteva pensare lui in quel momento.

- Sei davvero gentile, ma non ci siamo neppure presentati. Io sono Edwina Wilkins- disse sempre sorridendo e guardandolo negli occhi.

- Ronald Morris, è un vero piacere...- disse lui allungando la mano a stringere delicatamente quella di lei. La mano che sfiorò era delicata al tocco, la pelle liscia e bianchissima, pressochè perfetta ma fredda.

- Edwina, ma tu stai gelando- disse lui- vieni, andiamo vicino alla vecchia stufa, laggiù nell'angolo.-

Il vecchio Toddye li guardò chiacchierare tutta la sera, come tutti nel pub, d'altronde. Ron era un bravo ragazzo, di cuore ed onesto, come ce ne sono pochi, pensava il vecchio oste, era davvero felice ora e guardarlo mentre faceva una corte spietata alla Dama Rossa arrivata da chissà dove era uno spettacolo. A volte una risata di lei interrompeva il brusìo della loro conversazione, mentre sedevano vicino alla grande stufa in fondo al locale. Certo che un pezzo di donna così lì dentro non se la ricordava nessuno a memoria d'uomo. Benchè da giovane la sua Mabel (riposi in pace) fosse stata un fior di ragazza, per carità. Fortunato Ron, anche se doveva essere una tipa un pò fuori di testa per volersene andare in un posto come Erinnflort. Magari era una di quelle tipe fissate con i fantasmi e tutte quelle menate là.Ma era talmente bella che nessuno dei presenti avrebbe potuto biasimare Ron!

Arrivò l'ora di chiusura ed i due giovani vennero al banco per pagare le loro consumazioni. Involontariamente Toddye ascoltò un pezzo della loro conversazione...

-Credi che ci vorrà molto?- diceva lei.

-Non più di venti minuti, te l'ho detto...-

-Ehi, Ron, non penserete mica di andarci adesso, al buio, vero?- Li interruppe Toddye. Loro lo guardarono e improvvisamente il vecchio ebbe un attimo di confusione, un giramento di testa lo portò a doversi afferrare al bordo del banco del bar. Lo sguardo di Ron era totalmente vacuo, come se fosse stato ipnotizzato, stregato...e lo sguardo di lei invece era una lama di gelo che arrivò al cuore del vecchio riempindolo di terrore. Non fare domande, dicevano quegli occhi inumani, fatti gli affari tuoi.

Fu una frazione di secondo, poi tutto tornò normale, Ron fu di nuovo un ragazzo innamorato che ha conquistato la sua bella, lei una stupenda straniera dai gusti un pò macabri e il vecchio un anziano oste stanco. Il quale non domandò più nulla. I due uscirono ridendo nella notte e Toddye chiuse il pub.

Il mattino dopo, al momento di aprire, Toddye si trovò davanti al bar l'auto della polizia locale. Strano, pensò, che Jason, l'unico poliziotto della cittadina, fosse già lì ad aspettarlo per fare colazione.

-'Giorno Jason, tutto bene a casa? La sciatica di tuo padre?- chiese il vecchio salutando il poliziotto.

-'Giorno Toddye, tutto regolare a casa, ma non sono quì per quello. Stamane, saran state le sette di mattina, mi ha chiamato la signora Morris. Dice che Ronald non è rientrato, che non lo aveva mai fatto prima di sparire così, insomma è preoccupatissima. Anche se non posso certo mettermi ad indagare dopo poco mi son detto che potevo passare a chiedere a te che conosci tutti in paese, tanto più che la Morris dice che ieri Ron era uscito per venire quì...-

I due parlarono per una mezz'oretta ed il vecchio raccontò tutta la storia della sera prima al poliziotto. Alla fine i due ridacchiarono un pò scherzando sul fatto che la bella straniera doveva aver stancato tanto il povero Ron da non lasciarlo tornare a casa. Dovevano essersi imboscati da qualche parte e probabilmente si erano addormentati. La spiegazione lasciò soddisfatto Jason, ma non Toddye.

-Lei ha detto di venire da...aspetta...non ricordo se lo ha detto, ma ricordo il suo nome. Edwina Wilkins, non posso sbagliarmi, il nome di una donna simile non si scorda...-

-Ok, se non torna a casa il nostro dongiovanni vedrò di controllare!- disse ridendo Jason mentre usciva salutando.

Passarono i giorni, ma Ron non si fece vivo. Dopo settantadue ore di assenza ingiustificata Jason comunicò il fatto e si mise seriamente alla ricerca del ragazzo. Andò nuovamente a parlare con Toddye. Riunì anche tutti i presenti quella sera, cercando di capirci qualcosa. Infine si decisero a cercare i due scomparsi nel posto nel quale erano diretti: Erinnflort.

Arrivarono sul luogo al pomeriggio del quarto giorno e trovarono la vecchia Aston Martin di Ron parcheggiata con cura. Le porte erano aperte, la chiave inserita nel quadro. La faccenda si faceva seria. Jason ed una squadra di volontari si diedero alle ricerche dei ragazzi, ma non trovarono nessuna traccia, solo le rovine e, poco distante, il vecchio cimitero abbandonato di Erinnflort. Il vecchio Toddye stava appunto cercando qualche segno dei due quando il suo cuore ebbe un tuffo, un mancamento. Una delle vecchie lapidi aveva un'iscrizione risalente al tempo dell'incendio ei Erinnflort. La pulì dal muschio per essere certo. Diceva Alfred Tomas Wilson 1843 - 1897. Il vecchio scoprì le tombe a fianco della prima dalle foglie che le ricoprivano. Elisabeth Wilson 1847 - 1897. L'incendio era avvenuto nel 1897. Nora, Ophelia e Janet Wilson, e per ultima... Edwina Wilson!

Tutti si dissero che si trattava di un caso, compresa la polizia, ma Toddye non si accontentò di quella risposta.

Circa dieci anni dopo, a Londra, Jason, il poliziotto del piccolo paese della costa est, era ormai divenuto ispettore. Da anni il suo lavoro erano i casi di persone scomparse, che nella capitale non sono pochi.

Si trovava nella casa di una famiglia di Soho, preoccupata dalla prolungata assenza di una delle occupanti delle stanze che affittavano agli studenti.

-Mi dica mr. Dehaly, quando avete avuto sue notizie l'ultima volta?- stava chiedendo al padrone di casa.

-La settimana scorsa agente. Aveva un appuntamento con una coppia di suoi amici, due ragazzi che aveva incontrato il pomeriggio. Sa Jane è una ragazza così strana, capita spesso che esca con gente con la sua stessa passione per i film horror e cose così. Dopo le mostro la sua stanza, anzi, aspetti, se non sbaglio c'era una foto dei tre insieme che avevano fatto in un cimitero, pensi lei! Venga, venga pure avanti ispettore- disse cordialmente il signore di Soho facendolo accomodare.

Jason guardò la stanza tappezzata di locandine di film splatter, le foto alle pareti di Jane vestita di pelle e borchie, poi il signor Dehaly gli porse una istantanea.

- Eccola, ispettore, le dicevo che doveva essere quì da qualche parte. Questi due sono i suoi nuovi amici coi quali usciva quella sera. Gente simpatica, sa, li ho conosciuti personalmente. Lei poi era una donna incredibile, bellissima, mi creda.

Jason osservò la foto e si sentì mancare la terra sotto i piedi. Nell'istantanea una donna stupenda sorrideva, vicino a lei c'era la ragazza scomparsa, Jane. Ed accanto a questa...sorrideva felice come non mai Ron Morris, non invecchiato di un attimo dal momento in cui era scomparso dieci anni prima.

Jason prese con sè la foto. Oltre ai tre si vedevano sullo sfondo alcuni giovani, tutti bellissimi, ragazzi e ragazze. Alcuni di quei volti erano sembrati familiari all'ispettore, anche se non avrebbe saputo dire esattamente perchè. Andò in archivio e cominciò a spulciare vecchie foto di casi irrisolti per distrarsi.

Dopo qualche ora ebbe una sorpresa: Alexia Tarassem, studente greca, sorrideva in una foto di un anno prima, scattata il giorno in cui era scomparsa. La stessa era anche ritratta nella foto che i Dehaly gli avevano dato.

Jason trovò sei persone in quella foto, alcune in primo piano, altre sullo sfondo. Sei persone scomparse in circostanze misteriose. Tutte sparite il giorno 19 novembre. Una per anno.

Sconvolto tornò al suo piccolo paese e si recò dal vecchio Toddye (che ora era ormai ottantenne ma continuava a gestire il pub, aiutato da un giovane del paese). Quando gli mostrò la foto il vecchio impallidì, ma confermò con voce ferma che i due ragazzi in primo piano erano certamente Ron ed Edwina.

fine parte prima...



 
  Inviato da mr.moho @ 17:20 COMMENTI: 0

Messaggio N° 10
 12-06-2005 
 

Gemelli...

Roy era il solutore. Tra tutti gli abitanti dei pianeti del sistema, il Cervello Centrale aveva scelto lui. Non era una persona speciale, anzi, rifletteva in tutto la normalità. Peso forma perfetto, un lieve difetto di vista, circa trentacinque anni, biondo con qualche accenno di calvizie, Roy era sempre stato un qualsiasi abitante dei Mondi, fino a che era stato chiamato a servire il sistema in qualità di giudice supremo nelle questioni che esulavano dalle normali scelte che il Cervello poteva fare. Siccome il Cervello era pressochè perfetto, Roy rimase nell'inattività, lasciandosi viziare e vezzeggiare a Corte, ben nutrito e nullafacente. Stava preparandosi ad incontrare la sua concubina preferita quando arrivò la chiamata. Neppure lui riusciva a crederci. Interruppe la sua doccia, si vestì in fretta e corse dal Cervello.

Il Cervello raccoglieva e elaborava tutte le informazioni esistenti. Incessantemente si evolveva in conseguenza delle nuove necessità ed imparava. Il cervello non sbagliava mai. Ma restava una macchina, incapace di scelte impulsive od emozionali. Per questo, in caso di emergenza, laddove il Cervello non avesse potuto arrivare ad una soluzione, era stato eletto il primo solutore. Egli era un uomo comune. Poteva capitare che un solutore vivesse per il resto della propria vita senza mai essere chiamato a decidere di alcunchè, ma doveva essere disponibile, in ogni momento. Non necessitava di grandi conoscenze o di eccelsa preparazione, in quanto il Cervello conteneva tutte le informazioni dello scibile umano, pertanto l'uomo prescelto non doveva intervenire se non in questioni impossibili da risolvere senza l'istinto... Ma il Cervello aveva chiamato Roy.

LA grande sala era silenziosa, come sempre. Nel centro esatto della stanza ovale dal pavimento di marmo nero si trovava la colonna attraverso la quale il solutore poteva dialogare con la macchina. Roy si avvicinò e la sala si illuminò.

-Benvenuto solutore numero settantatrè-disse la voce atona del Cervello.

-Buongiorno, Cervello-rispose Roy, sempre più preoccupato.

-Ho un dubbio, solutore-riprese la voce incolore della macchina.

-Sono quì per aiutarti, macchina-

-Io non posso decidere liberamente sulle questioni che riguardano l'uomo quando queste diventano troppo illogiche, lo sai uomo...-

-Si, lo so- rispose Roy, corrucciando la fronte

-Si è verificato un caso impossibile, solutore-

-Di che si tratta?-

-Di due uomini esattamente identici. Stesso dna, stessi lineamenti, stesse imperfezioni-

-Intendi dire gemelli?-

-No, intendo dire esattamente uguali, ma nati in differenti settori della mia giurisdizione.-

-Impossibile-

-Non è imposibile, ma non è tutto. Uno dei due è attualmente ricercato per atti illegali, è leader di un gruppo di ribelli armati sul pianeta Sedar. L'altro un cittadino comune, incensurato. Entrambi si sono feriti in diverse occasioni, per cui io sono venuto a conoscenza del fatto che riguarda la loro somiglianza genetica. Come sai ogni ospedale invia a me i dati dei prorpi pazienti. Ho indagato. Il loro aspetto coincide, la loro voce è uguale, il codice retinico anche. Sono confuso. Cosa devo fare?- disse la macchina senza cambiare tono.

-Indaga sul loro passato, tanto per cominciare!-disse Roy, sconvolto dall'idea di due uomini perfettamente identici.

-Dati insufficienti, solutore. Non si sa nulla prima degli esami degli ospedali. Prima di due anni fa questi due cloni di sè stessi non esistevano. Io devo riportare la pace, punire il criminale tra i due, ma non poso decidere chi di essi ha torto, in quanto giudecherei la stessa persona, capisci?-

-In che senso? Non si tratta della stessa persona! Avranno nomi e conoscenze diverse, no?-

-No, entrambi si chiamano Atrabax. Entrambi hanno trent'anni. Entrambi lo stesso corredo genetico e nessuna traccia di passato.-

-Cosa vuoi che ti dica macchina? Come posso capirci qualcosa se non li ho mai neppure incontrati?-

-Incontrali-

-Quando?-

-Ora, li ho fatti condurre quì-

-Mostrameli, dunque-

Un largo pannello in fondo alla sala si sollevò. Dietro due uomini, perfettamente identici, si guardavano senza tradire alcuna emozione.

-Chi siete?-disse il solutore riferito ai due...

-Atrabax- risposero in coro i due.

-Chi di voi è Atrabax?-

-Io!-Risposero all'unisono i due uomini.

-Cervello, questi due elementi non possono esistere. Sono certo che stanno mentendo! Cosa dicel'analisi spettrografica del loro corpo?-

-Nulla solutore, sono la stessa persona!-

-Impossibile! Devo pensarci, Cervello. Falli tenere agli arresti. Uno è un criminale, l'altro è sospettato di complicità!-

-Quando saprai cosa devo fare, solutore? Quanto tempo per stabilire il programma da attuare?- disse la macchina, mentre la parete si richiudeva isolando i due soggetti che protestavano vivamente.

-Non posso risponderti ora, Cervello. Possiamo osservare le loro reazioni?-

-Certo, solutore- disse la macchina mentre una immagine tridimensionale della cella dei due si apriva nel centro della sala.

-Tu ci capisci qualcosa?- Disse uno dei due all'altro.

-Si, uno di noi è colpevole e loro non possono punirlo, ma non possono stabilire chi dei due sia...-

-Se fossi stato io-disse il primo-non confesserei di sicuro. Almeno in questo modo saranno obbligati a rilasciarci. Solo noi due sappiamo chi è colpevole, no?-

-Ovvio, ma prima o poi scopriranno che...-attaccò l'altro

-Zitto! Non pensi che potrebbero ascoltarci?-Lo interruppe subito il "gemello".

Nella sala il solutore ascoltava effettivamente tutto questo, mentre chilometri e chilometri più in basso, nella sua grande scatola di cemento, il Cervello registrava ed elaborava. Ma non pareva esserci soluzione. Mentre i prigionieri tacevano, certi che altri udissero, il solutore si sentiva sempre più confuso.

-Cervello-disse-ho bisogno di pensarci su. Esco. Tornerò appena avrò una risposta-

-Aspetto, solutore.-

Roy lasciò la grande sala ed uscì nella città affollatissima.

Prese un bus per andarsene verso il centro. Alla guida del bus sedeva un impiegato, che somigliava in tutto e per tutto ai due Atrabax...

L'invasione era cominciata.



 
  Inviato da mr.moho @ 17:44 COMMENTI: 8

Messaggio N° 8
 20-05-2005 
 

Bjorn il feroce e i fantasmi delle nebbie

Bjorn era il capo. Tutti lo rispettavano, lo seguivano sempre, senza tentennamenti o timori. Era un uomo forte, di alta statura, aveva barba e capelli biondissimi e lunghi. La sua Sippe (1) era una delle più celebri della sua zona. Suo padre Ulfar era stato un razziatore intelligente e scaltro. Il suo drakkar era veloce, forse il più veloce della Sippe, che ne possedeva altri tre, uno al comando di Rulf, suo fratello maggiore, un'altro che veniva usato da Vadert, l'unico ancora vivo dei suoi cugini. Proprio con costui era nata l'idea di dirigersi lungo la costa inglese. Due mesi, avevano deciso di fronte ai vecchi della Sippe, due mesi a disposizione per predare quanto più possibile e tornare. Chi avesse portato più bottino al ritorno sarebbe diventato capo della Sippe, indiscusso padrone del fiordo. Le altre famiglie della zona erano per lo più dalla parte di Bjorn, lo stimavano perchè era famoso per la sua ferocia in battaglia, lo temevano per il suo carattere indomito. Il "Cavallo delle onde", il drakkar di Bjorn, filava in direzione della costa inglese, diretto in un posto dal nome impronunciabile che i cristiani avevano colonizzato e reso centro di scambi. L'equipaggio era composto di ventidue uomini, tutti valenti guerrieri, ovviamente tutti abili nel condurre la nave e altrettanto determinati a mettere il loro capo sullo scudo del comando dei ventiquattro che avevano seguito Vadert sulla "Serpe Spietata". Ma Bjorn ed i suoi avevano trovato un vento favorevole ed erano stati fortunati. Avevano preso terra vicino ad un villaggio di pescatori, non lontano da un monastero. In poco più di un'ora avevano superato silenziosi il villaggio ed erano arrivati alle porte del monastero. Il combattimento era stato breve, il bottino discreto, il saccheggio divertente. Nonostante quegli stolti dei monaci non avessero donne con sè (una casa senza donne! cose da pazzi, pensò Bjorn) il vino era abbondante ed i calici d'oro e i crocefissi erano di notevole valore. Torturando un pò uno dei frati avevano scoperto che questi nascondevano un notevole quantitativo d'argento nelle cantine. Ma la notte era lunga ed essi decisero che avrebbero lasciato il monastero prima che le tenebre calassero del tutto. Arraffato tutto il trasportabile presero con sè quattro monaci come schiavi e eliminarono gli altri. Veloci e sicuri arrivarono alla nave, ma quando stavano per imbarcarsi videro qualcosa che li demoralizzò molto. Stava scendendo la nebbia. Il grande nemico dei valorosi vikinghi. Gli dei dovevano essersi adirati con Bjorn il feroce. Non ci si imbarca nella nebbia, lo sanno tutti che essa nasconde spiriti maligni in agguato che trasportano le navi direttamente oltre le porte del mondo, nel regno dell'eterno gelo. Potevano saccheggiare il villaggio, aspettare il ritorno delle stelle o magari l'arrivo del mattino. La nebbia non poteva certo durare in eterno, no? Bjorn lanciò un paio di ordini secchi ai suoi uomini, ed essi presero i prigionieri e li legarono alla nave. Se gli spiriti maligni avessero semplicemente voluto prendere un tributo di sangue lo facessero pure, loro avrebbero preso altri schiavi al villaggio! Diedero una controllata ai quattro monaci, poi uno dei marinai, deciso che non potevano certo scappare con le caviglie incatenate, decise di offrir loro alcune pesanti coperte. La nebbia era fredda, era una crudeltà inutile far morire degli uomini sani solo per il gelo!Fatto questo saltò giù dal drakkar e si unì ai suoi compagni che si avviavano verso il paese di pescatori. Due edifici in legno e pietra, uno più grande era diviso in diverse abitazioni, probabilmente destinate alla varie famiglie, l'altro era certamente un magazzino, dove queste stipavano le derrate alimentari. Poco lontano un paio di baracche di schiavi o servi di rango minore. Molto grandi ma non molto affollate in quella stagione non ancora calda, in cui certamente non c'era ancora da fare molto nei campi (anche se la cosa era molto teorica per Bjorn ed i suoi, che nei campi c'erano stati solo per inseguire fuggiaschi o belle donne!). I vikinghi si divisero in due gruppi. Uno incendiò le baracche dei servi, l'altro assaltò la casa padronale nella quale tutti erano riuniti nella sala principale a cenare. Bjorn sentì il sangue pompare nelle vene come ogni volta che dava l'ordine di attaccare. Un suo cenno ed i suoi uomini si riversarono dentro alla sala, le asce in pugno, gli elmi dalle espressioni feroci calati sui volti. Demoni urlanti ancora incrostati del sangue dei monaci, saccheggiatori dalle mille esperienze, segnati da cicatrici e dalle corazze rubate a nemici diversi in tempi diversi. Della trentina di persone che si trovavano all'interno almeno venti erano donne. Ottimo. Almeno sei o sette potevano esser vendute bene, avevano tratti delicati ed un paio erano decisamente belle. Gli uomini cercarono di opporre una debole resitenza, ma Bjorn identificò il capo immediatamente e, con un esperto colpo d'ascia, gli spaccò in due testa e busto davanti a tutti. Il nemico inorridì, esitò, poi un vecchio in fondo alla sala diede un ordine ed i difensori si arresero di fronte a quella furia inarrestabile. Il vecchio portava un abito semplice, di lana grezza, ma il suo volto esprimeva autorità ed i suoi lo rispettavano molto. Ovviamente agli occhi di Bjorn lui non rappresentava che un mucchio d'ossa senza valore, ma il fatto che avesse capito chi comandava poteva essere un fatto interessante. Holsen il grosso, secondo di Bjorn, provvedette a far raggruppare i prigionieri maschi in un ripostiglio, dal quale difficilmente avrebbero potuto fuggire. Questi piccoli uomini senza coraggio si lasciavano portare al pascolo come vacche. Eppure dovevano ben sapere quale sarebbe stato il loro destino, no? Una delle donne fece per cercare una via di fuga, ma l'ascia di Bjorn, ancora grondante di sangue, le sbarrò la strada. ll guerriero la osservò, senza parlare. Fu allora che accadde il prodigio. Uno degli uomini all'aperto vide nella nebbia delle figure avvicinarsi in direzione della casa e diede l'allarme. Bjorn ed i suoi uomini uscirono dalla grande costruzione e videro a loro volta delle figure spettrali che si tenevano a riparo della nebbia. Erano coperti di pelo, metà uomini e metà aminali.

-Spiriti della nebbia!- disse uno dei vikinghi.

-Demoni della notte!- rispose un altro.

-Presto, alla nave! Di corsa uomini!- ringhiò Bjorn, vedendo che la cortina di nebbia si avvicinava sempre più portando con sè gli spiriti malvagi delle leggende che aveva sentito narrare migliaia di volte attorno al fuoco.

I vikinghi presero a correre all'impazzata mentre le creature si avvicinavano con passo barcollante. Erano numerose, e le loro sagome si intravedevano appena, ma sbucavano dalla nebbia come se ne fossero generate.

Correndo a perdifiato i nordici arrivarono in fretta alla loro imbarcazione, sciolsero i monaci e li buttarono fuori bordo per essere più leggeri e veloci e diedero mano ai remi, portando con sè solo i beni del monastero saccheggiato (che valevano ben il rischio).

Nella casa regnava un silenzio pesante, uno dei bambini cominciò a piangere. I pescatori sopravvissuti all'attacco furono slegati ed uscirono a vedere cosa avese messo in fuga i barbari. Non c'era niente nella nebbia...tranne una fila di pellegrini ammantati in pesanti pellicce che arrancava nel buio.

-Salve gente, - disse uno di questi - non si vede proprio un accidente stanotte. Stavamo dirigendoci al monastero ma è troppo lontano, possiamo fermarci per la notte?-

Incredulo uno dei pescatori rispose - Ma non li avete incrociati i barbari? Erano quì un attimo fa!-

-Barbari? Quali barbari? Non riusciremmo a vedere nemmeno la grande Gerusalemme con una nebbia del genere!

Sulla nave, spinta a forza di remi, Olfe il guercio si avvicinò al capo che, abbracciato alla testa di drago a prua, scrutava nella nebbia. -Che notte, Bjorn, che notte...- disse.

-Non ero mai fuggito di fronte ad alcun nemico, Olfe, mai!- urlò furente Bjorn.

-Non temere, Odino che tutto sa e vede comprenderà il tuo gesto, capo. Non si possono combattere le creature della nebbia! E noi tutti sappiamo che Bjorn non indietreggia davanti a nesun nemico di questo mondo, vero uomini?- disse il Guercio.

Un coro di voci ruppe il silenzio della notte, quando tutti urlarono il nome del loro capo, sapendo che era la verità. Nesun nemico di questo mondo poteva mettere in fuga Bjorn il Feroce.

Lui scrutò il mare calmo, la nebbia andava diradandosi, portata la nave fuori dal banco il Feroce diede ordine di ancorare. Mentre gli altri si disponevano per la notte di sonno egli rimase però a scrutare il mare. Inquieto non staccava un attimo gli occhi dall'orizzonte lontano appena visibile. Olfe si avvicinò nuovamente -Tu ci hai condotti in vittoria, noi ti siamo debitori, capo. Il tuo bottino è ricco e domani gli uomini ti seguiranno di nuovo a far guerra. Cosa ti angustia, mio signore?- sussurrò il forte guerriero dal volto sfigurato da un colpo di spada di vent'anni prima.

-Vorrei solo sapere perchè gli dei si sono adirati tanto da impedirci di ripartire con calma, amico mio. Solo questo...- disse Bjorn, nei cui occhi si leggeva una grande inquietudine.

-Ma è chiaro capo, volevano solo vedere se eri tanto saggio da comprendere e dirigerti verso nuove conquiste o se saresti stato folle ed avresti attaccato i loro demoni! E tu hai passato la prova della nebbia. Siamo tutti vivi e, quando sarà tempo, potremo morire felici in battaglia grazie a te e riunirci tutti nel Walhalla alla corte di Odino! Non temere Bjorn figlio di Ulfar, tutti sappiamo che questa notte abbiamo imparato ad apprezzare ancora di più colui che ci guida. Hai sentito gli uomini prima, mentre gridavano il tuo nome.- rispose l'altro.

-E allora corichiamoci, cugino di mia madre, prima che sia tardi. Voglio essere ben sveglio quando attaccheremo la costa domani!- disse Bjorn ridendo, improvvisamente tornato di buon umore, mentre cercava un angolo dove dormire, sul ponte del "Cavallo delle onde".

Tutto questo prima che lui divenisse il capo di tutta la Sippe, prima dell'età delle grandi invasioni, che avrebbero portato i suoi pronipoti dalla Spagna al Mediterraneo, dalle Russie a Costantinopoli...



 
  Inviato da mr.moho @ 16:49 COMMENTI: 6


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