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CALCIO: il declino di uno sport

Milioni di persone rimangono incollate alla televisione e altre decine di migliaia affollano gli stadi quando si giocano importanti partite di calcio della nazionale o delle squadre di club ad ogni giornata di campionato o di coppa; un gran numero di giovani praticano questo sport iscrivendosi nelle scuole di calcio o, più semplicemente, organizzando partite amatoriali tra amici. E’ la dimostrazione della popolarità di uno sport in grado di appassionare in misura più o meno coinvolgente la maggior parte delle persone. Tuttavia, da qualche tempo e in misura sempre più preoccupante, si addensano oscuri presagi sul futuro di questo sport così popolare. In un mondo ormai dominato dai mezzi di comunicazione di massa e dal profitto ad ogni costo, anche lo sport ne subisce drammaticamente le conseguenze e il calcio in modo particolare.

Sempre più spesso i telegiornali ci parlano di disordini prima, durante o dopo una partita di calcio con le forze dell’ordine impegnate ad evitare che gruppi di tifosi scatenati mettano a repentaglio l’incolumità di coloro che si recano allo stadio solo per assistere ad una manifestazione sportiva. Ma osservando meglio il fenomeno si scopre che la tifoseria violenta non se la prende con i sostenitori della squadra avversaria ma, più spesso, contro le stesse forze dell’ordine: il rilievo mediatico di un evento come una partita di calcio ha assunto un’importanza tale da costituire un catalizzatore per coloro che vogliono sfogare pubblicamente la propria violenza che nasce da un disagio sociale la cui natura ha origini del tutto diverse da quelle sportive. Alla maggior parte di questi scalmanati non interessa affatto il risultato della partita che diventa invece solo un pretesto per le loro violenze: la polizia è vista come quella forza che contribuisce al mantenimento dell’ordine sociale costituito e contro il quale queste persone vogliono combattere. L’origine della loro rabbia non va ricercato nel sostenitore della squadra avversa o nella frustrazione del risultato della partita ma nel loro disagio sociale e, in pratica, in loro stessi. Il gruppo contribuisce ad amplificare la violenza in quanto, come si dice, l’unione fa la forza e determina una riduzione dei freni inibitori che molti tifosi violenti, presi singolarmente, riescono invece a tenere sotto controllo quando devono confrontarsi con la vita di tutti i giorni.

Ma la colpa non è solo della tifoseria violenta. Il buon esempio dovrebbe arrivare prima di tutto dai giocatori in campo che invece, sempre più spesso, si rendono protagonisti di sgradevoli episodi antisportivi che difficilmente sfuggono alle telecamere ma che sono puniti sempre in modo troppo poco severo. Il calcio non rappresenta più come un tempo uno sport in grado di stimolare la crescita morale ed etica delle giovani generazioni.

La partita di calcio tra grandi squadre è diventato un evento in grado di far guadagnare ingenti somme di denaro, soprattutto in termini di diritti televisivi e scommesse sportive. Pur di garantire il maggior numero di telespettatori e scommettitori, le federazioni nazionali e internazionali non si fanno scrupolo di organizzare incontri ad un ritmo difficilmente sostenibile dagli atleti a cui viene di conseguenza proposto l’uso di sostanze dopanti il cui mercato è in continuo sviluppo al fine di individuare farmaci in grado di sfuggire ai controlli antidoping; pertanto è possibile scoprire questa pratica scorretta solo in una minima parte dei casi. Le conseguenze sulla salute dei giocatori sono preoccupanti: il rischio per un giocatore professionista è quello di ammalarsi al termine dell’attività agonistica, un pericolo troppo spesso sottovalutato per un giovane nel pieno della sua vitalità che ha il desiderio di diventare famoso in fretta e di sentirsi osannato dai suoi sostenitori; quindi cede facilmente alle lusinghe delle sostanze proibite proposte dai direttori sportivi della sua squadra.

I grandi club spendono somme enormi per acquistare grandi campioni e costruire squadre sempre più forti che stanno perdendo sempre di più la loro omogeneità e tradizione: si trovano a giocare insieme calciatori dalle provenienze più disparate che non hanno alcun legame con le tradizioni della società sportiva nella quale vengono ingaggiati. A causa di queste spese folli, molte società di calcio si trovano in grosse difficoltà finanziarie e per evitare il fallimento devono ricorrere all’intervento di capitali di dubbia provenienza o fare affidamento alle sanatorie legali che i vari governi hanno sempre concesso di buon grado al fine di non mettersi contro i tifosi che rappresentano un importante serbatoio di voti.

Per fortuna il calcio è ancora un gioco ed esiste pertanto anche un certo margine di imprevedibilità. Ma per i grandi club che devono far fruttare i grandi investimenti effettuati o per i grandi scommettitori questo è un ostacolo di non poco conto. Ecco allora che si diffondono le pratiche di corruzione di arbitri, dirigenti sportivi e giornalisti in modo da riuscire a condizionare lo svolgimento della partita; comportamenti emersi solo in parte con le inchieste giudiziarie volte a smascherare un mondo nascosto di connivenze e condizionamenti conosciuto con il termine di “calciopoli”. Ma anche quando non sono mai state avviate inchieste giudiziarie, è apparso evidente quasi a tutti che alcune partite sono state decise a tavolino, anche in competizioni internazionali di grande livello come i campionati mondiali ed europei. La moviola in campo, di cui tanto si parla, sarebbe un ostacolo formidabile a queste pratiche antisportive e che pertanto sarà difficilmente applicata.

L’attenzione del pubblico viene tenuta viva da un gran numero di trasmissioni che commentano le singole partite o le giornate di campionato, esasperando i toni della discussione su errori arbitrali o scelte degli allenatori, tutti elementi di poca importanza ma che in un mondo in cui il risultato e il profitto prevale sulla prestazione sportiva, diventano cruciali. Intere discussioni riguardano decisioni su singoli episodi o vicende che magari sono pure stati concordati in segreto all’insaputa dei tifosi e della stampa.

Le partite di calcio assomigliano sempre di più agli scontri del wrestling professionistico la cui finalità è quella di intrattenere il pubblico con azioni spettacolari studiate a tavolino prima della competizione e dove i lottatori sono attori esattamente come quelli di una fiction che sanno fin dall’inizio chi sarà il vincitore; e conosciamo tutti le polemiche che circondano questo tipo di competizioni, soprattutto per il danno che possono procurare ai giovanissimi che ancora non sanno distinguere la realtà dalla finzione.

Si auspica quindi, prima che sia troppo tardi, che siano attuati una serie di interventi volti a restituire al mondo del calcio quella natura di competizione sportiva che sempre più spesso pare venir meno. Tutti conoscono gli interventi necessari per ottenere questo risultato ma nessuno vuole davvero applicarli perché gli interessi in gioco sono diventati enormi. Non ci si dovrebbe stupire ad esempio se un giocatore che fa uso di sostanze dopanti venisse squalificato a vita, se un dirigente che commette illeciti venisse radiato dall’albo, se lo stadio di una città venisse chiuso per un intero anno, se un tifoso venisse condannato a risarcire i danni arrecati ad una carrozza ferroviaria, se una società di calcio venisse dichiarata fallita e di conseguenza liquidata coattivamente o se un giocatore venisse sospeso per un intero campionato e denunciato penalmente quando sorpreso a sferrare un pugno contro l’avversario. Senza provvedimenti drastici, il calcio professionistico si avvia a diventare sempre di più uno spettacolo televisivo che si svuota progressivamente di quella parte più genuina di competizione sportiva che ancora per fortuna non manca nel calcio amatoriale e che costituisce una sana forma di svago per moltissime persone.

 
 
 
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