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UNA VALIGETTA DA 134 MILIARDI DI DOLLARI

E’ il 3 giugno del 2009. Ci troviamo lungo i marciapiedi della stazione ferroviaria di Chiasso, vicino a Como, al confine tra Italia e Svizzera. I militari della guardia di finanza italiani e svizzeri, nell’ambito dei normali controlli di frontiera per contrastare il traffico illecito di capitali, hanno incontrato due distinti signori giapponesi che stavano viaggiando su un treno locale per pendolari diretto in Svizzera con due valige sospette. Si accerterà che i due giapponesi, invece di salire su un treno a rapida percorrenza come un Intercity in partenza dalla stazione centrale di Milano, dove avevano dormito in un albergo del centro la sera precedente, e arrivare direttamente a Lugano, hanno preferito passare inosservati e partire dalla più periferica stazione di Porta Garibaldi per passare il confine a Chiasso su un treno di pendolari che ferma in tutte le stazioni, il Regionale n.10854 delle 13:38. I finanzieri hanno chiesto loro se avevano qualcosa da dichiarare e, a fronte del loro diniego, hanno proceduto con una perquisizione dei bagagli. All’interno della prima valigia, occultati in un doppio fondo, i finanzieri hanno rinvenuto 249 certificati rappresentativi di obbligazioni della Federal Reserve americana per una valore di 500 milioni di dollari ciascuno mentre nell’altra valigia erano contenuti 10 certificati rappresentativi di Kennedy Notes per un valore di 1 miliardo di dollari ciascuno, oltre ad una dettagliata documentazione bancaria in originale. In totale, 134,5 miliardi di dollari!

Si tratta di obbligazioni emesse dal Governo e dalla Federal Reserve degli Stati Uniti d’America riservate alle transazioni tra Stati visto l’elevato ammontare unitario. E’ difficile pensare ad un privato, quant’anche rappresentato da una grossa società, in grado di disporre e di scambiare titoli per somme tanto ingenti. Si tratta di emissioni speciali della Federal Reserve e di particolari banconote stampate direttamente dal governo americano che, grazie ad un ordine esecutivo firmato il 4 giugno 1963 dal presidente J.F. Kennedy e mai abrogato, può emettere moneta al di fuori del controllo della banca centrale. In base alle prime dichiarazioni del comandante provinciale della Guardia di Finanza, sono emerse perplessità riguardo all’autenticità dei Kennedy Notes mentre per le obbligazioni della Federal Reserve è emerso che la carta è filigranata e di ottima fattura lasciando intravedere la possibilità che i titoli siano autentici.

In modo davvero sorprendente, i due giapponesi sono stati rilasciati quasi subito nonostante pendesse su di loro il sospetto di traffico di titoli falsi. Solo se i titoli fossero stati autentici, i due giapponesi potevano essere liberati salvo poi essere costretti a pagare una sanzione pari al 40% della somma eccedente la franchigia di 10.000 Euro e che nel caso specifico ammonterebbe a 38 miliardi di Euro! La vicenda appare incredibile, perfino grottesca, al punto da sollevare dubbi sull’autenticità dei valori trasportati dai due giapponesi. Quale falsario avrebbe interesse a mettere sul mercato obbligazioni o banconote per tagli così elevati? Per tali somme, gli eventuali acquirenti sarebbero persone molto qualificate in grado di smascherare con facilità un imbroglio di tale portata e non certo dei comuni commessi di negozio. Per di più, l’emissione dei Kennedy Notes è un’operazione straordinaria nota solo agli addetti ai lavori e pare risalga al 1998: un falsario non avrebbe interesse a riprodurre banconote poco conosciute la cui immissione sul mercato desterebbe non pochi sospetti. Al di là di queste semplici constatazioni e alla facilità con cui i giapponesi sono stati rilasciati, sono emersi altri elementi che fanno sospettare un complotto internazionale sulla vicenda.

Come scrive il New York Times del 25 giugno, il portavoce della CIA, Darrin Blackford, ha comunicato alla magistratura italiana che si trattava di titoli chiaramente falsi, mai emessi dal governo americano. Tale dichiarazione, tuttavia, non è conseguente a nessuna verifica effettuata dalle autorità americane sui titoli originali e sulla documentazione bancaria che li accompagnava dato che al momento del comunicato risultavano ancora in possesso dei finanziari italiani mentre la delegazione di esperti americani attesi in Italia non era mai arrivata. Pochi giorni prima, il 20 giugno, la Turner Radio Network (TRN), una stazione radio indipendente che opera via Internet diffondeva un comunicato nel quale si affermava che i giapponesi fermati a Chiasso dalle autorità italiane erano funzionari del Ministero del Tesoro giapponese: Akihiko Yamauchi, cognato di Toshiro Muto, fino a poco tempo prima vice governatore della Banca del Giappone e Mitsuyoshi Watanabe. Il comunicato non citava le fonti ma il fatto che pochi giorni dopo, il presidente della radio, Hal Turner, sia stato arrestato per questioni che nulla avevano a che fare con il sequestro di Chiasso, ingenera non pochi dubbi sulla vicenda. Hal Turner sosteneva che il governo giapponese stava cercando di collocare all’estero l’ingente ammontare di titoli del Tesoro americani temendo un peggioramento della qualità del credito e una svalutazione del dollaro conseguenti alla crisi finanziaria che ha colpito i mercati alla fine del 2008; ciò sarebbe stato possibile grazie all’anonimato garantito dalla legislazione elvetica. Inoltre, proprio in concomitanza con l’emissione dei Kennedy Notes nel 1998, il Giappone fu investito da una grave crisi finanziaria che lo portò sull’orlo della bancarotta e che fu superata grazie all’intervento della Federal Reserve americana che acquistò Yen in cambio di Dollari, una parte dei quali potrebbero essere quelli sequestrati a Chiasso. A difesa delle sue affermazioni, Hal Turner sosteneva di poter citare i numeri di serie dei titoli sequestrati.

Tutta la vicenda è passata quasi sotto silenzio. Solo pochissime testate giornalistiche hanno segnalato il caso e senza tuttavia dare quel rilievo che una tale incredibile notizia avrebbe meritato (Brevi articoli su “Repubblica” il 5 Giugno e su “Il Giornale” il 6 giugno). Il sospetto è che ci siano state pressioni per limitare la portata dell’evento nei confini di una banale burla senza far trapelare i misteri che lo avvolgono sia nel caso di falsità sia nel caso di autenticità dei titoli americani sequestrati. Come tanti altri misteri che nel corso degli anni hanno coinvolto i governi di molti paesi, è presumibile che calerà definitivamente il silenzio sulla vicenda e che nessuna spiegazione plausibile potrà mai essere diffusa. Nel frattempo continueranno a proliferare su Internet le ipotesi più diverse e il sequestro dei “Chiasso Bonds” entrerà a far parte dei sempre più numerosi segreti governativi.

 
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