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Post n°1298 pubblicato il 27 Agosto 2008 da ossimora
 

FANTOZZI COMMISSARIO???

Stanno giocando a un gioco.

Stanno giocando a non giocare

a un gioco.

Se mostro loro che

li vedo

giocare,

infrangerò le regole...

... e mi puniranno.

Devo giocare al loro gioco,

di non vedere

che vedo il gioco.  (???)

(Ronald Laing)

 
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Commenti al Post:
franco460
franco460 il 27/08/08 alle 21:50 via WEB
7000 dipendenti alitalia perderanno il posto, gli italiani pagheranno i debiti della compagnia e un gruppetto di amici di Berlusconi si prenderanno il pezzetto buono rimasto. ciao
(Rispondi)
 
fattodiniente
fattodiniente il 27/08/08 alle 22:39 via WEB
Non piango molto per i 7000 dipendenti, per un bel po' di ragioni. Innanzitutto, perché li paghiamo noi per non lavorare (il che vale ovviamente anche per un sacco di altri lavoratori del pubblico, ma anche del privato: basta pensare alla assurda filiera di certi settori del commercio - sei o sette passaggi dalla produzione al consumo, mentre in altri paesi sono due o tre, il che gonfia i prezzi inutilmente, e se questo non è parassitismo, che altro è?). Dopotutto, questa gente non avrebbe nemmeno dovuta esser assunta, considerando i ritmi e le condizioni di lavoro di Alitalia (600 piloti di cargo per UN SOLO aereo...), il tutto col placet per dir poco dei sindacati. E se parliamo dei benefit di cui godono, beh... Ora, non credo più alla faccenda del mercato che regola e prima o poi punisce: il liberismo classico è morto nel mondo occidentale da almeno tre decenni e far finta del contrario è solo malafede. Però questo non vuol dire stracciarsi le vesti in nome del diritto al lavoro (per favore, questo no!). E neanche è il caso di ricorrere al benaltrismo ("son ben altri i privilegiati, son ben altri i problemi..."). L'Alitalia è una palla al piede; come molte altre attività di questo paese sono sul gobbo della collettività, e il giorno in cui si deciderà (in cui qualcuno vorà decidere...) di dar un taglio a tutto ciò, sarà sempre ora. Non sarà Brunetta, non sarà Tremonti (figuriamoci se saranno Bossi o Berlusconi: chissà com'è che ora, a elezioni vinte, di Malpensa non frega più niente a nessuno. E meno male: altra palla al piede), ma sprecar su del tempo e dell'indignazione per uno scandalo nazionale come Alitalia proprio non pare il caso. Certo, i lavoratori, le famiglie... tutto giusto. Ma strapagare la gente per non farla lavorare, impegnando risorse che sarebbe più utili in altri settori, mi pare una gran cavolata. Poi, la polemica politica verso la Destra o la Sinistra, proprio è quanto di più sterile...
(Rispondi)
 
 
Arabafelice0
Arabafelice0 il 28/08/08 alle 14:19 via WEB
tanto per rincarare la dose: per ampliare Malpensa (vedi seconda pista e martellamento a non finire riguardo alla cosiddetta "necessità" anche della terza) sono stati distrutti (e temo saranno ancora, se passa l'idea geniale della terza pista suddetta) ettari ed ettari di Parco del Ticino, naturalmente con il benestare del Consorzio Parco del Ticino stesso (!!!!). Per non parlare delle migliaia di famiglie delocalizzate perchè si trovavano appena sotto le rotte degli aerei che facevano volare i tetti, con una supervalutazione inaudita delle loro abitazioni acquisite dalla regione lombardia. Resta il fatto che l'inutile scempio fatto a Malpensa e dintorni, ha comportato tutte quelle assunzioni (molte, come dici tu, assolutamente superflue) di gente che ora resta a spasso. Alcuni però li conosco: non sono arraffoni raccomandati pagati per non lavorare: sono gente che ha una famiglia sulle spalle da mantenere e che Alitalia ha sempre assunto sei mesi per volta, per poterli lasciare a casa più comodamente a seconda di come tirava il vento. Insomma: oltre il danno, la beffa.
(Rispondi)
 
carowalter
carowalter il 28/08/08 alle 18:54 via WEB
ed ora, lo so, avrò una notte di sonno agitato, sempre lui diceva che la pazzia è il tentativo dell’individuo di curarsi spontaneamente dalle situazioni folli in cui è costretto a vivere, perchè ti ho letta? se vai avanti così ti manderò il conto dell'analista al quale mi troverò costretta ad affidarmi. o no? mi tuffo nella pazzia e non ci penso più? attendo tuoi suggerimenti.
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 28/08/08 alle 21:26 via WEB
facciamo cosi'...ci andiamo assieme dall'analista...
(Rispondi)
 
wibbina
wibbina il 29/08/08 alle 22:16 via WEB
Il decreto e il disegno di legge che il Consiglio dei ministri ha approvato ieri mattina costituiscono il compimento formale dell’operazione Alitalia: ossia dell’uso del potere esecutivo e legislativo in funzione di interessi particolari se non addirittura personali. Perché, non dimentichiamolo mai, tutta questa vicenda è nata dall’interesse personale di Berlusconi di far credere, per fini elettorali, che per la compagnia di bandiera fosse possibile una soluzione più conveniente di quella che il governo Prodi aveva imbastito con il gruppo Air France-Klm. Se non ci fossero state di mezzo le elezioni, oggi Alitalia farebbe parte del più grande gruppo europeo di trasporto aereo; la gran parte del personale eccedente avrebbe trovato nuove collocazioni all’interno del gruppo ed un’altra parte sarebbe stata in attesa di rientrare; l’Italia avrebbe continuato ad avere una compagnia di bandiera, solida e con un rilevante potenziale di espansione, che avrebbe portato nel mondo i colori del nostro Paese; lo Stato avrebbe visto riconosciuto un valore netto della compagnia ceduta incassando soldi. Ma tutto questo avrebbe costituito - come ebbe a dire propagandisticamente - una “svendita”. Bene. E ora la vendita qual è? La lista di quanto è stato venduto è corposa, ma è fatta di principi, di trasparenza, di legalità, di molte delle regole che in una democrazia compiuta dovrebbero guidare il comportamento e le determinazioni di ogni pubblico potere. Non si tratta solo degli oneri finanziari che finiranno per ricadere, direttamente o indirettamente, sulle finanze statali: saranno assai cospicui, ma c’è di peggio. C’è che la parte più consistente dell’operazione si perderà nei meandri obliqui di trattative private, di intese discrezionali, di regole ad hoc per comprare o compensare l’adesione al progetto di tutte le parti in causa. Non potremo avere mai un conto, sia pure approssimativo, di tutti i costi che ne deriveranno, ma saranno costi ingenti. Basti pensare quali potranno essere gli elementi dei calcoli di convenienza che possono aver indotto aziende di gestione di autostrade, imprese di assicurazione, aziende siderurgiche, armatori, a metter mano alla tasca per partecipare, in un settore di attività estraneo e distante quant’altri mai, ad una impresa che - ne parleremo dopo - è destinata a concludersi comunque con la fine dell'autonomia e della italianità di Alitalia. È forse un caso che quasi tutti i partecipanti alla cordata siano titolari di concessioni pubbliche o svolgano attività i cui ricavi dipendono da decisioni amministrative? È almeno lecito immaginare che nel rinnovo delle concessioni, o nella determinazione di tariffe, o nella concessione di licenze questi si attendano - come dire? - un occhio di riguardo? Basti pensare a quale scompiglio potrà essere determinato dalla confluenza di migliaia di esuberi nell’azienda postale dopo che - sempre con una legge ad hoc giustificata dalla salvaguardia della efficienza e del conto economico - è stato bloccata l'assunzione di chi già vi ha lavorato con contratti a tempo determinato. Basti pensare all’indennizzo previsto - sarebbe davvero interessante sapere in base a quale principio lo Stato soccorre chi perde dall’investimento in attività finanziarie - a beneficio degli azionisti e degli obbligazionisti di Alitalia, una azienda di diritto privato, quotata in borsa come molte altre, le cui condizioni prefallimentari (a differenza del caso Parmalat tante volte evocato) erano da tempo ampiamente note. Basti pensare a quale futuro possano essere destinate le tariffe per i voli sulla tratta Roma - Milano, una tratta che già è stata dalle uova d’oro con quel po’ di concorrenza che Air One poteva fare ad Alitalia e sulla quale ora la nuova Alitalia potrà fare ancor più quel che gli parrà dal momento che Air One sarà stata incorporata e le norme antitrust tranquillamente scavalcate ope legis. Basti pensare che la legge Marzano è stata modificata per consentire che una azienda in dissesto - nel caso Alitalia, ma d’ora in avanti potrà essere applicata ad altri casi - possa essere spaccata in due, con le cose buone da una parte e quelle in perdita da un’altra insieme ai debiti, in modo che con opportune ripartizioni sia possibile sottrarre dalle procedure fallimentari ciò che di buono può esserci, con buona pace dei creditori (una misura, questa, che può avere ripercussioni assai pesanti sull’intera economia andando nella direzione esattamente opposta a quella nella quale è da tempo avvertita la necessità di una riforma della legge fallimentare). E qual è il risultato di una simile devastazione di principi, regole, doveri di trasparenza, criteri di sana amministrazione? Una Alitalia che, seppure ripulita da debiti ed inefficienze, e con un personale drasticamente ridotto e con stipendi “ricontrattati”, sarà assai più piccola, con una flotta quasi dimezzata ed una rete fortemente connotata dal corto e medio raggio. In tempi nei quali compagnie del calibro di Iberia e di British Airways si uniscono nella consapevolezza che da sole non ce la possono più fare, chiunque può capire quale sia il respiro, la prospettiva di questa operazione. La contropartita della devastazione di cui si è detto non può essere che quella di guadagnare un po’ di tempo prima che per Alitalia si compia il destino univocamente scritto da tempo: quello di confluire in un grande gruppo di trasporto aereo. Fino ad allora sarà italiana, certo, ma non per questo si potrà dire che ne sarà stata salvaguardata l’italianità. Una italianità così precaria, così costosa, ottenuta con tanto sacrificio di persone e di principi, vale ben poco, anzi è peggio di niente; comunque peggio di un accordo che fosse stato stipulato quando Alitalia un valore netto ancora lo aveva e con esso un minimo di forza contrattuale. Ma quella sarebbe stata una svendita. Noi, liberi da preconcetti, rimaniamo in attesa - poco fiduciosa, dobbiamo francamente dire - che qualcuno ci dimostri che questo, invece, è un affare.
(Rispondi)
 
ashe_to_ashe
ashe_to_ashe il 07/09/08 alle 00:20 via WEB
Impeccabile pamphlet della campane già suonate da più parti e ben argomenentate con dati e fatti. Una precisazione sugli scenari che prefiguri: i creditori verranno pagati con fondi coperti dalla fiscalità generale e predisposti per altre competenze, il risultato è che tutti pagano per gli errori di pochi, la legge fallimentare rimane l'obbrobrio che già è senza peggioramenti; Air One non ha apportato nessun beneficio concorrenziale ma solo ripartizione dei ricavi a somma zero per il noto costruttore Toto. La svendita non era prima e non è ora data la situazione in cui versava il ferro vecchio del made in italy. Il piano Spinetta evitava mille incuci di sottobottega ed aveva il vantaggio di anticipare quello che viene rimandato al 2011, alla scadenza dei vincoli dei famosi eroi salvatori della patria. Comunque sia, non c'è niente di deflagrante nell'operazione, sia nelle modalità che nelle conseguenze. L'unica differenza è che prima in questo genere di deroghe venivano spenti i lampioni dell'opinione pubblica, ora sono legittimate con tanto di sfrontatezza. Solo una questione di stile, molto meno di sostanza. Il pregiudizio che potrebbe favorire tali sbandieramenti in deroga è la legittimazione alla luce del sole tra affari e politica,con l'aggravante che i 16 avventurieri del made in sono tutti concessionari pubblici, tradotto: l'economia è un fallimento senza la politica d'appoggio, come se in Italia fosse una novità. Controvertendo e camuffando così il vero bubbone che ha fatto dell'Alitalia un carrozzone di capitolati di spesa, come l'hub di Malpensa senza alcuna logica di mercato. Rispetto il precedente accordo con Air France-klm coadiuvato dal precedente governo, a prescindere da false italianità e dal vantaggio comparato con la Fenice del nuovo, un vero neo c'era e non era affatto da poco. La condizione dal lex mercatoria prevedeva il mantenimento in portafoglio dei diritti di traffico, una clausula vincolante per il governo affinché non modificasse l'attuale assetto dei diritti. In una trattativa di compravendita inserire una condizione che riguarda la politica generale del trasporto aereo è a dir poco esoso. Una abrogazione al diritto di concorrenza che Air France sfruttò in un momento critico del governo avvenuta nel dicembre scorso, far entrare nuovo operatori con quella piattaforma di regole sarebbe diventato complicato.
(Rispondi)
 
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