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CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

 

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La sfida del fiammifero

Post n°266 pubblicato il 12 Febbraio 2014 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Ve lo sognate oggi, nel duemilaquattordici, un ragazzetto che entra in una drogheria (ma quale drogheria! non esistono più da decenni le "drogherie"!) e si fa pesare, come fosse la cosa più normale del mondo, un etto di clorato di potassio?

Riuscite solo a IMMAGINARE una cosa del genere?
No, non ci potete riuscire, nemmeno con la fantasia.
Proprio quella roba lì? Il Satana dei sali? L'Innominabile? La sostanza più proibita del mondo? Ci stai raccontando delle favole, impossibile!
No, se foste stati ragazzetti quando lo ero io non vi meravigliereste.
Rimpiango di allora (e lo dico spesso e volentieri) la libertà di cui si godeva inconsciamente, come di una cosa che non sarebbe mai venuta meno.
Quella libertà mi manca proprio. Certo non per il KClO3 ma per tutto il resto.
La rimpiangono perfino (perchè la intuiscono, anche se non l'hanno conosciuta) i giovani lettori di quel magnifico libretto che è Zio Tungsteno di Oliver Sachs, che parla in definitiva della libertà, in una delle sue forme che hanno attinenza con la nostra chimica.
E parla pure della responsabilità, che oggi nessuno più vuole prendersi, a nessun titolo. E più si va in alto e peggio è.

Bene, dicevo, entro in una delle tre drogherie chimiche della città e mi prendo un etto di clorato. Problemi? Nessuno. Domande? Niente. Sei un terrorista? E cosa sarà mai un terrorista? Boh, forse un alieno, qualcuno del futuro... (futuro che poi è arrivato...).
Il KClO3 serviva allora come ecologicissimo diserbante per gli orti, che mio padre diluiva in acqua e spargeva all'inizio dell'estate sulle erbacce che avevano tenacemente resistito all'inverno.
Una settimana dopo le erbacce erano tutte bruciate e nessuna traccia di sostanze coll'anello ciclico rimaneva nel terreno.
Ma mi aveva anche insegnato (grazie babbo!) a farci anche dei piccoli "botti da scarpa", tanto innocui quanto spettacolari.
Spettacolari non lo sottolineo, ma innocui sì, tanto per chiarire... (Siamo in era Youtube, quindi non parlerò di questo; non lo voglio fare nemmeno come ricordo storico).
Leggendo il vecchio libro dello Squinarol avevo imparato fin da piccolo che il KClO3 era un potente ossidante ed era il componente fondamentale per fare i fiammiferi.

Guarda caso, in quei tempi avevo un compagno di classe che aveva la mia stessa passione per la chimica.
Ecco che un bel giorno, non mi ricordo come e perchè, decidemmo di fare una gara tra noi due.
- Facciamo a chi fa il fiammifero più grande! - Accettato! Ci diamo tempo un paio di giorni per prepare le cose.
Forte l'idea! Giudice e testimone (entusiasta) sarebbe stata l'intera classe.
Ecco perchè mi ero preso quell'etto di clorato... ed il mio amico aveva fatto altrettanto, al paese suo. Anche da lui c'era qualche drogheria "chimica".

Allora non c'era Internet, dove in tre minuti si possono scaricare diecimila pagine su quasiasi argomento; per far qualcosa ci si documentava andando in biblioteca, e poi si integrava... improvvisando.
Improvvisando, ma sempre cum grano salis, sapendo quello che si faceva.
Oltre al clorato serviva zolfo, magari un pochino di solfuro di antimonio e una grattatina di polvere di vetro per aumentare l'attrito in fase di accensione.
Poi una buona colla per consolidare la capocchia. E il fosforo?
Scommetto che ancora oggi se si facesse un sondaggio fra la gente comune, tre quarti degli intervistati risponderebbe che i fiammiferi sono fatti "di fosforo".
Il fosforo (quello bianco intendo) non entra più nei fiammiferi già da un secolo e mezzo, mentre quello amorfo, non velenoso, ...nemmeno!
E' solo spalmato sulla striscetta rosso scura che ricopre una parte della scatola dove avviene lo sfregamento.
Il fosforo lo lasciammo quindi monopolio esclusivo del nostro geniale chimico prof. O.S, che stupiva sempre tutte le sue classi (ecco che torna la vecchia cara buona e sana responsabilità personale!) con le magie di questa sostanza inavvicinabile.
Una delle rare inavvicinabili, anche allora.

E così ognuno fece il suo bel fiammiferone gigantesco (roba da 30 cm di lunghezza e la capocchiona come una noce), secondo la propria segretissima formula.
Due giorni dopo, finite le lezioni pomeridiane che era già buio (si era d'inverno) venne la prova. Presente metà classe, infreddolita ma, come si dice in questi casi, in trepidante attesa.
Chi vinse? La spassosa tenzone finì alla pari.
Il "suo" era più grande, ma non si volle accendere per quanti tentativi si facessero sfregandolo su ogni superficie ruvida disponibile.
Il "mio" era più mingherlino, ma si accese al terzo tentativo.
Da ciò scaturì il salomonico giudizio degli astanti: PARI!
C'è anche una spiegazione: io avevo usato (oltre ad una diversa composizione) un po' di gomma arabica come addensante ed il mio concorrente il vinavil, che creò una patina plasticosa sulla quale l'attrito non aveva effetto.
Inutile aggiungere che fu un momento di gloria per entrambi (allora ci si divertiva con poco...) e le due fiaccole brillarono allegramente fino a consunzione di quella satanica miscela sulfurea oggi peccaminosa.

Poi tutti a casa, con la corriera. La mattina dopo, alla partenza, sarebbe stato ancora buio.
E i fiammiferi preistorici di Chancel, quelli fatti con clorato, zucchero e accensione in acido solforico?
Beh, inutile dire che provai pure quelli, ma per oggi di fiammiferi ne abbiamo abbastanza.
Magari del biossido di cloro ClO2 (in questo caso è lui l'amico di Chancel), parlerò un'altra volta.

 
 
 
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