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Messaggi di Giugno 2014

La dilagante corruzione mai combattuta da Leggi ad hoc

Post n°109 pubblicato il 27 Giugno 2014 da pasquale.zolla

Anticorruzione: a che servono grandi poteri senza legge?

Si parla tanto dei poteri dati a Raffaele Cantone per arginare la corruzione che viaggia a gonfie vele in tutti gli Enti sparsi in un’Italia ricca di politici arlecchini e pulcinella che con battute sagaci si mostrano sempre salvatori della Patria o delle Regioni, delle Province, dei Comuni, ma che alla fine tartassano sempre di più i contribuenti onesti, a cui vengono promessi detrazioni e quant’altro, visto il particolare momento, ma poi si ritorna a come prima peggio di prima.

Eppure è cosa risaputa che il nostro Paese da sempre ha avuto Commisari e Alti Commissari, creati dal governo per risolvere emergenze che mai sono state risolte.

Esempi? La mafia, le contraffazioni, i rifugiati, gli appalti tutti truccati per riempirsi le proprie tasche!

Renzi ha affidato a Cantone, uomo dotato di grandi capacità, poteri incisivi per commisariare le imprese colte con le mani nel sacco ed arginare la piaga della corruzione.

Ma sarà difficile riuscire a risolvere il problema delle tangenti con i poteri assegnatigli perché ha giurisdizione è solo sugli appalti dell’Expo e potrà proporre e non disporre il commissariamento che, invece, spetta al prefetto che valuterà se ordinarlo o meno.

E qualora lo ritenesse opportuno, potrà sempre essere impugnato davanti ai tribunali amministrativi che potranno sopsenderlo a nnullarlo.

Il problema è quello di sempre: non si fanno leggi da applicare, ma da interpretare. Il che ci porta all’Azzeccagarbugli manzoniano che seppellisce sotto interpretazioni ciò che non si vuole riformare.

Un esempio? I tagli alla spesa pubblica che fino ad oggi sono rimasti solo nelle parole di Renzi e dei suoi accoliti.

Non parliamo poi delle Riforme, che sono sulla bocca di tutti solo con le parole non di certo nei fatti. Perché? Perché si intaccherebbero i loro privilegi, a cominciare dall’immunità parlamentare.

È ora, caro Papa Francesco, non del “Pentitevi”, ma di ridare il maltorto agli onesti cittadini e mandare i corrotti in mutande in carcere.

Solo se ci saranno Leggi con la L maiuscola contro l’anticorruzione si potrà salvare il nostro Paese dalla corruzione di tanti, troppi individui che anche da condannati continuano a percepire stipendi, grazie ai privilegi acquisiti, da favola.


Tukkà i prevelègge nu tabbù arrumane

Pare ka tutte i gruppe puliteke,

da manghe a ritte, ‘nlune de méle

stanne, pekkè kundinuene a ciarlà

de stepènnje è prevelègge da kalà,

ma nd’i fatte sèmbb’a kkussì rrumanene.

Angóre kunne ne nge se rènne

ka u presutte sóp’a l’ucchje d’a ggènde

arramaje tròppe éje  è kka òggnè

limete ‘a pacènza suje téne.

Si u Pajése se vóle arrelanzà

‘a kuverènze de kuille ka se dice

azzuppekà ne nz’adda fà òggnèvvóte

ka prevelègg’è stepènnje vustre tukkà

s’hanne ma nu tabbù sèmbbe arrumanene.

Toccare i privilegi resta un tabù

Sembra che tutti i gruppi politici,

da sinistra a destra, in luna di miele

sono, perché continuano a parlare

di stipendi e privilegi da diminuire,

ma nei fatti restano sempre gli stessi.

Conto ancora non ci si rende

che il prosciutto sugli occhi della gente

ormai è troppo e che ogni

limite ha la sua pazienza.

Se il Paese si vuole rilanciare

la coerenza di ciò che si dice

non la si deve far zoppicare ogni volta

che privilegi e stipendi vostri toccare

si devono ma restano sempre un tabù.


 

 


 

 
 
 

La solennità del Corpus Domini

Post n°108 pubblicato il 21 Giugno 2014 da pasquale.zolla

Mi auguro che le parole di Papa Francesco rivolte ai corrotti, politici e non solo, nel giorno della celebrazione della presenza di Cristo nell’Eucarestia,  possa sortire qualche effetto tra le code dei corrotti dietro alle processioni in ogni Borgo e Città d’Italia.

È una delle festività principali dell’anno liturgico della Chiesa Cattolica. Venne istituita l’8 settembre 1264 da Papa Urbano IV; ebbe,però, origine in Belgio nel 1246 come festa della diocesi di Liegi.

Il suo scopo era quello di celebrare la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia. L’introduzione di questa festività nel calendario cristiano la si deve principalmente a suor Giuliana di Cornillon, una suora agostiniana vissuta nella prima metà del tredicesimo secolo. Da giovane avrebbe avuto una visione della Chiesa con le sembianze di una luna piena, ma con una macchia scura, ad indicare la mancanza di una festività.

Nel 1208 ebbe un’altra visione: le sarebbe apparso Cristo stesso che le chiese di adoperarsi perché venisse istituita la festa del Santissimo Sacramento, per ravvivare la fede dei fedeli e per espiare i peccati commessi contro il Sacramento dell’Eucarestia.

Furono l’iniziativa e le insistenti richieste della suora a far sì che, nel 1246, Roberto de Thourotte convocò un sinodo ed ordinò, a partire dall’anno successivo, la celebrazione della solennità del Corpus Domini.

Si dovette aspettare, però, il 1264 perché la celebrazione venisse estesa a tutta la Chiesa universale, grazie anche ad un miracolo eucaristico avvenuto a Bolsena nel 1263.

Un prete boemo si fermò a dir messa a Bolsena ed al momento dell’Eucarestia, nello spezzare l’ostia consacrata, fu pervaso dal dubbio se essa contenesse veramente il corpo di Cristo. A fugare i suoi dubbi, dall’ostia vennero fuori alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino liturgico (oggi si trova conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare, tuttora custodite in preziose teche presso la basilica di Santa Cristina.

Venuto a conoscenza dell’accaduto Papa Urbano IV istituì ufficialmente la festa del Corpus Domini estendola dalla circoscrizione di Liegi a tutta la cristianità.

Detta festività veniva celebrata il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità, in quanto rievocava la liturgia della Messa in Cena Domini del giovedì santo.

Nel 1977 la conferenza episcopale decise di spostare i festeggiamenti alla seconda domenica dopo Pentecoste.

In occasione della solennità del Corpus Domini si porta in processione, racchiusa in un ostentorio, un’Ostia consacrata ed esposta alla pubblica adorazione: viene adorato Gesù vivo e vero, presente nel Santissimo Sacramento. È l’unica processione dell’anno liturgico ad essere di precetto, secondo il diritto canonico.

In detto giorno la mia Città, Lucera, si veste a festa: i balconi vengono addobbati con lenzuola e coperte pregiate e negli angoli più suggestivi del percorso della processione vengono innalzati altarini con immagini di Gesù e colmi di variopinti fiori.

Al passaggio del Santissimo Sacramento petali di fiori vengono buttati, tanto da rendere la strada ammantata di colori. È un modo per manifestare pubblicamente la fede del popolo Lucerino in questo Sacramento, in cui la Chiesa trova la sorgente del suo esistere e della sua comunione con Cristo, presente nell’Eucarestia in corpo, sangue, anima e divinità.

 

 

‘A preggessjòne d’u Sandissime Sagramènde

‘A preggessjòne p’i strate se ne và

d’u pajése, a ndò pikkuele vutare

sònne state agavezate, chjéne

de fjure ke ‘a ‘mmaggene de Kriste,

p’akkògghje u relekuarje ke u

Sandissime Sagramènde purtate

da menzeggnòre. Bbòmmine ke sscille

fatte ke pènne de paper’a rrète

a’ preggessjòne vanne, p’arrappresendà

langelicchje sóp’a tèrre sscennute;

u tutt’akkumbaggnate d’a bbanne ka sòne

’na museke celestjale. Nda nu ciste

ka a ‘na uandire assemegghjéje

duj’angele pòrtene ‘na ssckanate

de pane, nu manucchje de spike

de rane è ‘na bbuttigghje de vine

ka sònne u sanghe è u kurpe

de Kriste nustre Seggnòre è dind’a

òggnè kkóre trase ‘a ‘mmór’a ‘nzime

a nu sinze de granne mestére.

Tra ngiz’è ffrònne de fjure jettate

d’è bbalekune a ffèste vestute,

u pòpele s’addenucchjéj’ò passagge

de Kriste nd’u Sandissime Sagramènde.

La processione del Santissimo Sacramento

 

La processione va per le vie

cittadine, dove piccoli altari

sono stati alzati, ornati

di fiori con l’immagine del Cristo,

per accogliere il reliquiario con il

Santissimo Sacramento portato

dal vescovo. Bimbi con ali

fatte con penne d’oca dietro

alla processione vanno, per rappresentare

gli angeli scesi sulla terra;

il tutto accompagnato dalla banda che suona

una musica celestiale. In un cesto

che somiglia un vassoio

due angeli portano una pagnotta

di pane, un pugno di spighe

di grano e una bottiglia di vino

che sono il sangue e il corpo

di Cristo nostro Signore e in

ogni cuore entra l’amore

insieme ad un senso arcano.

Tra incensi e petali di fiori buttati

dai balconi a festa vestiti,

il popolo si prostra al passaggio

di Cristo nel Santissimo Sacramento.


 

 


 

 
 
 

Un Santo saggio e umano di tempi che mai ritorneranno

Post n°107 pubblicato il 13 Giugno 2014 da pasquale.zolla

Sant’Antonio di Padova

Antonio (Lisbona, 15 agosto 1195/Padova, 13 giugno  1231) era il primogenito di una nobile famiglia: sua madre si chiamava Maria Teresa Taveira e suo padre Martino Alfonso de’ Buglioni, cavaliere del re e discendente di Goffredo di Buglione.

Fu, all’età di quindici anni, un monaco agostiniano a Coimbra  (1210); poi dal 1220 frate francescano. Viaggiò molto, vivendo prima in Portogallo, suo paese d’origine, e poi in Italia e in Francia. Nel 1221 si recò al Capitolo Generale ad Assisi, dove incontrò San Francesco.

Dotato di grande umiltà, ma anche di grande sapienza e cultura, per le sue valenti doti di predicatore, mostrate per la prima volta a Forlì nel 1222, fu incaricato all’insegnamento della teologia e inviato, dallo stesso San Francesco, a contrastare la diffusione dell’eresia catara in Francia. Fu, poi, trasferito a Bologna e quindi a Padova.

Morì all’età di 36 anni. Di lui si narrano grandi prodigi miracolosi, sin dal giorno della sua morte e finanche ai nostri giorni. Gli eventi prodigiosi furono di tale intensità e natura che facilitarono la sua rapida canonizzazione.

Papa Gregorio IX, in considerazione della mole di miracoli attribuitagli, lo canonizzò dopo solo un anno dalla morte (1232).

Pio XII nel 1946 ha innalzato Sant’Antonio tra i dottori della Chiesa Cattolica, in quanto nei suoi scritti e nelle prediche era solito sostenere le sue affermazioni con citazioni del Vangelo.

Gli fu dedicata la Basilica di Padova e la sua festa cade il 13 giugno, giorno della sua morte terrena e della sua nascita in cielo.

Fin dal giorno dei funerali la tomba di Antonio divenne meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. Devoti di ogni condizione sociale ancora oggi sfilano davanti alla sua tomba toccando il sarcofago e chiedendo miracoli, grazie e guarigioni.

A Lucera si festeggia presso la Chiesa della Pietà, oggi Parrocchia San Pio X.


U kandóre d’a paróle de Ddìje

U ppògge d’u pòpele ne ngerkave,

né ‘a grazzje d’i rikk’è  dd’èss’u prime,

né u nutele vattemanè‘a gròrje

de l’ummene; mòstre ne nfacive

d’a duttrina tuje è nne mmenave

vande de vennetóre de rubbètte,

ma ke ndellitte d’ammór’allustrave

kuèlla devine saggèzze k’avive

attenggiute d’a kundinue letture

d’i Sakre Skretture. Jendile ke tutte,

è tatuccille tuje mberjòr’i pite

lavave kume Kriste facìje

è ‘pustule suje. De tè u Seggnóre

fatte have u apòstele d’u dì:

sóp’a vòkka tuje ghèsse tenéve

‘na tale mburtanze ka sciusscetave

‘na granna maravigghje nda tuttekuille

kè a ssènde te stèvene. Nzòmme sì

stat’è ssì angóre mò kum’a langele

d’ò cile asscennute pe ffà rutulà

‘a préte d’u sebbuleke pe mustrà

‘a vìje d’a grazzje d’u Spirde Sande

ka grusse rènne ‘a nòstra fraggeletà,

ammutvedissce òggnè kkòpp’è rrènne

dóce òggnè asprèzze ke l’ammóre.

Il cantore della parola divina

Il favore del popolo non cercavi,

né la grazia dei ricchi e dei primati,

né il vano plauso e la gloria

degli uomini; non facevi mostra

della tua dottrina e non menavi

vanto di venditore di robetta,

ma illustravi con intelletto d’amore

quella divina sapienza che avevi

attinto dall’assidua lettura

delle Sacre Scritture. Cortese con tutti,

ai fratelli tuoi inferiori i piedi

lavavi come fece Cristo

ai suoi apostoli. Di te il Signore

ha fatto l’apostolo della parola:

sulla tua bocca essa aveva

una tale efficacia che suscitava

una grande meraviglia in tutti coloro

che ti ascoltavano. Insomma sei

stato e se ancora adesso come l’angelo

sceso dal cielo per far rotolare

la pietra del sepolcro per mostrare

la via della grazia dello Spirito Santo

che irrobustisce la nostra fragilità,

ammorbidisce ogni asperità e rende

dolce ogni amarezza con l’amore.


 
 
 

Due giugno: natale della Repubblica Italiana

Post n°106 pubblicato il 01 Giugno 2014 da pasquale.zolla

La festa della Repubblica Italiana

Ma l’ombra di separatisti veneti e lombardi, con promesse di miracoli per tutti gli abitanti di dette regioni, sembra voler ammainare il caro Tricolore!

Svegliati, Popolo Italiano, e manda al diavolo chi ti sfrutta per scopi propri!

La festa della Repubblica Italiana viene celebrata il 2 giugno di ogni anno.

La data è stata scelta perché, proprio tra il 2 e il 3 giugno 1946, si tenne il referendum con cui gli Italiani, dopo 85 anni di regno della dinastia Savoia, di cui 20 di dittatura fascista, scelsero di far diventare l’Italia una Repubblica costituzionale, abolendo la monarchia.

I risultati ufficiali furono annunciati il 18 giugno: 12.718.641 furono i voti per la Repubblica e 10.718.502 quelli per la monarchia; 1.498.136 furono le schede bianche o nulle.

La festa della Repubblica venne celebrata ufficialmente per la prima volta nel 1948 e si festeggiò il 2 giugno fino al 1977, quando a causa della crisi economica fu stabilito che venisse festeggiata ogni anno la prima domenica di giugno.

Il 2 giugno fu poi ristabilito, insieme alla celebrazioni, dal secondo governo Amato con una legge del novembre 2000, grazie anche all’iniziativa dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Repubblica: bene di tutti e di ciascuno; egualgianza tra tutti i cittadini di fronte alla Legge (ma spesso i governanti pensano solo a se stessi!) per contribuire tutti alla prosperità generale e vivere in libertà e secondo giustizia senza IO SONO!

Purtroppo nei meandri dei Palazzi ove si governa (Enti locali, regionali, provinciali, camera e senato) non sempre si tiene presente il significato di Repubblica! Anzi si cerca, vedasi alcuni ciarlatani deputati del Veneto e della Lombardia, di separare ciò che è stato unito col sangue da tanti valorosi giovani che si sono sacrificati per darci libertà, giustizia, pace e unità!

Saremo capaci di mandare al diavolo questi ciarlatani che si ritengono i profeti di una nuova Repubblica?

Oggi abbiamo solo chiacchieroni che promettono monti e mari, ma poi pensano sempre e solo a se stessi.

Italiani torniamo a stringerci intorno al caro Tricolore affinché possa sempre sventolare dalle Alpi alla Sicilia per darci quella pace che cresce solo se gli uomini imparano a stare insieme.


U Trekulóre: simmele de lebbertà è unetà

Italje, Mamme jeneróse, fòrte,

unite: l’hè sapè amà è ppurtà

respitte tenènnele nd’u kóre tuje

pe sèmbe. Ȯgge, duje de giuggne,

fèste d’a Repubbleke Italjane

svendulà facime sóp’è bbalekune

u Trekulóre, pure si nd’i stanze

d’i palazze d’i vettune aggirene

separatiste vinete è llumbarde

kè angóre ‘na vóte accidene,

cchjù d’i ccètte d’i bbóje, i uagghjune

ka hanne saggrefekat’a vita lóre

pe ddarce nu Pajése libbere

è kujéte. D’è kòppe nnevate

d’u nòrde d’Italje a’ Cecilje

strengimece nda nu pòpele sule

è a Kapecifere manname

tutte kuille ka ce vònne separà

pekkè l’unjòne a fórze face

è a tuttekuande kujéte dace!

Il Tricolore: simbolo di libertà e unità

Italia, Madre generosa, forte,

unita: La devi saper amare e portare

rispetto tenendola nel tuo cuore

sempre. Oggi, 2 giugno,

festa della Repubblica Italiana

facciamo sventolare sui balconi

il Tricolore, anche se nelle stanze

dei palazzi dei bottoni si aggirano

separatisti veneti e lombardi

che ancora una volta uccidono,

più delle lame dei boia, i giovani

che hanno sacrificato la loro vita

per darci un Paese libero

e in pace. Dalle cime innevate

del nord d’Italia alla Sicilia

stringiamoci in un solo popolo

e al diavolo mandiamo

tutti coloro che vogliono separarci

perché l’unione fa la forza

e a tutti pace dona!


 

 
 
 
 

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