Messaggi del 17/11/2015

BUON MARTEDI' ... DA PAVIA

Post n°21217 pubblicato il 17 Novembre 2015 da dinobarili
 

BUON MARTEDI’…

 DA PAVIA

17 novembre 2015

“Nella vita … mai dire mai”

Dino

40 “una canzone al giorno”

Wilma Goich

“Le colline sono in fiore”

Wilma Goich è nata il 16 ottobre 1945 e nel suo repertorio ha una bella canzone: “Le colline sono in fiore” (Mogol – Donida). Ha raggiunto il primo posto nelle vendite del 1965. E’ considerata il più grande successo della Goich che lo ha cantato anche in lingua spagnola e tedesca, raggiungendo il Giappone e le Americhe. E’ la storia di una ragazza che chiede al suo ragazzo di tornare “E’ già passato un anno” Lui è partito per diventare qualcuno. Allora la ragazza si scatena. “Amore/ ritorna/ … le colline sono in fiore/ … ed io sto morendo di dolore” Si fa presto a dire che un uomo vale l’altro. Non è vero. L’amore è quell’uomo o quella donna ..  e basta. Infatti, i sospiri della ragazza sono chiarissimi. “Amore ritorna. Non importa se non sei  diventato importante” Gli occhi dell’amore sono diversi dai comuni occhi … Stravedono. A monte c’è sempre una ragione. “Non importa se non sei diventato importante …” Chi se frega del successo, della popolarità, di ciò che pensa la gente … Wilma Goich lo dice chiaramente “ … sei importante per me” Anche se allora era il 1965, lo stesso concetto vale oggi … dove la vita è diventata tutta un “teatro”. Buon ascolto. Dino   

 
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VERONICA racconto (389) di Dino Secondo Barili

Post n°21216 pubblicato il 17 Novembre 2015 da dinobarili
 

Intrigo …

…a Pavia

(Queste storie, anche se raccontate come vere,

sono frutto di fantasia,

pertanto non hanno  nulla a che vedere

con persone reali o fatti realmente avvenuti)

389

 Veronica

Si dice che… “si fa presto a dare consigli… difficile metterli in pratica”. La Dott. Veronica, aveva studiato medicina e si era laureata a pieni voti. A quarant’anni aveva ormai la strada spianata come medico di famiglia… con una sfilza di assistiti. Gli assistiti avevano scelto lei perché (oltre ad essere un bravo medico) era una bella donna (anche la bellezza ha il suo valore). Inoltre, aveva una grande disponibilità ad ascoltare le persone. Andare nel suo Ambulatorio (di paese) era come andare dallo psicanalista… una persona usciva “sollevata”. Un problema, invece, era il tempo di attesa.. Sapevi quando entravi (in Ambulatorio)…e non sapevi quando uscivi. Tutti, hanno bisogno di una spalla su cui “piangere”. “Piangere”… non nel vero senso delle lacrime… ma come sfogo. La Dottoressa aveva, per ogni assistito una parola buona e molti consigli. A quarant’anni, Veronica, aveva una famiglia… con marito e bambino di dieci anni. Un anno fa, la Dottoressa cominciò a cambiare umore. Capiva che “le cose” con suo marito non andavano più come avrebbe voluto e desiderato. Specialmente sul piano sentimentale (diciamo: “sessuale”… che facciamo prima). L’abitudine (atto ripetitivo sempre uguale) e la noia uccidono l’appetito sessuale. L’intesa tra i due offriva molte discrepanze. Veronica e suo marito davano la colpa allo stress da lavoro… ma non era vero. Capivano benissimo che c’era qualcos’altro… Nessuno dei due, però, voleva “ammettere” come stavano realmente le cose. Anche, l’Ambulatorio di Veronica non era più quello di prima. L’attesa per le visite era diventata … quasi normale. Solo con una persona, la Dottoressa si intratteneva volentieri (a lungo)…Con il Signor Amilcare, un sessantenne, single, che aveva fama di essere un ineguagliabile “latin lover”. La fama era giustificata. Amilcare era appena tornato da Parigi dove soggiornava a lungo come intrattenitore in “Caffè-Concerto”. Come “artista” era richiestissimo…Aveva una parlantina che incantava… scioglieva anche i sassi. Immaginarsi, una donna… anche se Medico. Amilcare si era preso una vacanza dal lavoro… ed era tornato al paese natio in Provincia di Pavia. Aveva bisogno della Dottoressa per degli esami clinici. Veronica aveva captato in Amilcare qualcosa di eccezionale, di unico, di indefinito… E quel che più contava ... “l’intrattenitore” aveva “il fascino del perverso”, qualcosa che andava… oltre le regole alle quali era abituata. Quando Amilcare entrava nell’Ambulatorio, Veronica “perdeva completamente il senso del tempo”. Quegli occhi azzurri attraevano come calamita. Mentre Amilcare parlava (parlava sempre)… la mente di Veronica “viaggiava per ogni dove”. Inoltre, il “latin lover” stava sempre in piedi. Non si sedeva mai. Si muoveva come fosse sulla scena. Movimenti lenti, calcolati … specialmente le mani. Le mani erano la parte “visiva” di Amilcare. Quelle mani si muovevano sempre… come se volessero sostituirsi alle parole. Veronica era affascinata da quel corpo sinuoso, quegli occhi azzurri, quelle mani che sembravano “pensieri in libertà”. Da quelle mani, la Dottoressa, avrebbe voluto farsi accarezzare. Non lo fece. Si limitò ad ascoltare “l’incantatore di serpenti”. Dei suoi problemi personali non disse nulla. E venne il termine degli esami clinici (tutti regolari). Amilcare, il bel sessantenne, ritornò a Parigi… e (con la fantasia) partì pure la Dottoressa Veronica.(389) -

 
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BUONA GIORNATA CON IL DISEGNO DI TERESA RAMAIOLI

Post n°21215 pubblicato il 17 Novembre 2015 da dinobarili
 

BUONA GIORNATA CON IL DISEGNO DI

TERESA RAMAIOLI


 
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MILANO di Teresa Ramaioli

Post n°21214 pubblicato il 17 Novembre 2015 da dinobarili
 

MILANO

di Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 16/11/15 alle 19:31 via WEB
CHIESA DI SAN FEDELE ---MILANO---La Chiesa di San Fedele prende il nome dell'antica Chiesa affidata nel 1567 dal cardinale Carlo Borromeo alla Compagnia di Gesù. Situata nel cuore di Milano, fra Palazzo Marino e la Galleria Vittorio Emanuele II, nell'omonima piazza San Fedele, la Chiesa fu dedicata in origine a san Fedele, e destinata ai Gesuiti. Dopo la soppressione dell'ordine nel 1773, la chiesa fu affidata ai canonici provenienti dalla vicina chiesa trecentesca di Santa Maria alla Scala, abbattuta (1776) per far posto al Teatro alla Scala. La chiesa assunse allora il titolo di Santa Maria della Scala in San Fedele e si arricchì di molti degli addobbi e delle opere d'arte provenienti dal distrutto edificio. San Fedele è popolare fra i milanesi per la sua posizione e per essere chiamata il "Santuarietto delle ballerine della Scala." Qui troviamo l'antica immagine detta un tempo Madonna delle Ballerine e dei Cantanti. Si dice che le ballerine della Scala non mancavano mai, passando da queste parti, di visitare la loro "Madonnina" e di accendere una candela o un lumino. Ciao Teresa ramaioli

 

 
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BEATRICE D'ESTE di Teresa Ramaioli

Post n°21213 pubblicato il 17 Novembre 2015 da dinobarili
 

BEATRICE D'ESTE

di Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 16/11/15 alle 19:30 via WEB
BEATRICE D'ESTE---Secondogenita del duca di Ferrara Ercole I d’Este e di Eleonora d’Aragona, Beatrice d’Este nacque il 28 giugno del 1475. Le cronache della corte estense riportano la grande delusione del padre per non aver avuto il tanto atteso erede al ducato di Ferrara, tanto che la piccola Beatrice visse un’infanzia solitaria. Cresciuta a Napoli, verso i dieci anni, Beatrice tornò a Ferrara nell’agosto del 1485, per essere educata agli studi letterari dall’umanista Battista Guarino, già precettore della madre Eleonora. Trascorsa l’adolescenza nello sfarzo della corte estense, tra letterati e grandi scultori e pittori, giunse per la giovane Este il momento del matrimonio, in quanto più di un nobile italiano aveva chiesto la sua mano, nella speranza di stringere alleanza con gli Estensi di Ferrara e gli Aragonesi di Napoli, allora le famiglie più potenti della penisola italiana. Ma il duca Ercole era in accordi con il signore di Milano, Ludovico il Moro, che da quando Beatrice aveva cinque anni mirava a sposarla per allargare il suo dominio dalla Lombardia fino all’Emilia Romagna . Nella primavera del 1480 erano stati concordati i patti nuziali tra le due corti, che portarono la piccola Beatrice alla corte degli Sforza, la mamma era contraria, infatti avrebbe voluto, come sposo della figlia, Gianfranco Gonzaga, un lontano cugino che rimase molto amico della famiglia. Nel 1489, quando Beatrice era quindicenne, a Milano si decise di far incontrare i due promessi sposi, che fino ad allora non si erano mai visti. Dopo una serie di lettere scambiate da entrambi le parti, nel gennaio del 1491 si tenne nella cappella del castello visconteo di Pavia, il tanto atteso matrimonio tra Ludovico e Beatrice. Leonardo da Vinci collaborò ai festeggiamenti che si tennero dal 26 al 28 gennaio presso il castello di Milano con costumi ed invenzioni pirotecniche. Lu¬do¬vico, (nasce a Vigevano il 27 luglio 1452, quarto fi¬glio del duca di Mi¬lano France¬sco Sforza), da Bea¬trice avrà due fi¬gli ma¬schi, Mas¬si¬mi¬liano e Fran¬ce¬sco, e nu¬me¬rosa prole dalle sue molte amanti, la più fa¬mosa delle quali è Ce¬ci¬lia Gal¬le¬rani, le cui fat¬tezze sono ri¬tratte da Leo¬nardo da Vinci nella Dama con l’ermellino. Dei sei anni di vita coniugale tra i due sposi ci rimangono le lettere che Beatrice scrisse al marito e alla sorella Isabella, oggi conservate negli archivi storici di Milano. Beatrice giovane donna attenta e curiosa di tutto quello che la circondava, spesso compiva viaggi nei feudi di Pavia e Vigevano, sempre alla ricerca di novità. Grazie a Beatrice, a Milano arrivarono grandi artisti e letterati, con lo scopo di trovare nuove idee per migliorare il castello e la città. Ma il 3 gennaio del 1497 Beatrice, non appena ventiduenne, morì a causa di complicazioni durante la nascita del suo terzogenito. Distrutto dalla perdita della moglie, Ludovico il Moro iniziò a trascurare gli affari di corte ed in poco tempo andò incontro al declino economico e politico, dopo essere stato catturato dai Francesi in battaglia, morì da prigioniero nel castello di Loches nella Loira il 27 maggio del 1508. Oggi, nella Certosa di Pavia, si può ammirare il sarcofago in marmo, mai utilizzato, che ne riproduce le fattezze insieme all’adorata moglie. Ciao Teresa Ramaioli

 

 
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