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Lo sconosciuto di Orta

Post n°557 pubblicato il 22 Novembre 2014 da pedro_luca
 

Iorta1
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Nell’oceano dei sentimenti l’isola dell’amore è popolata da naufraghi.

 
Cronaca
Il viso era sfigurato, sia per il tempo ch’era rimasto nell’acqua e sia per lo sbattere contro lo scoglio in cui quel cadavere era rimasto impigliato. Era un uomo robusto, forse palestrato, di media statura, uno e settanta circa, ed aveva capelli corti e biondi.  Non aveva documenti addosso, nemmeno catenelle od anelli, anche se l’anulare della mano sinistra mostrava chiaramente come ne avesse avuto uno. Fin’ora non è giunta nessuna segnalazione di persona scomparsa. 


Lo sconosciuto di Orta

Era un giovedì, il calendario segnava il tre di maggio e la primavera di quell’anno tardava ancora nel  sciogliere i rigori climatici dell’inverno. Sui ripidi pendii del Mottarone resistevano ampie macchie nevose che facevano da cornice alla cima che si stagliava spoglia nel cielo limpido e, come per tutta la settimana precedente,  un gelido vento di tramontana non  smetteva di agitare le acque del lago e scuotere, ad ondate irregolari,  gli alberi del litorale. Il campanile aveva suonato le nove da qualche minuto e  il sole non aveva ancora valicato il Sacro monte,  ciononostante sulla piazza San Giulio si respirava l’aria delle vacanze, i negozi erano tutti aperti con la merce esposta, davanti ai ristoranti, tra i tavolini disposti ordinatamente, c’era un gran  daffare a sistemare le tovaglie mentre c’era chi scaricava scatole da un furgone parcheggiato davanti al palazzo comunale. Alcuni turisti  mattinieri s’erano  sistemati ai tavoli a ridosso del fabbricato, i più riparati dal vento, per consumare la colazione. La superficie increspata del lago rilasciava intermittenti luccichii per la parte già soleggiata e questo donava un contrasto forte con il porticciolo e il borgo ancora immersi nell’ombra. Nell’attesa di clienti da trasportare sull’isola i traghettatori stavano appoggiati ai motoscafi ormeggiati alle passerelle d’imbarco,  per l’occasione i natanti parevano nuovi di tanto ch’erano stati tirati a lucido.  Improvvisamente da via Giovanetti sbucò una piccola folla, si trattava di una scolaresca al seguito di un gruppetto di accompagnatori. Mentre alcuni di loro si perdevano ad ammirare il paesaggio offerto dal palcoscenico della piazza, gli altri attorniavano una giovane donna che fungeva da  guida e cicerone. Quel nutrito gruppo di giovani non rimase per molto nel bel mezzo della piazza perché il piroscafo stava già attraccando, come d’abitudine in perfetto orario , infatti, contemporaneamente al rumore dell’onda portata dal natante giunse  dal campanile rintocco della mezza. Erano le nove e mezza esatte, i ragazzi di incamminarono ordinatamente sulla passerella per l’imbarco lasciando spazio all’arrivo di una comitiva, molto più numerosa della loro, di turisti tedeschi.  Si trattava della classica comitiva di anziani in viaggio con un tour operator. Alcuni s’erano dispersi tra i vicoli e nei negozi a far compere, acquistare un oggetto, un capo d’abbigliamento, una cosa qualsiasi che, una volta ritornati a casa, confermasse la loro presenza, l’esserci stati. Il piroscafo diede indietro e fece rotta  per l’isola. Per quella scolaresca il programma della giornata si sarebbe consumato con la visita alla basilica romanica, il palazzo dei vescovi e l’abbazia benedettina Mater ecclesiae.  Oltre a questo l’isola offre una stradina che la percorre per l’intero perimetro, si tratta della "via del silenzio e della meditazione", un suggestivo connubio tra spiritualità e architettura poco adatto all’età di quegli studenti. Una permanenza che non sarebbe durata più di un paio d’ore prima di riprendere la navigazione, destinazione l’estremo nord del lago, Omegna,  dove lo specchio d’acqua ridiventa un fiume. Qui, tra le bancarelle del mercato e le innumerevoli aiuole fiorite avrebbero consumato il pasto del mezzodì, ma si sa che le gite scolastiche sono un pretesto, sia per gli alunni che per i professori che li accompagnano, per ognuno c’è una motivazione personale ma per tutti rimane lo svago.
Il battello non aveva ancora attraccato al pontile dell’isola che la piazza s’era già riempita, ora sì che si respirava l’atmosfera vacanziera. Oltre ai turisti tedeschi, prevalentemente  anziani, che si muovevano per lo più a gruppi al seguito della guida, erano comparse anche alcune giovani coppie italiane, una di loro spingeva un passeggino. Che non facessero parte delle comitive giunte dalla Germania lo si poteva dedurre facilmente dall’abbigliamento, così come la sicurezza con cui si muovevano denotava un’abitudine ai luoghi. Nonostante la temperatura fosse ancora piuttosto rigida c’era già chi se ne stava con la sola maglietta a mezze maniche sfidando imperterrito le folate di vento. L’attività principale a cui si stava dedicando la maggioranza dei frequentatori della piazza quella mattina era quello che si può riscontrare in qualsiasi luogo di villeggiatura,  scattare foto a ripetizione, quasi volessero, con quel gesto, dare un significato alla loro presenza in quel luogo. Si potrebbe scrivere un trattato sul cambiamento che l’avvento della macchina fotografica, soprattutto con lo sviluppo della tecnologia digitale, con telefonini e tablet, ha prodotto nel modo di vivere un viaggio. A volte sembra che si sia ridotta al minimo, se non annullata completamente, la disponibilità alla contemplazione con il contemporaneo affievolirsi della capacità infantile di meravigliarsi, di lasciarsi rapire dalla bellezza dei palcoscenici naturali  per rimanerne estasiati.

 
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