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Prologo.

Post n°2 pubblicato il 05 Marzo 2006 da pgg1969

Creazione di due nuovi personaggi:

Mara Gualtieri, anni 30, insegnante elementare con incarico annuale. Laureanda in Lettere antiche. Ha dovuto sospendere gli studi universitari dopo la morte del padre. Per il momento non si conoscono altri particolari.

Margherita Rossi, anni 40, gestisce una pensione a conduzione famigliare. Per il momento non sono note altre notizie.



Era un tranquillo pomeriggio di settembre ed il treno attraversava pigramente la campagna assolata
.
Mara sedeva da sola nel vecchio scompartimento odorante di polvere. La tendina sbatteva continuamente contro il finestrino aperto mentre l’aria scompigliava i lunghi capelli bruni della ragazza intenta a leggere un romanzo. Il sole basso non sembrava infastidirla più di tanto quando, ad un tratto, si aprì la porta che collegava il vagone al precedente. Il controllore si accostò alla ragazza che cercò nella borsa il biglietto.  Mara si rivolse all’uomo chiedendo quanto mancasse al paese verso il quale era diretta. “Ancora mezz’ora signorina” rispose cortesemente il ferroviere prima di salutarla con un leggero cenno del capo. La ragazza chiuse il libro riponendo tra le pagine la cartolina che usava come segnalibro, sollevò gli occhiali da sole infilandoli tra i capelli, accavallò le gambe e guardò fuori dal finestrino. Pensò tra sé e sé che quella destinazione così distante da quella che era stata la sua casa per trent’anni e quell’incarico annuale l’avrebbero aiutata a voltare pagina, a tagliare con il passato. Aveva voglia di dimenticare, di ricominciare una nuova vita. Certo la scuola di un paesello così fuori mano, non era ciò che aveva sempre sognato, ma in quel momento era la sola cosa importante, era tutto ciò che aveva. Dopo la maturità classica, Mara si era iscritta a lettere antiche. Voleva fare l’archeologa. La lettura dei classici e soprattutto la storia antica l’avevano sempre affascinata. Sognava di battaglie, di imprese eroiche, di civiltà perdute e di città sepolte da riportare alla luce. Era stata conquistata  dai poemi Omerici tradotti alle superiori e già si vedeva come una novella Schliemann ad intraprendere spedizioni archeologiche in qualche recondito angolo del mondo. Le cose, come spesso accade nella vita, non andarono secondo i progetti della ragazza che ad un certo punto dovette abbandonare i suoi sogni a causa della morte del padre. Fu costretta ad abbandonare gli studi universitari e, preso il diploma magistrale, si era fino a quel momento arrangiata  impartendo ripetizioni di latino e greco e con qualche sporadica supplenza. L’incarico annuale presso la scuola elementare di quel paesello della bassa padana si presentava quindi non soltanto come un’occasione di guadagno, ma anche come l’opportunità di lasciarsi alle spalle un passato non troppo felice. Durante quell’anno avrebbe voluto riprendere gli studi e laurearsi dal momento che le mancavano appena quattro esami e lei fino a quel momento aveva mantenuto, nonostante le difficoltà, un’ottima media.
Mentre pensava queste cose il treno giunse a destinazione. Mara inforcò nuovamente gli occhiali, si alzò di scatto e, prese le tre pesanti valigie che aveva con sé, scese dalla carrozza.

Uscita dalla stazione cercò un taxi che la portasse fino in paese che era distante circa  un paio di chilometri  dal luogo in cui era scesa.
Giunta alla pensione che aveva prenotato la settimana precedente, entrò nella hall e suonò il campanello. Dopo qualche istante si affacciò la proprietaria, una donna sulla quarantina, di bell’aspetto che rivolgendosi cortesemente le disse: “Buona sera, signorina, ben arrivata, lei dovrebbe essere l’insegnante che ha telefonato qualche giorno fa per prenotare la stanza”. La ragazza si presentò ricambiando il sorriso. “Piacere sono Mara Gualtieri, ho parlato con lei l’altro giorno al telefono signora…” “Margherita”, rispose la donna, “mi chiami pure Margherita, non amo molto le formalità. Mara, non si offende se la chiamo per nome vero? Vedrà che qui da noi si troverà bene. E’ un paesello che non offre troppi svaghi per chi è giovane come lei, ma vedrà che se cerca un po’ di tranquillità, questo è il posto migliore del mondo”. Mara sorrise nuovamente. “Potrei vedere la mia stanza? Sa, il viaggio è stato assai lungo e non proprio comodo. Mi domando come al giorno d’oggi circolino ancora treni così vecchi. Sembrano usciti da un film del primo dopoguerra.” “Certamente vorrà farsi una doccia e disfare le valigie prima di cena,” rispose l’albergatrice. “Aspetti che l’accompagno, la sua camera è qui al primo piano. Come può vedere questa è una pensione a gestione famigliare  con poche stanze, ma confortevoli”
Le due donne si incamminarono per le strette scale e, giunte alla camera, Margherita aprì la porta facendo strada. “Qui da noi si cena alle otto. L’aspetto più tardi nella sala. Un’ultima cosa: fino a quando intende soggiornare qui da noi? Se dovesse decidere di rimanere, potrei farle un buon prezzo. Sa da queste parti di avventori ne vediamo di rado soprattutto fuori stagione”. Le due donne si salutarono cortesemente dandosi appuntamento per la cena. 




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Commenti al Post:
cloro64
cloro64 il 05/03/06 alle 18:10 via WEB
personaggio: federico bonsanti, medico 42 anni, lavora nell'ospedale provinciale ma abita nel piccolo paese della bassa padana. Come ogni tardo pomeriggio il dott. Bonsanti percorreva la strada che dalla citta lo portava verso casa; dopo la prima periferia, trafficata e sporca si cominciava a intravvedere il verde dei primi spazi aperti. col calar della luce anche il verde diventava più scuro ma al dott. Bonsanti, Fedi per le infermiere del suo reparto, non dispiaceva; anzi ogni giorno, prima di parcheggiare la macchina in garage, si fermava ad osservare il buio pesto del bosco fitto che faceva da sfondo alla sua casa di campagna. Era una casa rurale costruita nel ventennio con tanto di enorme fienile e ricovero per gli atrezzi; il papà di Fedi l'aveva ristrutturata qualche anno prima; subito dopo la fine dei lavori morì e da allora il dott. Bonsanti vive solo in quella grande casa tra la campagna e il bosco. nell'ultimo tratto di strada, prima dello sterrato la fevvovia corre parallela all'asfalto; in linea d'aria forse duecento metri per una lunghezza di quasi un chilometro; Fedi ogni sera si sorprendere a correre, quasi come una gara, con il treno che sfila parallelo e ogni volta che riesce a mantenerne la pari velocità si sente come un passeggero a fianco della persona che immagina triste al finestrino, quel finestrino di quel vagone che gli è toccato in sorte affiancare quella sera. A volte invece si immagina dall'alto lui con il fuoristrada e il treno a duecento metri, entrambi corrono nella sera scura verso il "suo" bosco ma poi lui rallenta e gira, il treno dritto mantiene tutta la sua fretta e porta via i vagoni,i finestrini e i passeggeri tristi. Prima di aprire la posta il dott. Bonsanti si preparava sempre un aperitivo, poi, con calma, leggeva quelle poche righe interessanti e buttava sul camino le buste chiuse senza intestazione; dopo l'aperitivo e la posta si ritrovava specchiato sul vetro del forno, quello della stufa a legna, dove c'era sempre qualcosa di buono per cena. Era proprio una fortuna che Margherita, la proprietaria della pensione oltre il bosco fitto avesse accettato la proposta di Fedi - anche lei lo chiamava così - di preparargli da mangiare sulla stufa accesa nel eriodo di bassa stagione della pensione. E così Fedi ogni sera poteva cenare qualcosa di buono certo, non preparato apposta per lui -era il menù della pensione - ma Margherita era una brava cuoca e, si mormorora, ci mettesse tutta la sua passione nel cucinare per il dottore oltre il bosco fitto.
(Rispondi)
 
georgeorwell1984
georgeorwell1984 il 05/03/06 alle 18:19 via WEB
Un abuona idea. Perchè non svilupparla. Puoi inserire il tuo personaggio nei post successivi. Infatti se ci hai fatto caso tutti possono scrivere su questo blog
(Rispondi)
toorresa
toorresa il 24/03/09 alle 20:09 via WEB
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