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Quanto costa la formazione

Post n°357 pubblicato il 19 Novembre 2017 da carlopicone1960
 
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Non è più il tempo in cui le scuole, utilizzando le proprie risorse (fondo d'Istituto) organizzavano corsi di formazione e aggiornamento per i propri docenti o ausiliari.

Durante l'anno scolastico, infatti, era uso comune ai presidi offrire delle preziose opportunità di crescita e approfondimento, senza chiedere nulla in cambio, ad eccezione dell'impegno pomeridiano associato al sacrificio di seguire per alcune ore, ogni volta, momenti rilevanti dedicati al miglioramento del "fare scuola", con significative ricadute sulla didattica ed il comportamento quotidiano dentro le aule scolastiche.

Adesso, grazie ai cambiamenti voluti dalla non-riforma Renzi-Giannini, denominata "Buona scuola", la formazione e l'aggiornamento, aspetti essenziali dell'essere insegnanti (ma vale anche per il personale Ata), pur continuando ad essere obbligatori, sono diventati a pagamento. Niente di più di quei corsi e diplomi che, con qualche sacrificio, il personale scolastico può acquistare per guadagnare punti in più da mettere in curriculum, spesso determinanti per ottenere un trasferimento favorevole o un incarico ben retribuito quale esperto di progetti ed avere altre funzioni utili ad arrotondare il magro stipendio. Sempre che tali corsi di formazione e aggiornamento siano riconosciuti, siano autentici e validi sul piano professionale, e non addirittura falsi, come ogni tanto si legge nelle cronache giornalistiche. 

Resta, però, uno scandalo che si proclami la fondamentale importanza di migliorare le competenze di docenti e personale Ata, stabilendo l'obbligo assoluto di svolgere un numero congruo di ore di formazione e aggiornamento, e poi fissare una sorta di tariffario per poter accedervi. Se dunque è un obbligo, non sembra altrettanto lecito obbligare ad un esborso tra i 120 e i 170 euro per ogni partecipante, del tutto impossibilitato a rifiutarsi. 

Questo sta capitando in numerose scuole italiane, dove è in auge l'imposizione della spesa per i corsi allestiti da aziende di consulenza privata: tra i 2500 e i 3000 euro il costo complessivo per ogni corso, non più a carico del fondo d'Istituto ma completamente sulle spalle degli stessi docenti chiamati ad aggiornarsi.

In pratica, si tratta di una tassa sull'insegnamento, non di una risorsa in più offerta dalla scuola ai propri insegnanti. Ma, in tempi come quelli che stiamo vivendo, in cui è ormai senza limiti la mercificazione dell'istruzione, con il prevalere senpre più di una mentalità privatistica ai danni del pubblico, 120 o 170 euro per formarsi sulle solite "palle" pseudoeducative all'insegna della retorica, che fa fanto trend, della didattica declinata con una molteplicità di termini anglofili e l'utilizzo ottuso delle nuove tecnologie digitali, si permette l'ulteriore svilimento della funzione docente.

Intendiamoci, il maestro o il professore hanno il dovere di autoformarsi e autoaggiornarsi per essere, innanzitutto, al passo con i tempi e assicurarsi la preparazione giusta per essere efficaci nel processo di insegnamento/apprendimento che ogni giorno li vede protagonisti assieme agli studenti, ma invece di incentivare quest'opera necessaria, essa diventa un fatto economico. Una spesa, invece di soddisfare la sacrosanta richiesta da parte dei docenti italiani di avere maggiori aumenti in busta paga, indirizzati all'attività di autoaggiornamento.

Finora gli stanziamenti del governo ad essa destinati sono quantomai limitati. Risibili, mentre nelle nazioni più emancipate nel campo dell'istruzione, la quota di stipendio riservata all'autoformazione singoli docenti è molto più alta. In ogni caso viene rimborsata e non oggetto di spese aggiuntive.

E' pur vero che nei tariffari dei corsi di aggiornamento, in questi giorni individuati, viene indicata la possibilità di attingere alla Carta docente, a quei 500 euro che, opportunamente documentati, ogni anno i professori possono utilizzare per acculturarsi e fornirsi degli adeguati strumenti tecnologici. In questo caso, però, non si è liberi di scegliere le modalità di usufruirne, ma l'imposizione della "tassa sulla formazione" finisce arbitrariamente per decurtarli.

 
 
 
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